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  1. #21
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    Predefinito Re: L'anticomunismo è una battaglia antistorica?

    Citazione Originariamente Scritto da Indra88 Visualizza Messaggio
    da come si risponde a questa domanda si capisce da che parte uno sta, sempre bene fare outing
    L'ultimo che aveva la fissa dei comunisti era Berlusconi. Un camerata???

  2. #22
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    Predefinito Re: L'anticomunismo è una battaglia antistorica?

    Citazione Originariamente Scritto da FRUGALE Visualizza Messaggio
    Ecco, chiamiamo le cose col loro nome.
    Se mi parli di comunismo mi viene in mente Stalin o il PCI emiliano degli anni '50. Tutte cose che non esistono più.
    Mentre gli altri ismi che hai nominato godono di ottima salute, e dominano.
    Dominano anche per merito del comunismo che si è trasformato nel mondialismo.
    Meglio il comunismo di Stalin, che era un nemico evidente e palese, che il comunismo odierno del PD che sostiene le peggiori aberrazioni e si presenta come un socialismo rosa o fucsia.

  3. #23
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    Predefinito Re: L'anticomunismo è una battaglia antistorica?

    Citazione Originariamente Scritto da FRUGALE Visualizza Messaggio
    L'ultimo che aveva la fissa dei comunisti era Berlusconi. Un camerata???
    No.
    Berlusconi con i comunisti ci faceva i soldi

  4. #24
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    Predefinito Re: L'anticomunismo è una battaglia antistorica?

    Citazione Originariamente Scritto da IlWehrwolf Visualizza Messaggio
    No.
    Berlusconi con i comunisti ci faceva i soldi
    La sua corte era formata da ex-sessantottini.

  5. #25
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    Predefinito Re: L'anticomunismo è una battaglia antistorica?

    Citazione Originariamente Scritto da FRUGALE Visualizza Messaggio
    La sua corte era formata da ex-sessantottini.
    Lo so.
    Berlusconi era un anticomunista per finta.

  6. #26
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    Predefinito Re: L'anticomunismo è una battaglia antistorica?

    Citazione Originariamente Scritto da IlWehrwolf Visualizza Messaggio
    Dominano anche per merito del comunismo che si è trasformato nel mondialismo.
    Meglio il comunismo di Stalin, che era un nemico evidente e palese, che il comunismo odierno del PD che sostiene le peggiori aberrazioni e si presenta come un socialismo rosa o fucsia.
    Sicuramente il partito comunista è stato una palla al piede per l'Italia, ma in confronto ai "comunisti" di oggi è un ricordo quasi simpatico.

  7. #27
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    Predefinito Re: L'anticomunismo è una battaglia antistorica?

    Citazione Originariamente Scritto da FRUGALE Visualizza Messaggio
    Sicuramente il partito comunista è stato una palla al piede per l'Italia, ma in confronto ai "comunisti" di oggi è un ricordo quasi simpatico.
    Esatto. Perchè sapevi che era un tuo nemico.
    Paradossalmente Berlusconi è mondialista e quindi anche comunista e capitalista.

  8. #28
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    Predefinito Re: L'anticomunismo è una battaglia antistorica?

    GIOVANNI PREZIOSI – GIUDAISMO BOLSCEVISMO PLUTOCRAZIA MASSONERIA (I ED 1941)
    ARNOLDO MONDADORI – COLLEZIONE TEMPO NOSTRO n. XIX – I ED 17 novembre 1941
    INTRODUZIONE p. 13

    Questa è la verità storica che trova la conferma nella memorabile precisazione che Mussolini fece dell’ebraismo, del bolscevismo e della plutocrazia all’indomani della fondazione dei fasci di combattimento. Quelle parole — se non vi fosse altra testimonianza — dimostrano la priorità mussoliniana nell’identificazione di ciò che voleva essere e fu il bolscevismo. Oggi più che mai esse devono essere ricordate.
    Scrisse Mussolini nel Popolo d’Italia del 4 giugno 1919:
    «Se Pietrogrado non cade, se Denikin segna il passo gli è che cosí vogliono i grandi banchieri ebraici di Londra e di New York, legati da vincoli di razza con gli ebrei che a Mosca come a Budapest si prendono una rivincita contro la razza ariana, che li ha condannati alla dispersione per tanti secoli. (p. 13)
    La razza non tradisce la razza. Il bolscevismo è difeso dalla plutocrazia internazionale. Questa è la verità sostanziale. La plutocrazia internazionale è controllata e dominata dagli ebrei».
    Tutta l’azione del Fascismo, dalla fondazione dei fasci alla Marcia su Roma, fu rivolta contro il bolscevismo. Azione che l’Italia condusse da sola e per prima nel mondo seguendo Mussolini. […]
    Venne la Marcia, ed appena consolidato il Regime, Mussolini fu il primo Uomo di Stato che nel mondo prese posizione contro i principali strumenti che l’ebraismo dirigeva per la distruzione della nostra civiltà; ed il primo ad intuire perfettamente il pensiero di Mussolini fu Adolfo Hitler[…] (p. 14)
    Son circa trenta anni che La Vita Italiana ha, in materia di anticosmopolitismo, avuto una linea sicura e senza deviazione. Finanza internazionale, massoneria, democrazia come strumenti del giudaismo, sono stati il bersaglio costante dell’attività della rivista; ed allorché Mussolini iniziò la nuova èra italica fondando Il Popolo d’Italia, la rivista ne raccolse l’insegnamento, ne volgarizzò i propositi e lo seguí. (pp. 16-17)
    Chi ha seguito La Vita Italiana sa, che in tutta questa opera la rivista non ha fatto che riferirsi al pensiero divinatore del Duce, chiaramente espresso prima e dopo la Marcia, fedele come è sempre stata al principio che al di fuori del Duce non v’era e non v’è salvezza.
    Questo vuole dimostrare la presente raccolta di pochi articoli e di alcuni dei «Fatti e commenti» che da quasi trenta anni vado ogni mese scrivendo nella rivista.
    Documentare cioè la chiara visione, che, prima che in ogni altra Nazione, in Italia si è avuto del programma e dell’azione del giudaismo e delle dipendenti forze occulte nel preparare, scatenare e condurre la guerra per il dominio di Israele sul mondo.
    Guerra esattamente prevista e denunziata svelando l’opera dei suoi artefici e dei maggiori responsabili.
    Il valore perciò di questa raccolta sta soprattutto nelle date degli scritti. (p. 18)

