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    Predefinito Re: Nella "Notte dei Lunghi coltelli" con chi vi sareste schierati?

    Citazione Originariamente Scritto da Tyler Durden Visualizza Messaggio
    Bhe, lo smentisce il parere di von Rundstedt e di von Manstein.
    In teoria sì, ma ci sono altri elementi che invece suggeriscono l'esatto contrario (penso ad esempio ai lavori di Suvorov in materia, ma non solo). Purtroppo, non è una questione facile da chiarire. Quel che è certo è che entrambe le parti avevano in programma di attaccarsi: la Germania non fece altro che anticipare l'URSS, che aveva comunque svelato le sue intenzioni attraverso una serie di atteggiamenti aggressivi ed ostili, non difficili da interpretare.
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  2. #32
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    Predefinito Re: Nella "Notte dei Lunghi coltelli" con chi vi sareste schierati?

    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio
    In teoria sì, ma ci sono altri elementi che invece suggeriscono l'esatto contrario (penso ad esempio ai lavori di Suvorov in materia, ma non solo). Purtroppo, non è una questione facile da chiarire. Quel che è certo è che entrambe le parti avevano in programma di attaccarsi: la Germania non fece altro che anticipare l'URSS, che aveva comunque svelato le sue intenzioni attraverso una serie di atteggiamenti aggressivi ed ostili, non difficili da interpretare.
    Perdonami ma preferisco rifarmi a storici accreditati piuttosto che a Suvorov (mai citato in nessuna bibliografia sul tema).

    Questo ad esempio è il parere di David Glantz e di Jonathan House: '' Nonostante queste misure prudenziali ( la parziale mobilitazione delle truppe, nota mia), nel Giugno 1941 l'URSS non era ancora pronta a combattere, nè intendeva iniziare una guerra preventiva''. Citato da ''La Grande Guerra Patriottica dell'Armata Rossa'', pag 57, il miglior libro di storia militare sul tema.
    David Glantz è un colonnello degli USA in congedo, redattore capo del Journal of Slavic Military Studies e uno dei primi americani entrati a far parte dell'Accademia delle Scienze della Federazione Russa.
    Jonathan House è professore di Storia militare all'US Army Command and General Staff College di Fort Leavenworth, laureato in storia all'Università del Michigan, ex ufficiale dei servizi di intelligence dell'esercito americano.
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  3. #33
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    Predefinito Re: Nella "Notte dei Lunghi coltelli" con chi vi sareste schierati?

    Gianantonio Valli. 22 giugno 1941 – Operazione Barbarossa (2008)

    Uno dei migliori brevi saggi su uno degli eventi storici decisivi della Seconda Guerra Mondiale. La tesi di Valli non è sicuramente rappresentativa della “vulgata” tradizionale ma, anzi, si presenta come un ottimo punto di partenza per una rilettura approfondita su una delle questioni militari su cui sono ruotate le sorti del conflitto bellico. Non c’è nessun fine apologetico nell’autore ma solo il tentativo di analizzare meglio i dati a disposizione e porli in una luce diversa rispetto a quello che si trova normalmente sui libri di storia, basando la propria analisi su numeri e fonti anche di origine alleata o perfino russa, dati incontrovertibili che disegnano un quadro militare diverso da quello immaginato dai fruitori di storia più superficiali. Ecco perchè, come nostro uso, vogliamo proporre articoli che espongano in maniera approfondita tematiche storiche il cui giudizio si è ormai sedimentato.

    ***

    Col presente saggio vogliamo illustrare, alla luce delle più recenti risultanze storiografiche, la dinamica ed il significato dell’Operazione Barbarossa, e cioè dell’attacco portato dalla Germania Nazionalsocialista all’Unione Sovietica il 22 giugno 1941. La vulgata democratica considera da un sessantennio tale attacco come una pura e semplice aggressione, non provocata e in violazione di un patto sottoscritto, ad una Unione Sovietica pacifica, pressoché inerme e pressoché all’oscuro di ogni preparativo nemico.

    Da un lato serve a eternare l’abusato cliché di un Terzo Reich sentina di ogni malvagia brama di potenza, proteso alla conquista del mondo. Dall’altro serve a mettere in netto secondo piano quanto non cancellato tout court dall’attenzione i piani strategici e la volontà di aggressione sia delle potenze democratiche occidentali – Inghilterra e Stati Uniti in testa – sia dalla potenza democratica orientale. Di quella Unione Sovietica cioè che, dopo il vergognoso crollo del 1989, dovrebbe essere considerata ancora oggi vittima pressoché innocente, artefice non di una sanguinaria guerra di conquista rivoluzionaria mondiale progettata a sangue freddo da un ventennio, ma protagonista incolpevole e reattivo di una più che giusta Grande Guerra Patriottica. Quasi che Stalin – e ovviamente la cricca dirigente bolscevica, da lui selezionata, formata e debitamente “purgata” – non fosse sempre stato un più che genuino e conseguente rivoluzionario marxista-leninista, bensì un nazionalista russo, seppure contorto, tardivo e sui generis. In realtà, esattamente opposta e l’interpretazione che ogni spirito libero, dotato di onestà intellettuale e conoscenze storiche, deve trarre dalla considerazione di quegli eventi.

    Per ogni spirito desideroso di capire le vere coordinate della più recente storia è quindi assolutamente doveroso approfondire tale tema centrale per l’interpretazione dell’intero conflitto, tema ancor oggi mistificato da ogni gazzettiere e pseudostorico, e cioè il carattere genuinamente difensivo e preventivo della suddetta “aggressione” alla “pacifica” URSS.

    E ciò anche se il pugno di autori sovietici e tedeschi – in primis Manfred Messerschmidt, ex superiore dello storico tedesco Joachim Hoffmann al Militargeschchtliches Forschungsamt “Ufficio storico militare di ricerca” di Friburgo, e l’Halbjude storico Hans Mommsen – radunati da Bianca Pietrow-Ennker, reitera che “tale “nuova” tesi è la vecchia tesi della propaganda di guerra tedesca”.

