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  1. #91
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    La Strobosfera n. 18: La Cattedra diroccata e una felice assoluzione



    di Piergiorgio Seveso, FF Presidente SQE di Radio Spada

    La Cattedra diroccata come dissi in una vecchia conferenza sulla costituzione “Pastor aeternus” del Concilio Vaticano, tenuta dieci anni fa all’Università Cattolica del Sacro Cuore in Milano: “E quale è l’unica Cattedra di Verità su questa nostra martoriata e putrescente terra? E’ la Cattedra di Pietro. E questa cattedra rimanda al supremo Istitutore, al suo Divino istitutore ovvero Nostro Signore Gesù Cristo. Il Vicariato di Pietro è il punto nodale, il perno, la chiave di volta dell’intera chiesa cattolica”.

    Mai come in questi anni è stato tangibile quanto sia stata attaccata, destrutturata e, se ciò fosse umanamente possibile, annichilita questa Cattedra. La prima onta e la più sostanziale è quella venuta da coloro i quali si sono ritrovati seduti su quella Cattedra durante e dopo il “concilio vaticano secondo” con un “magistero”, miasmatico e modernistico coagulo di verità ed errore, di verità di Fede e di costrutti eterodossi, di “cattolicesimo aggiornato” e vanificata pietà. La seconda onta (minore) viene oggi spesso dall’ignoranza dilettantesca, dall’insipienza pressapochista, dalla parresia dissennata di chi resiste MALE alla “rivoluzione conciliare”, dall’incontinenza verbale di chi esprime assertivi e irrevocabili giudizi in tempo reale su materie, persone, fatti mai nemmeno lambiti dall’approfondimento e dalla riflessione. Se talvolta tacere è delittuoso, starnazzare e gloglottare all’impazzata su temi tanto delicati e decisivi è perlomeno dannoso e inopportuno. Si butta spesso il bambino della “teologia romana” e del magistero pontificio con l’acqua sporca del “papato eretizzante”, altre volte non si lava nulla, magnificando acque che farebbero impallidire le fogne a cielo aperto di un megalopoli del terzo Mondo. Altre volte si magnificano saponi e detergenti-placebo che non lavano, impregnando solo l’aria dell’olezzo di fiori marci di un estetismo degenere e di un conservatorismo minimalista che non va al cuore dei problemi. Per tacere di balie e lavandaie improvvisate e innalzate da blog tradizionalisti e siti tremebondi ed intrinsecamente muliebri a defensores Fidei et tutamina Christianitatis.

    In tutto questo “darsi sulla voce”, in questo continuo rincorrere sensazionalismi, in questa spasmodica e affannata ricerca di punti di riferimento, la Cattedra di Pietro sta lì derelitta, danneggiata, algida ed oscurata, ma non distrutta e non distruggibile. Se parla e tuona attraverso le voci del passato (per chi sa udirle), per il resto oggi tace, assediata dal brusio di voci solo umane che le stanno attorno e TUTTA l’umanità geme, nei languori e nei dolori dell’agonia e della dissoluzione, per questo silenzio. Siamo però certi, in virtù delle infallibili promesse del Divin Salvatore, che questa voce tornerà a risuonare, ora come melodia soave, ora col rimbombo di bellici tamburi, nel proscenio della storia della Chiesa.

    Una felice assoluzione il 17 gennaio 2023, Sant’Antonio abate, cui i popoli cristiani affidavano i propri animali, ha avuto pietà di questo “cattolico belva”, per citare l’indimenticato scrittore toscano Domenico Giuliotti. Sono stato infatti assolto “per non aver commesso il fatto” da una corte d’appello di Milano. Nel primo anniversario della mia condanna in primo grado scrissi queste poche righe. “Un anno fa venivo condannato a due mesi di carcere e svariati denari di multa per alcuni commenti fatti da visitatori sul sito di Radio Spada. Si tratta della mia prima condanna per radiospadismo, un’inezia e quasi una sciocchezza rispetto alle persecuzioni (vere) subite dai cattolici ad esempio durante e dopo la Rivoluzione italiana o “risorgimento” (cito quelli perchè se ne parla poco). In attesa dell’appello ringrazio chi mi aiuta in questi frangenti giudiziari e la Provvidenza per questa (piccola) prova che però non mi ha tolto nè un briciolo di voglia di fare, nè un attimo di buon umore, nè un secondo di sonno. Basterebbe questo dire che le contingenze non mi hanno nè piegato, nè domato. Grazie a quanti mi hanno incoraggiato verbis et factis in quest’anno”.

    Così scrivevo e oggi rinnovo quelle parole di gratitudine e di amicizia, confortato da un’assoluzione che certifica la mia estraneità ai fatti che mi venivano addebitati ma non la mia estraneità rispetto la Buona Battaglia. Ringrazio i tanti che mi hanno espresso affetto, vicinanza e solidarietà, chi, magari con discrezione, ha fatto la cosa più importante che potesse fare: ha pregato per me perché non perdessi dignità, coraggio e lieto animo.

    Come diceva il mio caro amico Andrea, recentemente e felicemente assolto in un processo che lo riguardava, le sentenze dei tribunali umani non cambiano la consapevolezza che uno ha di sé di fronte a Dio (l’unico di cui si debba temere VERAMENTE e VIVAMENTE il Giudizio) e alla propria coscienza ma possono essere piccole prove che incrementino in noi una pia accettazione dei disegni della Provvidenza. Per questo ringrazio di tutto cuore e con grande sincerità chi mi ha messo in questi affannosi frangenti ma anche chi, con ingegno, preparazione e maestria da principe del foro, mi ha aiutato a recuperare, un po’ come la casta Susanna, la mia legale innocenza.

    Questi sentimenti che cerco di coltivare ogni giorno non mi fanno dimenticare di essere, pur con tutti i miei limiti, un “guelfo nero”. E lasciando parlare per un attimo il Guelfo nero che è in me non posso ignorare che in certe oscure spelonche, in alcuni impolverati ripostigli, in taluni vituperosi atelier di un certo tradizionalismo o integrismo cattolico di lingua italiana si sia ampiamente tifato, si sia largamente confidato in una mia condanna che si sarebbe in qualche modo riverberata sulle attività di Radio Spada.

    Ebbene, carissimi amici, per stavolta vi è andata male. Alla prossima!

  2. #92
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto



    Pietro Ferrari intervista Piergiorgio Seveso

  3. #93
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Strobosfera n. 19: dieci anni con Bergoglio, dieci anni di errori “trad”



    di Piergiorgio Seveso

    Il decennio bergogliano si è impresso con la forza devastante di un nuovo Vajont sulle fragili casupole del cattolicesimo romano rimaste in piedi dopo il “gran Concilio”: la cosa era già apparsa evidente la sera di quell’algido 13 marzo 2013.

    Come dissi quella sera ad un redattore al telefono: “Si tratta solo di vedere se sarà un nuovo Wojtyla pittoresco o un nuovo Roncalli”. Per sfortuna del Corpo mistico era chiaramente il secondo caso: si trattava di un nuovo traslocatore, di un nuovo “Nauta” in salsa piratesca e predonesca che avrebbe condotto la “chiesa ufficiale” su nuovi lidi, alla riva di nuovi continenti sconosciuti.