    1.
    EBREI ED ANTISEMITISMO IN ITALIA p. 19

    Da quando nel luglio del 1912 durante la guerra italo-turca, utilizzando la documentazione di H. S. Spencer, corrispondente di guerra del New York Herald, contribuii a far sapere agli italiani che l’Italia non si stava battendo con la Turchia, ma con i grandi banchieri ebrei di tre continenti guidati da Sir Ernest Cassel e dalla sua banca ebraico-inglese, fui additato dagli ebrei e dai loro amici come il creatore dell’antisemitismo in Italia. Non si voleva che si dicesse che tutta la campagna mondiale di diffamazione contro l’Italia era opera degli ebrei d’Inghilterra inventori delle atrocità dei soldati italiani contro i turchi. (p. 19)
    Gli italiani non amavano comprendere il vero valore di quelle rivelazioni. Lo compresero invece gli ebrei che mi additarono all’odio come creatore dell’antisemitismo italiano.
    Sono passati 30 anni, e quanto cammino! Io sono però restato per gli ebrei, per i cripto-ebrei, per i filo-ebrei e per i massoni il creatore dell’antisemitismo politico fra gli italiani, ai quali dedicai nel 1914 una serie di articoli raccolti poi in un volume celebre La Germania alla conquista dell’Italia; del quale «un’altissima personalità del nazionalsocialismo ebbe a dire che in esso tutto era in ordine ad eccezione del titolo, perchè si sarebbe dovuto meno parlare di una Germania alla conquista dell’Italia che non degli ebrei della Germania alla conquista dell’Italia. (p. 20)
    Non mi fu difficile precisare che i governi italiani erano la maschera dietro la quale una masnada di caporioni ebrei internazionali guidati dai giudei Joel, Weil e Toeplitz decidevano le sorti, la pace o la guerra della Nazione; e dimostrai con una inconfutata ed implacabile documentazione come la plutocrazia internazionale, attraverso l’alta banca, tedesca di nome ma ebraica di fatto, operava la conquista e l’asservimento dell’Italia. (p. 21)
    Tutto sommato si può dire che nel Consiglio di amministrazione della Banca Commerciale le funzioni onorarie erano riservate agli italiani e quelle di comando effettivo agli stranieri, con preferenza agli ebrei tedeschi.[…]
    Tutto questo fu diffusamente illustrato nella Rivista La Vita Italiana in una lunga serie di articoli raccolti poi nel volume La Germania alla conquista dell’Italia, di G. Preziosi, la cui prima edizione è del 1914. (p. 25)
    E sapete chi allora difese l’alta finanza internazionale ebraica operante in Italia?[…]
    L’alta finanza ebraica d’Inghilterra scendeva cosí in difesa dell’alta banca ebraica di Germania, mentre Inghilterra e Germania erano in guerra tra loro. (p. 26)
    E mentre la gran maggioranza degli italiani della classe dirigente rinunciava a capire, si veniva accogliendo e formando attorno a La Vita Italiana un gruppo eletto di scrittori che agitavano la questione del pericolo ebraico. Il primo posto tocca al grande Maffeo Pantaleoni[…]. (pp. 26-27)
    Oggi solo i ciechi volontari possono negare che nessun paese era stato tanto profondamente pervaso dall’ebraismo quanto l’Italia, dove l’ebreo è stato l’invisibile dominatore.
    In nessun paese — sono stati essi a dichiararlo — gli ebrei si sono trovati a loro agio quanto in Italia.
    Pur essendo una minuscola minoranza, per essere gli ebrei d’Italia in tanta parte uomini della borghesia, poterono conquistare una posizione preponderante in tutta la vita nazionale, prendendo la direzione di tutti i centri nervosi. Padroni della banca e di tutte le Società Anonime; numerosi nel Senato e nella Camera dei Deputati; detentori dei posti di comando piú importanti nell’amministrazione dello Stato; numerosissimi — come in nessun altro paese europeo — nell’insegnamento, fino al punto che alcune facoltà delle nostre Università erano diventate un campo chiuso riservato esclusivamente agli ebrei; padroni di tutte le piú importanti Case editrici librarie proprietari e comproprietari di tutti i maggiori giornali quotidiani: gli ebrei erano i veri dominatori dell’Italia. Cosí li trovò la Marcia su Roma.
    Ognuna di queste affermazioni è stata documentata con nomi, cifre e circostanze nei molti anni di lotte ne La Vita Italiana da quel gruppo di scrittori e studiosi — voglio fra i miei collaboratori ricordare solamente i piú assidui: Emilio Canevari, J. Evola, Piero Pellicano, G. Sommi Picenardi, Massimo Scaligero — i quali, assieme a Roberto Farinacci con la sua appassionata ed efficace quotidiana polemica in Regime Fascista, a Telesio Interlandi con il gruppo dei suoi collaboratori de Il Tevere ed a pochi altri studiosi isolati, hanno contribuito a creare in Italia una coscienza antiebraica. La quale si è venuta formando rivedendo tutto il nostro passato: dalla costituzione del Regno d’Italia risalendo a quella rivoluzione del 1848 che fu particolarmente profittevole agli ebrei e che in Italia segnò la fine del loro sequestro nei ghetti. (pp. 27-28)
    Ecco qui alcuni accenni solamente per spiegare il formarsi della potenza ebraica prima e durante la costituzione del Regno d’Italia.[…]
    Gli ebrei diffusero libri, giornali, pubblicazioni a loro favorevoli, premiarono gli autori che scrissero in difesa del giudaismo, parteciparono alle agitazioni patriottiche dando al paese uomini e denari.[…]
    L’abolizione dei ghetti non significò la completa parità giuridica e politica degli ebrei, ma fu da essi raggiunta, nelle varie regioni, di mano in mano che veniva integrandosi il nuovo Regno. (p. 29)
    Massimo d’Azeglio fu uno dei piú fervidi promotori e sostenitori dell’emancipazione civile degli ebrei. […]
    Fra gli artefici del nostro risorgimento, Giuseppe Mazzini è stato il piú vicino
    all’anima ebraica. (p. 30)
    Nella terza Italia sorta con un programma laico, massone, anticlericale, in opposizione al Papato, gli ebrei trovarono le condizioni ideali per infiltrarsi in tutti i rami del nuovo organismo, senza far rumore, come i tarli, i quali finché mangiano non si scoprono.
    L’infiltrazione fu anche favorita agli ebrei sefarditi dalla loro maggiore somiglianza somatica con noi, che li rese e li rende piú facilmente confondibili.
    Anche attorno a Garibaldi gli ebrei non scarseggiarono: fra i dodicimila che erano con lui nel 1859, circa 400 erano ebrei. Fra essi: Guastalla, Arbib, Rava, Porto Cohen, Nathan, Levi, Uzielli ebbero funzioni importantissime. Fra i « Mille » vi erano 7 ebrei.
    È certo che, fatta l’Italia, i « sopraggiunti » ebrei seppero invadere cosí presto e cosí accortamente il nuovo Stato da riuscire a controllarlo. Non ebbero troppi riguardi per i vecchi rivoluzionari sentimentali che l’avevano creato; questi furono presto liquidati e messi alla porta, senza attendere che li eliminasse la morte; parve agli ebrei ed ai loro protetti troppo pigra la morte.
    Gli ebrei che, a giudizio di uno dei loro, il Lombroso, sono capaci di plasmarsi meglio degli altri, secondo i vari caratteri regionali di uno stesso paese, ebbero quindi buon gioco nel nuovo Stato Italiano che, appena sorto, rappresentava una unità politica non omogenea, essendo un aggregato con tradizioni diverse.
    Liquidati i « sentimentali », che avevano rischiata la pelle per fare l’Italia, gli affaristi presero il sopravvento e cominciò la scalata a tutti i poteri da parte di avventurieri senza scrupoli.
    Gli ebrei — gli eterni sfruttatori delle fatiche altrui — che, prima, si erano tenuti dietro le quinte, incominciarono lo spaccio del paradiso in terra, ma a scadenza dilazionata, per meglio organizzare nel frattempo il proprio parassitismo.