    Paradigmatica di tali capziose posizioni, nonché offensiva per ogni intelligenza, è la tesi dell’inglese Donovan Webster, esposta con disinvoltura formale ed errori sostanziali, summa delle più classiche teorie del Sistema: “Nel giugno del 1941, mese e anno in cui le armate del terzo Reich dilagarono in Russia, il mondo pareva essere stato creato per un unico scopo: affinché Adolf Hitler potesse invaderlo. In dieci anni, l’oscuro caporale boemo, facinoroso ex galeotto, si era innalzato al rango di Comandante supremo tedesco…A quel punto, con l’intera Europa continentale a tutti gli effetti conquistata, con Italia e Spagna collocate in termini molto prossimi alla sudditanza verso la Germania, Adolf Hitler decise che era giunto il momento di allargare i propri orizzonti. La sua prima mossa fu dare il via all’Operazione Leone marino. Obiettivo: la capitolazione dell’Inghilterra attraverso il controllo dell’aria e dell’acqua. Per settimane intere, con stormi della Luftwaffe nel cielo, con orde di sottomarini U-boat (sic) nel mare del Nord e nella manica, la Germania nazista strinse le Isole Britanniche d’assedio. Ma quando gli inglesi non cedettero, ed era ormai nel settembre del 1940, Hitler cambiò idea. Nel dicembre del 1940 la sua strategia era già mutata: pur continuando a tenere una pressione bellica di routine contro l’Inghilterra, il suo futuro di espansione si erà già spostato verso est. E verso l’Unione Sovietica guidata da Stalin. Nel 1939 Hitler e Stalin avevano firmato un patto di non aggressione, ma Hitler era risoluto ad infrangerlo. In fondo, per lui i trattati erano “solo pezzi di carta”. E riguardo ai russi: “Tutto quello che dobbiamo fare è sfondare la porta a calci”, sosteneva, “e l’intera baracca bolscevica verrà giù come un castello di carte”.

    Altrettanto non documentata (in particolare, in quanto per ovvi motivi temporali resta ignota all’autore la documentazione edita nei ventenni seguenti l’uscita del libro) è la tesi del tedesco Hartmut Schustereit, il cui titolo suona: “Azzardo – L’attacco di Hitler all’Unione Sovietica nel 1941 quale tentativo di vincere l’Occidente attraverso la vittoria ad Oriente”.

    Altrettanto infantile è l’interpretazione dell’inglese Richard Overy: non solo Hitler avrebbe cercato di trarsi dall’inpasse in cui si era cacciato a occidente (avendo lasciato in armi un’Inghilterra impossibile a invadersi) attaccando ad oriente un nemico infinitamente più potente sul quale Londra contava (l’URSS rappresentava l’ultima chance per la Gran Bretagna: una volta eliminata la minaccia sovietica, la Gran Bretagna avrebbe acconsentito alla pace e l’America non avrebbe più rappresentato un pericolo), ma avrebbe irrevocabilmente deciso di muoversi fin dal luglio 1940. “In quello stesso mese Hitler aveva già ordinato di allestire un’armata più grande di tutte le armate nemiche messe insieme (?), da schierare poco per volta a Est. Stalin doveva essere portato a credere che quelle truppe fossero destinate all’impiego nell’Europa Occidentale (!), e che fossero stanziate là per evitare gli attacchi aerei britannici (!)”.

    Indichiamo al contrario, a conferma della correttezza delle tesi del nazionalsocialista Theodor Adamheit e della genuina rispondenza dei documenti tedeschi del 1941, editi allora anche in italiano, venticinque autori principali con trentacinque opere: Fritz Becker, Hans-Henning Bieg, Karl hans Ertl, Erich Helmdach, Volker Detlef Heydonr, Joachim Hoffmann, Ewald Klapdor, max Kluver, Hans Magenheimer, Werner Maser, Daniel Michaels, Andreas Naumann, Joachim Nolywaika, Walter Post, Stefan Scheil, Russel Stolfi, Wolfgang Strass, Viktor Suvorov, Adolf Von Thadden, Ernst Topitsch, Udo Walendy, Albert Weeks, Kalus-Rainer Woche, Bernhard Zurner e, perché no?, Constantine Pleshakov. Di essi, gli autori centrali sono Suvorov, Hoffmann, Post e Magenheimer.

    Aggressione ad una pacifica URSS?

    A prescindere dal discorso sulla qualità dell’armamento, peraltro decisamente superiore per i sovietici in ogni settore per quantità e qualità, in particolare per aviazione e corazzati, offriamo i seguenti dati. E’ però prima doveroso ricordare che solo

    1) la sorpresa strategico/tattica più totale

    2) l’immediato annientamento dell’aviazione sovietica sui campi di volo

    3) la superiore strategia e articolazione dei comandi affiancata

    4) dalla più salda determinazione, dal più elevato morale e dall’estremo valore dei soldati tedeschi

    potè in qualche modo ovviare alla sproporzione di mezzi bellici, sia all’iniziale rapporto globale di 3 a 10 che a quello del 1944 di 2 a 10.

    Ricordiamo infine che sia gli equipaggiamenti personalista i veicoli, le armi ed i mezzi corazzati tedeschi (per non parlare ovviamente di quelli degli alleati del Reich) non erano stati concepiti per l’impiego nella stagione invernale, aspetto del resto acclarato già nella drole de guerre “guerra finta” a Occidente nella quale, contro le 34 divisioni tedesche schierate dal Mare del Nord alle Alpi nel settembre-ottobre 1939 (solo 23 quelle presenti il 1° settembre) gli anglo-francesi schieravano 110 grandi unità, oltre che decine di brigate a presidio della Linea Maginot.

    In primo luogo – e a prescindere dall’aggressiva Langzeitstrategie “strategia a lungo termine” di matrice leninista-trotzkista dei primi anni Venti di cui ha trattato in particolare Erns Topitsch: favorire un conflitto fra i paesi occidentali per innescare la rivoluzione proletaria e l’intervento dell’URSS in Europa – la mobilitazione delle Forze Armate, fatto “irreversibile e irrevocabile”, riconosciuto dai capi militari e politici di tutte le nazioni quale dichiarazione di guerra a motivo della rivoluzione provocata in tutti i settori della società, viene segretamente ordinata da Stalin il 19 agosto 1939. Questo è lo stesso giorno della firma dell’accordo commerciale tedesco-sovietico che assicura all’URSS un credito di 200 milioni di Reichsmark a un tasso di interesse più che vantaggioso, quattro giorni prima della firma del patto Ribbentrop-Molotov, prima ancora quindi dello scoppio delle ostilità polacche e dell’aggressione anglo-francese. Tra le tante dichiarazioni: “So che cosa vuole Hitler. Pensa di avermi messo nel sacco, ma in realtà sono io che ho messo nel sacco lui”, confiderà soddisfatto Stalin a Nikita Chrusciov (le ultime misure di mobilitazione, approvate dal Politburo il 12 febbraio 1941, prevedono il mostruoso schieramento anti-europeo di 9 milioni di uomini, 37.800 carri armati e 22.200 aerei).

