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    Predefinito A difesa della famiglia tradizionale contro la Sovversione

    La famiglia rappresenta il nucleo fondante della Comunità di Popolo e del Volk.
    Pertanto deve essere difesa e tutelata da ogni tipo di sovvertimento e dissoluzione.

  2. #2
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    Predefinito Re: A difesa della famiglia tradizionale contro la Sovversione

    SENZA FAMIGLIA NON C’è FUTURO, IL MANIFESTO DI ALLEANZA CATTOLICA

    https://www.imgpress.it/politica/73997/

  3. #3
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    Predefinito Re: A difesa della famiglia tradizionale contro la Sovversione

    La massoneria contro la famiglia

    Angela Pellicciari,

    I papi e la massoneria, Ares, 2007 Il Timone Giugno 2007 - n.64
    «Poiché quasi nessuno è disposto a servire tanto passivamente uomini scaltriti e astuti come coloro il cui animo è stato fiaccato e distrutto dal dominio delle passioni, sono state individuate nella setta dei Massoni persone che dichiarano e propongono di usare ogni accorgimento e artificio per soddisfare la moltitudine di sfrenata licenza; fatto ciò, esse l'avrebbero poi soggiogata al proprio potere arbitrario, e resa facilmente incline all'ascolto»: così scrive Leone XIII il 20 aprile 1884 nell'Humanum genus, l'enciclica che con più precisione filosofica analizza i presupposti, la natura e l'operato della massoneria (il paolino Rosario Esposito - che recentemente ha reso nota in pompa magna la sua affiliazione massonica - calcola che i pronunciamenti antimassonici del solo Leone XIII siano 2.032).

