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  1. #61
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    [AI PIEDI DEL TRONO VUOTO] Sede vacante e guerra civile





    di Luca Fumagalli e Piergiorgio Seveso

    Questa rubrica di Radio Spada, agile collezione di appunti sparsi, schegge e notarelle epigrammatiche, non nasce senza una pretesa che, nel suo piccolissimo – per non dire infimo –, ha del rivoluzionario. Per la prima volta, infatti, due laici, con toni volutamente leggeri, senza alcuna pretesa d’esaustività, consegnano ai lettori una sorta di autodiagnosi del cosiddetto mondo “sedevacantista” italiano. Lo fanno, si diceva, con quel poco di acume che Dio ha avuto la benevolenza di donare loro, consapevoli che in tempi ferrigni come quelli in cui stiamo vivendo, ormai privati di tutto, persino della dignità, l’autoironia è forse l’unica cosa che rimane: non ridarà la speranza, non risolleverà i cuori, ma almeno – si spera – strapperà un sorriso e, chissà, magari toglierà un po’ di polvere dalle menti appassite. A tal proposito è bene precisare che non è intenzione degli autori offendere nessuno. Saranno elencati numerosi limiti di un mondo marginale, angusto, a tratti persino fetido, ma un mondo a cui loro sentono irrevocabilmente d’appartenere. Ci potranno essere persino sferzate indelicate. Nel qual caso saranno date con la medesima asprezza di quelle che pure loro meriterebbero. Ogni difetto evidenziato è quindi anche e soprattutto loro, anzi, forse loro stessi sono il peggio che questo piccolo mondo antico abbia mai prodotto. Non è falsa modestia: in tempi di mediocrità diffusa come quelli in cui viviamo, essere pessimi è pur sempre un segno di distinzione [RS].

    L’apologetica sedevacantista è da molti anni impegnata in confronti serrati (un tempo su carta, ora più velocemente sul web) molto simili a logomachie diuturne, volti a sensibilizzare le coscienze di singoli e gruppi sull’evidenza, diremmo quasi sull’invasiva evidenza, della Sede vacante. Polemiche su polemiche, spesso fruttuose, a volte antiche rifritture tematiche in giro da più di un ventennio con interlocutori ormai ampiamente cristallizzati nelle proprie posizioni (siano esse all’interno dello stesso mondo sedevacantista oppure con i “cugini-fratelli coltelli” lefebvriani). Oggi non ci vogliamo ovviamente occupare di queste diatribe: se cliccate “sedevacantismo” sul motore di ricerca interno di Radio Spada, avrete di che leggere per almeno un annetto (forse di più). Piuttosto vogliamo occuparci in questo capitoletto di un tema poco affrontato, ovvero del “dopo”.

    Eh sì, perché, volenti o nolenti, prima o poi ci sarà un dopo-sede vacante, ovvero un momento in cui la Sede petrina tornerà pienamente occupata da un Papa cattolico, ovvero da un Papa. Il tema è sempre stato lasciato volutamente nel vago, anche perché sarebbe temerario parlarne con troppe certezze. In quest’ultimo anno abbiamo fatto molte ricerche per stanare in ambiente sedevacantista (francofono, anglofono o ispanofono) un qualche romanzo o racconto breve scritto da autore cattolico e dedicato ad una narrazione (futuribile, ucronica o utopica) della fine della sede vacante. Purtroppo non abbiamo ancora trovato nulla, ed è un vero peccato, perché i romanzi sono spesso luoghi di concretazione per le attese, i desideri e i sogni dei gruppi “di frangia” o anche per comunicare in una maniera più leggera ciò che in un saggio risulterebbe difficile o stucchevole.

    Come è noto a qualsiasi sedevacantista tesista (non da bar), due sono le vie maestre per la conclusione della Sede vacante: o per resipiscenza dell’eletto modernista (ad esempio Bergoglio o un suo successore) o per “deposizione” e sostituzione dell’eletto attraverso un conclave emergenziale (“concilium imperfectum sine papa”) convocato e composto da quel vescovo residenziale (o vescovi residenziali ex modernisti o anche altri elettori “cardinali” anch’essi resipiscenti) che avrebbe prima rivolto all’eletto modernista le monizioni canoniche (“Nemo haereticus nisi pertinax”). Entrambe le vie sono oggetto di discussione nel mondo sedevacantista (e non) ma questi dibattiti non possono essere tema del nostro articolo. A noi interessa l’impatto sociale e/o politico della fine della Sede vacante.