    È proprio a quest’epoca che risalgono le baronie e i titoli degli ebrei Franchetti, Todros, Corinaldi, Montel, Leonino, Levi, Lumbroso, Castelnuovo, Vitta, seguiti piú tardi dagli Ottolenghi, de Veali, Sacerdoti, Weil Weiss, Padoa ecc.
    Come in Europa e negli altri continenti, gli scienziati e i giuristi di grido, rispettarono anche in Italia le regole del gioco: cercarono dottrine adatte al gusto e al bisogno del momento; e mentre i nostri patriottardi sventolavano la bandiera tricolore per coprire le loro malefatte e i loro strozzinaggi, il vero patriottismo si era rifugiato nella mente e nel cuore di pochi rivoluzionari sentimentali e di vecchi conservatori, molti dei quali vissero e morirono poveramente.
    La Massoneria fu la scala usata dagli ebrei per l’arrembaggio nel nuovo Stato. Essa divenne il loro segno. (pp. 36-37)
    Vi è stata costante dipendenza della massoneria italiana all’ebraismo, prima e dopo la formazione del Regno d’Italia. Aspetti di uno stesso fenomeno, fermenti della stessa decomposizione.
    Tutti gli ebrei erano massoni e liberi pensatori frenetici, senza il minimo pudore e l’elementare rispetto ai costumi, alla fede, alla religione degli altri, che poi erano la stragrande maggioranza del paese.
    Il maggior numero dei nostri dirigenti statali, in tutti i campi, particolarmente in quelli delle forze armate, della giustizia, dell’istruzione pubblica, delle belle arti, appartenevano alla massoneria e non pochi erano ebrei. I non iscritti alla massoneria contavano ben poco ed erano considerati, come lo sono, sostanzialmente, ancor oggi, quali esponenti di una classe di « iloti ».
    Lo strumento che piú facilitò agli ebrei la scalata al potere effettivo è stata la stampa. Anche gli ebrei italiani si diedero perciò alla conquista della stampa. (p. 38)
    Anche l’ambiente teatrale italiano, al pari di quello francese e tedesco fu invaso dagli ebrei. (p. 39)
    Abbiamo avuto ripetutamente ebrei come Capi del Governo. Nessuno può valutare quale sia stata l’opera talmudica dell’ebreo Mortara ministro di Grazia e Giustizia e per cosí lungo tempo presidente della Corte di Cassazione del Regno.
    La conquista ebraica dell’Italia era stata cosí completa che nella prima edizione dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion, che nel 1920 dedicai agli italiani, potei cosi concludere la documentata «appendice»:
    « Notiamo, anzitutto, quello che gli Ebrei stessi ammettono: cioè, che in nessun paese essi si sono trovati e si trovano a loro agio tanto quanto in Italia.
    Essi, pure essendo tra noi una minuscola minoranza — non piú di cinquantamila posseggono in Italia una posizione predominante, in quanto sono preposti alle direttive dei centri nervosi della vita nazionale. Basta, per accorgersene, dare all’intorno un’occhiata anche fugace. Gli Ebrei sono, in Italia, alla testa della grande banca; danno una percentuale altissima di membri ai Consigli di amministrazione delle nostre Società Anonime; sono numerosi tra i membri del Senato e della Camera dei Deputati; occupano i primi e i piú importanti posti nelle nostre Amministrazioni di Stato. Nel campo dell’insegnamento sono numerosissimi, e alcune facoltà delle nostre Università sono diventate un loro campo chiuso. Hanno nelle mani quasi tutte le Case editrici librarie d’Italia. Molta parte dei giornali quotidiani sono nelle loro mani, e non è un mistero per nessuno l’incetta che, proprio in questi giorni, la banca ebraica sta facendo di quelli fra i maggiori nostri giornali che erano fuori del suo controllo. Si aggiunga, che i maggiori e piú influenti demagoghi, come i piú attivi agitatori della classe lavoratrice, sono ebrei o sotto la influenza ebraica. Né si dimentichi, che tutte le iniziative affaristiche, anche quelle a tinta patriottica, hanno alla loro testa un ebreo.
    « All’attento osservatore non può di certo sfuggire, la graduale applicazione, anche in Italia, del metodo pel conseguimento del fine ebraico di conquista, cosí come è delineato nei Protocolli dei Savi Anziani di Sion, cioè: disgregamento dell’esercito; equivoco controllo sulla stampa; leggi demagogiche per l’occupazione dei terreni; spogliazione dei proprietari; tasse di ogni genere sulla proprietà immobiliare; lusso sfrenato; enorme diffusione della letteratura pornografica; occupazione delle fabbriche; comportamento dei contadini nell’Emilia, nel Veneto, in Piemonte, ecc.; sementi impedite; bestiame fatto morire di fame; aumenti di mercedi sempre superati dagli aumenti dei prezzi. Come si vede, il piano israelitico è in pieno svolgimento.
    « Tutto questo diciamo, a guisa di elencazione, guardando solo alla scena. Ma uno sguardo al retroscena ci porterà a vedere, che l’ebreo è il vero manovratore della vita economica, politica, sociale, nonché, cosa che piú conta, internazionale del nostro paese.
    « L’agente maggiore d’Israele per l’attuazione del terribile piano è stata ed è la Banca. Invero, la banca internazionale ebraica, a mezzo dei suoi complici, ha operato in Italia conformemente alle sue caratteristiche generali; mettendo, cioè, la banca nazionale sotto il dominio dell’alta finanza ebraica internazionale; le banche apparentemente nazionali, alla loro volta, hanno asservito le industrie e il commercio ; le banche e le industrie si sono impadronite della stampa. Queste tre forze riunite hanno asservito gli uomini politici, ed oggi siamo nella condizione che nessun uomo politico in Italia può, non diriamo governare, ma neppure costituire un Gabinetto, senza l’appoggio dell’alta banca ebraica, che ha il controllo della stampa e quindi forma l’opinione pubblica.
    « Ecco qualche ricordo a titolo d’esempio:
    a) una parte della stampa, e non solo quella estrema, specialmente dopo la vittoria, ha diffuso e sostenuto le idee piú contraddittorie, determinando la stanchezza e l’irritazione del popolo e la confusione delle opinioni;
    b) gli estremisti hanno imposto al Governo, contemporaneamente, la modifica alla legge elettorale e l’allargamento del voto, che ora si estende anche alle donne e ciò (Protocollo n. 10) “per ottenere, ai fini degli ebrei, l’autorità della maggioranza, poiché questa non si può ottenere dalle sole classi intellettuali”;
    c) il programma finanziario in attuazione da parte del Governo non è altro che la riproduzione fedelissima di quello esposto nel verbale della seduta segreta dei Savi Anziani di Sion: n. 20 dei “Protocolli”;
    d) l’occupazione da parte delle masse della proprietà altrui, trova logico riscontro in quanto è voluto dagli Ebrei (Protocollo n. 10) i quali debbono acquistare lo spirito di audace impresa e di forza, con l’intermediario dei loro agenti, allo scopo di abbattere tutti gli ostacoli che si presentano sul loro cammino. La lotta è per la demolizione delle industrie nazionali e per la distruzione della iniziativa individuale (Protocollo n. 5).
    « Tutto questo .gigantesco piano ha dietro di se una sola forza motrice: “l’oro”: la piú grande potenza moderna, detenuta dagli ebrei, i quali, “in 48 ore, possono estrarne dai l’oro tesori qualsiasi quantità ” (Protocollo n. 22). Di tale oro e di quello passato per le mani di Lenin, qualche rivoletto è corso anche nella nostra terra.
    « Italiani! Forse siamo ancora in tempo. Nel VI Centenario dantesco ricordate il monito di Colui che “mostrò ciò che potea la lingua nostra”:
    Uomini siate, e non pecore matte,
    Sì che ‘I giudeo tra voi di voi non rida.
    DANTE (Par. c. V; v. 80, 81) ».