    La Chiesa cattolica condanna la massoneria moderna dal suo primo apparire: la Gran Loggia di Londra nasce il 24 giugno 1717 e Clemente XII emette la prima condanna ventuno anni dopo, il 28 aprile 1738 (enciclica In eminenti). I papi tentano di ostacolare il diffondersi di un'associazione i cui membri si riuniscono nel segreto, sono vincolati (pena la morte) a patti giurati di cui nessuno deve rivelare il contenuto, sono l'anima, a partire dalla Rivoluzione francese, di tutti gli sconvolgimenti che, nell'Ottocento, stravolgono la vita religiosa e civile delle nazioni dell'Europa e dell'America Latina. Condannando i cattolici liberali (che fanno proprie molte delle parole d'ordine della massoneria), Gregorio XVI così scrive nella Mirari vos (15 agosto 1832): «accesi dall'insana e sfrenata brama di una libertà senza ritegno, sono totalmente rivolti a manomettere, anzi a svellere qualunque diritto di Principato, onde poscia recare ai popoli, sotto colore di libertà, il più duro servaggio». La massoneria è certa di conoscere la strada che conduce l'umanità alla felicità e si ripromette di mettersi alla testa del progresso che ritiene di incarnare: il progresso che essa ha in mente prevede la fine della superstizione cattolica. Per conseguire questo obiettivo l'ordine ha bisogno dell'assenso della popolazione. Come ottenerlo?
    L'ostacolo principale ai disegni massonici è la fede cattolica capillarmente diffusa. Come convincere un individuo sposato, con figli, credente in Cristo, e cioè nella vita eterna e nell'amore di Dio, bene inserito nella comunità civile ed ecclesiale, come convincerlo che la sua vita diventa più bella e più felice nel mondo progettato dai massoni? Come convincerlo che i battesimi, i funerali, i matrimoni, i catechismi, le cresime, le agapi, i concistori, gli altari, i sinodi, i concili massonici, sono migliori di quelli cattolici, di cui ricalcano il nome?
    Si tratta di trasformare quella persona, quell'individuo ben inserito in un corpo sociale ed ecclesiale, in un individuo solo. È necessario far saltare l'istituzione che lega i singoli in un vincolo stretto, il matrimonio, "liberando" così le energie individuali. Bisogna smantellare tutta la rete di solidarietà sociale e professionale che si è sviluppata durante i secoli animati dalla cultura cristiana. Si tratta di fare il deserto intorno all'individuo ben sapendo che l'uomo, non potendo resistere alla disperazione della solitudine, avrebbe cercato una via d'uscita ed avrebbe imboccato quella che prontamente gli sarebbe stata offerta: la possibilità di entrare a far parte di una loggia.
    L'attacco alla famiglia (ed alla donna che ne costituisce l'anima) è iscritto nel DNA delle associazioni segrete. Solo "liberando" l'uomo dalla famiglia si può fare di lui ciò che si vuole. Che le cose stiano così lo provano non solo la dinamica della Rivoluzione francese e le politiche familiari centrate sul divorzio di tutte le amministrazioni massoniche a cominciare da quella napoleonica; che le cose stiano così lo provano anche i documenti della Carboneria rinvenuti dalla polizia pontificia e pubblicati dallo storico francese Jacques Crétineau-Joly (1803-1875) sotto il pontificato di Gregorio XVI.
    In un documento noto col nome di Istruzione permanente redatto nel 1819, l'Alta Vendita della Carboneria (la direzione strategica rivoluzionaria del tempo) indica l'obiettivo che l'ordine persegue ed i mezzi scelti per conseguirlo. La Carboneria vuole una "rigenerazione universale" inconciliabile con la sopravvivenza del cristianesimo: «Il nostro scopo finale è quello di Voltaire e della rivoluzione francese: cioè l'annichilamento completo del cattolicesimo e perfino dell'idea cristiana». Il documento fa leva sulla debolezza della natura umana che si ripromette di assecondare: «L'uomo ama le lunghe chiacchiere al caffé e assistere ozioso agli spettacoli. Intrattenetelo, lavoratelo con destrezza, fategli credere di essere importante; insegnategli poco a poco ad avere disgusto delle occupazioni quotidiane, e così, dopo averlo separato da moglie e figli e dopo avergli mostrato quanto è faticoso vivere adempiendo ai propri doveri, inculcategli il desiderio di una vita diversa».
    Crétineau-Joly pubblica anche la corrispondenza privata tra cugini (così si chiamano i membri delle vendite carbonare). Il carbonaro conosciuto con lo pseudonimo di Piccolo Tigre scrive: «L'essenziale è isolare l'uomo dalla famiglia, è fargliene perdere le abitudini. [...] Quando avrete insinuato in qualche animo il disgusto della famiglia e della religione (l'una va quasi sempre a seguito dell'altra) lasciate cadere qualche parola che provocherà il desiderio di essere affiliato alla Loggia più vicina. Questa vanità del cittadino o del borghese di infeudarsi alla Massoneria ha qualcosa di così banale e universale che sto sempre in ammirazione della stupidità umana. [...] Il fascino di ciò che è sconosciuto esercita sugli uomini una tale potenza, che ci si prepara tremando alle fantasmagoriche prove dell'iniziazione e dei banchetti fraterni. Diventare membri di una Loggia, sentirsi, senza moglie e figli, chiamati a conservare un segreto che nessuno vi svela mai, rappresenta, per alcune nature, una voluttà e un'ambizione».
    Isolare l'uomo dalla famiglia non basta: per distruggere la Chiesa bisogna distruggere la donna. I rivoluzionari sono convinti che non si avanzerà di molto su questo terreno fino a quando la donna rimarrà ancorata alla buona notizia cristiana; per staccarla dall'amore di Cristo bisogna corromperla. Il 9 agosto 1838 così scrive il settario noto con lo pseudonimo di Vindice: «Abbiamo deciso che non vogliamo più cristiani; evitiamo dunque di fare martiri: pubblicizziamo piuttosto il vizio presso il popolo». Vindice cita l'opinione di un cugino secondo cui «per abbattere il cattolicesimo bisogna cominciare dall'eliminazione delle donne». Il carbonaro commenta: «In un certo senso questa frase è vera; ma, visto che non possiamo sopprimere le donne, corrompiamole insieme alla chiesa. Corruptio optim i pessima».
    I papi sanno che la strategia settaria fa leva sulla perdita del senso morale. La "sfrenata licenza" di cui parla Leone XIII è caparbiamente pubblicizzata da quanti vogliono che uomo e donna dimentichino la propria somiglianza con Dio. Isolati dagli affetti più cari, ridotti come canne al vento, schiavi e non re delle passioni, gli uomini saranno sottoposti a quel "duro servaggio" di cui scrive Gregorio XVI.