    Sia che il nuovo Papa cattolico venga eletto in maniera canonica, sia che venga eletto in maniera straordinaria, la sua elezione produrrebbe un’immediata riduzione secca dei cattolici al mondo di almeno il novantacinque per cento (a voler essere ottimisti), dal momento che i “neo-cattolici” si rifiuterebbero di seguire un nuovo Papa che abrogasse il Novus ordo, il Concilio Vaticano II, il codice del 1983, dichiarasse nulle le ordinazioni montiniane e tutto quello scaturito dal mondo conciliare (un po’ quello che accade al protagonista della serie tv “The Young Pope”). Il mondo cattolico ufficiale gli opporrebbe certamente un Antipapa o rimarrebbe fedele al “Papa modernista”, peraltro ben protetto dai poteri statuali nazionali e internazionali. Persino in un affascinante romanzo ucronico tipicamente lefebvriano come “Pio XIV, un papa di transizione” scritto dal salesiano don Giuseppe Pace negli anni Settanta, i primi due papi cattolici dopo il Concilio, Pio XIV e Pio XV, che tentano una via “riformistica per il ritorno alla fede cattolica”, vengono assassinati. Una certa narrativa di ambiente ratzingeriano che suggeriva un ritorno all’ortodossia per “viam accomodationis” non è risultata convincente, anche perché la rivoluzione conciliare galoppa in maniera sempre più irreversibile.

    Non è troppo credibile nemmeno una certa narrazione informale che giura che il ritorno del Papato romano possa essere accompagnato da segni prodigiosi, miracoli, apparizioni celesti, interventi angelici etc etc. L’anno di Fatima appena trascorso ha vanificato le aspettative, le speranze, le pie chimere di un certo mondo “tradizionalista”: nessun segno tangibile, nessun castigo, nessun evento spettacolare. Nada de nada. Tutto nel più grigio anonimato che ci ha richiamato più le disperanti e soffocanti atmosfere di “Roma senza Papa” di Guido Morselli (di cui parleremo in un prossimo articolo) piuttosto che le tambureggianti aspettative di Riconquista da alcuni preannunciate. Già sentiamo (sempre in taluni ambienti tradizionalisti) spostare in avanti le date dei prodigiosi interventi celesti come facevano già i Testimoni di Geova a inizio Novecento per la fine del mondo (e ci scuserete se il paragone possa sembrare irriguardoso).

    Insomma, come narrato ne “Il Padrone del mondo” di mons. R. H. Benson, i “cattolici col Papa” si troveranno, nel momento decisivo, certamente in ampia, amplissima, forse sparuta minoranza, seguendo le vie della Grazia ma anche quelle più prosaiche di una nuova prospettiva ecclesiale da gestire. Certamente risulta, umanamente parlando, facilmente prevedibile che il Papa cattolico ed i vescovi a Lui fedeli non possano prendere possesso pacifico delle rispettive sedi (Vaticano, arcivescovadi, episcopi). Le sedi dovranno essere nuove, occasionali, forse clandestine e da trovarsi, a meno che qualche Garcia Moreno (cattolico e non “ortodosso”) redivivo nel terzo Millennio possa offrire ospitalità e ricovero al Papa cattolico, evidentemente espulso, perseguitato o perlomeno ostacolato nella propria azione di governo. Avremmo quindi un “Vaticano in esilio” (stavolta fortunatamente senza “Pope” Michael a oziare sulla sedia a dondolo) con tutto quello che una situazione del genere comporta. Evidentemente negli stati ove i cattolici fedeli al Papa fossero presenti coi loro vescovi, il contrasto coi neomodernisti diventerebbe via via più forte e cruento (a meno che qualcuno pensi che il ritorno del cattolicesimo romano sulla scena della Storia possa essere derubricato dall’aconfessionalismo degli stati moderni o dalla “laicità positiva” come mero fatto privatistico). Lo scenario “guerra di religione” è certamente possibile ma in modo molto diverso rispetto al conflitto cattolico-ugonotto, dal momento che i “nuovi ugonotti” (roncallian-montinian-wojtylian-ratzingerian-bergogliani) stavolta partirebbero da una posizione di vantaggio pressochè assoluta. Per quanto una certa parte di mondo sedevacantista (non solo italiano) si possa esser dotato di alcuni fedeli (di solito provenienti dall’estrema destra ma anche di questo parleremo in un futuro articolo) in qualche caso dalla formazione paramilitare abbastanza solida, in quei frangenti ci vorrà certamente qualcosa di più “corazzato” e di più articolato per affrontare tali emergenze.