    In quei giorni, 19 agosto 1939, inoltre, Stalin tiene al Politburo un “discorso segreto” sottratto al pubblico per mezzo secolo (ma reso noto nelle sue linee essenziali già il 12 luglio 1940 dal corrispondente ginevrino dell’Havas Henry Ruflin sul Journal de Genere), che ribadisce i concetti già espressi davanti al Comitato Centrale il 19 gennaio 1925. Un discorso che, edito a Mosca nel 1994 sul numero 12 del periodico Novij Mir (Mondo Nuovo) e nel 1995 in Vojna 1939-1945 – Dve podkhoda “La guerra del 1939-1945 – Due punti di vista”, col documento rimasto anch’esso segreto “Considerazioni sul dispiegamento strategico delle forze dell’Unione Sovietica in caso di guerra con la germania e i suoi alleati” indirizzatogli nel maggio 1941 dal Maresciallo Timoshenko e dal generale Zhukov, Commissario alla Difesa il primo e Capo di Stato Maggiore il secondo, non ha finora suscitato la minima curiosità tra gli storici organici al Sistema. Aspetto del resto comprendibile, in quanto, perseguendo Stalin la sovietizzazione dell’Europa, possibile unicamente attraverso una guerra tradizionale su larga scala e non con rivoluzioni interne ai vari paesi, tale discorso smentisce non solo l’”ingenuità” e l’”amore di pace” del Padre dei Popoli, ma rende totale ragione alle tesi nazionalsocialiste sulla guerra di “aggressione nazista”. Inchiodando infine, last but not least, a un severo giudizio morale tutti quegli “studiosi” di professione che hanno per mezzo secolo pontificato da cattedre universitarie, in libri e su ben pagate gazzette.

    In attesa dell’assalto a occidente, nell’imminenza del conflitto sono poi due tra i massimi esponenti staliniani a dichiarare pubblicamente la coerenza dell’azione sovietica con l’ideologia marxista. Così il 15 maggio 1941 Andrei Zdanov, futuro responsabile supremo della cultura, in una conferenza ai lavoratori del cinema, prossimi propagandisti sia in terra di soviet che nell’Europa aggredita: “Quando le condizioni saranno favorevoli, faremo avanzare il fronte del socialismo ancora più a occidente (…) Per farlo abbiamo lo strumento necessario: l’Armata Rossa, alla quale non più tardi del gennaio 1941 è stato dato il titolo di <<armata di liberazione>>”. Così il 20 maggio il presidente dell’URSS, Mikhail Kalinin: “Se siete marxisti, se studiate la storia del partito, allora comprenderete che il concetto basilare della dottrina marxista è che nel caso di grandi conflitti umani, tali conflitti portano al comunismo il massimo dei vantaggi”.

    Commenta al proposito Albert Weeks: “Quale che sia l’opinione che una persona può avere riguardo all’influenza dell’ideologia sulla politica di un regime, assegnando le priorità all’ideologia o alla Realpolitik non ideologica, dobbiamo tenere presente quanto segue. Specialmente il regime sovietico assegnò un’altissima importanza all’ideologia, e non solo come razionalizzazione dei fatti o propaganda. Nessun dubbio che l’ideologia, nei termini di qualche suo aspetto, abbia ceduto o sia mutata in seguito a nuove circostanze. Ma concludere che l’ideologia fosse qualcosa tipo usa e getta, priva di senso o irrilevante per l’azione politica sovietica, in particolare per quanto concerneva la scena globale e gli obiettivi leninisti a lungo termine, è irrealistico, antistorico e semplicemente inesatto. Per il regime sovietico i fondamenti ideologici avevano un’importanza primaria. Non è esagerato dire che, per usare un’espressione sovietica, l’ideologia era la “stella polare” del regime sovietico”.

    Ma ecco uno stralcio del testo del 19 agosto, reso noto in Italia dallo slavista Vittorio Strada nell’agosto 1996 (testo completo riportato da Von Thadden II e Weeks): “La questione della pace e della guerra entra in una fase per noi critica. Se stipuliamo un trattato di mutua assistenza con la Francia e la Gran Bretagna, la Germania rinuncerà alla Polonia e cercherà un modus vivendi con le potenze occidentali. La guerra sarà evitata, ma in seguito gli eventi possono assumere un carattere pericoloso per l’URSS. Se accetteremo la proposta della Germania di stipulare un patto di non aggressione, essa certamente attaccherà la Polonia, e l’intervento della Francia e dell’Inghilterra in questa guerra sarà inevitabile. L’Europa occidentale andrà incontro a serie agitazioni e disordini. In queste condizioni noi avremo buone possibilità di restare fuori dal conflitto e potremo sperare di entrare in guerra nel momento favorevole. L’esperienza degli ultimi vent’anni dice che in tempo di pace è impossibile avere in Europa un movimento comunista forte al punto da permettere al partito bolscevico di prendere il potere. La dittatura di questo partito diventa possibile soltanto dopo una grande guerra. Noi faremo la nostra scelta,ed essa è chiara. Dobbiamo accettare la proposta tedesca di rimandare indietro cortesemente la missione anglo-francese. Il primo vantaggio per noi sarà la distruzione della Polonia, la Galizia ucraina compresa. La Germania ci dà piena libertà di azione nei paesi baltici e non si oppone al ritorno della Besserabia nell’URSS. Essa è disposta a cederci in qualità di zone di influenza la Romania, la Bulgaria e l’Ungheria. Resta aperta la questione della Jugoslavia. Nello stesso tempo dobbiamo prevedere le conseguenze che deriveranno sia da una sconfitta che da una vittoria della Germania. Nel caso di una sconfitta si avrà inevitabilmente una sovietizzazione della Germania e si formerà un governo comunista. Non dobbiamo dimenticare che una Germania sovietizzata si troverà di fronte a un grande pericolo, se questa sovietizzazione sarà la conseguenza di una sconfitta in una guerra di breve durata. L’Inghilterra e la Francia saranno abbastanza forti per prendere Berlino e annientare la Germania sovietica. E noi non saremo in grado di venire in aiuto ai nostri compagni bolscevichi in Germania. Il nostro compito, quindi, consiste nel far sì che la Germania possa condurre la guerra quanto più a lungo possibile in modo che l’Inghilterra e la Francia, spossate, non siano in grado di sgominare una Germania sovietizzata. Su una posizione di neutralità, l’URSS presterà aiuto all’attuale Germania, fornendole materie prime e derrate alimentari. Ma il nostro aiuto non dovrà mai superare certe dimensioni per non danneggiare la nostra economia. Nello stesso tempo dobbiamo svolgere un’attiva propaganda comunista, soprattutto nel blocco anglo-francese e, in particolare, in Francia. Dobbiamo essere pronti al fatto che in questo paese durante la guerra il partito sia costretto a rinunciare all’attività legale e ad entrare in clandestinità. Sappiamo che questo lavoro richiederà molti sacrifici, ma i nostri compagni francesi non avranno dubbi. I loro compiti in primo luogo consisteranno nella disgregazione e demoralizzazione dell’esercito e della polizia. Se questo lavoro sarà svolto bene, la sicurezza della Germania sovietica sarà assicurata, e ciò favorirà la sovietizzazione della Francia. Per attuare i piani è necessario che la guerra duri il più a lungo possibile ed è proprio in questa direzione che devono essere orientate tutte le forze di cui disponiamo nell’Europa occidentale e nei Balcani. Consideriamo ora la seconda ipotesi, cioè la vittoria della Germania. Alcuni sono dell’opinione che questa eventualità costituisca per noi un serio pericolo. Una dose di verità in questa affermazione non manca, ma sarebbe sbagliato pensare che questo pericolo sia così vicino e così grande come alcuni ritengono. Se la Germania riporterà la vittoria, uscirà dalla guerra troppo stremata per dare inizio ad un conflitto con l’URSS almeno per una decina d’anni. La sua preoccupazione maggiore sarà quella di tenere sotto controllo l’Inghilterra e la Francia vinte allo scopo di impedirne la rinascita. D’altra parte, la Germania Vincitrice disporrà di territori enormi e nel corso di molti decenni sarà impegnata nel loro “sfruttamento” e nell’instaurazione in essi dell’ordine tedesco. E’ evidente che la Germania sarà troppo impegnata altrove per volgersi contro di noi. C’è poi un’altra cosa che servirà alla nostra sicurezza. Nella Francia vinta il Partito Comunista Francese sarà molto forte. La rivoluzione comunista avverrà inevitabilmente e noi potremo valerci di questa circostanza per accorrere in aiuto alla Francia e farne la nostra alleata. Più tardi tutti i popoli caduti sotto la “protezione” della Germania vincitrice diventeranno anch’essi nostri alleati. Avremo così un ampio campo di attività per lo sviluppo della rivoluzione mondiale. Compagni! E’ nell’interesse dell’URSS, Patria dei Lavoratori, che si scateni una guerra tra il Reich e il blocco capitalista anglo-francese. Bisogna fare di tutto affinché questa guerra duri il più possibile allo scopo di estenuare le due parti. Proprio per questa ragione dobbiamo accettare il patto proposto dalla Germania e lavorare affinché la guerra, una volta dichiarata, si prolunghi per un massimo di tempo. Si dovrà rafforzare il lavoro di propaganda nei paesi belligeranti per essere pronti al tempo in cui la guerra finirà”.