    Evidentemente accanto a questo gran male oggettivo si è però associata una chiarezza benefica e solare, tale da togliere molte remore ai dubbiosi, agli incerti, agli inebetiti dalle malie ratzingeriane. Il mondo tradizionalista, lungi però dal trarne i tanti auspicati benefici, ha scontati tutti i difetti tipici di un esercito in ritirata e senza Duce (non parliamo dell’agitatore sociale di Predappio ma del Papa).

    Li vogliamo elencare?

    Attendismo entusiasta e vagamente millenarista (“Non importa, il futuro è nostro, la belva degli ultimi rantoli, il domani appartiene a noi, Viva la Tradizione”), attendismo diplomatico in attesa di tempi migliori o meno peggiori (sognando restaurazioni nascoste negli armadi della sagrestie di qualche cappella periferica sovravissuta a Traditionis custodes, tra odore di canfora e di albume d’uovo).

    Appellomania, correzioni filiali, fraterne, amicali, parentali (inutili, inefficaci, svianti, distraenti, comode liste di proscrizione e di sbeffeggio nelle mani del Tiranno).

    Argomento di discussione, vasti sospiri, ampie recriminazioni per conservatori annoiati dalla vita all’ora del thè delle cinque.

    Furia iconoclasta e pornolalia antibergogliana: tutti abbiamo almeno un conoscente nel suburbio tradizionalista che ci ha gridato perentoriamente (magari tramite Web) che Bergoglio è l’Anticristo o mille altre ingiurie di ogni tipo. Se alcune affermazioni possono essere oggetto almeno di un dibattito (non concitato, non parossistico, non con la bava alla bocca), altre invece erano solo manifestazione del grande disagio di un minoranza rumorosa, verbosa e inconcludente, in ultima analisi messa all’angolo dalla Storia della rivoluzione. A questa escalation verbale, nemica della Carità, si aggiungeva quasi sempre un oblio dissennato del passato prossimo, nemico della Verità, che poneva i predecessori dell’argentino in una luce angelicante e nostalgica. Si tratta ovviamente di un falso dilemma in cui i due corni (rifiuto del bergoglismo e rifiuto del modernismo precedente), ben lungi dall’escludersi, si dovrebbero virtuosamente compenetrare ed amalgamare.

    Attivismo sfrenato: “dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo fare qualcosa” per citare un vecchio sketch manzoniano del trio Solenghi-Marchesini-Lopez. Ben lungi dal criticare le molte buone (o discrete) cose messe in campo in questi anni da amici o associazioni amiche, abbiamo anche assistito a chiamate alle armi micropartitiche dagli esiti inevitabilmente irrisori, a collateralismi integristi a partiti platealmente liberali che forse vorrebbero cullare l’ego e le (grosse) ambizioni dei singoli ma si rivelano di esemplare comicità.

    Se dal temporale passiamo allo “spirituale” una menzione d’onore va per i “conclavi” fatti in albergo per risolvere, democraticamente, il problema dell’autorità in seguito all’elezione di Jorge Mario. Come in una grande parodia, alla fine l’eletto non è stato un buffo “Pope” Micheal o un sinistro “Pietro III” ma lo stesso Bergoglio che avrebbe ritrovato legittimità da un “conclave” di privati fatto in una cabina telefonica. Persino per il tradizionalista medio l’evento superava il livello di cloroformizzante assuefazione che stiamo vivendo ed è stato quindi subito rimosso dalla memoria collettiva perché scomodo per tutti, repellente come un gatto morto visto per strada.

    Il problema dell’Autorità rimane drammaticamente intatto e si spera che le legittime e approfondite dispute possano sopravvivere a tanto scempio. Per aggiungere una nota lieta, in tanta mestizia, o perlomeno efficace nell’ironia aggiungo un filmato, realizzato da giovani integristi americani per il decennale bergogliano, dedicato a Jorge Mario e predecessori modernisti sulle note della nota canzone di Steve Aoki e AJR “Pretender” (Impostore). Ciò che colpisce nel testo è che “Bergoglio cantante” dica a ciascuno di noi. “Sono un bravo impostore proprio come te” in una comune chiamata di correità modernistica. Voglia il Cielo che questo non sia mai il nostro destino. Sub tuum presidium confugimus, Sancta Dei Genitrix.



    Sono un bravo impostore / Verrai a vedere il mio spettacolo, vero? / Ho un sacco di problemi / Bene, meno male che nessuno lo sa

    Oh, sono insicuro, sono insicuro / Penso che mi piaccia quello che DOVREI essere / proprio per quello che DOVREI essere / Non mi occupo nemmeno di droghe / Lo faccio perché dici che è stupido (2 volte)

    Sono un bravo impostore / Non sono davvero “cool” / Sono un bravo impostore / Perché sono proprio come Te / Io non appartengo a questo posto / Chiaramente come tutti voi / Ma sono un bravo impostore / Quindi sono proprio come…

    Sono un bravo impostore (due volte) /

    Sono un bravo impostore / Tutti i nostri movimenti sono sincronizzati / Non pensare che io sia intelligente / Ridiamo delle stesse cose /

    Oh, sono insicuro, sono insicuro / Penso che mi piaccia quello che DOVREI essere / proprio per quello che DOVREI essere / Non mi occupo nemmeno di droghe / Lo faccio perché dici che è stupido (due volte)

    Sono un bravo impostore / Non sono davvero “cool” / Sono un bravo impostore / Perché sono proprio come Te / Io non appartengo a questo posto /Chiaramente come tutti voi /ma sono un bravo impostore / Quindi sono proprio come…

    Sono un bravo impostore (due volte) / Sono proprio come te, ti piaccio anche io? / Ora sono proprio come Te / Sono un bravo impostore

    (Traduzione a cura di Piergiorgio Seveso)

  4. #94
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto



    Strobosfera n. 22: Radio Spada, un anniversario e una promessa (o una minaccia, dipende dal punto di vista)


    di Piergiorgio Seveso

    Nella grande sarabanda delle nostre esistenze, nell’incessante carriera delle nostre attività quotidiane siamo giunti, quasi inavvertitamente, all’undicesimo anniversario della nascita di Radio Spada. Sembra ieri che davamo inizio a questa affascinante avventura. Ora, dopo aver spento 11 volte le candeline, senza illusioni e con un po’ di timore, possiamo guardare, non come a un polveroso trofeo ma come a una base di partenza, ai 93 titoli stampati dalle nostre Edizioni, alle decine di migliaia di iscritti che seguono i nostri canali social, agli oltre 10.000 articoli pubblicati, ai milioni di visite al blog, agli innumerevoli eventi realizzati, e a molto altro.

    Ancora reduci dalla trionfale giornata di Rubiera del primo maggio dove, surfando su cieli ricolmi di pioggia, siamo riusciti a portare a casa l’ennesimo successo di interesse, di pubblico e di amicizia cattolica, ci troviamo a fare un nuovo bilancio della nostra azione come blog e come casa editrice. Questi anni ci hanno insegnato che “nihil impossibile volenti” ovvero. tradotto in linguaggio tradizionalisticamente corretto, nulla è impossibile per chi, con una volontà cattolica integrale ben formata, intende portare a termine un ricco progetto di formazione e apologetica come il nostro. Contro un progetto come questo nulla hanno potuto infatti i rovesci della sfortuna, i disegni degli uomini malvagi, i sofismi dei prudenti, i tremolii dei pavidi, le chimere dei ben (mal) pensanti, le innumerevoli (e concretissime) malattie dello spirito che contraddistinguono il nostro ambiente.