    RICORDA
    «Quanto al consorzio domestico, ecco a un dipresso tutta la dottrina dei Naturalisti. Il matrimonio non è altro che un contratto civile; può legittimamente rescindersi a volontà dei contraenti; il potere sul vincolo matrimoniale appartiene allo Stato. Nell'educare i figli non s'imponga religione alcuna: cresciuti in età, ciascuno sia libero di scegliersi quella che più gli aggrada. Ora questi principi i Frammassoni li accettano senza riserva: e non pure li accettano, ma studiansi da gran tempo di fare in modo, che passino nei costumi e nell'uso della vita. In molti paesi, che pur si professano cattolici, si hanno giuridicamente per nulli i matrimoni non celebrati nella forma civile; altrove le leggi permettono il divorzio; altrove si fa di tutto, perché sia quanto prima permesso. Così si corre di gran passo all'intento di snaturare le nozze, riducendole a mutabili e passeggere unioni, da formarsi e da sciogliersi a talento».
    (Leone XIII, Enciclica Humanum genus, 20 aprile 1884)

  4. #4
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    Predefinito Re: A difesa della famiglia tradizionale contro la Sovversione

    Ex-massone: le leggi contro la famiglia sono promosse dalle logge massoniche

    https://www.quieuropa.it/ex-massone-...ge-massoniche/

  5. #5
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    Predefinito Re: A difesa della famiglia tradizionale contro la Sovversione

    Famiglie Arcobaleno, Generi Fluidi – La Follia diventa Normalità Progressista

    https://www.quieuropa.it/famiglie-ar...-progressista/

  6. #6
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    Predefinito Re: A difesa della famiglia tradizionale contro la Sovversione


  7. #7
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    Predefinito Re: A difesa della famiglia tradizionale contro la Sovversione


  8. #8
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    Predefinito Re: A difesa della famiglia tradizionale contro la Sovversione

    Qui c'è un malinteso: oggi, ahimè, i sovversivi sono quelli che difendono la famiglia tradizionale.

  9. #9
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    Predefinito Re: A difesa della famiglia tradizionale contro la Sovversione

    Citazione Originariamente Scritto da vanni fucci Visualizza Messaggio
    Qui c'è un malinteso: oggi, ahimè, i sovversivi sono quelli che difendono la famiglia tradizionale.
    Oggi bisogna difendere i diritti della famiglia fluida o dei LGBTQ per essere politicamente corretti.

    Questo è il modernismo massonico.

  10. #10
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    Predefinito Re: A difesa della famiglia tradizionale contro la Sovversione

    Identitari o desocializzati – Enrico Marino

    La nostra società nel corso degli ultimi 30 anni ha conosciuto mutamenti profondi e, a tratti, radicali che hanno inciso sulla sua vecchia composizione di classe, dando vita a caratteristiche nuove e imprevedibili, generando nuove diseguaglianze, tensioni e nuove povertà, ovvero rivoluzionando abitudini, comportamenti e pratiche di convivenza che apparivano consolidate.

    Al cospetto di questa ricomposizione sociale, che ha preso corpo e forma con nuovi vissuti e attraverso il radicarsi di nuove convinzioni, la classe politica s’è mostrata impreparata e, non essendo in grado di analizzare compiutamente le nuove realtà che si andavano costituendo, non ha fornito risposte adeguate alle pressanti esigenze che da queste emergevano.

    Anzi, paludata con le vecchie culture, di sinistra e liberal-democratica, ha sbrigativamente liquidato come populiste tutte le nuove istanze che non capiva, non conosceva e non riusciva a (s)piegare all’interno dei suoi schemi concettuali.