    Nel titolo abbiamo usato l’espressione “guerra civile” che rimane abbastanza iperbolica dal momento che realisticamente l’eventuale conflitto riguarderebbe solo una parte marginale delle popolazioni (almeno in queste terre), data la generale secolarizzazione e incredulità. Si potrà forse parlare meglio di “guerra per bande”. Altrove lo scontro potrebbe essere più diffuso, specie nei paesi latini americani e ancor di più nel vicino Oriente, dove il conflitto tra i “cattolici col Papa” e altre confessioni cristiane potrebbe inserirsi in una situazione bellica già endemica di quelle terre. Una cosa è certa: quell’evento spezza-Storia potrà essere per il nostro piccolo mondo l’occasione per mostrare i nostri lati peggiori (meschinità, estremismo parolaio, viltà, allucinazioni puristiche), come i nostri lati migliori (fedeltà, coraggio fisico e morale, strategia, pietà, testimonianza fino alla morte).

    Quando avverrà? Ora ci chiedete troppo. Non siamo profeti, né (checché se ne ciarli) astrologi. Alla prossima.

    Scritto nell’Ottava dei Ss. Pietro e Paolo 2018

  2. #62
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Ho letto velocemente, chiedo venia.
    Da come ho capito sembra che qualcuno pensi ad un nuovo scisma, giusto?
    Socio Fondatore - Presidente in Carica - Alternativa Sociale - A.S. - "Rinnovare la Tradizione"

  3. #63
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Lo scisma (capitale) c'è già da sessant'anni: semmai si verificano e si analizzano le possibilità di come uscirne.

  4. #64
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Il Concilio Vaticano II fa parte del Magistero della Chiesa. Per me al soglio pontificio è seduto un Papa legittimo.
    Questa è la mia posizione...
    Socio Fondatore - Presidente in Carica - Alternativa Sociale - A.S. - "Rinnovare la Tradizione"

  5. #65
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Per noi no (ed è cosa tanto evidente quanto evidente l'esistenza di Dio) ma se fosse altrimenti non modereremmo questo forum.
    Buona vita.

  6. #66
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Buona e Santa Pasqua a tutti "Ai piedi del trono vuoto"


  7. #67
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto




    Volentieri riprendiamo da Il Talebano questa intervista con Piergiorgio Seveso, Presidente SQE di RS:

    Grazie caro Piergiorgio di concederci questa intervista. Tu sei stato protagonista negli anni 2000 dell’ ala Tradizionalista del leghismo un vero e proprio ponte tra il Centro Studi Davide Abertario e il MUP (Movimento Universitario Padano) della Cattolica diventato CAP (Comunità antagonista padano) con la rivista “Il Cinghiale Corazzato”. Vuoi parlarci di questa esperienza?

    Anzitutto grazie a Te per le parole immeritate e a “Il Talebano” per farmi ricordare di momenti assai entusiasmanti. Non so se io sia stato protagonista, di certo ci sono stato e ciò è quello che davvero conta. Come cofondatore e segretario del centro studi “Davide Albertario” (nato il 28 gennaio 2002) mi sono trovato quasi accidentalmente ad essere tramite e punto di raccordo tra questo Centro studi cattolico integrale (nato dall’iniziativa dell’Istituto Mater Boni Consiilii) e il gruppo degli Universitari Padani dell’Università Cattolica di cui sono diventato viceresponsabile nel maggio 2003. La cosa produsse tantissime buone cose: ad esempio un doppio ciclo annuale di conferenze che portarono a parlare in Cattolica personaggi molto rilevanti di entrambi gli ambiti (parliamo ovviamente degli anni 2002-2004): Andrea Rognoni, Don Ugo Carandino, Mario Spataro, Gilberto Oneto, Don Ugolino Giugni, Federico Bricolo, Don Thomas Cazalas, Sergio Terzaghi, Don Giuseppe Murro, Lorenzo Busi, Don Francesco Ricossa, Paolo Bassi, Martino Mora, solo per citarne alcuni.