    Radio Spada è giunta finalmente alla sua piena maturità e con la maturità incombono le nuove responsabilità e tutti quei cambiamenti di scenario che si rendono necessari, nel continuo snodarsi della vita. Radio Spada si assumerà tutti questi oneri e questi nuovi impegni per continuare ad offrire ad un pubblico variegato ma non per questo meno amato di lettori ed estimatori i propri servigi: questa è la promessa più solenne e al contempo non troppo seriosa che mi permetto di farvi in questa sede. E siccome Radio Spada ha degli amici, e sono tanti e cari, e li guardiamo negli occhi in ogni nostro incontro, persino in ogni nostro scambio epistolare, ha però anche dei nemici. Chi è quindi il nemico? Oltre noi stessi, la carne e il diavolo (e quindi il modernismo che di esso è figlio primo e ultimogenito), vi è una ricca schiera di nemici di Radio Spada.

    Anzitutto ci sono gli eterni malcontenti, i professorini, i perfettini, quelli che in ogni caso l’avrebbero fatta meglio, gli inconcludenti seriali che non avendo realizzato nulla nella vita o avendo al massimo sferruzzato qualche presina tradizionalistica, se la prendono con chi ha messo in campo qualcosa di serio, visibile, concreto, continuativo.

    Ci sono poi gli affetti dal malanno dell’attivismo fine a se stesso, quelli per cui Radio Spada avrebbe dovuto mettere in campo chissà quali iniziative sociali e politiche quando invece la considerazione della nostra pochezza e della crisi della Chiesa cattolica, de facto e fors’anche de jure decapitata dai moti della Rivoluzione conciliare, ci ha sempre spinto a badare più alla formazione spirituale e culturale del cattolicesimo residuo e superstite (da non confondere coi “piccoli resti mancia”) che a sconclusionati avventurismi.

    Ci sono poi i malati di “inattivismo cronico”, per i quali qualunque cosa si faccia fuori dai piccoli strapuntini dei nostri “sagrati” d’emergenza va riguardata come esuberanza laicale, come esagerazione di scapestrati, come manomissione di guastamestieri: sono i cattolici “tradizionalisticamente” anonimi del XXI secolo. Anche di costoro, che hanno forse cosparso di valeriana e camomilla le pagine della Filotea, abbiamo cercato di essere e siamo stati, con paolino inopportunismo, gli sgraditi svegliarini.

    Ci sono da ultimi quelli che nel (temporaneo) naufragio del nostro Titanic cattolico romano hanno scambiato e scambiano le scialuppe per navi: sono i nemici più insidiosi ma al contempo più farseschi, e pretenderebbero che Radio Spada si infeudasse a questa o a quella cordata e scuderia, in nome di un unilateralismo dottrinario che non è certamente adatto ad una crisi ancora irrisolta come quella che stiamo vivendo. Verificata l’irriducibilità di Radio Spada ai loro disegni, alle loro concupiscenze, come donne “tradite” aggrappate ai tendaggi del salotto, lanciano al cielo ampi lai di recriminazione e disprezzo, sgranando occhi pittati e piangenti a favore di telecamera. Radio Spada li osserva prima stupefatta, poi, man mano che la farsa parossisticamente cresce, con benevolo compatimento non disgiunto da una certa ironia, e prosegue per la sua strada.

    Oggi a distanza di anni possiamo dire di aver “sconfitto” i nostri nemici, non solo con la continuità della nostra azione, non solo con la specchiata e solare chiarezza dei nostri intendimenti ma con una signorilità di tratto che credo sia tipica di un gruppo di giovani gentiluomini e gentildonne. Beninteso, come guelfi neri, sparafucile e pirati, saremo sempre pronti a combattere la Buona battaglia (ci cui anche la storia di Radio Spada è ormai parte integrante) con tutti i mezzi necessari di un bellum justum (anche se spesso asimmetrico).

    Auguri, Radio Spada! Sub tuum praesidium confugimus, Sancta Dei Genetrix.

  5. #95
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Strobosfera n. 23: “riparare per restaurare” e nuove collaborazioni



    di Piergiorgio Seveso

    Riparare per restaurare

    In un mese come questo dedicato al Sacro Cuore e alle riparazioni alle molte offese pubbliche alla sua amorosa e attrita Maestà ci sembra giusto che la vivace Strobosfera lasci per un istante la voce alla grande e seria passione muliebre e cordicola di Cristina Bandini Giustiniani che cent’anni fa circa, mentre infuriava l’inutile strage della Grande guerra, vergava queste righe:

    Alla presenza, o Gesù, della Regina Immacolata e degli Angeli che Vi adorano in questa Ostia Sacrosanta, di fronte al Cielo e anche alla terra ingrata e ribelle, noi Vi riconosciamo, o Gesù, solo Signore e Padrone, unica sorgente di ogni Autorità, di ogni virtù, di ogni giustizia. Ecco perchè in spirito di solenne riparazione vi diciamo:

    Non riconosciamo un ordine sociale senza Dio: la Base dell’ordine sociale siete Voi, O Gesù!

    Non riconosciamo legge di alcun progresso senza Dio: la Legge di ogni progresso siete Voi, O Gesù!

    Non riconosciamo civiltà vera senza Dio: il Principio di civiltà siete Voi, O Gesù!

    Non riconosciamo possibile l’esercizio di una giustizia senza Dio: la Giustizia integrale siete Voi, O Gesù!

    Non riconosciamo diritto che non Venga da Dio: la Sorgente del diritto siete Voi, O Gesù!

    Non riconosciamo libertà senza Dio: la vera libertà viene soltanto da Voi, O Gesù!

    Non riconosciamo fratellanza sincera senza Dio: vera fratellanza è la Vostra, O Gesù!

    Non riconosciamo Verità senza Dio: la sola Verità sostanziale siete Voi, O Gesù!

    Non riconosciamo amore senza Dio: l’amore increato siete Voi, O Gesù!

    I sovrani e i popoli Vi riconoscano presto come unico e vero Re, come Sovrano d’amore. Amen!

    (da “Il Regno Sociale Del Sacro Cuore” di Cristina Bandini Giustiniani (Vita e Pensiero, 1917).

    Il giardino fiorito di Radio Spada e le sue nuove collaborazioni

    Radio Spada da sempre interagisce con gruppi, associazioni, piccoli ceti e appassionate fazioni: lo fa con attenzione, con prudenza, vagliando la praticabilità di ogni rapporto, e da ultimo lo fa con generosità (una specie di “Casta meretrix” in trentaduesimo) quando scopre di avere trovato nuovi amici nelle buone battaglie. Lo fa anzitutto per una ragione genetica: Radio Spada è nata in quel crocevia composito e policromo che è stata l’aula “Robert Brasillach – Alberto da Giussano – Giorgio Pini” presso l’università cattolica del Sacro Cuore in Milano, la famigerata “auletta”, croce di parrucconi malpensanti e cultori stitici della stasi, delizia per tutti gli altri, noi in primis.