    In questo senso, la superficialità e l’ignoranza con cui sono state affrontate le problematiche del lavoro e della sicurezza sono gli esempi più eclatanti dell’arretratezza e spesso della malafede con cui i partiti e le istituzioni hanno trattato le richieste più pressanti avanzate dai cittadini.



    L’Italia è il Paese europeo sul quale la rivoluzione del lavoro ha avuto l’impatto maggiore e più travolgente. Un intero mondo è finito in pochi anni: quello della piccola borghesia artigiana e commerciale, quello del ceto medio delle professioni intellettuali intriso di cultura umanistica e, a fronte, quello della classe operaia orfana del sistema di fabbrica tradizionale.



    Il lavoro del terzo millennio, infatti, con le sue caratteristiche di alta intensità tecnologica e di continua trasformazione e innovazione, non genera più legami collettivi, di classe o d’altro tipo, non è più un veicolo di socializzazione di massa e questo modifica profondamente tratti e contenuti della democrazia e il rapporto con le sue forme di rappresentanza.

    L’evoluzione delle sensibilità politiche non è stata solo una questione di “fine delle ideologie”, come s’è sentito ripetere, ma dello sconvolgimento di un’intera architettura sociale, le cui basi materiali sono franate: dove prima c’erano interessi comuni, vaste aree di obiettivi condivisi e, perciò, comuni visioni del mondo, oggi s’è affermata una società pulviscolare, di individui privi di un sentire comune, di singolarità diffuse che reclamano ognuna visibilità e riconoscimento.



    Allo stesso tempo, la fine delle certezze economiche connesse con la stabilità del lavoro e della garanzia di diritti che parevano acquisiti ha prodotto un sisma nei rapporti di ciascuno con la propria esistenza, a partire dai pensionati, ai quali è stato d’improvviso vanificato il proprio progetto di vita, fino agli studenti, privati di quel futuro a cui li avevano predisposti i loro genitori, ingenerando relazioni sociali meno solidali e più competitive.
    Il moltiplicarsi di soggetti prigionieri del loro particolare, che non si riconoscono più in alcuna delle mediazioni sociali tradizionali (partiti, sindacati, ecc.) ha generato un individualismo sradicato, fragile e abulico per cui un soggetto desocializzato, scollegato dalla propria comunità, estromesso da un sistema di valori condivisi e orfano di ideali finisce col subire le mille pressioni e i ricatti della società dell’effimero, del consumo, dell’apparire, dell’avere senza limiti.



    L’individuo soggiace alla logica del relativismo, alla lusinga delle rivendicazioni assolute e all’illusoria pretesa di diritti di ogni specie, ma non ne ricava maggiore libertà né felicità, bensì maggiore incertezza e un’ansia diffusa.
    All’espansione illimitata delle rivendicazioni, anche innaturali e arroganti, si contrappone una contrazione delle opportunità concrete, di vita reale e quotidiana.

    I metodi industriali che consentivano, anche con l’impiego di manodopera scarsamente specializzata, la realizzazione di sensibili risparmi dei costi di produzione e potevano conciliarsi anche con elevati tassi di immigrazione sono stati totalmente superati. Oggi, invece, le migliaia di clandestini che sbarcano in Italia si sovrappongono alla manodopera nazionale in un mercato gravemente sfregiato dalla crisi e che, in ogni caso, è caratterizzato dalla richiesta sempre più scarsa di lavoro poco qualificato (ormai sostituito dall’automazione) e, di contro, dall’esigenza di nuove professionalità altamente specializzate e informatizzate.



    La concorrenza al ribasso nelle scarse opportunità di lavoro e la condivisione forzata dei residuali, spesso scadenti, benefici che il welfare ancora elargisce, pongono perciò sempre più spesso in competizione settori in crescita di cittadini italiani impoveriti e marginalizzati con le nuove e invadenti etnie che si installano sul territorio, specialmente nelle periferie metropolitane.

    Ne scaturiscono appelli, spesso confusi e perlopiù esasperati, nei confronti dello Stato, affinché tuteli maggiormente le aspettative, i diritti e l’incolumità stessa dei cittadini.