    Erano gli anni in cui l’allora leader Umberto Bossi tuonava contro il “Concilio Vaticano Secondo” e i “massoni” che l’avevano generato, c’era una rubrica cattolica integrale su Radio Padania, le iniziative cattoliche tradiizionaliste erano seguite da media padani, c’erano Messe in latino “Non una cum” a molte iniziative della Lega Nord, c’erano banchetti librari sedevacantisti sia a Pontida che a Venezia (tra tutti ricordiamo quello del maggio 2003 che balzò all’onore delle cronache per alcuni libri assai controcorrente). In questo gran fervore d’opere, in questa particolare “sintonia”, in questo prodigioso “allineamento dei pianeti”, era naturale che si creasse un laboratorio di collaborazione politica tra cattolicesimo integrale e il giovane leghismo dell’epoca. E questo luogo fu senza alcun dubbio l’allora Movimento Universitario Padano dell’Università Cattolica (anche se vi furono altri episodi specie nel Triveneto).

    Non posso dimenticare che in quel gruppo, governato da una profonda Amicizia metapolitica, elementi pagani, laici e cattolici integrali si confrontavano quotidianamente su questioni politiche e sulle grandi Verità che illuminano la vita e devo ringraziare Fabrizio Robbiani e Davide Alemanni, i due resposabili di allora, per aver accolto con rispetto e con stima le nostre iniziative.

    Poi si sa, il contatto tra politica quotidiana e i grandi valori assiali e veritativi del Cattolicesimo integrale genera cambiamento, “conversione”, miglioramento: alla fine l’accodarci al liberalismo berlusconiano ci stava stretto, il progressivo (e allora meno percepibile) trasformarsi della Lega Nord da movimento identitario localista a movimento neo nazionalista (filo americano e filo sionista in politica estera, filo atlantista in poliitca europea, securitario e neocons in politica interna) ci stava ancora più stretto, Così il 20 marzo 2006, per una serie di molteplici occorrenze, ci trasformammo in Comunità Antagonista Padana e abbiamo festeggiato da poco i quindici anni di vita. Riacquistata una piena libertà d’azione tematica e politica, abbiamo vissuto anni meravigliosi, testimoniati dalle copertine del nostro giornale “Il Cinghiale corazzato”. Col passare degli anni anche l’elemento cattolico romano confessionale divenne indiscusso protagonista delle nostre iniziative.

    Libera dall’interesse verso la politica italiana, la CAP ha potuto condurre in questi anni campagne contro le aggressioni americano-sioniste ai paesi del Mediterraneo e del vicino Oriente (Libia, Siria, Libano, Iraq e Iran), a favore della rinascita russa e dei movimenti identitari nell’est Europa e, in ambito culturale, a favore del revisionismo storico per le piccole patrie preunitarie (specialmente contro il “risorgimento” ma anche per la libera ricerca in genere, ad esempio sull’omicidio rituale ebraico grazie a Luca Fumagalli). In una Università come la nostra, dilaniata dalla Scilla del modernismo e dalla Cariddi tecnocratico aziendalistica, abbiamo cercato di portare la viva testimonianza della Res publica christiana.

    Il proseguimento di questa esperienza è stata Radio Spada. Di cosa si tratta?

    Esattamente così. Nel naturale svilupparsi delle dinamiche umane del nostro gruppo, era normale che tra i laureati e quelli che erano arrivati o erano rimasti in Università si volesse creare qualcosa che rinsaldasse il nostro legame e portasse anche fuori dalle muraglie rosso mattone della nostra Università le nostre battaglie. Così nel giugno 2012 abbiamo fondato il Blog Radio Spada con lo scopo di farne nel breve termine una casa editrice controcorrente, apartitica, antagonista e confessionalmente cattolica integrale, lontana sia dallo pseudo-restaurazionismo ratzingeriano che dalle pulsioni neoconservatrici e benpensanti di molti nostri ambienti, spesso più pericolose della rivoluzione stessa.

    L’esperienza delle Edizioni Radio Spada che hanno sede in Insubria a Cermenate, molto impegnativa dal punto vista umano e intellettuale, ha dato i suoi frutti, dal momento che abbiamo pubblicato più di novemila articoli e navighiamo ben oltre i sessanta titoli pubblicati.

    Tra i piccoli ma fondamentali meriti di questa casa edtrice (un’editrice tra le tante ma sotto certi aspetti unica) c’è quello di aver contribuito a mettere in movimento l’ambiente cattolico tradizionalista italofono, legittimamente soverchiato dal neo modernismo trionfante nell’epoca bergogliana e altrettanto naturalmente incline all’ipnosi della coazione a ripetersi e al minimalismo della sopravvivenza.