    Auspice la Massoneria gli ebrei avevano soprattutto conquistato l’amministrazione dello Stato. (pp. 39-43)
    Questa statistica pubblicata nel fascicolo del 15 agosto 1922 era seguita da questa nota:
    « Queste le cifre. Brevi i commenti. Chi ha letto i Protocolli non ha potuto fare a meno di trarne le seguenti conclusioni :
    a) esiste da secoli una organizzazione segreta, politica, internazionale degli ebrei, oltremodo potente;
    b) essa possiede l’ambizione titanica di asservire il mondo al proprio dominio;
    c) per raggiungere questo scopo, essa lavora da secoli a disgregare la compagine degli Stati a base nazionale, tendendo a conglomerarli in un complesso internazionale e mondiale, dominato e sfruttato da Israele;
    d) il metodo da essa adoperato per indebolire prima e distruggere poi gli Stati politici, consiste nella propaganda, fra le masse, di idee determinanti la disorganizzazione, fatta secondo un programma abilmente calcolato: dal liberalismo al radicalismo, dal radicalismo al socialismo, dal socialismo al comunismo, dal comunismo all’anarchia (portando all’assurdo i principii di eguaglianza). Durante questi diversi tempi, Israele, chiuso nella duplice cintura di religione intollerante e del suo esclusivismo di razza, è rimasto immune da dottrine corrosive;
    e) i Saggi d’Israele disprezzano profondamente i governi politici ed evoluti di Europa, la loro politica, le loro costituzioni democratiche. Per questi Saggi d’Israele, il governare è un’arte sublime e segreta che si acquista mediante una cultura tradizionale impartita a pochi eletti accurata mente selezionati;
    f) data questa concezione di governo, le masse hanno poco valore e i loro condottieri sono delle marionette nelle mani dei Saggi di Israele;
    g) la stampa, il teatro, la borsa, la scienza, le arti, le leggi — essendo nelle mani di chi possiede tutto l’oro esistente sulla terra — sono per i Saggi d’Israele altrettanti strumenti per indebolire ed inquinare l’opinione pubblica; per demoralizzare la gioventú; per eccitare al vizio le popolazioni in generale; per mettere in ridicolo e distruggere le aspirazioni ideali che sono il fondamento fornito dalla cultura cristiana ; per sostituire ad ogni altro il culto del denaro; per fomentare lo scetticismo. materialista ed ogni piu basso e cinico appetito del piacere.
    « Dopo gli esempi della Russia e dell’Ungheria, ogni italiano deve domandarsi: quali dei detti elementi di corruzione e di disfacimento sono penetrati tra noi?
    « Si può asserire che tali elementi sono stati tutti importati nella Nazione, con la sola differenza, che l’esperimento non è, per virtú del Fascismo, riuscito in Italia, dove però, ha segnato solchi profondi, che costituiscono una gravissima minaccia per l’avvenire.
    « Per non vederla bisogna essere ciechi volontari ».
    Coincidenza non priva d’interesse, nello stesso fascicolo del 15 agosto 1922 de La Vita Italiana, nel quale io pubblicavo i primi risultati delle indagini sugli ebrei nell’amministrazione dello Stato italiano, ospitavo un articolo che ben si può dire storico: Gli ebrei, la passione e la resurrezione della Germania a firma « Un bavarese », che la stampa internazionale attribuí ad Hitler.
    In quell’articolo venivano, per la prima volta, fermati i concetti sui quali l’Italia fascista e la futura Germania nazional-socialista potevan trovare ed han trovato la base per la loro amicizia consacrata nel Patto di acciaio. Da una parte la rivolta contro l’oppressione della internazionale finanziaria ebraico-massonica, dall’altra la reazione alla ingiustizia di Versaglia.
    Non si troverà nella stampa di quell’epoca in nessun paese una accoglienza casi piena e una comprensione cosi profonda del grido di riscossa lanciato da Hitler al popolo germanico, come quella de La Vita Italiana.
    La pubblicazione di quell’articolo fu da parte mia un atto di fede verso quel movimento della nuova Germania che aveva risposto al grido di Adolfo Hitler« Germania sve gliati! ».
    «Le conseguenze delle oppressioni — scriveva il “bavarese” — avranno anche in Germania la conseguenza come nella vecchia tragedia greca: vale a dire di affrettare quello che si vuole evitare. Già vediamo in Baviera che anche nella massa operaia si è formato un partito nazional-socialista con tendenza formidabile anti-ebraic ; esso aumenta ogni giorno di numero. Contro quel partito operaio va parzialmente la lotta inasprita da Berlino contro Monaco.
    « Ma una resurrezione anche in dimensioni minime rimane assolutamente impossibile, se il mondo intero non sarà forzato dal destino a liberarsi della mentalità di Versailles. Lí fu, da pochi sconosciuti, senza che la piú gran parte del mondo l’abbia compreso, inventato il sistema del diritto eterno di usura sul lavoro del popolo germanico. Lí si stabiliva la sentenza che questo popolo non dovrebbe essere trattato onorevolmente come eroicamente vinto, ma incatenato come una belva, punito e disprezzato perché lordo di sangue versato a dispetto di un mondo angelico e pacifico; mondo senza ambizione di egemonia francese, inglese e pan ebraica, come quello che solo, unicamente, malevolmente aveva preparato ed effettuato il piú grande delitto contro l’umanità e la libertà dei popoli che mai fu commesso da una Nazione cosiddetta civilizzata.
