La fierezza e il disagio di essere Italiano



Da sempre, di fronte alle malinconiche cronache di questa nostra bellissima e sventurata Patria, di cui il 4 ottobre si celebra il santo patrono nella persona di San Francesco, ci viene spontaneo domandarci: ma cosa farebbero, davanti a questa o quest’altra situazione, in un Paese serio? Come reagirebbe l’opinione pubblica, cosa farebbero le pubbliche amministrazioni, che iniziative assumerebbe il governo? E la stampa, i telegiornali, che cosa direbbero, come rappresenterebbero ai lettori e ai telespettatori la realtà nazionale?
Lasciamo perdere gli Stati Uniti, esempio troppo strombazzato di democrazia “matura” e quasi perfetta; il che non è per nulla vero. E poi, gli Stati Uniti non sono l’Europa: e i confronti si fanno tra simili, non tra dissimili.
Prendiamo invece la Francia, la Germania o, in minor misura, la Gran Bretagna: questi sono i Paesi con i quali è lecito fare un confronto, sia per ordine di grandezza, sia per analogie storiche, culturali, sociali e psicologiche.
Immaginiamoci, ad esempio, come reagirebbero la stampa e l’opinione pubblica, in uno di questi Paesi, davanti al fenomeno di una corruzione politica talmente diffusa, da fare ormai parte della cronaca quotidiana; o, per meglio dire, da non fare praticamente più notizia. Ebbene, in quei Paesi un parlamentare, beccato a imbrogliare il fisco anche solo per poche decine di euro, si vede messo alla berlina e costretto alle dimissioni: la sua carriera è finita, d’ora in poi dovrà guadagnarsi da vivere facendo qualcos’altro.
Da noi, tutto continua come niente fosse: una sanatoria, un condono arrivano sempre; una mano lava l’altra. Perfino un sottosegretario, inquisito dalla magistratura per reati gravissimi, rimane tranquillamente al suo posto, lanciando proclami sulla propria innocenza, con la solidarietà dei suoi colleghi parlamentari che, di fatto, si traduce in smaccata impunità. Così, il peggiore esempio viene proprio da chi sta più in alto e i suoi effetti sono devastanti.
Immaginiamoci come reagirebbero le amministrazioni pubbliche, in quei Paesi, davanti a fenomeni diffusi di illegalità e di furbizia da parte dei cittadini: false pensioni di invalidità, orari di lavoro non rispettati, evasione fiscale massiccia, inquilini che non pagano l’affitto da mesi e anni, smaltimento dei rifiuti irresponsabile, traffico automobilistico incurante delle elementari norme di sicurezza e di civiltà. Ebbene, in quei paesi non si scherza: chi sbaglia paga, viene licenziato sia dagli uffici pubblici che dal settore privato, e in più deve rifondere quanto dovuto o ingiustamente acquisito. Agli automobilisti pericolosi viene ritirata la patente, punto e basta; da noi, ciò non avviene nemmeno al secondo omicidio colposo.
Immaginiamoci come reagirebbe il governo, in quei Paesi, davanti a fenomeni quali la criminalità organizzata, il cronico ritardo economico e sociale di alcune regioni rispetto alle altre, le disfunzioni amministrative, i ripetuti casi di mala sanità (alcuni dei quali talmente plateali, da non aver bisogno di alcun commento), la lunghezza interminabile della giustizia penale e civile e l’assoluta incertezza della pena, con scandalo della collettività e sofferenza delle parti lese. Il governo, in quei casi, agirebbe con tempestività e decisione: delle teste salterebbero; verrebbero stabilite delle priorità, dei tempi e dei modi operativi ben precisi; si pretenderebbero dei risultati, non chiacchiere.Qualche cosa dovrebbe cambiare, e in fretta.
Da noi si nominano commissioni d’inchiesta, si fanno reportage giornalistici e televisivi, si chiede il parere dei telespettatori mediante il televoto, si guardano i sondaggi, si chiamano a pontificare - pagati e strapagati col pubblico denaro - i più svariati esperti o sedicenti tali: e tutto rimane esattamente come prima. Le case distrutte dai terremoti vengono ricostruite peggio di prima, le strade travolte dalle frane vengono rifatte nella stessa maniera. Gli ospedali o gli stadi lasciati a metà vanno in rovina, e nessuno ne risponde; le attrezzature sanitarie o quelle sportive, già pronte, marciscono in qualche magazzino, e nessuno è chiamato a renderne conto.