    Infatti, o per emulazione o per antagonismo, molte iniziative sono state messe in campo dopo la nostra nascita e questo aver “smosso le acque” non ci può che rendere lieti: per il resto parlo con pudore di questa nostra casa editrice perchè detesto fortemente le dinamiche autopromozionali, amando molto la vita ritirata.

    Da questo buon ritiro, esco raramente. Se c’è un buon motivo per uscirne, è per tutelare l’unico vero sovranismo che mi sta cuore, da cui ovviamente i sovranismi “minori” dovrebbero trarre linfa vitale, grazie per scegliere, dottrine da custodire, linee guida per agire, ovvero la sovranità di Cristo Re ed il suo Sacro Cuore sui singoli e sugli Stati. Grazie ancora.

  8. #68
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto



    Ai piedi del trono (materialmente) vuoto

  9. #69
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Citazione Originariamente Scritto da Guelfo Nero Visualizza Messaggio
    [AI PIEDI DEL TRONO VUOTO] Rocche, fortilizi e casematte


    “Il potere tende a corrompere, il potere assoluto tende assolutamente a corrompere”

    Lord Acton

    di Luca Fumagalli e Piergiorgio Seveso

    Anni fa ci sforzavamo insieme di spiegare a un amico un po’ perplesso (oltre ai “cattolici perplessi” e ai “conservatori perplessi”, esistono pure i “sedevacantisti perplessi”) le dinamiche interne, virtuose e spigolose, del sedevacantismo: mondo votato alla difesa del Vero, cattolicamente e integralmente, ma naturalmente mondo piccolo, guareschianamente inteso, a volte al limite del piccino. Le immagini che quella volta usammo furono quelle, abbastanza facili, della rocca assediata (tra Civitella e l’Alcazar); ma poi ce ne sovvenne una migliore e ben più efficace: quella del fortino circondato dal deserto, ben armato e abbastanza custodito, ma lontano dagli scenari della guerra principale.

    La guerra principale, il cui esito disastroso è a tutti noto, si è già conclusa negli anni Sessanta con il Concilio Vaticano II. A qual tempo la gerarchia della Chiesa ufficiale, pressoché nella sua interezza, è passata “armi, bagagli e croci pettorali” nel campo del Nemico (rigorosamente con la “N” maiuscola). Il fortino, periferico e marginale, non interessa alle forze avversarie, che già hanno purtroppo ottenuto la realizzazione di un pieno, seppur apparente, trionfo.

    I “cattolici” oggi vivono nel mondo e nella Chiesa come nell’unico mondo possibile. Qualcuno inseguirà le chimere ultra progressiste (sempre più concrete) di un “Vaticano terzo”, qualcun altro vagheggerà raddrizzamenti, ripareggiamenti, riletture e aggiustamenti, ma TUTTI sono parte del medesimo scenario, TUTTI esistono sotto l’unico sole della rivoluzione conciliare. Dai girondini ai montagnardi, dai giacobini ai dantoniani, dagli hebertisti ai monarchici moderati, TUTTI non hanno altra idea che sedere nel “parlamento della rivoluzione”. E a questi, in fondo, dei fortini rimasti al cattolicesimo romano “di prima” importa davvero poco.

    Intanto nei fortini si aspetta in armi un nemico che tarda ad arrivare, si prega il buon Dio, si spera che tutto ritorni in qualche modo all’ordine dei bei tempi che furono e nel frattempo ci si organizza. E siccome le sere son lunghe da passare, e le giornate ancora di più, qualcosa ci si deve pure inventare. Ad esempio si litiga, mandando agli altri fortini bellicosi messaggi sulla condotta da tenere di fronte al nemico trionfante, considerata ora blanda, ora arrendevole, ora inadeguata. Gli altri fortilizi, altrettanto convinti di essere pienamente pronti a ricevere l’assalto del nemico, tacciono, rispondono a suon di contro-bandi altrettanto polemici oppure, ancor più semplicemente, optano per qualche sonorità da trivio.