    « È scritto che se non sarà flagellato il diritto, di usura, prepotente oggi fino nel tempio dell’amicizia, la risurrezione della Germania non si farà in vita libera, e degna, ma nella morte liberatrice ».
    La gran parte degli italiani non compresero neppure allora e non potevano comprendere, perché erano sotto l’influenza del pensiero e dell’azione ebraica.
    Anche il Nazionalismo italiano, benchè antimassonico, è stato in molti dei suoi esponenti un negatore del problema ebraico per non dire un valorizzatore degli ebrei. Basta scorrere i nomi dei membri di quel famoso « Comitato Italia Palestina » che, pomposamente, costituitosi nel 1928, caldeggiava una « intesa feconda ed attiva » tra ebrei ed italiani. Alcuni nazionalisti furono, dirò, i romantici del sionismo. (pp. 46-49)
    Ancora oggi non tutti coloro che fan parte del fronte antiebraico sono in condizione di valutare a pieno quali e quanti sono stati e sono i goim strumento dell’azione ebraica nei campi piú disparati, dalla scienza alla finanza, dall’arte alla letteratura, dalla psicologia alla sociologia.
    Non tutti, riandando al recente passato, sono in condizione di scorgere quanto l’azione di certi italiani adescati e conquistati dagli ebrei sia stata e sia funesta e potente. Un esempio solo e che mi riguarda da vicino.
    Nell’agosto del 1923 il giornale quotidiano di Napoli Il Mezzogiorno passò al Fascismo ed io fui chiamato a dirigerlo. Dal giorno stesso in cui ne presi la direzione, il giornale additò il pericolo ebraico-plutocratico-bolscevico-massonico. E quando nel 1924, dopo l’episodio Matteotti, tutto il mondo si schierò contro Mussolini, il giornale pubblicò documenti gravissimi e segreti della Massoneria Italiana collaborante col Grande Oriente di Francia.
    Le rivelazioni culminarono nella pubblicazione di un documento « segretissimo » del « Comitato internazionale di azione antifascista » residente a Parigi ed operante nel mondo. A quel Comitato, che aveva tra l’altro progetta « la scomparsa accidentale di Mussolini », facevano capo varie potenze massoni che di Francia governate dall’ebraismo: a) la Gran Loggia di Francia; b) la massoneria detta « Il diritto dell’uomo »; c) la « Confederazione generale del lavoro » capitanata da Jouhaux ; d) la «Lega dei diritti dell’uomo ».
    Il documento conteneva tra l’altro le istruzioni che erano state impartite per la « costituzione dell’Aventino » di quartarellistica memoria e il piano circostanziato per una insurrezione destinata a travolgere il Regime. Il tutto era accompagnato da questa perorazione: « Altri regimi piú potenti del Fascismo, circondati dal prestigio di secolari tradizioni sono caduti per avere sfidato la giusta vendetta della massoneria. Anche il Fascismo dovrà cadere per la stessa causa e sotto la stessa reazione. Alla massoneria spetta il compito di permeare del suo spirito questa vasta insurrezione ».
    Il documento fu pubblicato il 26 aprile 1927 e produsse enorme impressione. In quello stesso giorno però la ebreo-massoneria decretò la fine del Mezzogiorno.
    Una riunione segreta di « fratelli » e di ebrei ebbe luogo a Napoli il 9 maggio 1927 ed io potei svelare in un mio scritto del 19 giugno di quello stesso anno i particolari della riunione segretissima. Ma la giudeo-massoneria era piú forte di me e dopo due anni ancora di lotta, fui costretto a lasciare la direzione del giornale, e cinque giorni dopo — il 31 dicembre 1929 — il Mezzogiorno finí, benché fosse stato all’avanguardia di tutti i giornali fascisti — nell’offesa e nella difesa — nei momenti piú difficili del Fascismo, e benché vivesse di vita propria. Non diversamente di come fu fatto morire in Inghilterra, sette anni dopo, la Morning Post, il piú antico giornale di lingua inglese, reo di essersi ostinato nel denunziare il pericolo ebraico-massonico.
    La lotta di menzogne contro di me fu dalla ebreo-massoneria estesa in tutta la stampa mondiale. Anche in Germania tutti i giornali infeudati all’ebraismo stamparono con ricchezza di particolari e vistosi titoli che i « Protocolli » erano stati, « per ordine di Mussolini, interdetti in Italia e che il signor Giovanni Preziosi che li aveva diffusi e pubblicati era stato, per ordine del Duce, internato in un manicomio ». (pp. 50-52)
    Fu l’Illustrierter Beobachter (1929, Folge 8), che pubblicò due intere pagine illustrate per documentare la menzogna e far sapere che io, invece che al manicomio, ero a Napoli, sano e vegeto come sempre, direttore dei giornali Mezzogiorno e Roma, non che direttore della rivista La Vita Italiana, e che i « Protocolli », non ostante l’ostruzionismo della organizzazione ebraica libraria, erano in vendita, e non erano stati mai interdetti.