    Analisi e previsioni, queste di Stalin, azzeccate pressoché in tutto (unici nostri rilievi: l’aggressione alla Germania era stata freddamente pianificata anche da Londra dando carta bianca alla follia polacca, incidano Varsavia ai persistenti dinieghi di un compromesso e tollerando quando non suggerendo le sanguinose provocazioni nei confronti della minoranza tedesca; la “mano libera” concessa dal Reich nei Paesi Baltici e in Besserabia, e tantopiù un qualsivoglia espansionismo sovietico in Romania e Ungheria, rientrava poi, quando non in un wishful thinking staliniano, in una palese forzatura degli accordi), tranne che nel fattore temporale: a sconvolgere, o meglio ad accelerare la corsa alla guerra di Stalin sarebbe stata la rapidità e la vastità del crollo degli Occidentali.

    Ma tornando al problema “mobilitazione”, al contrario di Stalin, il 23 giugno 1940, dopo la vittoriosa campagna di Francia, in attesa di giungere ad una pace generale dopo aver più volte reiterato prove di buona volontà, Hitler ordina la smobilitazione di 35-40 divisioni (da circa 155 a 120 grandi unità), numero poi presto ridotto a 14 in attesa di vedere chiarite le intenzioni sovietiche, i cui uomini sarebbero stati reintegrati in un’economia di pace.

    E non solo: due giorni dopo, un (quasi incredibile) “ordine del Fuhrer” prevede la ripresa di grandiosi programmi di costruzione non solo a Berlino e Norimberga (termine previsto: il 1950), ma in tutta una serie di città quali Monaco, Linz e Amburgo. Ad esse, successivi decreti e ordinanze aggiungono 27 centri, tra cui Hannover, Augusta, Brema e Weimar, impostando, come l’ordinanza del 15 settembre o i decreti 15 novembre 1940 e 4 febbraio 1941, o le disposizioni di Albert Speer al tesoriere della NSDAP del 19 febbraio 1941, dettagliati programmi di edilizia popolare e/o rinnovamento delle principali città, aspetti affiancati dalla volontà di salvaguardare il tenore di vita dell’intera popolazione, un obiettivo che per Hitler, ossessionato dall’evitare il crollo del “fronte interno” com’era avvenuto nella Grande Guerra, avrebbe per tre anni costituito una preoccupazione primaria.

    Solo la dura realtà porrà termine a tali sogni, dapprima il 24 gennaio 1942 con un comunicazione di Speer ai Gauleiter riuniti a Monaco, poi, d’ordine personale di Hitler, il successivo 8 settembre ed infine il 13 gennaio 1943, per sospendere ogni progetto e pianificazione edilizia non tesa ai fini bellici e indirizzare risorse umane e materiali alla costruzione, in particolare, delle fortificazioni del Vallo Atlantico.

    “Ma c’era in Germania chi imponeva sacrifici alla popolazione, chi pensava alla priorità delle esigenze belliche, che avrebbero dovuto portare a ridurre lo standard di vita dei cittadini?” si chiede Bernhard Zurner, sottolineando i capitali errori commessi nel campo dell’economia bellica e, implicitamente, demolendo ogni tesi sulla volontà di “conquistare il mondo” da parte del Reich – “Si continuavano a produrre beni di consumo, si continuava a permettere l’edilizia privata, si progettava la costruzione di edifici per il partito (inoltre, scandalosamente incoscienti in un’epoca di tutto-o-nulla, le mostre d’arte che, promosse dalle pubbliche autorità, continuarono a tenersi fin quasi alla fine, come la Grosse Kunstausstellung sotto l’egida del Gau Westfalen-Nord dal 21 maggio al 18 giugno 1944, mentre si sarebbe dovuto indirizzare all’impegno bellico ogni e pur minima risorsa!); nelle famiglie lavoravano un milione e mezzo di domestiche. Ancora troppi uomini e non abbastanza donne erano occupate nelle imprese, nelle industrie: nel 1942 oltre cinque milioni di uomini abili alla guerra. E non esistevano piani per rafforzare con molti di loro gli otto milioni e mezzo di soldati in armi. Proprio in quell’anno, l’anno della presa di coscienza tedesca della realtà, del capovolgimento e della correzione della condotta bellica, si ebbe l’opportunità di raddoppiare o triplicare il personale femminile nell’industria, di occupare nella produzione di armamenti almeno un milione di donne, di impostare allora, in quel momento, la guerra totale, e non un anno più tardi! Ma la capacità produttiva inciampò anche in fattori tecnici: non si produceva abbastanza in serie, c’era una eccessiva varietà di produzioni in tutti i campi; c’era una produzione di serie solo in quantità limitata, non una produzione di massa, non la standardizzazione dei metodi. Non c’era neppure un addestramento di massa della forza-lavoro. Lo spirito inventivo tedesco sviluppava sempre nuovi tipi di armi, cercava sempre cambiamenti; le ditte concorrevano tra loro come in tempo di pace, cercando di ottenere le commesse per i propri modelli, tutti prodotti in piccola serie. Tutti costruivano di tutto, pressoché nessuno si concentrava su ciò in cui era esperto, pressoché nessuno si limitava su pochi prodotti. Nell’industria, criticò il Generale Milch in una conferenza già il 29 ottobre 1941, financo i tre quarti della forza-lavoro era occupata in attività antidiluviane! Risultato: i dati della produzione degli armamenti restarono ben sotto le aspettative dei capi. Nel 1940 la quota fu il 15% di tutta la produzione industriale; nel 1941, solo di poco più alta, il 19%; e anche nel 1942 non fu molto diversa (a confronto: nel 1944, quando i due errori strategici di Hitler (compiuti nel 1941 fin dal 22 giugno: lo stravolgimento dell’originaria Operazione Barbarossa, che prevedeva gli attacchi principali sui fianchi nord e sud, sostituiti invece da un più forte attacco centrale contro Mosca, e l’impostazione dell’Operazione Taifun, l’offensiva contro Mosca rinnovata il 2 ottobre, entrambe imposte dall’OKH con un una pervicacia al limite del sabotaggio, contro le concezioni di Hitler) non potevano più essere corretti ed era ormai tardi, la quota salì al 50%). Nel dopoguerra gli esperti giudicarono che la Germania avesse perso la guerra già nel 1940-41, non essendo riuscita ad incrementare la capacità produttiva bellica!”