    In questo provvido e fecondo vivaio di idee, di ingegni, di ricerche inesauste e intensissime passioni, vivificato dalla Fede cattolica romana e reso dinamico dall’amicizia più disinteressata, si è resa possibile la nascita della nostra casa editrice ma anche di decine di altre iniziative editoriali e “politiche” che, pur seguendo percorsi diversi, hanno tratto linfa dal medesimo tronco. Taluno “quidam de populo” definì con positivismo malevolo, figlio probabilmente di un liberalismo domestico, questo luogo dei sogni e dei desideri, uno “stanza”. Concedo sed nego consequentiam: trattavasi indubbiamente di “stanza” ma come spesso accade nelle dinamiche ecclesiali e storiche attuali, il piccolo, il minimale, il residuale, il periferico diventa grande, massimo, necessario e centrale. Avevamo ed abbiamo il Cielo in quella stanza (pur senza voler parafrasare un noto cantautore genovese), un Cielo che sovrasta e bypassa le nostre ben misere persone e le nostre flebili iniziative, un Cielo che risignifica e nobilita l’intero contesto.

    Se le vestigia di quello che fu un glorioso Ateneo esistono ancora, se le tracce di quello che fu un nobile tentativo (probabilmente non riuscito anche per tare dottrinarie fondative) di creare un Ateneo per i cattolici di lingua italiana ancora sussistono, pur se mute e logore, è per fungere da scenario, da fondale, da proscenio alle attività di quella “stanza”. Il contesto e la pluralità di presenze e di idee in quell’Alcazar di verità e bellezza non ci hanno però mai fatto perdere di vista l’Unum necessarium della nostra azione.

    Allo stesso modo collaborazioni e interazioni di Radio Spada con soggetti distinti e diversi per origine, formazione e finalità non deviano il nostro percorso, semplicemente sono ponderate commistioni e saggi travasi di idee e concetti, finalizzati al potenziamento e miglioramento della nostra e ancora di più dell’altrui azione. Tra le collaborazioni più virtuose e forse, a Dio piacendo, fruttifere di quest’ultimo periodo segnalo con piacere quella con gli amici del Comitato “Liberi in veritate” che interagisce con noi attraverso podcast, conferenze e iniziative territoriali. Spero che nel giardino di fiori aulentissimi di Radio Spada potranno fiorire, accanto a rigogliose ortensie e candidi gigli, queste nuove rose.

  6. #96
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Strobosfera n. 24: “Fermi tutti, per carità” e i nuovi circoncellioniù



    di Piergiorgio Seveso, già presidente SQE di Radio Spada

    Dopo l’ultimo concistoro bergogliano, con l’ennesima infornata di “porpore” della Rivoluzione (di cui il famoso Víctor Manuel Fernández, detto Tucho è solo una guarnizione di frutta candita su ricca torta a strati), il “tradizionalismo conservatore” nostrano è entrato nella consueta grande agitazione.

    Per la prima volta, dopo anni e anni di torpore al cloroformio (che abbiamo cercato di interrompere inviando giudiziose lettere come la “Lettera ai conservatori perplessi”, ben prima che Amoris Laetitia fosse) anche in questi ovattati ambienti è balenata una parola fino a questo momento accantonata, è apparsa come la Morte rossa nel famoso racconto di Edgar Allan Poe, durante il consueto e rutilante baccagliare di cappe magne, vesti paonazze e turchesi, convegni con cardinali nonagenari. La parola è IRREVERSIBILITA’: il nuovo stadio in cui Bergoglio ha condotto la ormai sessantennale rivoluzione conciliare sta diventando, è diventato (almeno umanamente parlando) IRREVERSIBILE. Potete nascondervi in qualche castello, trovare riparo in qualche cappella ricoperta di stucchi, trovare asilo in qualche chiesuola di montagna o in qualche sagrestia di città, in qualche diocesi periferica di tradizionalismo esistenziale ma la’ fuori (sottolineo LA’ FUORI) si fa strage di anime, si dilania quel che resta del Corpo Mistico.

    Presa consapevolezza della cosa e paventando fughe verso quel tradizionalismo “estremo” (contro il quale per decenni si sono aperte le cateratte e le marcite del sussiego, del disprezzo e del sarcasmo) che invece mostra magis et magis in die di aver avuto più lungimiranza di Siri, Ottaviani, Oddi, Palazzini, Ciappi e Stickler messi insieme, il mondo “tradizionalista conservatore” ha lanciato un nuovo mantra: “Fermi tutti, per carità, non muoviamoci troppo!”. Orbene a nessuno sfugge che questo genere di appelli mostri già da principio una certa debolezza dell’analisi: il nemico è già nella Rocca, l’incendio è ognidove.

    Scrivevo anni fa su Radio Spada in un pezzo: … Penosa poi la sorte di chi sta “fermo”, aspettando aiuto e attendendo conferme che le “gerarchie” sono ormai inabili a dare perché o sparite nel gorgo del maremoto (“il capitano”) o perché, prive di lume sovrannaturale e di coraggio ecclesiale che proviene dalla grazia di stato, non riescono a capire cosa sia la cosa giusta da fare. E’ il destino di chi si attacca ai galloni dorati di una divisa, sia essa di qualche “cardinale” dalle ricche cappe o di qualche “monsignore” dalle mitre gemmate: una sorte illusoria e tragica, perché quei “superiori” non hanno né lume, né autorità per porre in salvo chi loro si affida ma attardano sino a far perdere l’appuntamento con la Storia e condannano ad una progressiva morte di inedia ecclesiale (anche perché pizzi e aurifregi non nutrono, né saziano). Una morte per inedia costellata da continue fughe dalla realtà, in un mondo fatato e incantato dove il virus della rivoluzione conciliare o è confinato in determinati luoghi o “non ci può raggiungere” in virtù di autoreferenziali e vani convincimenti. “Solo chi si “sposta”, chi giocoforza è costretto a spezzare i legami, chi rinunzia alla tranquillità della propria vita, agli agi del “cattolicamente corretto”, solo chi si ribella ad un destino di morte ecclesiale, fatto di sottili ma inesorabili apostasie, ha la certezza di essere “al posto giusto” in questi frangenti tragici per la (rovesciata ma non distrutta) nave di Pietro. E’ una scelta che molti tra noi hanno fatto tanti o pochi anni fa e ha due caratteristiche che la qualificano appieno: è assoluta e irrevocabile. Anche questa scelta, ben lungi dall’essere però conclusiva o pacificante, si rivela, come sempre per l’homo viator ma ancor più oggi, irta di pericoli e difficoltà, socialmente inaccettabile, naturalmente “modesta”, perennemente in battaglia e con gli occhi fissi su quell’abisso oscuro di una crisi ecclesiale che pochi vedono o ancor meno hanno il coraggio di guardare (e non si tratta certamente di un bello spettacolo).

    Piuttosto quindi che stare fermi, l’incoraggiamento è quello di spostarsi nell’integralità del cattolicesimo romano (e quindi senza prostituzioni foziane, antiprimatiste o antinfallibiliste) verso piccole fortezze, si spera, più protette e sicure. Buon viaggio e… non voltatevi indietro.

