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    Predefinito Charles Maurras, il conservatore nazionalista

    L’orientamento politico e culturale indicato da Charles Maurras agli uomini ed alle donne occidentali, ed in particolare d’Europa, era e forse rimane sotto i riflettori del “cattiverio”. La base istituzionale fondante la contemporaneità: la rivoluzione francese, scriveva il giornalista e scrittore nato a Martigues nel 1868 e scomparso a Tours nel 1952, risulta essere “una insurrezione dell’individuo (liberalismo), che sfocia in una tirannia dello stato (democrazia). “Réflexions sur la Révolution de 1789 (Paris 1948) è un testo chiave ancora oggi per quanto concerne la metafisica della storia. La persona deve essere compresa, nel bene e nel male, in modo organico: corpo, anima e Spirito, niente di più attuale degli insegnamenti antichi e medievali. Maurras, oltrepassati i giovanili sentimenti anarcoidi, entra in polemica (in guerra) con il romanticismo ed in particolar modo con il “misérable Rousseau”. Una vera e propria esegesi intorno agli “Amants de Venise” etichettata come “Professione di fede del vicario savoiardo”, una vera e propria stigmatizzazione degli scritti di George Sand e di Alfred de Musset. Maurras intendeva così indicare ai suoi lettori, sempre più numerosi, le origini della decadenza della “Sacra Francia” intorno al 1750. La ragione veniva allora messa in discussione dalla sovversione interiore, agenti sovversivi individuati da Maurras: l’ebraismo, il cristianesimo evangelico scisso dalla tradizione della chiesa, nonché “l’anarchica” individualità della riforma luterana. La cura, il rimedio era il metodo cartesiano, al quale Maurras attribuiva pieno valore paradigmatico. Dunque la ragione non poteva, non può e non potrà mai essere soggettiva. È l’arruolamento di Comte che, a nostro parere, pur avvallando il rango scientifico della paleo-sociologia, come scienza umana, presta il fianco culturale in maniera acefala ed a tratti isterica all’antisemitismo purtroppo non solo ostentato, ma realmente sentito da Maurras, pregiudiziale quasi biologica e neanche analizzata o meglio manifestata con cura caso per caso, nei confronti di protestanti, massoni ed ebrei: “Action francaise” (6 luglio 1912). La crociata sbagliata, un grave abbaglio reazionario: il caso Dreyfus, per sinistra ironia della sorte, ha dato invece proprio al nemico Emile Zola tutte le sopracitate qualità di oggettività “classica”, cartesiana, comtiana, insomma “francese” nel senso contemporaneo.

    Charles Maurras si è fatto travolgere dagli eventi del Novecento, ingessandosi in una reazione per la reazione quasi fine a se stessa a priori in una spericolata inversione ad “U” inversamente proporzionale al pensiero di Kant. Ma sarebbe sbagliato ed intellettualmente erroneo, non “classico”, non tributare il merito al combattivo giornalista e scrittore francese di averci ricordato e di farci rammentare ancora oggi a quasi un secolo di distanza la necessità irrinunciabile dell’esercizio quotidiano della sovranità nazionale a tutti i costi a scapito, ed anche a costo di schierarsi contro insidiose e destabilizzanti astrazioni internazionali dal diritto all’economia, dalla cultura all’arte. Vediamo in Charles Maurras una sentinella irragionevole ed intrattabile d’Europa: la monarchia al vertice, senza l’arbitrato della quale la barbarie quantitativa, a partire dal 23 giugno 1789, ha iniettato l’eutanasia alle vecchie province, alle assemblee locali, professionali o religiose (il diritto di voto era attribuito in quanto uomini appartenenti ad un organismo e non in quanto cittadini).