    Queste poche precisazioni per accenni vogliono avere il solo scopo di dimostrare quanto difficile sia stata l’opera di Mussolini, il quale all’indomani della Marcia si trovò a dover operare con una burocrazia obbediente all’ebraismo ed alla
    massoneria e con una classe dirigente che aveva fatta la propria cultura e la propria fortuna alla scuola dominata anch’essa dall’ebraismo e dalla massoneria. (p. 52)

  9. #29
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    2.
    MUSSOLINI E L’EBRAISMO
    PRIMA DELLA MARCIA SU ROMA p. 53

    Per la storia politica dell’anticosmopolitismo fascista, e soprattutto per la precisazione del pensiero fascista fin dalle origini nei confronti dell’ebraismo italiano, è di grande importanza la conoscenza di alcuni documenti inediti che riguardano direttamente l’atteggiamento del Duce del Fascismo di fronte alla questione ebraica. Essi rimontano al 1921, all’epoca, cioè, in cui Mussolini — che fin dal 4 giugno del 1919 aveva preso posizione contro la internazionale ebraica — mise gli ebrei italiani faccia a faccia con la realtà, senza possibilità di infingimenti.
    È necessario ricordare che il primo monito di Mussolini agli ebrei d’Italia rimonta al 19 ottobre 1920 allorché nel Popolo d’Italia scriveva:
    … Ci appaiono per lo meno singolari talune affermazioni contenute in un appello lanciato agli ebrei d’Italia dalla Federazione Sionistica Italiana, alla vigilia del Congresso Sionistico di Trieste.
    « La Federazione Sionistica Italiana — dice l’appello in quest’ora di transizione fra le tarde opere del passato e le promesse dell’avvenire, mentre il popolo d’Israele tende tutte le forze del suo spirito e del suo cuore a sanare le ferite e gli errori di due millenni e a rinnovare il suo destino, chiama quanti sono ancora ebrei coscienti in Italia a riaffermare l’indole della stirpe e la loro volontà di difenderlo e di attuarlo. Il 17 e il 18 ottobre si raccoglierà a Trieste il Convegno Sionistico italiano. Gli specifici problemi che si affacciano al nucleo sionista d’Italia in quest’ora di realizzazione non possono lasciare nessuno indifferente; sono problemi della vita ebraica e dell’idea ebraica che debbono attirare tutti i fratelli che desiderano risollevare all’altezza del loro destino i valori morali d’Israele in Italia ».
    Ora si desidererebbe sapere quali sono gli “specifici problemi” che si affacciano agli ebrei italiani. Perchè in Italia non si fa assolutamente nessuna differenza fra ebrei e non ebrei in tutti i campi, dalla religione, alla politica, alle armi, all’economia. Abbiamo avuto al Governo persino tre ebrei in una volta.
    La nuova Sionne, gli ebrei italiani, l’hanno qui, in questa adorabile terra, che, del resto, molti di essi, hanno difeso eroicamente col sangue. Speriamo che gli ebrei italiani saranno abbastanza intelligenti per non suscitare antisemitismo nell’unico paese dove non c’è mai stato.
    Gli ebrei non raccolsero il monito, che fu da Mussolini ripetuto ancora piú chiaramente il 31 agosto 1921 quando riferendosi al grande « Comitato d’azione ebraica » che, presieduto da lord Rothschild, si era adunato a Carlsbad con la partecipazione dell’ebraismo italiano rappresentato da Dante Lattes e dall’avv. Giuseppe Ottolenghi — scriveva nel Popolo d’Italia:
    Questa notizia merita qualche cenno di rilievo. Il grosso pubblico, ad esempio, sarà non poco sorpreso di apprendere l’esistenza di una « Federazione Sionistica » in Italia ; il che significa che ci sono in Italia — nel paese dove non si è mai fatto dell’antisemitismo governativo o popolare, in quella che Gigione Luzzatti va chiamando « patria adorata » — degli ebrei che sono stufi di starci, della qual cosa noi non ci rammarichiamo affatto. Se i sionisti italiani — sedicenti italiani ! — se ne andassero altrove e si portassero con loro lo stok dei Treves, dei Modigliani, dei Musatti, dei Momigliano, dei Sacerdote (Genosse), dei Passigli e di quel bel signor Ottolenghi che ha regalato all’Italia le delizie di parecchi scioperi postelegrafonici, vorremmo darci il piacere di facilitare questo “esodo”. Ma in realtà lo scopo dei sionisti sedicenti italiani, non può essere che quello di premere sul Governo italiano perché si accordi all’Inghilterra nel favorire la politica paradossale e stolta del sionismo, per il quale suonano brutte campane nel Congresso siriaco-palestinico che si tiene attualmente a Ginevra. Il sionismo ha portato la guerra e il bolscevismo in contrade da tempo tranquille; ha scatenato le opposizioni del mondo arabo e cristiano e, nella dannata ipotesi di una sua realizzazione, creerà, di fatto, una nuova posizione giuridica agli ebrei delle nazioni occidentali.
    […]giungevano al Popolo d’Italia le proteste ed i tentativi di confutazione. (pp. 53-55)
    Queste tre lettere inedite vanno integrate con la consultazione dei periodici ebraici, e specialmente della collezione di Israel, dalla quale si rileva che il solo effetto della richiesta di chiarificazione di Mussolini fu una intensificata azione ebraica italiana, fino alla costituzione, in Italia, dell’Avodà, cioè di uno Stato nello Stato. Costituzione motivata dall’«inevitabile e salutare processo di differenziazione del moto nazionale ebraico che ha avuto le sue ripercussioni nel sionismo italiano».
    Chiara dunque la posizione di Mussolini di fronte agli ebrei italiani fin dalla fondazione dei Fasci, e non meno chiaro l’atteggiamento degli ebrei italiani di fronte al pensiero di Mussolini.
    Ma l’ebraismo internazionale — piú dell’ebraismo italiano — vide il grave pericolo della presa di posizione di Mussolini, e spedi in Italia nell’anno successivo (1922) niente di meno che Wladimir Jabotinsky che fu il fondatore delle organizzazioni militari ebraiche, che avevano il compito di creare il vero Governo ebraico della Palestina. (pp. 62-63)
    Giunto in Italia, Jabotinsky ebbe una sola preoccupazione: avvicinare Mussolini senza servirsi degli ebrei italiani come intermediari, la posizione dei quali era compromessa. Si rivolse all’onorevole G. A. Colonna di Cesarò, il quale a sua volta, con lettera del 24 luglio 1922, presentava Jabotinsky all’ono. Acerbo perché sollecitasse un incontro con Mussolini. La ragione del colloquio era cosí precisata dallo stesso Jabotinsky nella lettera ad Acerbo del 25 luglio 1922: « … Conosco le diffidenze espresse dalla stampa fascista per riguardo al movimento sionista. Ma la Società delle Nazioni ha già dato approvazione unanime al mandato palestinese che contiene l’idea di una sede nazionale ebraica. L’Italia — ne vediamo prove ogni giorno noialtri in Palestina — sarà, nello sviluppo dell’Oriente mediterraneo, il fattore essenziale. Saremo dunque vicini, e mi pare necessario che ci conosciamo ».
    Ma il documento piú importante che offriamo alla meditazione degli italiani e degli stranieri, amici e nemici, è la lettera che Jabotinsky indirizzava a Mussolini il 16 luglio 1922. Eccola nel suo originario testo autografo: (pp. 64-65)
    Quanti conoscono lo spirito giudaico di penetrazione e di menzogna, daranno oggi alla lettera di Jabotinsky il valore che merita, ma soprattutto si renderanno conto della chiara visione che, anche di fronte agli allettamenti, ha sempre avuto Mussolini del problema ebraico italiano ed internazionale.
    Non meno chiaro, per coloro che osservavano attentamente gli avvenimenti, era del resto l’atteggiamento contro il Fascismo sia degli ebrei sparsi per il mondo e dominanti l’alta finanza, sia degli ebrei italiani, i quali continuarono nella loro logica e nel loro razzismo millenario, accentuandolo ogni giorno piú, fino a giungere alla dichiarazione del 1937 che era un guanto di sfida : malgrado le incertezze in terne, malgrado le ostilità esterne, con la « sua legge » e per la « sua legge » Israele continuerà la « sua storia ».
    A questa dichiarazione rispose direttamente Mussolini il 19 giugno 1937 ne Il Popolo d’Italia con un corsivo che concludeva cosí:
    Quello d’Israele è un riuscitissimo esempio di razzismo che dura da millenni, ed è un fenomeno che suscita ammirazione profonda. Gli ebrei, però, non hanno diritto alcuno di lagnarsi quando gli altri popoli fanno del razzismo.
    Questa fu la prefazione ai provvedimenti del 1938 che fissavano la posizione degli ebrei in Italia nella precisissima formula: l’ebreo non è italiano. (p. 69)

  10. #30
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    Predefinito Re: L'anticomunismo è una battaglia antistorica?