    I nuovi circoncellioni

    In tempi di grandi confusione, degli ego straparlanti ed enfiati come palloni aerostatici, di plebi telematiche che si muovono come sciami di falene alla ricerca di una nuova insegna luminosa, di una nuova sensazione, di una nuova suggestione di “appartenenza” cattolica, è facile che nel magmatico calderone del “tradizionalismo” si formino dei grumi, delle aggregazioni sconnesse che così come nascono, così altrettanto facilmente si dissolvono.

    Senza attribuire tutti i torti a questa nostra disgraziata epoca, anche nella vita del Medioevo era tutto un pullulare di piccole e grandi eresie ed eterodossie, tra devianza dottrinale e ribellismo sociale, tra allucinazioni di massa ed eversione anticristiana. Allora spesso bastavano dei tratti di corda ben dati, qualche nerbata o alla peggio il buono zelo di qualche nobile locale (come Simon de Montfort che ricordavamo pochi giorni fa su Radio Spada) per riportare tutti alla realtà e all’Ordine sociale. Oggi invece in tempi di atomistica dissoluzione, di liberalismo omicida intronizzato sugli altari della politica, di soggettivismo sfrenato che si culla di identità che non esistono e che, se esistono, sono delitti, i tratti di corda non si possono più dare e quindi la chimerica fantasia corre sfrenata in praterie del Nulla pressochè sconfinate.

    Se la Religione da “oppio dei popoli”, come dicevano i suoi nemici, è diventata meno pericolosamente Hobby dei popoli, è assolutamente e marchianamente evidente che ognuno segua il suo hobby preferito. Tra i fatti di costume (fossimo laici diremmo di sociologia religiosa) più interessanti degli ultimi tempi (di cui ci siamo occupati tante volte su RS) ci sono i nuovi circoncellioni del benevacantismo, oscena parodia del ben più serio (e drammatico) sedevacantismo. Come i loro predecessori dell’epoca di Sant’Agostino ma con la più “innocua” virtualità di mezzi, si aggirano per il web, chiedendo perentoriamente professioni di fede nell’invalidità del conclave del 2013 e nella nullità delle “costrette” dimissioni del gran Sofo bavarese cui gridano, sgranati gli occhi, “Laus Deo”.

    Molti volenterosi apologeti (anche assai lontani dalle nostre posizioni) si sono premurati di “confutare” queste eccentricità. Mancando però il braccio secolare, ad esempio, dei conti di Tolosa, la fatica si rivela quella di un lavoro buono ma rimasto a metà: infatti quando un’”idea meravigliosa” e fascinatrice (per citare un vero maestro come Cesare Ragazzi) prende possesso della mente di taluni, attorno ad essa si costruisce un castello di teorie e congetture che miracolosamente vanno tutte ad incunearsi attorno a questo bozzolo ideologico centrale. Controargomentazioni, dimostrazioni, insomma gli stramaledettissimi fatti con le loro evidenze morali si impigliano come povere vittime sacrificali nel reticolo, nella grande ragnatela ideologica: lo sforzo risulta meritorio, ma chi si ostina a credere che 2 + 2 faccia 7 continuerà a urlarlo, sbattendo la testa contro il muro. Solo un colpo di spada (virtuale, o anche reale, come suggerivo anni fa nella prefazione di “Deporre il Papa?” dell’amico Don Curzio Nitoglia) potrebbe scogliere ANCHE i legacci di questa matassa o, forse più modestamente, potrebbe farlo l’incessante fluire delle mode nella grande risacca “cattolico tradizionalista”.

    Questione di tempo, che – notoriamente – è galantuomo.

  7. #97
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    [AI PIEDI DEL TRONO VUOTO] Rocche, fortilizi e casematte


    “Il potere tende a corrompere, il potere assoluto tende assolutamente a corrompere”

    Lord Acton

    di Luca Fumagalli e Piergiorgio Seveso

    Anni fa ci sforzavamo insieme di spiegare a un amico un po’ perplesso (oltre ai “cattolici perplessi” e ai “conservatori perplessi”, esistono pure i “sedevacantisti perplessi”) le dinamiche interne, virtuose e spigolose, del sedevacantismo: mondo votato alla difesa del Vero, cattolicamente e integralmente, ma naturalmente mondo piccolo, guareschianamente inteso, a volte al limite del piccino. Le immagini che quella volta usammo furono quelle, abbastanza facili, della rocca assediata (tra Civitella e l’Alcazar); ma poi ce ne sovvenne una migliore e ben più efficace: quella del fortino circondato dal deserto, ben armato e abbastanza custodito, ma lontano dagli scenari della guerra principale.

    La guerra principale, il cui esito disastroso è a tutti noto, si è già conclusa negli anni Sessanta con il Concilio Vaticano II. A qual tempo la gerarchia della Chiesa ufficiale, pressoché nella sua interezza, è passata “armi, bagagli e croci pettorali” nel campo del Nemico (rigorosamente con la “N” maiuscola). Il fortino, periferico e marginale, non interessa alle forze avversarie, che già hanno purtroppo ottenuto la realizzazione di un pieno, seppur apparente, trionfo.

    I “cattolici” oggi vivono nel mondo e nella Chiesa come nell’unico mondo possibile. Qualcuno inseguirà le chimere ultra progressiste (sempre più concrete) di un “Vaticano terzo”, qualcun altro vagheggerà raddrizzamenti, ripareggiamenti, riletture e aggiustamenti, ma TUTTI sono parte del medesimo scenario, TUTTI esistono sotto l’unico sole della rivoluzione conciliare. Dai girondini ai montagnardi, dai giacobini ai dantoniani, dagli hebertisti ai monarchici moderati, TUTTI non hanno altra idea che sedere nel “parlamento della rivoluzione”. E a questi, in fondo, dei fortini rimasti al cattolicesimo romano “di prima” importa davvero poco.

    Intanto nei fortini si aspetta in armi un nemico che tarda ad arrivare, si prega il buon Dio, si spera che tutto ritorni in qualche modo all’ordine dei bei tempi che furono e nel frattempo ci si organizza. E siccome le sere son lunghe da passare, e le giornate ancora di più, qualcosa ci si deve pure inventare. Ad esempio si litiga, mandando agli altri fortini bellicosi messaggi sulla condotta da tenere di fronte al nemico trionfante, considerata ora blanda, ora arrendevole, ora inadeguata. Gli altri fortilizi, altrettanto convinti di essere pienamente pronti a ricevere l’assalto del nemico, tacciono, rispondono a suon di contro-bandi altrettanto polemici oppure, ancor più semplicemente, optano per qualche sonorità da trivio.

    Com’è naturale, senza il Papa, ognuno si arrangia e fa da sé, e se qualcuno vuole stilare i “quadernetti della Restaurazione” (cui dedicheremo una delle prossime puntate) vi sarà chi plaudirà, chi sbadiglierà, chi penserà di averli scritti meglio, assai più belli e convincenti. Ogni fortino, persino ogni casamatta (che del fortino è una versione ridotta e quasi caricaturale) pensa di essere un piccolo regno, sottoposto certamente alla Regalità di Cristo, ma ancor più a quella di chi vi governa. Et Rex in regno suo est imperator. Da questo male endemico, inevitabile, quasi connaturato ai tempi in cui viviamo, in fondo ne può venir anche del bene: lo dicevamo allora al nostro amico che ci guardava non troppo convinto. Ovviamente ne può venir anche del gran male (quod Deus avertat) se il rex muta in tiranno e manda ordini incomprensibili, perniciosi o, peggio, disumani. Son cose che son sempre avvenute e avverranno in qualunque società umana. Oggi, però, tutto si fa più problematico data la mancanza di un’autorità terza cui sottoporre questioni, ubriacature polemiche, anatemi e accusationes. Magari fosse facile come ne “L’Ammutinamento del Caine”, bellissimo film, cui rimandiamo eventualmente i nostri lettori. Se non è possibile occidere tyrannum, lì almeno si riesce a farlo (s)ragionare.