    Bisogna riconoscere, rileva Maurizio Blondet, che “l’economia tedesca fu messa a regime di mobilitazione totale solo dal 1943. Solo allora la Germania spinse a fondo l’accelleratore. Albert Speer, il genio della mobilitazione economica bellica, racconta che nel 1943 – sotto gli incessanti, apocalittici bombardamenti – la Germania fu ancora capace di produrre 5.234 locomotive, il doppio dell’anno precedente. Fra il 1941 e il 1944 la produzione di munizioni triplicò, quella dei pezzi per mezzi corazzati fu quintuplicata, pur con un risparmio del 79% della manodopera e del 93% dell’acciaio impiegato (rispetto al 1941) grazie ad una razionalizzazione scientifica dei processi produttivi. E la mobilitazione della manodopera fu sempre ben lontana dalla militarizzazione attuata in Inghilterra, dove tutte le forze del lavoro erano inquadrate in battaglioni, che venivano dislocati dove ce n’era bisogno. Tutta la popolazione civile inglese, comprese le donne, era una gigantesca armata mobile. In Inghilterra il 61 per cento delle donne era nel 1944 impiegato nello sforzo bellico; in Germania il 45 per cento. Quanto ai beni di consumo, fatta 100 la produzione del 1939, in Gran Bretagna era scesa nel 1942 a 79, in Germania era a 88. Ancora a metà della guerra, il tenore di vita tedesco restava più alto di quello dei suoi nemici”.

    In effetti, il programma di armamento tedesco si compie sulla base di sole 180 divisioni – dislocate, non lo si scordi, da Capo Nord alle sabbie africane – mentre il minimo necessario per il solo attacco ad oriente viene valutato a 300. Infine, l’ordine di impostare i piani dell’Operazione Barbarossa vengono emessi solo il 21 luglio 1940, cioè dopo l’occupazione sovietica dei Paesi baltici, della Besserabia e della Bucovina Settentrionale (regione, questa, strategica al di là del fiume Prut e assolutamente esclusa dal protocollo aggiuntivo Ribbentrop- Molotov) avvenuta a tambur battente tra il 15 e il 24 giugno; dopo i frustranti, illuminanti colloqui del 12-13 novembre con Molotov a Berlino il benestare al conflitto preventivo viene dato il 18 dicembre (e già pochi giorni dopo comunicato a Mosca, in particolare dalla spia Ilse Strofe); l’irrevocabile via solo il 1° aprile 1941, dopo la riconferma delle trame aggressive sovietiche col colpo di stato antitedesco a Belgrado. In parallelo, l’11 febbraio l’ambasciata tedesca di Bucarest aveva avvertito Berlino dell’imminenza di un colpo di stato in Romania anch’esso gestito da elementi sovietici in collaborazione coi servizi segreti inglesi, mentre il 1° marzo il sottosegretario di Stato Sumner Welles aveva comunicato all’ambasciatore sovietico Umanskij il contenuto di massima della Fuhrerweisung n. 21; del resto, una stretta collaborazione tra i due colossi democratici vigeva fin dal gennaio 1939, con la fornitura a Mosca di materiali strategici, e dal marzo con la firma di un accordo per la costruzione di sommergibili sovietici nei cantieri americani; quanto all’Inghilterra, ricordiamo che un accordo militare segreto era stato sottoscritto da Churchill con Mosca il 15 ottobre 1939.