La responsabilità è sempre di qualcun altro. Nelle scuole i genitori devono pagare la carta igienica per i loro figli, nelle questure i poliziotti devono pagare di tasca propria le risme per le fotocopie, nei tribunali gli incartamenti marciscono e i musei restano chiusi per mancanza di personale: in un Pese come l’Italia, dove il patrimonio storico-artistico dovrebbe essere valorizzato come il nostro petrolio e dove la disoccupazione fa ogni giorno passi da gigante.
Il vero scandalo non è tanto che vi siano regioni, come la Calabria, che hanno più guardie forestali di una provincia lombarda, ma in cui ogni estate gli incendi si mangiano ettari su ettari di bosco; né che in certi luoghi vi siano ospedali con venti posti letto ma duecento medici, che succhiano il denaro pubblico e offrono servizi scadentissimi. Il vero scandalo è che queste cose accadano, senza che nessuno sia chiamato a risponderne; senza che si ponga prontamente rimedio al mal fatto; senza che vi sia uno scatto di orgoglio da parte tanto delle pubbliche autorità, quanto della cittadinanza interessata.
La quale ultima, affetta da una forma di individualismo esasperato che sarebbe più giusto chiamare cinismo ed egoismo, si ricorda dello Stato solo quando deve chiedere, pretendere, esigere; mai quando deve fornire la propria collaborazione, il proprio civismo disinteressato, il proprio comportamento corretto. Non si vogliono i rifiuti sulla strada, ma nemmeno le discariche, o meglio le si vuole, ma vicino alla casa di qualcun altro; si vuole la botte piena e la moglie ubriaca: solo diritti e nessun dovere. Si vuole l’assistenzialismo, si vogliono i trattamenti di favore, si vogliono le raccomandazioni per se stessi, per i figli e nipoti, per gli amici e per gli amici degli amici; ma non si è disposti a dare nulla. Bisogna approfittare dello Stato, questo è il motto.
Eppure, qua e là, non mancano gli esempi di quel che può fare la gente, se si rimbocca le maniche per davvero. I paesi terremotati del Friuli, nel 1976, erano di nuovo in piedi a tempo di record: allora i Friulani non aspettarono il miracolo dall’alto, si misero al lavoro duramente, fin dall’indomani del sisma; e, senza perdersi d’animo, compirono il miracolo essi stessi. Prima le fabbriche, perché tornasse il lavoro; poi le case d’abitazione; infine le chiese, i castelli, le opere d’arte. Ricevettero l’aiuto di tanti volontari da ogni parte d’Italia; ma, nel frattempo, non erano rimasti ad aspettarlo. Così agisce un popolo fiero e coraggioso: non aspetta la manna dal cielo, non chiacchiera e non recrimina; si rimbocca le maniche e si mette a lavorare in silenzio.
E quando si va all’estero, sempre quel disagio, quell’imbarazzo, quel senso di umiliazione; perché, anche se gli altri sono gentili e non lo dicono, ben sappiamo che staranno pensando: «Ma come, voi accettate tali cose in casa vostra? Come potete mandare in Parlamento una pletora di inquisiti, di disonesti, di corrotti e di servi a un tanto il chilo: non vi vergognate, dunque? Come potete tollerare tanta arroganza, tanta impunità, tanta sfacciataggine, ed avallarle con il vostro voto, con la vostra remissività, con la vostra rassegnazione? Come potete essere così arrendevoli, voi che vi vantate di essere furbi e combattivi? E come potete amare così poco il vostro Paese, da sporcarlo e inquinarlo in maniera così massiccia, così scomposta, così spudorata? Tutti venivano da voi, per il bel mare, i paesaggi, le montagne: e adesso non ci viene più nessuno, perché avete cementificato tutto, imbruttito tutto, speculato su tutto. Gli stranieri vengono ormai solo per i vostri musei e le vostre opere d’arte: ma che impressione penosa riportano! Quei ristoranti dove spennano il turista, specie se non conosce la lingua; quei privati che affittano le case per le vacanze, senza rilasciare mai la ricevuta; quegli automobilisti che neanche rallentano, quando vedono un pedone che fa l’atto di voler scendere dal marciapiedi per attraversare la strada…»
Una volta, un amico inglese ci raccontava di essere stato fermato da un vigile motociclista, per una infrazione immaginaria al codice stradale, e di essersi sentito chiedere quanto denaro avesse in tasca; per poi vedersi presentare una multa proporzionata alla disponibilità del suo portafogli. Insomma, un’estorsione vera e propria. L’amico, raccontando il fatto, concludeva con una sola parola, carica di disprezzo: «Bandito!».
Che vergogna essere Italiani, davanti a simili racconti! Ci si sente bruciare il viso, come se qualcuno ci avesse brutalmente schiaffeggiati.