    Ma al cospetto di una élite culturale e politica progressista, infarcita di ideologismo mondialista, le giuste rivendicazioni vengono ignorate e allorché sfociano in protesta vengono immediatamente tacciate di populismo o, peggio, demonizzate come xenofobe, razziste e fasciste.

    Anche a fronte delle potenziali gravissime problematiche di convivenza generate dalla presenza di comunità, come quelle islamiche, fortemente caratterizzate dal punto di vista culturale e religioso, le reazioni rimangono limitate, i rischi sono ampiamente sottovalutati e gli insediamenti continuano a essere tollerati.



    Peraltro, nelle classi popolari maggiormente soggette alle convivenze forzate con le masse di immigrati, mancano ancora una compiuta consapevolezza delle proprie ragioni e una più cosciente rivendicazione identitaria dei propri diritti.

    Del resto, il processo di graduale scadimento e di banalizzazione del fenomeno religioso in mero fenomeno sociale, dispensatore di una catechesi tenue, scontata, banale, politicamente corretta, ha privato il Cattolicesimo odierno, ormai totalmente laicizzato, massificato, socializzato e, in sostanza, trasformato in parodia di sé stesso, di qualsiasi forza e funzione unificatrice identitaria e comunitaria.

    In nome del dialogo, della comprensione, della vicinanza a tutti e a tutto (tranne che alla Tradizione), Bergoglio propone più che mai da parte della Chiesa una linea sempre molto minimalista, quasi liberale e laica: la condotta di chi non deve intromettersi troppo, di chi deve partire sempre dal basso, senza imporre nulla, senza dettare regole, ma cercando di trovare le soluzioni discutendo tutti insieme (tranne che con i tradizionalisti), con la condivisione e l’ascolto reciproco proposti come una linea democraticissima, molto “open mind”.

    Per questo, la coesione di vasti strati sociali attorno a determinati principi prescinde ormai dalla pratica religiosa e dallo stesso Magistero della Chiesa, come s’è visto chiaramente anche in occasione del family-day.

    Per questo, un movimento di riscatto nazionale che voglia identificare un orizzonte comunitario al quale indirizzare le energie di risveglio e rinascita del popolo, dovrà recuperare nel concetto di etnia l’unico elemento identitario residuale, che sia anche un potenziale catalizzatore di forze sane, come difesa della propria stirpe intesa non solo come fattore di unitarietà culturale, ma orgogliosamente rivendicata come diversità antropologica – in contrasto alla mistificazione dello jus soli – rispetto alle etnie afroasiatiche che approdano incessantemente sulle nostre coste.

    Il rifiuto di una società meticcia deve costituire la parola d’ordine sfrontata e irriducibile contro qualunque politica di accoglienza, di apertura e d’ibridazione. Senza neppure ipotizzare un inaccettabile multiculturalismo, occorre opporsi alle stesse premesse di questa sostituzione che ancor prima che valoriale e culturale si manifesta come etnica. Occorre riaffermare il principio della preferenza e della prevalenza nazionale, senza cedere allo sciacallaggio ideologico e alle demonizzazioni delle sinistre, balbettando incerti davanti ad ogni richiesta, arretrando e cedendo ogni giorno, convinti in fondo che nella nostra civiltà non ci sia granché da difendere. Occorre rivendicare il principio dell’appartenenza e del radicamento naturale di un popolo in una terra.

    In un’arnia di api debole arrivano api più forti a saccheggiarla; ugualmente una società debole, capace solo di adagiarsi sui buoni sentimenti o di seguire i fantasmi del proprio nichilismo edonista, attira spontaneamente l’avidità di mondi più aggressivi, più forti, determinati a imporsi per la compattezza e la profondità delle loro radici.

    Noi dobbiamo invece offrire al nostro popolo la speranza di ritrovarsi e di risorgere attorno a un’Idea forte, determinata e irriducibile, di identità nazionale, di individuazione etnica e di agire impersonale in nome di una comunità che sappia porsi in alternativa alla anomia e alla desertificazione sociale indotte dall’individualismo mondialista e antiumano.

    https://www.ereticamente.net/2016/04...co-marino.html

 

 
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