    Com’è naturale, senza il Papa, ognuno si arrangia e fa da sé, e se qualcuno vuole stilare i “quadernetti della Restaurazione” (cui dedicheremo una delle prossime puntate) vi sarà chi plaudirà, chi sbadiglierà, chi penserà di averli scritti meglio, assai più belli e convincenti. Ogni fortino, persino ogni casamatta (che del fortino è una versione ridotta e quasi caricaturale) pensa di essere un piccolo regno, sottoposto certamente alla Regalità di Cristo, ma ancor più a quella di chi vi governa. Et Rex in regno suo est imperator. Da questo male endemico, inevitabile, quasi connaturato ai tempi in cui viviamo, in fondo ne può venir anche del bene: lo dicevamo allora al nostro amico che ci guardava non troppo convinto. Ovviamente ne può venir anche del gran male (quod Deus avertat) se il rex muta in tiranno e manda ordini incomprensibili, perniciosi o, peggio, disumani. Son cose che son sempre avvenute e avverranno in qualunque società umana. Oggi, però, tutto si fa più problematico data la mancanza di un’autorità terza cui sottoporre questioni, ubriacature polemiche, anatemi e accusationes. Magari fosse facile come ne “L’Ammutinamento del Caine”, bellissimo film, cui rimandiamo eventualmente i nostri lettori. Se non è possibile occidere tyrannum, lì almeno si riesce a farlo (s)ragionare.

    Come unica consolazione rimane la Provvidenza. Almeno Lei, ne siamo certi, aiuterà rocche, fortini e casematte a mantenersi integri (sia moralmente che mentalmente). Perché i tartari, al contrario di quello che avviene nel racconto di Buzzati, prima o poi arriveranno.



    Nella festa del Cuore Immacolato di Maria e Ottava dell’Assunzione – 22 agosto 2018

    Pubblicato all’Angelus


  10. #70
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    Predefinito Re: Ai piedi del Trono vuoto

    Citazione Originariamente Scritto da Luca Visualizza Messaggio
    [AI PIEDI DEL TRONO VUOTO] Il generale Bethlehem e la Sede vacante

    Questa rubrica ormai triennale di Radio Spada, agile collezione di appunti sparsi, schegge e notarelle epigrammatiche, è nata non senza una pretesa che, nel suo piccolissimo – per non dire infimo –, ha avuto del rivoluzionario. Per la prima volta, infatti, due laici, con toni volutamente leggeri, senza alcuna pretesa d’esaustività, consegnano ai lettori una sorta di autodiagnosi del cosiddetto mondo “sedevacantista” italiano. Lo fanno, si diceva, con quel poco di acume che Dio ha avuto la benevolenza di donare loro, consapevoli che in tempi ferrigni come quelli in cui stiamo vivendo, ormai privati di tutto, persino della dignità, l’autoironia è forse l’unica cosa che rimane: non ridarà la speranza, non risolleverà i cuori, ma almeno – si spera – strapperà un sorriso e, chissà, magari toglierà un po’ di polvere dalle menti appassite. A tal proposito è bene precisare che non è intenzione degli autori offendere nessuno. Saranno elencati numerosi limiti di un mondo marginale, angusto, a tratti persino fetido, ma un mondo a cui loro sentono irrevocabilmente d’appartenere. Ci potranno essere persino sferzate indelicate. Nel qual caso saranno date con la medesima asprezza di quelle che pure loro meriterebbero. Ogni difetto evidenziato è quindi anche e soprattutto loro, anzi, forse loro stessi sono il peggio che questo piccolo mondo antico abbia mai prodotto. Non è falsa modestia: in tempi di mediocrità diffusa come quelli in cui viviamo, essere pessimi è pur sempre un segno di distinzione [RS].



    di Luca Fumagalli e Piergiorgio Seveso

    Questa rubrica tra poco tempo taglierà il traguardo dei tre anni di vita: ci sembrava giusto fare una piccola ricollezione tematica, quasi con delle composizioni di luogo a mo’ degli esercizi di Sant’Ignazio, per festeggiare questa meta raggiunta, prima di riprendere il cammino.

    Come sanno i lettori di Radio Spada, questa è una rubrica per molti ma non per tutti: per il semplice motivo che si rivolge ad una porzione dei nostri lettori naturalmente più ridotta, quella che in qualche modo si riconosce nelle posizioni del sedevacantismo (sia esso Cassiciacum che simpliciter, visto che siamo in Italia la distinzione è d’obbligo) o che ha una prassi ecclesiale preponderantemente o totalmente non una cum.