    3.
    L’INTERNAZIONALE EBRAICA p. 71

    I
    15 agosto 1920

    Il mondo ebraico è sconvolto come forse non lo fu mai prima d’ora in tutta la lunga odissea della sua storia. I pogroms contro gli ebrei in Russia, in Polonia e in Ungheria hanno fatto assistere la città di New York ad una delle piú grandi dimostrazioni che quella città abbia mai veduto. Mezzo milione di operai ebrei hanno sospeso il lavoro a mezzo giorno. […]
    In un grandioso comizio di soldati e di delegati di numerose organizzazioni, tenuto al Carnegie Hall, gli uomini politici piú autorevoli protestarono con veemenza contro i pogroms. (p. 71)
    In Francia uomini come Anatole France, Paul Appel, Emile Combes, Henri Roger, Albert Thomas, l’abate Viollet, il pastore Wilfred Monod lanciano un appello all’umanità « ascoltando il grido di terrore e di straziante dolore che loro giunge dall’Ucraina, dalla Polonia, dalla Lituania, dalla Galizia: è il grido del popolo ebraico che chiama disperata mente soccorso ». (p. 72)
    In Italia la « Pro-Israele », il « Comitato delle Comunità Israelitiche », la « Federazione sionistica » levano « la voce di protesta e il grido di soccorso, chiedendo all’opinione pubblica italiana, ai rappresentanti del popolo, alla stampa, al governo, di impedire la distruzione di tutto un popolo ».
    Nella stessa Germania una « Lega contro l’antisemitismo » elenca e diffonde nel centro d’Europa « i supplizi del terrore di cui sono vittime gli ebrei » e invoca, nel nome della responsabilità umana, la fine della « persecuzione ».
    Ma le dimostrazioni, gli appelli, le proteste hanno finora lasciata inerte là diplomazia, e le opinioni pubbliche dei vari paesi sono restate piú o meno sorde e indifferenti. La ragione è forse questa : che si tratti di una colossale menzogna. Ciò sostiene Urbain Gohier, nella Vieille France[…]. (p. 75)
    Eppure oggi l’alta finanza, il giornalismo, la politica internazionale sono nelle mani degli ebrei. Passate in rassegna i nomi dei capitani delle piú grandi imprese bancarie, industriali, giornalistiche mondiali, delle piú colossali aziende terrestri o marittime, e troverete che sono tutti ebrei. Le borse di New York, di Londra, di Parigi, di Francoforte, di Zurigo, di Vienna, di Varsavia erano e sono nelle mani degli ebrei. (pp. 75-76)
    Ma sovrattutto la politica è oggi guidata dagli ebrei che influiscono su gli uomini di Stato: Lloyd George è egli stesso d’origine ebraica; Wilson è nelle mani degli ebrei[…]. (p. 77)
    E perché tutta questa gente che ha nelle mani le sorti del mondo non è riuscita a sollevare l’opinione pubblica mondiale per far eco al grido di terrore e di straziante dolore che giunge dall’Europa orientale?
    Perché la grande stampa americana, inglese, tedesca, francese non leva la voce contro i « progroms » dei quali si dicono vittime gli ebrei?
    Gli è perché l’opinione pubblica dei paesi europei fa risalire agli stessi ebrei la responsabilità dei cosiddetti massacri contro il popolo ebraico.
    L’opinione pubblica europea è sotto l’impressione che i grandi rivolgimenti odierni sono fomentati e guidati da elementi ebraici. E non è tanto questione di numero quanto di qualità di uomini; non è questione di folle, ma di capitani.
    Lasciamo stare Marx e Lassalle, che si chiamavano rispettivamente Mordechai e
    Feist Lasall; ma, non sono forse ebrei Trotzky (il cui vero nome è Braunstein) anima della odierna rivoluzione russa, e quel Kerenski che ne fu il primo e maggiore responsabile ed il cui vero nome è Zederblum? Non sono ebrei quei Radek e Joffe importatori della rivoluzione in Germania? Non è ebreo Litvinoff che si chiama Finckelstein? E non sono tutti ebrei i nomi dei maggiori rivoluzionari che tengono oggi il mondo in subbuglio, si chiamino essi Enver Pascià (il cui vero nome è Anuar Pascia) o Bela Kun?.
    In Germania oggi si accusa il socialismo di origine ebraica come fattore della disfatta, e si elencano uomini e date[…]. (pp. 78-79)
    Noi leviamo la voce contro i delitti di cui si dice vittima tutto il popolo ebraico. Ma perché l’opinione pubblica sia sollevata è indispensabile che sia tranquillizzata intorno a quella che è l’opera antinazionale a favore della internazionale bolscevica.
    Scindano i comitati ebraici che si rivolgono all’opinione pubblica di tutti i paesi la loro responsabilità da quella dei dissolvitori della società; ne stimmatizzino l’opera, e allora la opinione pubblica risponderà…
    Anche l’Italia è vittima delle internazionali ebraiche. Ricordiamo a titolo di esempio quanto sono stati funesti per noi durante l’impresa libica l’alta banca e il giornalismo ebraico. (p. 81)
    Ma lasciamo l’Italia e accenniamo alle pubblicazioni recenti della Morning Post di Londra. La Morning Post si è prefissa di dimostrare che il bolscevismo sia niente di meno che un fenomeno fondamentalmente e tipicamente ebraico e il risultato di una cospirazione rivoluzionaria giudaica contro la Cristianità e la Civiltà. A tale scopo pubblica articoli che si propongono di rintracciare le origini storiche del movimento e di identificare i suoi fini comuni con quelle sètte che presero il nome di « Spartachismo », di « Carbonarismo », di « Giacobinismo ».
    I due capitoli pubblicati sulla Massoneria sono veramente interessanti per tutti coloro che non siano iniziati ai suoi, segreti, particolarmente per la abbondante e documentata rivelazione delle profonde e frequentissime tracce lasciate nel simbolo massonico dal linguaggio e dal simbolismo ebraico.
    La Morning Post facendo queste pubblicazioni avverte che esse non vogliono avere un carattere generalmente antisemitico e riconosce volentieri che anche tra gli ebrei vi sono irreprensibili e sinceri patrioti. Ma essa intende richiamare l’attenzione sulla coincidenza invero assai strana per la quale il movimento bolscevico in Russia è quasi totalmente in mano degli ebrei, i quali si ritrovano invariabilmente alla testa delle organizzazioni socialiste e rivoluzionarie di tutto il mondo e ricoprono altresí le piú alte cariche della Massoneria internazionale.
    Ma piú che per le pubblicazioni della Morning Post, la opinione inglese e quella mondiale restò commossa dalla pubblicazione di un piccolo libro Protocolli dei Savi Anziani di Sion ripubblicato a Londra nei primi di quest’anno. (pp. 83-85)