    Si spiega così lo spingersi di Maurras verso un socialismo non egalitario ma rispettoso della dignità della persona in modo preborghese:“Un socialismo non egualitario conformerebbe il suo sistema di proprietà sindacali e corporative alla natura delle cose, non ad utopismi artificiosi”. Ecco dunque una profonda ammirazione per l’Italia prima fascista: “Che cos’è in effetti il fascismo? Un socialismo affrancato della democrazia. Un sindacalismo affrancato dagli intralci a cui la lotta di classe aveva costretto il lavoro italiano. Una volontà metodica e felice di unire in uno stesso fascio tutti i fattori umani della produzione nazionale: padroni, impiegati, tecnici, operai”. Poi dal 1936 al 1939 per l’Italia monarchica ed imperiale. Neanche il luciferino discorso pronunciato a Roma da Sua Eccellenza Cavaliere Benito Mussolini il 26 marzo 1939 proprio contro la Francia, da questo momento chi scrive abbandona il non più Duce braccio destro dell’Imperatore Vittorio Emanuele III ma il mero tribuno del popolo (1940-1945), riuscirà a far evitare a Maurras la condanna al carcere a vita per collaborazionismo con i nazisti.

    Charles Maurras, finendo la sua vita terrena come l’albatro di Baudelaire, ha però dato l’allarme agli europei in merito al nemico alle porte: la sinarchia universale, cioè il proposito di instaurare un nuovo ordine mondiale destinato a cancellare storia, identità, cultura ed arte, piani differenziati e differenzianti di nazioni e continenti. Alta finanza, globalizzazione informatica del pianeta, e le multinazionali che monopolizzano i beni di prima necessità … punte di diamante della tecnocrazia tesa a creare l’ipermercato mondiale.

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    Predefinito Re: Charles Maurras, il conservatore nazionalista

    Maurras, la cultura al centro della destra
    Il ritorno a classicità e ordine per contrastare i falsi miti del progressismo

    Un grande storico americano studioso delle destre europee e in particolare dell'Action Française, Eugen Weber, fece notare come questo movimento monarchico avesse avuto non soltanto una grande influenza in campo politico sui modelli organizzativi di partiti nazionalisti e conservatori, ma anche, e forse soprattutto, in campo culturale.



    Charles Maurras, che ne fu il massimo teorico, elaborò un sistema di pensiero talmente organico e compatto da spingere Georges Sorel, padre del sindacalismo rivoluzionario e autore delle Considerazioni sulla violenza, a scrivere che egli rappresentava per la Monarchia quello che Marx rappresentava per il socialismo. In realtà il peso di Maurras e del suo movimento sulle linee di evoluzione della cultura francese della prima metà del XX secolo va ben oltre l'elaborazione e la proposizione di una precisa dottrina politica. Riguarda, per esempio, la scoperta o la valorizzazione di scrittori come Marcel Proust o Georges Bernanos, Paul Bourget o Drieu La Rochelle, di filosofi come Jacques Maritain, di storici come Jacques Bainville e Pierre Gaxotte e via dicendo. E ciò indipendentemente dal fatto che questi ne condividessero o meno le convinzioni politiche.

    Dopo la prima guerra mondiale in Francia si parlava del movimento dell'Action Française come del «partito dell'intelligenza» volendo sottolineare, con questa espressione, il fatto che la polemica di Maurras contro il predominio della intellettualità progressista e illuministica aveva prodotto una vera e propria mutazione antropologica del mondo culturale e aveva portato «l'intelligenza a destra». Il che, per inciso, dovette allarmare, e non poco, i custodi della tradizione progressista della cultura francese tant'è che Juilen Benda cercò di demonizzare questo fenomeno in un pamphlet famoso e sulfureo dal titolo Il tradimento dei chierici, dove i chierici erano, appunto, gli intellettuali che avevano scelto di schierarsi.

    I capisaldi della polemica di Maurras contro gli intellettuali progressisti e, al tempo stesso, i presupposti della riscossa dell'«intelligenza» sono tutti in un piccolo volume dal titolo L'avvenire dell'intelligenza, pubblicato per la prima volta nel 1905 come raccolta sistematica di alcuni articoli sull'argomento usciti due anni prima in una rivista letteraria e politica, Minerva, che durò poco più di un anno, ma che era riuscita a mettere insieme un eccezionale parterre di autori, il nucleo insomma del «partito dell'intelligenza», all'insegna di un progetto letterario che mettesse insieme, per dirlo con Maurras, «l'ulivo d'Attica e il lauro latino uniti alla moda francese».