    Ricordiamo inoltre – dopo la conferenza del Comando Supremo dell’Armata Rossa tenutasi per nove giorni dal 23 al 31 dicembre 1940, riguardo una “possibile” guerra di aggressione alla Germania, cui partecipano trecento tra marescialli, generali e ammiragli – non solo l’aggressivo discorso tenuto da Stalin il 5 maggio 1941 all’Accademia Militare di Mosca (sintomaticamente, nello stesso giorno Stalin, segretario generale del Partito, si fa nominare presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo, cioè primo ministro, ufficializzando/monopolizzando in tal modo anche formalmente l’intero potere decisionale), ma anche le conformi direttive impartite quattro giorni dopo dal Comitato Esecutivo del Komintern ai capi del comunismo internazionale (testo in Salvatore Francia): “E’ giunto il tempo di compiere nuovi passi decisivi sulla strada della rivoluzione mondiale. Gli ostacoli da superare sono ancora formidabili e richiedono una nuova elasticità tattica che deve essere accuratamente elaborata e posta in pratica arditamente secondo le linee seguenti:
    a) La rivoluzione mondiale comunista dev’essere presentata come una serie di misure destinate ad attuare la “vera democrazia”; tutti i dirigenti politici e militari del movimento comunista debbono rappresentare le loro attività sotto questa luce. I membri del Partito, in una quota massima del 30%, potranno presentarsi apertamente come “linea dei combattenti del fronte per la democrazia” agli occhi delle masse.
    b) Il governo dell’Unione Sovietica potrà altresì ritenere necessario fare temporaneamente concessioni nello stesso senso, allo scopo di favorire la causa rivoluzionaria nei paesi dove le condizioni lo richiedano.
    c) Fino a che non abbia conquistato il potere, il Partito Comunista del paese dove si sta preparando la rivoluzione avrà cura di mantenere buoni relazioni con i circoli patriottici e religiosi. Non debbono venir fatte distinzioni fra le varie Chiese: tutte dovranno venir trattate allo stesso modo agli occhi delle masse. Anche le tradizioni nazionali dovranno venir rispettate. Là dove sia necessario e con l’autorizzazione del Comitato Centrale del partito, i rappresentanti delle Chiese potranno venir chiamati a prendere parte alla preparazione e all’effettuazione della rivoluzione. La loro forza numerica determinerà la misura in cui l’influenza della Chiesa verrà esclusa più tardi dalle faccende dello Stato.
    d) La stampa dovrà essere usata per divulgare le nuove teorie fra le masse. Le circolari destinate a impartire istruzioni confidenziali ai membri e alle organizzazioni del Partito saranno redatte con lo stesso sistema finora usato. Le circolari segrete continueranno a tenere informati sulla situazione tutti i rivoluzionari attivi.
    e) Dopo che il Partito avrà conquistato il potere, la politica estera verrà stabilita dai rappresentanti diplomatici dell’URSS, che riceveranno le necessarie direttive dal Komintern. I rappresentanti manterranno il collegamento fra il Comitato Centrale del Partito Comunista dell’URSS e quelli dei paesi in cui il Partito avrà assunto di recente il potere. I rapporti e le informazioni saranno consegnati a essi, mentre una copia verrà inviata direttamente al Komintern.
    f) Immediatamente dopo la conquista del potere, i CC provvederà a costituire un nuovo governo. Questo dovrà rappresentare la vasta massa del popolo e conservare tutte le apparenze della democrazia. Il paese sarà amministrato attraverso i comitati subordinati, provinciali, regionali, distrettuali e locali. Per quanto riguarda gli affari interni, il CC continuerà a rimanere la suprema autorità esecutiva, mentre la politica estera verrà diretta dal Comitato Esecutivo del Komintern.
    g) Gli avversari del nuovo governo, specialmente coloro che godono ancora di qualche prestigio fra il popolo e quelli la cui partecipazione alla rivoluzione ha permesso di avere conoscenza dei documenti segreti del movimento comunista, dovranno essere allontanati il più presto possibile, ma secondo un sistema democratico, cioè processati dinanzi a un regolare collegio giudicante del Tribunale del Popolo. Questo dovrà comprendere un membro noto del Partito e due membri segreti o simpatizzanti di fiducia. I processi importanti dovranno svolgersi dinanzi a tribunali superiori di natura ugualmente democratica. Si potranno incontrare difficoltà considerevoli nell’arrestare e sterminare gli oppositori interni e i nemici di classe. Non bisognerà tuttavia perdere tempo nel porli in stato d’arresto e nel sollevare contro di essi imputazioni formali per giustificare la loro detenzione agli occhi del mondo democratico.
    h) IL termine “nemico di classe” comprende le seguenti categorie: membri dei movimenti ideologici a carattere nazionalista o religioso, preti, membri delle forze di polizia, del corpo ufficiali, dei servizi diplomatici e civili che si siano rifiutati di parteggiare per le forze rivoluzionarie, tutti i membri delle dinastie regnanti, tutti gli individui noti per essersi attivamente opposti alla preparazione ed effettuazione della rivoluzione. Il modo di far scomparire questi nemici di classe sarà determinato dalla situazione generale, e i metodi da usare verranno prescritti dal Delegato del Comitato Esecutivo del Komintern, che verrà assegnato al CC non appena avrà assunto il potere, per porre la sua vasta esperienza a disposizione del Comitato stesso.
    i) Dopo la conquista del potere, il Partito disporrà di fondi, tenuti separati dai fondi dello Stato, ricavandoli dalle seguenti fonti: proprietà appartenute ai nemici di classe che sono stati liquidati o i cui beni sono stati confiscati in seguito a sentenza di un tribunale; proprietà appartenenti ai movimenti e alle organizzazioni avversarie; proprietà confiscate alle Chiese, alle dinastie regnanti e ai profittatori di guerra”

    https://bibliotecakulturthek.wordpre...ne-barbarossa/

  4. #34
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    Predefinito Re: Nella "Notte dei Lunghi coltelli" con chi vi sareste schierati?

    Citazione Originariamente Scritto da Tyler Durden Visualizza Messaggio
    Perdonami ma preferisco rifarmi a storici accreditati piuttosto che a Suvorov (mai citato in nessuna bibliografia sul tema).

    Questo ad esempio è il parere di David Glantz e di Jonathan House: '' Nonostante queste misure prudenziali ( la parziale mobilitazione delle truppe, nota mia), nel Giugno 1941 l'URSS non era ancora pronta a combattere, nè intendeva iniziare una guerra preventiva''. Citato da ''La Grande Guerra Patriottica dell'Armata Rossa'', pag 57, il miglior libro di storia militare sul tema.
    David Glantz è un colonnello degli USA in congedo, redattore capo del Journal of Slavic Military Studies e uno dei primi americani entrati a far parte dell'Accademia delle Scienze della Federazione Russa.
    Jonathan House è professore di Storia militare all'US Army Command and General Staff College di Fort Leavenworth, laureato in storia all'Università del Michigan, ex ufficiale dei servizi di intelligence dell'esercito americano.
    Suvorov non è molto gradito a certa storiografia perché è stato colui che ha più pesantemente attaccato e messo in discussione il mito della "mite" Unione Sovietica, aggredita dai "cattivi" tedeschi (per un rapido excursus sulla questione, vedi qui). Pur non essendo uno storico di professione, va detto che Suvorov non è proprio l'ultimo dei passanti: oltre a vantare un passato da agente segreto, è un esperto ed uno studioso di questioni militari. Nei suoi lavori si avvale di una mole considerevole fra dati, documenti e testimonianze. Comunque, a mio avviso, si tratta di una questione quasi superflua: se anche le truppe sovietiche non fossero state in posizione offensiva al momento dell'Operazione Barbarossa, rimarrebbe il fatto che Stalin aveva comunque in programma di attaccare la Germania. L'unica cosa che è oggetto di dibattito è solo sul "quando".
    Credere - Pregare - Obbedire - Vincere

    "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo" (Ger 17, 5).

  5. #35
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    Predefinito Re: Nella "Notte dei Lunghi coltelli" con chi vi sareste schierati?

    LE VERITA’ SCOMODE DI VIKTOR SUVOROV: ‘Ad iniziare la guerra fu Stalin’.

    LE VERITA’ SCOMODE DI VIKTOR SUVOROV

    Chi, come me, è cresciuto in Unione Sovietica ricorda bene che, una volta, alla domanda rivoltaci magari da uno straniero: “Avete idea di come sarà fra qualchetempo il vostrofuturo?”, la risposta più ovvia era: “Non abbiamo idea di come sarà fra qualchetempo il nostropassato”. La nostra storia è stata, come tutto quanto del resto, proprietà dello stato, ed i requisiti storici come le date, i nomi ed i fatti cambiavano spesso collocazione, significato e valore.