    Come unica consolazione rimane la Provvidenza. Almeno Lei, ne siamo certi, aiuterà rocche, fortini e casematte a mantenersi integri (sia moralmente che mentalmente). Perché i tartari, al contrario di quello che avviene nel racconto di Buzzati, prima o poi arriveranno.



    Nella festa del Cuore Immacolato di Maria e Ottava dell’Assunzione – 22 agosto 2018

    Pubblicato all’Angelus



    buon 10 novembre in ritardo!

  8. #98
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto



    Strobosfera n. 25 (dicembre 2023): il sorriso di Radio Spada e i petardi lanciati nelle corali di Piergiorgio Seveso

    “Radio Spada nel 2023 entrerà in una nuova fase della sua vita: come ogni organismo vivente, dobbiamo crescere ed andare avanti. Ogni scommessa è stata vinta, ogni trappola scoperta, le mani, cupide di morte, qui “petebant animam pueri” sono state spezzate. In ultima analisi moltissimo è stato fatto e questo nessuno potrà cancellarlo ed oscurarlo ma altrettanto resta da fare e sono certo, anche in una nuova declinazione, Radio Spada potrà proseguire con rinnovata lena il suo cammino”, così scrivevo un anno fa, durante l’Ottava dell’Immacolata 2022, sul futuro che ci attendeva.

    Res maiores perurgebant e quindi anche questa da me assai amata rubrica ha dovuto tacere per un po’, peraltro contrappuntisticamente surrogata dalle ricche “Notizie Pascendi”, ma ora ritorna, tagliando il rispettabile traguardo argenteo delle venticinque puntate e ritorna dopo un anno vissuto intensamente e “pericolosamente” ma non certo alla maniera degli arrembanti e sconclusionati masnadieri novecenteschi.

    Lungi da me il fare un tronfio e strabordante bilancio di fine anno come tanti politicanti liberali che detengono la nuda materialità del potere nelle nostre terre (cui persino alcuni integristi di fede “adamantina” fanno gli occhi dolci) ma le parole poc’anzi citate si sono pienamente realizzate. Sui “dati 2023” diremo solo qualcosa di generale dopo.

    Radio Spada, dopo un impegnativo percorso burocratico, si è trasformata il 26 maggio 2023 con un solenne atto notarile in una Fondazione (Ets) a vasto spettro cromatico che ha assunto la denominazione gloriosa e impegnativa di “Pascendi”. Questo non ha certamente cambiato di uno iota la natura prettamente culturale e irreversibilmente cattolico romana del nostro impegno: abbiamo continuato a produrre libri con una volontà indomita, con una passione inscalfibile, con un’acribia al limite, giungendo ormai alla fatidica quota di cento titoli.

    Noi non siamo editori seriali o puramente commerciali, quindi non stampiamo quello che (ci) capita, siamo editori cattolici militanti, quindi ogni testo è meditato e soppesato, vagliato e ponderato in ogni suo aspetto e malgrado questo intenso lavoro “sottocoperta” il ritmo delle nostre pubblicazioni non solo è rimasto costante ma ha assunto una certa quale baldanzosa intensità.

    La nostra attività ha spaziato in quest’ultimo anno carezzando le più svariate corde dell’apologetica: dalle battaglie contro l’evoluzionismo ed il darwinismo, che tanti disgusti e amarezze hanno prodotto ai “ventri molli” del nostro ambiente, alla continua attenzione dedicata alla storia della Chiesa più classica e puntuale del cardinale Hergenrother, dalle lotte dell’indipendentismo corso alla luce dell’ortoprassi politica via via, passando dagli strepitosi catechismi di Mons. Gaume, sino ai grandi dibattiti che attraversano il nostro piccolo (e litigioso) mondo con Parole chiare sulla Chiesa. Per non parlare de I due stendardi, libro animato dalla passione revisionistica di Gianluca Pietrosante, e di molto altro. A corona di quest’anno carico di impegni e promesse son giunti CONTRO NATURA e il testo di Don Andrea Mancinella GOLPE NELLA CHIESA. Documenti e cronache sulla sovversione: dalle prime macchinazioni al Papato di transizione, dal Gruppo del Reno fino al presente che è nel suo genere una summula ed un vademecum per il cattolico che voglia cimentarsi nella sempre più difficile e tortuosa battaglia per l’integralità cattolica. A tutto questo si deve aggiungere la ricerca e la diffusione dell’antiquariato librario cattolico che dopo inizi timidi ed episodici è diventata parte qualificante (seppur minoritaria) della nostra azione libraria accanto alla vendita di piccoli e grandi oggetti devozionali e pii, specie quelli prodotti dalle pregevoli mani di Monnicraft, che spesso si rivelano utilissimi nelle vite e nelle case dei singoli.

    Non stiamo a parlarvi delle decine di migliaia di persone che fanno riferimento ai nostri social, degli oltre 11.000 articoli del sito (le cui visite ormai non sappiamo più a quali “totali” ammontino, visti i tanti cambi anche negli strumenti di conteggio: in ogni caso i 13 milioni erano stati festeggiati il 28 settembre 2020), degli eventi organizzati e di tutto il resto. Basta e avanza questo volo d’angelo.

    Oramai, dopo tanti anni, non vi è casa di tradizionalista nelle nostre terre che non sia stata lambita in qualche modo da un prodotto uscito dalle nostre officine, dai nostri magazzini, dalle nostre santabarbare, anzi sono molte le biblioteche domestiche cui attingono grandi e piccoli, dove le Edizioni Radio Spada trovano stabile e PACIFICA dimora. Tutto questo, ben lungi dal farci indulgere a facili abbandoni o a comode mollezze, ci sprona ad andare sempre più avanti, con forza, determinazione aggressiva e indomabile volontà di raggiungere ogni sperduta spelonca del tradizionalismo e dell’integrismo italiano.

    Attorno a noi regnano spesso, ci sembra persino inutile rimarcarlo, due falsi opposti: da una parte un moderatismo, spiacente a Dio e ai suoi nemici, che arranca ogni giorno di più, dilaniato dall’attualità ecclesiale e dalle agognate “restaurazioni” in salsa polacca e bavara che tardano ad arrivare come certi scalcagnati treni di provincia. Dall’altra un parossismo parolaio, eccentrico e funesto, piazzistico e inconcludente che, come una vera lebbra dell’anima, da anni ormai sta divorando le carni di quel che resta del cattolicesimo nelle nostre terre.

    Questa malattia dello spirito, quella pandemia della stupidità, questa dittatura dell’unilaterale, questo reticolo di monadi che non sanno più vedere, più ascoltare, più riflettere, più capire e forse più nemmeno pregare, “preoccupa” ancora di più della rivoluzione trionfante e sempre operativa dei Bergoglio, degli Zuppi o degli Hernandez e delle opposizioni da café chantant dei Mueller, dei Burke e degli Schneider.