    Al momento dell'uscita di questo agile ma denso volume, il pensiero politico di Maurras si era già definito almeno nelle linee essenziali. Quest'uomo era nato in una Provenza impregnata di romanità, aveva ammirato dal vivo le rovine della civiltà greca, si era esaltato di fronte alle vestigia della classicità durante un lungo viaggio, quasi un pellegrinaggio, in Italia. Aveva stabilito, quasi inconsciamente, un'equazione fra classicismo e concetto di ordine: un'equazione secondo la quale il classicismo appariva come antitesi di un romanticismo, che, germinato dalle idee di Rousseau, sarebbe stato destinato a produrre solo disordine intellettuale e rivoluzionarismo politico. Da questo innamoramento, tutto letterario, per la classicità e l'ordine era disceso il suo impegno politico dalla fondazione dell'Action Française fino alla grande Enquête sur la monarchie per la Gazette de France e via dicendo.

    Il saggio sull'avvenire dell'intelligenza uscì, dunque, quando Maurras, accanto all'attività organizzativa dell'Action Française stava gettando le basi per il «partito dell'intelligenza»: aveva promosso, quello stesso anno, il 1905, per esempio, la fondazione dell'Institut d'Action Française, struttura destinata a svolgere attività di «pedagogia politica» vera e propria fra gli intellettuali. Il saggio era funzionale a tale operazione. Ripercorreva le tappe del declino dell'intelligenza avvenuto nell'arco di pochi secoli. Ancora nel XVII secolo le lettere erano «un nobile esercizio» e avevano come scopo di essere «ornamento del mondo». Poi nel XVIII secolo i letterati erano diventati re grazie a Voltaire, all'Encyclopédie, a Rousseau e avevano instaurato la «dittatura generale dello Scritto»: «quando l'autorità regia scomparve, non cedette, come si dice, alla sovranità del popolo: l'uomo di lettere è il successore dei Borboni». La «dittatura letteraria» continuò ad imporsi con il letterato sempre più sottomesso alle esigenze dell'industria e alla schiavitù del denaro: «l'intelligenza non fece il suo mestiere d'illuminare e di orientare le masse all'oscuro: fece il contrario del suo mestiere, le ingannò».

    Nel suo libro che costituisce una caustica e plastica rappresentazione dell'ascesa, del declino e della caduta della cultura Maurras lancia una ciambella di salvataggio invitando a trasformare la «disfatta dell'intelligenza» in un nuovo «avvenire dell'intelligenza» attraverso l'abbandono dei falsi miti del progressismo e il recupero, anche morale, delle idee di ordine e di classicità.

    https://www.ilgiornale.it/news/maurr...a-1307927.html

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    Predefinito Re: Charles Maurras, il conservatore nazionalista

    Charles Maurras (Martigues, 20 aprile 1868 – Tours, 16 novembre 1952) è stato un giornalista, saggista, politico e poeta francese.

    Maurras nacque in una famiglia della piccola borghesia provenzale. Fece i suoi primi studi in un collegio religioso, ma perse la fede rapidamente. Dopo aver superato gli esami di maturità nel 1885, partì alla volta di Parigi, dove divenne giornalista letterario. Si legò ad Anatole France, che rafforzò il suo agnosticismo, e subì l'influenza del positivismo di Auguste Comte. Maurras compì una svolta radicale a partire dal 1895-1896: incontrò il nazionalista Maurice Barrès, collaborò a La Cocarde, ma soprattutto, rientrò profondamente mutato da un viaggio in Grecia, dove seguì i primi giochi olimpici moderni per conto de La Gazette de France. Si schiera con risoluzione nel campo degli antidreyfusiani, e si converte all'idea monarchica.