    Ma nella storia dell’URSS c’era da sempre un capitolo particolare, quello del 1941-45. La sconfitta del nazismo era un fatto fermo. L’impresa eroica del nostro popolo a beneficio dell’umanità, dell’umanità intera, pagata a così caro prezzo, non permise che in URSS sparisse dal linguaggio comune il termine “patria”. Il fatto che il mondo oggi non è più così nettamente diviso in due, obbliga a scrivere finalmente la vera storia del passato che ci riguarda direttamente: è la nostra chance di orientarci nel futuro, poiché la storia è opera soprattutto dell’uomo. Si sa che la scienza storica non tollera il tempo condizionale, come è anche evidente che nel passato non si può cambiare niente. Resterà per sempre che Hitler ha invaso l’URSS e Stalin è entrato a Berlino da vincitore. È possibile però analizzare i fatti spogliandoli dell’abituale confezione ideologica. Per farlo, essendo sovietici come Viktor Suvorov, essendo militari di carriera e figli di un eroe di quella guerra, soltanto il coraggio forse non sarebbe bastato: ci voleva la ferma convinzione d’essere scelti dal destino. Cito: “Perdonatemi, io ho osato su quanto di più sacro avesse il nostro popolo. L’unica cosa sacra che al popolo è rimasta. Perdonatemi. Portare dentro di me questo libro era al di sopra della mia sopportazione”. Esso doveva essere scritto in lingua russa. Le conseguenze della seconda guerra mondiale hanno determinato, in maggiore o minore misura, la storia personale di tutti noi qui presenti. Viktor Suvorov è l’uomo dal destino particolare: la sua missione gli è venuta incontro. Ha captato il marciume come l’Amleto nel regno della Danimarca. Ha scoperto non solo scheletri ma anche cadaveri nell’armadio. Le prime domande, nate all’epoca della scuola militare, hanno determinato poi la fuga del brillante ufficiale dei servizi segreti sovietici nel 1978. Nel 1985 vede la luce il suo primo articolo ed oggi, a distanza di 15 anni, i cinque saggi fondamentali di Suvorov sono tradotti in 20 lingue ed hanno superato le decine di edizioni. Leggerli è estremamente interessante. Militare di professione, l’autore carica il testo di fatti come caricherebbe una mitragliatrice di proiettili, di cui non c’è uno a salve e tutti quanti c’entrano l’obiettivo. L’analista dei servizi segreti, l’autore prende i fatti da sempre conosciuti, pubblicati sotto l’occhio vigile della censura sovietica, e li colloca in cronologie stereometriche, a scacchiera. E finalmente giunge, a più di 50 anni di distanza, alla spiegazione logica delle catastrofiche sconfitte dell’Armata Rossa nel ’41; di quell’ armata per costruire la quale il popolo del paese più vasto del mondo e ricchissimo, in soli 20 anni è stato ridotto al cannibalismo.

    Uno storico americano, parlando di Suvorov, ha detto: “La storia è una scienza straordinariamente semplice come le parole crociate, in essa tutto coincide”. E quando tutto comincia a coincidere, aggiungiamo noi, la storia diventa una scienza straordinariamente interessante. Il libro di Suvorov è un libro aperto in tutti i sensi, perché tutto il materiale con cui opera l’autore è sugli scaffali, è accessibile e verificabile. L’epigrafe al metodo con cui opera Suvorov potrebbe essere “elementare, Watson”. È una lettura coinvolgente, anche solo con questo materiale, perché per Suvorov rimane tuttora chiuso l’intero l’archivio della Wehrmacht, che era trofeo di guerra ed è tuttora custodito gelosamente dalle autorità russe nel deposito di Podolsk. Qualcuno, per vari motivi, prima di tutto per capovolgere le teorie di Suvorov, ne ha avuto l’accesso, ma finora non si è realizzato nemmeno un tentativo di dare un quadro storico diverso da quello costruito da Suvorov. Il proprio intuito storico egli lo lascia in piena libertà nella serie di romanzi di fiction vera e propria, ambientati nella Russia degli anni ’30. I particolari della vita quotidiana calcolati da lui come analista non sono ovviamente i fatti storici, ma possono suggerire molte cose su quell’epoca. Prima ancora, Suvorov ha descritto in due libri la propria esperienza prima da militare, nel libro Il liberatore, e poi da agente di servizi segreti sovietici, ne L’acquario. Chi legge in qualsiasi lingua che non sia italiana, anche in coreano o norvegese, li può leggere perché sono tradotti in tutte le lingue. Le pubblicazioni di Suvorov hanno dato vita ad un fenomeno straordinario: da decenni lui riceve un numero astronomico di lettere da tutto il mondo, scritte dai partecipanti alla seconda guerra mondiale, nonché dai loro figli e nipoti, le lettere che aggiungono dettagli e particolari alla scacchiera storica ricostruita da Suvorov. È un’enciclopedia, un contributo enorme e prezioso alla storia del nostro secolo, e speriamo che la ferma volontà per Suvorov di pubblicare queste lettere possa trovare una degna realizzazione. In Russia dicono che, quando accade finalmente qualcosa che si aspetta ed urge da tempo, da qualche parte nel bosco muore un orso. Se fosse vero, con questa uscita del primo libro di Suvorov in italiano, se ne sarà andato un esemplare grosso e feroce. Suppongo che al prossimo toccherà quando in Russia sarà finalmente trasmesso in TV il documentario in 18 puntate basato sui libri di Suvorov dal titolo L’ultimo mito. C’è un proverbio russo: “Un soldato non fa l’esercito”. Vladimir Bukovskij, nella sua prefazione alla prima edizione russa del Rompighiaccio di Suvorov, chiama questo libro “il monumento alla cecità umana”. Tutti noi conoscevamo quei fatti, li avevamo studiati a scuola, avevamo operato con essi e nessuno ha tentato di dare ascolto ai propri dubbi a riguardo, tranne uno: anche da solo, il primo soldato che scende in campo vale sì un esercito intero.

    http://www.storiaverita.org/2012/10/...rra-fu-stalin/

  6. #36
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    Predefinito Re: Nella "Notte dei Lunghi coltelli" con chi vi sareste schierati?

    22 giugno 1941: Operazione Barbarossa

    Una guerra preventiva per la salvezza dell’Europa


    http://www.italiasociale.net/storia0...a310309-1.html

  7. #37
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    Predefinito Re: Nella "Notte dei Lunghi coltelli" con chi vi sareste schierati?