    A Dio piacendo, Radio Spada continuerà a infastidirvi benevolmente ancora a lungo, finché servirà alla Chiesa cattolica, a lanciare petardi nelle corali sonnolente dell’integrismo italiano per far steccare gli azzimati cantori, a far balbettare i tremuli di ogni fazione e di ogni risma: lo farà perché anche questo è il suo ruolo, per questo è nata nel 2012. E aggiungo: lo farà (anche) sorridendo.

    Cor Jesu, attritum propter scelera nostra, miserere nobis.

    Regina sine labe originali concepta, ora pro nobis.

  9. #99
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Citazione Originariamente Scritto da Guelfo Nero Visualizza Messaggio
    La Strobosfera n. 17: In morte di Joseph Ratzinger, il “migliore dei loro”. Ovvero: quello che pochi scrivono.



    dì Piergiorgio Seveso

    Non sorprenda il silenzio sostanziale di Radio Spada in questi giorni: abbiamo parlato per dieci anni su questi argomenti e potevamo permetterci di tacere, affidando a Dio l’anima del noto teologo bavarese.
    Se però volgiamo intorno lo sguardo, uno spettacolo inequivocabile aggredisce e atterrisce i nostri occhi. Memoria corta, relativismo di ritorno, volatilità sentimentale, logorrea apocalittica, non essere mai sul pezzo al momento giusto: il “tradizionalismo cattolico medio” di lingua italiana mostra in questi giorni tutti interi i suoi limiti, la sua miccia corta nella triste evenienza ormai prevedibile ed ineludibile della morte di Joseph Ratzinger (Benedetto XVI).

    Una prima premessa è che certamente qualunque parola scritta, men che meno da un privato cattolico non si possa sostituire al Giudizio di Dio che solo “conosce le reni e i cuori” di ognuno ma questo non esclude che si debbano proferire giudizi adeguati e secondo giustizia (non secondo i nostri gusti o simpatie) su personaggi pubblici che tanto hanno inciso sulla vita della Chiesa e sui destini escatologici dei singoli.

    Una seconda premessa è che, malgrado Ratzinger abbia fatto “scoprire” il “cattolicesimo” e la “tradizione” a molti (e di tutti rispettiamo, almeno per affettuosa cortesia, il percorso di “conversione” individuale), verrebbe però da domandarsi a quale cattolicesimo, a quale tradizione abbia chiamato, a quale “straordinaria” Messa, a quale mensa teologica abbia invitato, a quali fonti abbia fatto abbeverare. E se tanti piangono (alcuni sinceramente, altri in maniera nettamente coccodrillesca), bisogna che qualcuno non pianga affatto e tenga ciglia asciutte e occhi aperti sulle attuali contingenze e su “canonizzazioni” e “addottoramenti” forzati e forzosi, sui “santi subito” che ci riportano alla mente il terrificante aprile 2005. E quelli siamo noi, dobbiamo essere noi, dovremmo essere almeno noi di Radio Spada, insieme ad altre poche benemerite eccezioni.

    Anche allora, dopo la morte di Giovanni Paolo II furono in pochi a rimarcare i gravissimi errori dottrinali, di prassi ecclesiologica ed ecumenista, di weltanschauung filosofica e di azione di governo del polacco, in mezzo ad universale e avviluppante oceano di melassa. Il medesimo spettacolo si ripete diciassette anni dopo, implementato dai social media, da una rapidità dello scrivere che raggiunge il parossismo, da un web che diventa la via di mezzo tra un bagno pubblico ove scrivere sconcezze o ridicolaggini col lapis o un circolo di cuori infranti all’americana dove piangersi addosso. A questo si aggiunga l’unicum di un successore, apparentemente diverso ed “estroverso” ma sostanzialmente contiguo, già appoggiato alla Cattedra di San Pietro da quasi dieci anni, che sta per funerare, sotto ogni punto di vista, il predecessore sotto l’abside del Bernini, sfigurata da tanto sfacelo.

    Anni e anni di articoli, conferenze, saggi, convegni per denunziare la “strana teologia” del bavarese, le Assisi rinnovate, gli amori ancillari con Sinagoghe e templi protestantici, la papicida e reale abdicazione, più di cento pagine di approfondimento solo sul nostro sito, debbono forse impallidire di fronte ad uno triste e frettoloso catafalco stile Ikea, imbastito nella basilica Vaticana? Ci deve essere qualcuno a dirlo? Ci deve essere qualcuno a scriverlo o a tutti trema la mano e si intorbida lo sguardo? Qui si gioca la partita tra un tradizionalismo o meglio un integrismo che non cessa di essere bambinesco, disfasico, ciarliero, inconcludente, puramente accademico o distratto e con un inconfessabile complesso di inferiorità verso le “gerarchie moderniste” o uno maturo e sensato che ribadisca senza pressapochismi, velleità narcisistiche o avventurismi inutili (e capite benissimo a che cosa mi riferisca) la crisi abissale e verticale che stiamo vivendo.

    Joseph Ratzinger è stato quasi certamente il migliore dei LORO, un Ecolampadio del neomodernismo, un nuovo Hegel per la filosofia cristiana post “Vaticano II”, uno Swedenborg della spiritualità cristianoide, una figura, pur se umanamente gentile e affabile, sinistramente titanica e culturalmente imponente: ora gli è succeduto e gli succede un neomodernismo più agile, volgare e dozzinale, un neomodernismo per rudi e plebei, per rotocalchi e per parrucchiere delle periferie esistenziali che certamente ha modulazioni diverse, tratte però dal medesimo spartito. E cessata la sbornia esequiale, la Rivoluzione conciliare riprenderà il suo naturale cammino.
    Appunto però è dovere morale ribadirlo: era il migliore dei LORO, non dei nostri. Se la Corte celeste, la persona unanime del Papato Romano, i dottori e i theologi probati del passato prossimo e remoto sono parte integrante della nostra Acies (quella vera, non quella in doppiopetto grigio), spesso (e oggi più che mai) può sembrare che le nostre fila siano caratterizzate da soverchia e regressiva debolezza, endemica rissosità, confuse glossolalie, autocefalie grottesche. Non costringeteci quindi a dire come il maggiore Kruger nell’ultima scena del ponte di Remagen: “Chi è il nemico?”.
    -

  10. #100
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Strobosfera n. 26: 101 libri di passione, 101 libri di Verità. E un bilancio per il futuro.



    La Strobosfera, questa rubrica cattolica integrale nata per dovere e svolta da me con piacere, continua il suo cammino, lanciando di tanto in tanto raggi, riverberi, baluginii sulla realtà ecclesiale e sociale circostante.

    Lo fa, lo ribadisco, con pura occasionalità e con la ferma volontà di NON creare un pubblico fisso di lettori, non perché non creda fermamente et usque ad finem a ciò che scriva e nemmeno perché non veda chiaramente lo svuotamento generale di quelle cattedre, di quei troni, di quegli scranni, di quegli amboni deputati alla difesa del Verità cattolica. Intravedo anzi e da più di un ventennio la necessità di una supplenza laicale al generale (pur con nobilissime e talvolta splendenti eccezioni) sfacelo dell’episcopato e del sacerdozio cattolico (rectius et verius neomodernista) ma credo fermamente debba essere esercitata con parsimonia, con senso (ecclesiale) della misura e dei ruoli, con giusta trepidazione e senza creare surrogati (certamente NECESSARI per i tempi marziali che stiamo vivendo) che finiscano per sostituirsi al vero cibo, a quel Breakfast dogma che la Chiesa non ammutolita o non decapitata dona (donerebbe) ai suoi figli ogni giorno.