    Joseph de Maistre e Louis de Bonald ispirano le sue idee politiche, Le Play e La Tour du Pin le sue idee economiche e sociali. È dirigente e il principale fondatore del giornale nazionalista, germanofobo, monarchico e antisemita Action Française.

    Egli dispiegò, con i suoi principali collaboratori, una grande virulenza, arrivando fino ad appellarsi esplicitamente all'assassinio, principalmente verso Abraham Schrameck, ministro dell'Interno nel 1925 («Sarà senza odio e senza timore che darò l'ordine di spargere il vostro sangue di cane, se abuserete del potere pubblico per spargere del sangue francese sotto i proiettili e i coltelli dei banditi di Mosca che voi amate»), o contro Léon Blum, presidente del Consiglio, nell'Action française del 15 maggio 1936: «È in quanto ebreo che bisogna vedere, concepire, capire, combattere ed abbattere Blum. Quest'ultimo verbo sembrerà un po' forte: mi affretto ad aggiungere che non sarà necessario abbattere Blum fino al giorno in cui la sua politica ci avrà portato la guerra empia che egli sogna contro i nostri compagni d'arme italiani. Quel giorno, certamente, non dovremo perderlo.»

    Il suo talento letterario permetteva alle sue opere teoriche una grande influenza negli ambienti colti e conservatori di Francia, e le sue qualità polemiche gli assicuravano un reale ascolto in altri, come l'Académie Française. Nel 1905 fonda la Ligue d'Action Française (Lega d'Action Française) per raccogliere fondi in favore di Action Française, divenuta quotidiano e organo di stampa del movimento all'interno della politica mediatica (distribuzione di brochure di propaganda, affissioni ecc.).

    Maurras ebbe un importante ascendente ideologico su Salazar e gli intellettuali del regime salazariano. Sostenne pienamente il generale Franco e, fino alla primavera del 1939, Mussolini, sottolineando la parentela tra un buon numero dei suoi ideali e quelli del fascismo. Apprezzava particolarmente la simbiosi tra i suoi epigoni italiani e il Partito Nazionale Fascista (Action française, 18 luglio 1923). La sua germanofobia gli impedì di fare lo stesso con Adolf Hitler, ma, fino al 1941, non rinnegò i suoi discepoli che ammiravano il nazismo: Robert Brasillach, Lucien Rebatet e la maggior parte degli altri giornalisti che collaboravano con Je suis partout, Abel Bonnard, Paul Chack, e altri.

    Fu eletto all'Académie française il 9 giugno 1938, nella Poltrona 16, succedendo ad Henri Robert. La sua accettazione ufficiale ebbe luogo l'8 giugno 1939.

    Durante l'Occupazione, Maurras fece riapparire Action française, sostenendo il regime di Vichy, che si ispirava in larga misura alle sue idee. Per lui, la salita al potere dal maresciallo Pétain è una «divina sorpresa » (Le Petit Marseillais, 9 febbraio 1941). Continuò le sue polemiche contro gli ebrei, i francs-maçons (frammassoni o massoni) e i «métèques » (termine offensivo per indicare gli asiatici e gli africani), sul tema: «Io lo avevo ben detto!». Il principale torto di Pétain, ai suoi occhi, era quello di non andare abbastanza lontano nella politica antisemita: lo statuto degli ebrei dell'ottobre 1940 era per Maurras e i suoi collaboratori una buona cosa, ma doveva essere indurito e applicato più rigorosamente. Il nuovo statuto, del giugno 1941, fu una parziale soddisfazione.