    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio
    Suvorov non è molto gradito a certa storiografia perché è stato colui che ha più pesantemente attaccato e messo in discussione il mito della "mite" Unione Sovietica, aggredita dai "cattivi" tedeschi (per un rapido excursus sulla questione, vedi qui). Pur non essendo uno storico di professione, va detto che Suvorov non è proprio l'ultimo dei passanti: oltre a vantare un passato da agente segreto, è un esperto ed uno studioso di questioni militari. Nei suoi lavori si avvale di una mole considerevole fra dati, documenti e testimonianze.
    Perdonami Giò, sono passati più di 30 anni da quando Suvorov ha pubblicato i suoi libri, e se le sue tesi non sono accettate, qualcosa vorrà pur dire. Gli storici più accreditati la pensano diversamente, così ad esempio scrive Anthony Beevor:
    "L’Armata Rossa semplicemente non era in grado di lanciare una grande offensiva nell’estate del 1941, e in ogni caso la decisione di Hitler di invadere l’URSS è stata presa molto prima’’.
    La Seconda Guerra Mondiale, pag 188

    Oppure il già citato Glantz:
    "Suvorov ha interpretato tutte e misure militari intraprese da Stalin tra la fine degli anni 30 e il 1941 come consapevolmente offensive e mirate a sferrare nell’estate del ’41 un attacco alla Germania. La proposta di Zukov, che reclamava una tale offensiva in Luglio, rimane al centro delle argomentazioni di Suvorov. E’ probabile che questa proposta sia autentica, benché sia altrettanto probabile che le proposte di questo tipo fossero parecchie, dato che è compito dello stato maggiore generale elaborare piani per ogni evenienza. Inoltre, Suvorov dipinge un enorme macchina militare sovietica, dotata di impressionanti e sinistre capacità, pronta a colpire già nel 1941. Pur accettando il fatto che Stalin fosse ben consapevole della probabilità di una futura guerra con la Germania, alle prove esistenti è chiaro che non desiderava che scoppiasse prima del 1942. Risulta chiaro dalle indicazioni fornite dai successivi risultati ottenuti in combattimento, e, in particolare, dai materiali di archivio sovietici e tedeschi esistenti, che la presunta impressionante Armata Rossa non fosse né impressionante né pronta a combattere nel 1941. Anche se le affermazioni di Suvorov fossero corrette, il piano offensivo di Berlino avrebbe comunque preceduto quello sovietico, e la prima data in cui Mosca avesse potuto attaccare sarebbe stata la fine di luglio, molto dopo la data pianificata per l’inizio dell’invasione nazista, in origine prevista per Maggio ma rinviata al 22 Giugno.’’
    La Grande Guerra Patriottica dell’Armata Rossa, Pag. 58

    Gabriel Gorodetsky, allievo di Edward Carr, Quondam Fellow ad Oxford, professore emerito di Storia all’università di Tel Aviv, direttore del Cumming Center for Russian Studies sempre all’Università di Tel Aviv, gli ha dedicato un intero tomo di oltre 500 pagine, a cui ti rimando.
    Qui è possibile trovare una breve recensione:
    https://networks.h-net.org/node/10000/reviews/10279/slepyan-gorodetsky-grand-delusion-stalin-and-german-invasion-russia

    Così si esprime invece Andrea Graziosi:’’ […] Stalin riteneva che, malgrado il il brutto colpo della caduta di Parigi, la sua posizione fosse ancora relativamente sicura e attribuiva a Hitler il suo stesso modo, freddo e razionale pur se paranoico, di ragionare in politica […]. Nella prospettiva di Stalin, l’attacco tedesco avrebbe dovuto essere preceduto da un riavvicinamento alla Gran Bretagna, e il fallimento del volo clandestino di Hess vide un ulteriore conferma delle proprie ipotesi. Quanto sopra detto permette di spiegare la contraddizione tra i grandi preparativi per la guerra e la linea di disarmo psicologico di fronte alle azioni tedesche. In questa prospettiva diventa possibile anche districarsi nelle polemiche che hanno circondato le supposte preparazioni offensive sovietiche nella primavera del ’41 e le intenzioni di Stalin di scatenare un attacco preventivo contro la Germania. […] L’idea si basava sulla convinzione, maturata studiando la sconfitta francese ed esposta qualche giorno dopo dal capo della propaganda Aleksandrov, che ‘’una strategia difensiva contro delle potenti unità motorizzate non ha alcuna speranza di successo’’. Essa comportò il riorientamento del pensiero e del dispositivo militare sovietico in fase offensiva. Ma se pur si pensava in termini di attacco preventivo, questo era rinviato al 1942. Nel ’41 la guerra, come ha scritto Molotov, ‘’Stalin non la voleva assolutamente’’, continuando a ripetere che doveva essere evitata con tutti i mezzi. ‘’
    L’URSS di Lenin e Stalin, pag 467-468

    Andrea Graziosi insegna storia contemporanea all’Università di Napoli ‘’Federico II’’ ed è presidente della Società Italiana per lo studio della storia contemporanea (Sissco).
    https://it.wikipedia.org/wiki/Andrea_Graziosi

    Potrei continuare, ma credo che le estrapolazioni che ho postato rendano bene l’idea sullo stato dell’attuale ricerca storica.

    Citazione Originariamente Scritto da Giò Visualizza Messaggio
    Comunque, a mio avviso, si tratta di una questione quasi superflua: se anche le truppe sovietiche non fossero state in posizione offensiva al momento dell'Operazione Barbarossa, rimarrebbe il fatto che Stalin aveva comunque in programma di attaccare la Germania. L'unica cosa che è oggetto di dibattito è solo sul "quando".
    Certo, su questo sono d'accordo.
    "Si vis pacem, para bellum"

  8. #38
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    Predefinito Re: Nella "Notte dei Lunghi coltelli" con chi vi sareste schierati?

    mi piacerebbe fare un'altra domanda:
    non conosco molto le dinamiche tedesche e qual'era la minaccia di Rohm nei confronti di Hitler
    pensate che se Hitler non lo avesse eliminato Rohm poteva far fuori Hitler e per instaurare che tipo di regime?

  9. #39
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    Predefinito Re: Nella "Notte dei Lunghi coltelli" con chi vi sareste schierati?

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  10. #40
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    Predefinito Re: Nella "Notte dei Lunghi coltelli" con chi vi sareste schierati?

    Da cio' che ho letto furono gli ambienti reazionari preoccupati per gli eccessi di Rohm e delle sue SA a chiedere a Hitler un intervento risolutivo contro di loro.

    Il 17 giugno 1934 il vice cancelliere conservatore barone Von Papen, molto vicino al presidente Hindeburg lancio' un discorso molto duro contro le SA e contro l'inerzia del governo, dall'universita' di Marburg , tanto che Goebbels cerco' di impedire che i giornali pubblicassero la notizia.

    Poco dopo Hitler si reco' nella residenza del presidente Hindenburg che era in fin di vita e mori' il 2 agosto successivo, per concordare la sua azione.

    Paradossalmente Von Papen doveva finire anche lui ucciso come il suo collega ex cancelliere Von Schleicher: si salvo' perche' non si trovava in casa quando gli sbirri vennero a cercarlo e continuo' a servire Hitler prima come ambasciatore in Austria, poi in Turchia

    Si tratto' quindi di una mossa di Hitler per "normalizzare" le sue milizie e rassicurare gli ambienti conservatori e reazionari, ma non una sua iniziativa ma una richiesta da parte dei suoi alleati

 

 
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