    Se il “Vaticano II” non avesse avvelenato i pozzi, inquinato le falde e serrato le fontane, oggi avremmo potuto sorbire ogni istante, anche con la ricchezza della moderne tecnologie e coi nuovi innesti della contemporaneità, quella grande luce del Vero, e dissetarci. Dobbiamo invece rifarci al passato, a quel regolante Magistero sempre vivo per quella continua comunicazione con l’autorità rivelante di Dio che l’ha innervato, rivolgerci a chi ha vissuto e ha scritto all’ombra della Tiara e dell’Altare, oppure a chi si sforza anche oggi, con tutta la difficoltà di non avere a disposizione un Magistero “vivente” cui riferirsi, di fare apologetica, contro-cultura, contro-informazione cattolica.

    Se poi ci avviciniamo alla grande cambusa della Tradizione cattolica, troviamo bevande e cibi sigillati di ogni tipo, spessissimo salutari e salutiferi, talvolta accettabili, altre volte esiziali, se assunti senza criterio e senza equilibrio. L’oggi tradizionalistico, fatte salve (si spera) le verità definite e rivelate, tutte le verità connesse e quelle teologicamente certe, è spesso oggetto di certamina, scontri, confronti, duelli sanguinosi nelle materie dibattute e disputate e ancora di più in quelle temporali, spesso puro oggetto di opinione, partigianeria faziosa e… sensazionalismo.

    Questo quadro rende bene l’enorme difficoltà di essere editori cattolici oggi nella fase più drammatica, catastrofica e caotica nella bimillenaria storia della Chiesa cattolica; hapax epocale, unicum historicum che nessuna cura cosmetica conservatrice tranquillizzante, che nessun rimmel benpensante riesce a nascondere o a far obliare. In questa gran tempesta una casa editrice come la nostra ha raggiunto con l’ultimo titolo – la traduzione del capolavoro di Louis Veuillot L’illusione liberale – la ragguardevole cifra di 101 libri dati alle stampe in soli dieci anni, partendo dal Nulla, senza protettori e padrini, e imparando il duro mestiere dell’editore cammin facendo. 101 libri, certamente di valore diseguale, di respiro volutamente diseguale, ma tutti egualmente voluti, creati, amati, curati con il preciso intendimento di essere una casa editrice cattolica (integrale e mai aggettivo è usato con maggior consapevolezza) oggi, in questi decenni di disgrazia e di Religione depauperata e manomessa.

    Abbiamo agito, come soleva dire uno dei nostri “patroni” e ispiratori, Monsignor Umberto Benigni del Sodalitium pianum, forse non l’unico ma certamente il più apprezzato, senza (umane) speranze e senza (umane) paure. Abbiamo visto accanto a noi, nate ben prima e dopo di noi, tante realtà analoghe alla Nostra (e anche al di là dei mari e degli oceani), anch’esse impasto vivace di teologia romana, rette intenzioni e passioni umane: questo ci fa confidare ampiamente nel fatto che non tutto sia perduto e che la Santissima Trinità governi la sua Chiesa, malgrado noi, anche in questi decenni e decenni di esiziale sfascio temporale e surrettizie sostituzioni, verso le tortuose e labirintiche strade della Restaurazione. Beninteso, senza facili scorciatoie fatte di ripareggiamenti velleitari e calcoli da conclave, senza cerebralismi da salotto con caminetto e plaid sulle ginocchia o da cantina con lucernaio vista strada, senza fughe in avanti (con fiato corto e spesso con idee erronee) o accomodanti e sonnolenti quietismi. A distanza di quasi dodici anni di blog, oltre 10 di casa editrice e 101 libri, siamo ancora qui, operosi, fidenti in Dio e nella Chiesa, entusiasti a volte, altre volte più pensosi e sanamente scettici sul valore di uomini e fatti ma sempre pronti a marchiare a fuoco l’errore, a difendere la Chiesa cattolica dai suoi nemici e interni, nonché dagli scriteriati, dai pazzi e dai guastamestieri di ogni famiglia e consorteria.

    101 libri e siamo ancora vivi, in piedi ed amici, di quell’Amicizia che ci ha permesso (senza confusionismi ed ecumenismi sorta) di giustapporre diverse analisi della crisi della Chiesa, di superare ogni diversa valutazione degli eventi, ogni discrepanza caratteriale, di integrare ogni varietà di stile, di tinta e di temperamento in un bell’affresco. Non sarà certemente di Michelangelo, di Raffaello e nemmeno del Podesti ma bisogna accontentarsi. Avremmo potuto “lasciar correre”, scegliere di non scegliere, di non esporci al giudizio di malevoli malcontenti, di improduttivi seriali, di laureati incompetenti, di perpetue baffute, di sacrestani omicidi, di macchiette del web, avremmo potuto stare al riparo delle “confortevoli” e bucherellate tettoie dell’abitudine, avremmo potuto, per citare il Cyrano di Rostand, “brigar per farci eleggere papa nei concistori che per entro le bettole tengono i ciurmatori”: non l’abbiamo fatto e ancora oggi abbiamo la consapevolezza di continuare a ben spendere la vita.

    Nella grande fornace ardente di Radio Spada e della fondazione Pascendi le iniziative non mancano mai: colgo l’occasione, dopo tanto fervore intimista e personale, e vi ricordo un prossimo appuntamento. Sabato 24 febbraio, dalle ore 16, presso il Park Hotel Sporting di Teramo si terrà un pomeriggio di formazione esplosivo a cura di Radio Spada e con la collaborazione di Liberi in Veritate – Abruzzo. Parleranno Massimo Micaletti, Francesco Di Meco, Ilaria Pisa e Andrea Giacobazzi (i nostri Bonny e Clyde reggiani), introdotti dal carissimo Pierfrancesco Nardini. Dalla bioetica alla situazione politica, dalla crisi nella Chiesa alle spinte dissolutorie che investono la società: sarà un evento a tutto campo. Contestualmente saranno presentati due volumi che hanno già fatto molto discutere: Contro natura (di Silvana De Mari, Martino Mora, Corrado Ruini, Giovanni Formicola), che in occasione della presentazione reggiana fu contestato da un colorito ma inefficace sit in di femministe (forse baffute anch’esse come le perpetue di cui sopra e come chi vi sctive), e Golpe nella Chiesa, documentatissimo libro-bomba di don Andrea Mancinella (con prefazione dell’amico don Curzio Nitoglia e postfazione del caro vaticanista Aldo Maria Valli) che tante discussioni ha già suscitato.

    Altre parole non aggiungo, se non la consueta richiesta di preghiere e affetti da parte del nostro pubblico di amici, simpatizzanti , estimatori e disistimatori.

    Mater mea, fiducia mea!

    Sancte Joseph, robur periclitantium, ora pro nobis!

    Piergiorgio Seveso, presidente SQE della Fondazione “Pascendi” ETS

 

 
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