    II
    15 settembre 1920 (p. 86)

    L’articolo sull’« Internazionale ebraica » ci ha portato e continua a portarci lettere di consenso e di dissenso. Le prime partono da coloro che hanno creduto di vedere nell’articolo l’inizio d’una campagna antisemita e ci incoraggiano a proseguire. Le seconde hanno per autori ebrei amici che ci dicono: « anche voi vi fate eco della leggenda del bolscevismo ebraico diffusa nel mondo occidentale? ».
    Senza equivoci. L’antisemitismo è un giuoco ebraico. Comunque in Italia non esiste. In nessun paese infatti gli ebrei si trovano tanto a lor agio come in Italia.
    Agli ebrei noi non negheremo il diritto di libertà politica fino a quando non diventeranno strumento di dissoluzione italiana a servizio di interessi politici ed economici stranieri e antinazionali.
    Agli ebrei amici dobbiamo un discorso piú lungo, visto che ci si accusa di essere vittime della leggenda del bolscevismo ebraico diffusa nel mondo occidentale.
    Premettiamo che, a prescindere dalla leggenda o meno, noi siamo lontano dall’invocare la caccia all’ebreo.
    Se eccidi, se pogroms a danno degli ebrei vi sono stati, essi non sono che PREZIOSI: Giudaismo Bolscevismo Plutocrazia Massoneria conseguenza dell’atteggiamento bolscevico assunto dagli ebrei in Russia e in Ungheria.
    Questo per quanto riguarda i pogroms.
    Ma per quanto riguarda la leggenda del bolscevismo ebraico in Russia e in Ungheria, la cosa è alquanto diversa in quanto, purtroppo, essa non è una leggenda ma una triste realtà; come è una realtà ancora piú triste il fatto che quel bolscevismo di natura ebraica realizzatosi in Russia e in Ungheria, si va diffondendo nel mondo, e quindi anche in Italia, pel tramite principalmente degli estremisti ebrei. Ed è pure una realtà che, dei grandi eccidi consumati nell’ultimo periodo, gli ebrei non sono state le vittime ma sono stati gli autori.
    A conferma di queste asserzioni vogliamo qui limitarci a riportare alcune testimonianze non sospette.
    Un documento molto importante in proposito è stato fornito dalla polizia segreta americana: Secret Service: « Documentation » – Parigi, 6 marzo 1920.
    Da questo documento risulta:
    a) Nel febbraio 1916 si seppe per la prima volta che una rivoluzione era stata fomentata in Russia. (pp. 86-87)
    Non v’è dubbio dunque che la rivoluzione russa, scoppiata un anno dopo tale formazione, fu lanciata e fomentata da influenze spiccatamente ebraiche. (pp. 87-88)
    b) Nella primavera del 1917 Jakob Schiff cominciò ad accomanditare Trotzky ebreo per fare in Russia la rivoluzione sociale[…]
    Cosí furono stabilite le relazioni fra gli ebrei multimilionari e gli ebrei proletari.
    c) Nell’ottobre 1917 ebbe luogo in Russia la rivoluzione sociale, in virtú della quale certe organizzazioni di sovieti presero la direzione del popolo russo. In quei sovieti spiccarono i seguenti individui, tutti ebrei meno Lenin (il quale è però figlio di una donna di razza ebrea). (p. 88)
    d) Nello stesso tempo l’ebreo Paul Warburg, che era prima stato in relazione con il Federal Reserve Board, fu notato per le sue attive relazioni con certe personalità bolsceviche degli Stati Uniti; […]
    e) Fra gli amici intimi di Jakob Schiff vi è il rabbino Judas Magnes suo amico intimissimo ed agente devoto. Il rabbino Magnes è un vigoroso propagandista del giudaismo internazionale. (p. 89)
    f) Judas Magnes accomanditato da Jakob Schiff è, d’altra parte, in relazioni intime con l’organizzazione sionista universale Poale (Zion) di cui egli è di fatto il direttore. Il suo scopo finale è di stabilire la supremazia internazionale del partito laburista ebreo. Anche là si precisa il legame fra gli ebrei multimilionari e gli ebrei proletari;
    g) Appena la rivoluzione sociale scoppiò in Germania, l’ebrea Rosa Luxemburg ne prese automaticamente la direzione politica ed uno dei principali capi del movimento bolscevico internazionale era l’ebreo Haase. In quel momento la rivoluzione sociale in Germania si svolse secondo le stesse direttive ebraiche della rivoluzione sociale in Russia. (pp. 89-90)
    […]apparirà chiaro che il movimento bolscevico come tale, è in una certa misura l’espressione di un movimento generale ebraico, e che certe banche ebraiche sono interessate nell’organizzazione di questo movimento.
    Tutto questo è detto nel citato documento del servizio segreto americano trasmesso all’Alto Commissariato della Repubblica Francese, il 6 marzo 1920.
    È tutto ciò una leggenda ?… Andiamo oltre.
    La Morning Post dell’11 agosto 1920 sotto il titolo « Gli ebrei e i soviets. (p. 90)
    E le citazioni potrebbero continuare per centinaia di pagine, ma ci basta a mo’ di conclusione riportare un brano della storia dell’eccidio della famiglia imperiale russa secondo le prove raccolte da un inviato speciale del Times che non è di certo un periodico antisemita: ne fa fede la presenza di Lord Northcliffe che prima di
    comprare il feudo vacante di Lord Northcliffe si chiamò Alfredo Harmsworth e prima
    ancora il nome familiare era, a Francoforte sul Meno, H. Stern.
    Il Times dunque mandò espressamente sul posto dell’eccidio della famiglia
    imperiale russa, in Siberia ad Ekaterinburg, un suo corrispondente il quale, oltre che
    tutte le piú accurate indagini e testimonianze oculari fu in possesso di tutti i
    documenti legali relativi raccolti dal magistrato Sokoloff.
    La versione del Times (agosto 1920) non è stata mai smentita ne dai Sovieti ne
    da alcun altro. (p. 94)
    Questi son fatti; e nessuno può leggerli senza indignazione e profonda tristezza assieme a cento altri racconti delle atrocità commesse dagli ebrei. Eppure al grido angoscioso delle vittime non ha fatto eco nessun Anatole France di questo o dell’altro mondo! Essi riservano i loro appelli all’umanità solo perché ascolti le grida, di dolore del popolo ebraico. Qual meraviglia se i loro appelli, le loro proteste « lasciano inerti le diplomazie e sorde e indifferenti le opinioni pubbliche dei vari paesi »? (p. 97)

 

 
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