    Le nostre descrizioni sociologiche e di costume, i nostri bozzetti caratteristici, le nostre ricostruzioni d’ambienti e di stili, il nostro tratteggiare di tipi, tipetti e tipacci (ci vorrebbe un Teofrasto redivivo) del sedevacantismo italiano ha interessato e incuriosito ed è stato il volano per riflessioni e suggestioni nel cuore di molti. All’esterno i non sedevacantisti ci hanno spesso domandato lumi e chiesto chiarimenti (spesso alle chiassose e festose giornate di cultura radiospadista ma anche in colloqui privati) che ben volentieri abbiamo dato, spesso hanno ritrovato gli stessi stilemi, gli stessi tic (“Specchio specchio delle mie brame”), le stesse innocenti (o colpevoli) manie nel loro stesso mondo, magari a livello minore e con un grado minore di paranoide parossismo.

    A tutti abbiamo consigliato benevolenza e pazienza, un po’ di sprezzatura e un po’ di divertita rassegnazione, dal momento che nel naufragio della Chiesa siamo tutti drammaticamente coinvolti, per citare un vecchio pezzo sul capovolgimento del Poseidon, Inutile prendersela coi mulini a vento, specie quando sono inceppati.

    All’interno del mondo sedevacantista invece i frutti sono stati maggiori e più cospicui: ne vediamo e ne ammiriamo le forme, i colori gradevolissimi, ne suggiamo il nettare, ne gustiamo felici la polpa.

    Accanto alla inevitabile radicalizzazione negativa, fidelitaria e fideistica del “Non leggere-non guardare-non pensare”, altri hanno letto, guardato e pensato e questo è già stato molto importante.

    Pur nella maniera ironica, buffa e informale con cui abbiamo operato, si è innalzata una bandiera, un’altra bandiera (o meglio un’altra forma della medesima bandiera) e quando ci sono due bandiere in campo, ben si sa, già un risultato è ottenuto: l’una impatta visivamente con l’altra, la neutralizza, la relativizza, la depotenzia, togliendone l’unicità e distogliendo l’attenzione generale. Hoc erat in votis.

    Se volevamo portare un po’ di sole, di profumi e di colore nelle catacombe (e nelle osterie), ci siamo riusciti, anche perché di questo sole, di questo colore, di questa deflagrante dirompenza, sempre si parla e questo è un gran bene.

    E il tempo è una macina che lavora inesorabilmente e provvidenzialmente, gli animi sono come un fertile terreno dove la semente gettata cresce nei modi e nei tempi più imprevisti e più sorprendenti.

    Anche perché, in questi tempi più liquidi come questi, basta un solo “click” per entrare, come Alice, in un mondo di meraviglie.

    Compatibilmente con l’azione di Radio Spada e con le ricerche e le mansioni di entrambi, questa rubrica ha avuto un suo lento e progressivo sviluppo, anzi abbiamo avuto il piacere di portare, come era prevedibile e legittimo, la nostra analisi su un piano internazionale, con traduzioni di alcuni articoli in francese, inglese, spagnolo e polacco (anche perché il nostro piccolo Barnum si ripropone con diversi protagonisti anche all’estero).

    Certamente ci sono ancora delle puntate preannunziate che aspettano di essere portate a termine, come “Estetica del sedevacantismo”, “Stato d’eccezione e Sede vacante” e “Sedevacantismo e politica”, e altre che nelle nostre quotidiane conversazioni affiorano. Se avessimo confinato questi nostri articoli solo in un libro, li avremmo resi meno fruibili, esponendo il libro stesso alle fatwe e alle interdizioni di qualche ayatollah bisinfio. Non sarebbe stato né utile, né efficace.

    Adeguandoci al clima un po’ vacanziero (Coronavirus permettendo), oggi dedichiamo la puntata alla figura del “malvagio” in alcune distopie post- apocalittiche cinematografiche. (ovviamente questi scenari sono “prefigurazione” della suprema distopia che stiamo vivendo ovvero la vacanza della Sede Apostolica)

    Il malvagio in questione di solito usurpa o, forse meglio, riempie il vuoto d’autorità creato dalla sparizione del potere costituito, dalla sparizione di qualsiasi potere legittimo (o almeno vagamente legittimato) o con la forza, con l’astuzia, o con una sorta di carismatico potere, circondandosi spesso di una milizia (con un passaggio tangibile da “chiesa militante” a “chiesa miliziana”).

    I nostri lettori ed ascoltatori più attenti avranno già individuato che si tratta di una riflessione che conduciamo ormai da diversi anni su Radio Spada, individuando via via figure che per un aspetto o un altro possono rientrare in questa caratterizzazione generale.