    Rifiutando il collaborazionismo, Maurras fu comunque, almeno in pratica, l'incarnazione di una collaborazione «nella dignità». Così scrisse nell'Action française del 28 agosto 1942: «Con tutta la Francia, i prigionieri felicemente ringraziano il signor Hitler. » Già nella sua edizione del 1º novembre 1940, Action française approvava l'annuncio di una collaborazione dal maresciallo Pétain a Montoire. Maurras non smise fino al 1944 le sue invettive contro i membri della Resistenza, né di invocare punizioni spietate su di loro o sui loro familiari, se essi non potevano essere arrestati. Lui che aveva molto apprezzato Charles de Gaulle fino alla primavera del 1940 si scatenò contro il generale, partito per Londra.

    In seguito alla sua condanna a vita per «intelligenza con il nemico», l'Académie, passando sopra alla lettera con l'ordinanza del 21 novembre 1944, non procedette alla radiazione di Charles Maurras, come invece farà qualche mese più tardi per il maresciallo Pétain: si accontentò, nella seduta del 1 febbraio 1945, di constatare l'esistenza della poltrona vacante e di decidere di non procedere all'elezione del successore fino alla morte del titolare. La sostituzione ebbe luogo nel 1953, con l'elezione di Antoine de Lévis-Mirepoix.

    Sebbene indebolito, collaborò con Aspects de la France, giornale fondato da suoi seguaci nel 1947, in seguito alla proibizione di Action française. Maurras commentò la sua condanna con una celebre esclamazione: «È la rivincita di Dreyfus!» Nel marzo 1951, beneficiò della grazia per motivi medici e fu trasferito alla clinica Saint-Grégoire di Tours, nel quartiere Saint-Symphorien, dove morì.

    *

    Il maurrassismo è una dottrina politica elaborata da Charles Maurras (1868-1952), di cui l'Action française fu la punta di lancia.

    Il maurrassismo ha l'ambizione di di essere una dottrina controrivoluzionaria, che assicura la coesione della Francia e della sua grandeur. Si basa sulla parola d'ordine «Politique d'abord» ("la politica prima di tutto"), sul postulato del nazionalismo e sulla constatazione (secondo Maurras) che la società (francese) della fine del secolo XIX è minata dalla decadenza e e dalla corruzione. Secondo Maurras, i due mali risalgono principalmente alla Rivoluzione francese e raggiungono il parossismo nell'affare Dreyfus. Charles Maurras subisce l'influenza filosofica di Platone e Aristotele, Joseph de Maistre, Dante e Tommaso d'Aquino. Le influenze storiche vanno da Sainte-Beuve a Fustel de Coulanges passando da Hippolyte Taine e Ernest Renan.

    Per Maurras, il colpevole è lo spirito rivoluzionario e romantico, veicolato dalle forze liberali che, a suo avviso, sono a quell'epoca i quattro "Stati confederati", cioè gli ebrei, i protestanti, i frammassoni e gli stranieri, che Maurras chiama "meteci". Questi Stati confederati rappresentano l'anti-Francia e non possono in alcun caso far parte della nazione francese.

    Personalmente agnostico fino ai suoi ultimi anni di vita (quando si converte al cattolicesimo), Maurras riconosce comunque il ruolo sociale e storico della religione cattolica nella società francese.

    Legittimista in gioventù, poi repubblicano federalista, Maurras ridiviene realista (ma partigiano degli Orléans) nel 1896 in seguito a un ragionamento politico: i re hanno fatto la Francia, che si è disfatta dopo il 1789. Sostenitore di Philippe d'Orléans (duca d'Orléans) e in seguito dei suoi eredi (il "duca de Guise", poi il "conte de Parigi"), si propone di convertire la nascente Action française all'idea realista e a riunire al suo interno i resti del realismo tradizionale francese, illustrato soprattutto dal marchese de la Tour du Pin o dal général de Charette.

    La riflessione di Marras deve molto anche al suo federalismo originario e alla sua appartenenza al Félibrige di Mistral che gli lascia in eredità la difesa della decentralizzazione. Nel 1914 come nel 1940, Maurras rimane fedele al suo principio del compromesso nazionalista, cioè dell'unità nazionale in caso di crisi, e all'ossessione profonda della guerra civile, sostenendo dapprima Clemenceau e poi Pétain.

 

 

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