Eppure la Francia o la Germania non stanno su Marte; i loro abitati non sono dei Marziani. Sono nazioni serie, semplicemente; mentre noi, siamo una nazione?
Da loro, un capo del governo che raccontasse barzellette volgari, offensive e condite di bestemmie, dovrebbe precipitarsi a chiedere scusa, solennemente, a tutti i propri concittadini; ma perderebbe per sempre il loro rispetto e la loro stima. Del resto, da loro, un miliardario ricco sfondato, che già possiede un impero finanziario e mediatico, non potrebbe mai e poi mai diventare capo del governo, per l’evidente incompatibilità delle due cose; anzi, non potrebbe nemmeno possedere più di una singola rete televisiva o di un singolo giornale…
Da loro, un cialtrone come il colonnello Gheddafi, che già nel 1969 aveva cacciato i nostri connazionali, spogliandoli di tutti i loro beni, non avrebbe certo potuto fare lo show circense che ha fatto a Roma: si sarebbe comportato da ospite, non da padrone viziato e capriccioso. Né le sue motovedette (sue, in quanto cedutegli dal nostro Paese) avrebbero osato, appena pochi giorni dopo, sparare sui loro pescherecci, in acque internazionali; e con dei militari di quelle nazioni a bordo…
Del resto, «dimmi con chi vai e ti dirò chi sei»: quando si ostenta l’amicizia personale con uomini come Putin - che i suoi oppositori li fa semplicemente assassinare -, al punto che i viaggi privati sostituiscono la diplomazia statale…
E non si venga a dire che, grazie a quei compromessi e a quelle piccole (o meno piccole) umiliazioni, il Grande Stratega che attualmente ci governa è riuscito a spezzare il monopolio americano e a penetrare nelle aree geopolitiche ed economiche mediorientali o russe: questo sarebbe vero se, appunto, dietro tali iniziative vi fosse anche solo l’ombra di un disegno geopolitico complessivo. Invece, non vi è nulla di nulla: solo improvvisazione, avventurismo, spettacolo, ingenuità del topo che crede di giocare col gatto, dilettantismo e assoluta mancanza di dignità, pubblica e privata. Il petrolio sarà anche importante, ma la dignità e la fierezza nazionale vengono prima di tutto il resto.
Ancora: si provi a immaginare una scuola francese o tedesca, costruita nel segno della secessione dallo Stato e letteralmente tappezzata di simboli di un partito politico; una scuola pubblica, che funziona con personale pubblico. No, non la si può neanche immaginare.
Oppure si provi a immaginare un leader di partito che, nel bel mezzo dei campionati di calcio, profetizza (sbagliando in pieno) che la propria squadra nazionale vincerà delle partite, perché l’avversario è stato addomesticato o comprato con denaro sonante… No, neppure questo è immaginabile; non sarebbe tollerato.
Si provi a immaginare, infine, un capo del governo che affermi pubblicamente di capire gli evasori fiscali, in un Paese dove l’evasione fiscale è talmente colossale, da costituire un capitolo a sé dell’economia nazionale; un capo del governo, peraltro, che ha avuto o che ha procedimenti penali in corso, precisamente per reati fiscali legati all’evasione. Ma, ormai, ci pare d’aver lasciato correre un po’ troppo la fantasia: perché, no, queste cose non sarebbero possibili nemmeno in un Paese squinternato come il nostro, non è vero?
Così come non è pensabile un Paese dove la scorta viene tolta a magistrati e giornalisti che rischiano davvero la vita per contrastare la criminalità organizzata, e che, ogni tanto, ce la lasciano sulle strade insanguinate; mentre viene concessa generosamente a personaggi che, di rischi, ne corrono davvero pochini, oltre quello di non essere rieletti in un Parlamento di yes- men; che svista, non rieletti, volevamo dire: ri-nominati.
O dove i papaveri più alti delle istituzioni vanno a curarsi all’estero, ma ci dicono che nella sanità pubblica tutto va bene; che mandano i loro figli a studiare all’estero, ma ci dicono che nella scuola e nell’università pubbliche tutto va bene; che perfino i trapianti di capelli se li vanno a fare all’estero, per sembrare più giovani e belli…
Vorremmo poter sentirci fieri di essere Italiani, in Patria e fuori; eccome, se lo vorremmo.
Ma come si fa, in queste condizioni?
La fierezza non può nascere che da un sentimento di autentico rispetto per se stessi; e rispettare se stessi, vuol dire anche non raccontarsi delle storie.
Che San Francesco ci metta una preghiera per noi… ne abbiamo davvero bisogno.


La fierezza e il disagio di essere Italiano