    Abbiamo spesso usato la figura di Golia contrapposto a quella del giovane Davide (non a caso nella nostra aula abbiamo una riproduzione dello splendido quadro di Tanzio Da Varallo con Davide che regge la testa mozzata del Gigante) oppure quella del Re Saul, roso dal tarlo della malevolenza, sempre opposta all’innocenza del futuro Re Davide, oppure a quella del generale Oloferne cui la coraggiosa ed astuta Giuditta mozza il capo nel campo avversario, oppure, passando decisamente dal sacro al profano, quella del capitano Philip Francis Queeg in “The Caine Mutiny” di Edward Dmytrik con le sue tormentanti e tormentate biglie d’acciaio.

    Anche nelle distopie cinematografiche post-apocalittiche avevamo una vasta scelta di personaggi cui fare riferimento: il “Duca” di New York contro cui si trova a combattere il coraggioso Iena Plissken (Kurt Russell) in “1997: fuga da New York”, “Lord” Humungus che in “Interceptor – Il guerriero della strada” viene sconfitto da “Mad” Max (Mel Gibson), il Diacono di “Waterworld” che perde la vita scontrandosi con Mariner (Kevin Costner).

    Volendo poi passare dall’acqua al ghiaccio, dalle barche ai treni, in “Snowpiercer”, un film veramente significativo, Wilford e la sua collaboratrice ginecocratica, la spietata Mason, alla fine periscono, sconfitti dall’eroe Curtis (Chris Evans), come anche viene distrutto il cyborg Terminator da Kyle Reese (Michael Biehn) nel film omonimo.

    Abbiamo scelto infine il generale Bethlehem, magistralmente interpretato da Will Patton ne “L’uomo del giorno dopo – The postman” perchè assomma in sì tutte le caratteristiche sopra descritte.

    In seguito ad un cataclisma (forse nucleare) gli Stati Uniti hanno cessato di esistere come entità politica ed il potere è esercitato, con forza ed una buona dose di arbitrarietà e violenza, dalle milizie holniste capeggiate dal “generale” Bethlehem che hanno creato anche una legislazione orale ad hoc di tipo oligarchico, detenendo il monopolio della forza e quindi anche del diritto.

    Sarà un attore vagante e fuggitivo, peraltro non privo di ombre e di meschinità antieroiche, improvvisatosi postino degli Stati Uniti (Kevin Costner) a creare nelle popolazioni angariate o semplicemente abbandonate a loro stesse la nostalgia dell’ordine e della legittimità perdute. E lo farà creando un sistema di “postini” (radiospadisti?) che consegni la corrispondenza tra le popolazioni fino a quel momento isolate tra loro.

    Il Generale prima sottovaluta il pericolo, poi si avvede che qualcosa sta montando tra le popolazioni, intravede ad esempio delle caricature sbeffeggianti che lo riguardano (“la satira”), imbastisce quindi reazioni furiose, facendo impiccare parecchi postini, e alla fine viene vinto in una sorta di battaglia finale.

    Il Portalettere gli risparmierà la vita ma il Generale la perderà comunque, vittima di un atto estremo di orgoglio che lo spingerà a tentare di colpirlo alle spalle.

    In questo la fine di Bethlehem non è dissimile da quella del Vescovo corrotto (un Thomas Becket a rovescio) in “LadyHawke” che non sopporta l’onta non di essere vinto ma di essere umiliato da una donna e per questo viene trafitto proprio da una SPADA, scagliata da Etienne Navarre (Rutger Hauer) sulla sua cattedra.

    Sono, possono essere, potranno essere vicende tipiche di un’epoca ecclesiale come la nostra, dove la legittima autorità cattolica (e non certo dai tempi di Bergoglio ) è venuta meno e quindi vi è una generale e inevitabile particolarizzazione e segmentazione autocratica e persino autocefala del tessuto ecclesiale dove tutti sono un po’ maestri senza cattedra e apostoli senza missione.

    Volendo però chiudere questa divagazione non peregrina con una nota assai meno cruenta preferiamo pensare che alla fine al dramma si sostituisca la commedia come nel finale morale di “Per vincere domani - The Karate Kid” (che compare all'inizio del secondo film della saga) dove il maestro Miyagi (Pat Morita) sconfigge l'iniquo Sensei John Kreese, titolare del Kobra Kai, in un modo esemplare e ispirato da carità e giustizia, come potreste vedere nel filmato qui sotto.



    dal minuto 2.25

    Nella festa di Sant’Elena imperatrice e vedova

    durante l’Ottava dell’Assunzione di Maria Santissima.
    Quanta distopia in questa realta!

 

 
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