ELEZIONI DI MIDTERM
Usa, la sfida dei comici tv
in piazza contro il Tea Party
Washington, una folla immensa con Stewart e Colbert alla manifestazione "per ritrovare la salute mentale dell'America" e ironicamente "tenere viva la paura". Satira politica di alto livello, ma non basterà a salvare Obama
di VITTORIO ZUCCONI

Usa, la sfida dei comici tv in piazza contro il Tea Party stephen Colbert e Jon Stewart sul palco del raduno di Washington

WASHINGTON - Se è vero che una risata può seppellire, l'ultima speranza dei Democratici e di Obama è che una risata possa anche resuscitare. A 48 ore, a due giorni da elezioni parlamentari americane che minacciano, o promettono, per la sera di martedì, la sepoltura di Barack Obama sotto le rovine del suo partito Democratico, due comici, Jon Stewart e Stephen Colbert, hanno raccolto una folla immensa e giovane, molto più grande dei 60 mila che si attendevano, nella spianata di tutti i dreams e degli incubi americani a Washington per "ridere" amaro della politica, di loro stessi, della idiozia della politica spettacolo da talk show e per non impazzire.

"Team Sanity", squadre della salute mentale, dicevano i cartelli innalzati, mentre sul palco apparivano cartelli da pubblico ammaestrato negli studi televisivo, con gli inviti a "ridere", "piangere", "applaudire", "fare il rumore del tappo con la bocca". Nella politica dove i leader si atteggiano a comici, era inevitabile che i comici cominciassero a fare politica. Già in passato, nei momenti di più acuta demenza e depressione, sono stati comici, attori, satiristi sociali, a riportare briciole di humour e di salute mentale. Sul palcoscenico, travesti da clown tristi tra croci e bandiere, giubbotti da bombardiere e avvolti in stelle e strisce, Jon e Stephen ridevano con loro e di loro stessi.
Li hanno chiamati, e sono accorsi a centinaia di migliaia, attraverso il flauto magico della tv e dei loro spettacoli di tarda serata, dopo le 23, ma visti e rivisti nel podcast, nei videoregistrati, nelle pillole di YouTube, che sono da anni divenuti un "culto" per chi non ne può più dei tromboni, degli ipocriti, e il loro pubblico ha risposto.

L'appello e lo slogan del raduno era "riportare salute mentale", la rivincita del buonsenso, e, con evidente ironia, "tenere viva la paura" in una nazione precipitata nell'insanità di una campagna elettorale demenziale e idrofoba, divenuta un ringhioso referendum sui 20 mesi di amministrazione del primo presidente non bianco della storia americana.

Ma poiché buona parte, se non tutta, la colpa di questo vento di follia che ha spazzato le praterie, è frutto dell'aggressione di odio contro "l'usurpatore straniero", "l'alieno", "il comunista", alimentata dai militanti del Tea Party, il messaggio implicito in questa manifestazione era il tentativo di disinnescare il fanatismo e di smascherarlo ironizzando sull'animosità isterica della nuova destra, buona parte della quale guarda con occhi languidi alla cacciatrice di alci dell'Alaska, l'incarnazione al femminile della follia anti-politica, Sarah Palin. "Sembra incredibile - diceva uno dei partecipanti che per esserci aveva trascorso la notte dormendo in un sacco a pelo sull'inospitale marmo della stazione centrale di Washington - che per ascoltare un poco di verità su questa elezioni e sulla politica americana si debba ascoltare un comico".

E' un sentimento disperato, questo della verità affidata alla satira dopo il naufragio della credibilità dei politici, che molti altri elettori, in molte altre nazioni, potrebbero entusiasticamente condividere. E molti, sulla spianata davanti all'obelisco di Washington, cominciavano ieri sera a chiedersi se personaggi come Stewart, un canadese di origine ebraica (il suo vero nome è Leibowitz), o la sua spalla e ora collega Colbert, nativo proprio di Washington, cresciuto cattolico dalla madre vedova e devoto lettore di Tolkien e della saga degli anelli, non si potrebbero un giorno lasciar tentare proprio da quella sirena della politica che oggi frustano e trasformare il loro pubblico in partito.
Loro negano, sentendo il paradosso micidiale di fare politica attraverso l'antipolitica, di diventare domani coloro che si sono sfottuti fino a ieri, ma il pretesto del divertimento, della kermesse allegra era troppo trasparente per non lasciar vedere che dietro la satira, l'ironia e l'autoironia c'erano la paura per questo vento di demenza che ha risollevato il partito anti-obamiano. Senza naturalmente ricordare che, se le soluzioni non sono sempre state felici o corrette, la voragine dei conti pubblici, il disastro della finanza, la super recessione, e due guerre senza fine, furono ereditate, non create da lui.

Nel teatro dell'assurdo costruito dai pifferai estremisti anti-Obama raccolti attorno al network Fox, la comicità del contro assurdo sembra la sola risposta possibile per non impazzire. "Votate sì al no" e "votate no al sì" dicevano le t-shirt del nonsense indossate da centinaia di ragazze, mentre altre esibivano cappelli con corna satanico, con allusioni evidenti agli slogan di altri anni, al "vietato vietare" del Sessantotto. "Seguiteci nella strada della paura per strappare il nostro grande Paese a questo presidente che ci sta trasformando negli Stati Uniti Socialisti d'America e pare sia addirittura di una razza aliena" predicava Colbert per far sorridere di quegli slogan che appena un mese addietro, nello stesso bacino verde di Washington, centinaia di migliaia di "buoni americani" più anziani avevano gridato agli ordini di un profeta del fanatismo, Glenn Beck: "Riprendiamoci l'America". Da Obama, ovviamente.

Troppo poco, troppo tardi. Troppo sottili questi esercizi di sarcasmo, di psicologia rovesciata, per avere qualche effetto su elezioni di metà mandato obamiano, che martedì daranno la Camera in massa alla opposizione e minacciano di cambiare colore anche al Senato, garantendo che per l'ultimo biennio del suo mandato, fino al 2012, Obama si troverà prigioniero del Parlamento e Washington. La capitale della cricca politicante, accusata di non far niente, sarà messa in condizione di non far niente, proprio da quelli che l'accusano. "Abbiate paura - proclamavano Stewart e Colbert - la paura è bella, la paura fa bene, la paura arricchisce, la paura è patriottica". I ragazzi ridevano, mentre lui consegnava a una bambina di 7 anni la "medaglia della paura", per avere avuto il coraggio di essere lì, cosa che i grandi media non avevano osato fare "per non sembrare faziosi".

Ridevano perché capivano che c'è poco da ridere, in questa America 2010, in preda alla follia. "Nei momenti più bui - ha intonato Stewart con tono da predicatore - ricordiamoci che c'è luce alla fine del tunnel. Anche se ti accorgi che alla fine del tunnel sei soltanto arrivato in New Jersey". Riso amaro.
Usa, la sfida dei comici tv in piazza contro il Tea Party - Repubblica.it