Le forze di opposizione al sistema capital-marxista vissero, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, una stagione di effervescenza culturale che, in Italia, di lì a qualche anno si tradusse in successi elettorali. Tra gli autori che si distinsero nel dibattito intellettuale, va ricordato lo storico delle idee di origine ungherese, Thomas Molnar, emigrato nel 1950 negli Stati Uniti, dove insegnò in diverse Università. Di profonde convinzioni cattoliche, nel nostro paese colloquiò con Augusto Del Noce ed intrattenne un intenso rapporto critico con Alain de Benoist, come testimonia il libro-intervista, scritto a due mani, “L’Eclisse del sacro”, la cui nuova edizione sta per uscire per i tipi di Pagine. Un altro rilevante volume dello studioso è stato da poco pubblicato dalla casa editrice OAKS. Si tratta di La Controrivoluzione. Critica ragionata alla Rivoluzione francese (per ordini: info@oakseditrice.it; 02/24861657, euro 18,00). Il testo comparve per la prima volta nelle librerie italiane nel 1970 grazie al benemerito editore Volpe, accompagnato da un’illuminante introduzione dello studioso francese Maurice Bardèche dopo essere uscito nel 1969 negli USA. Lo scritto di Bardèche viene riproposto nella nuova edizione, impreziosita dalla prefazione di Giuseppe Del Ninno, nella quale viene rilevata l’attualità delle pagine di Molnar.

Ricorda il prefatore che, dagli anni Settanta, le cose sono radicalmente cambiate sotto il profilo culturale, esistenziale, geopolitico, sia in Italia che nel mondo. Quanti si oppongono in termini spirituali e non meramente politici, allo stato presente delle cose, sono costretti a porsi l’inevitabile domanda : “Che fare?”. Il quesito non è di certo nuovo, ma le drammatiche contingenze che stiamo vivendo, rendono davvero urgente una risposta plausibile ad esso. La società liquida è un nemico più complesso, più pervasivo, del duopolio, pur potentissimo, USA-URSS: è stata, infatti, realizzata una colonizzazione dell’immaginario individuale e collettivo centrata sulla mercificazione universale, dalle cui maglie non ci si libera facilmente. Viviamo ai confini estremi della “rivoluzione permanente” inaugurata dagli eventi del 1789. Sarà pertanto proficuo per il lettore, riflettere sulle considerazioni di Molnar, relative ai mezzi e al processo storico suscitato dai “philosophes” al fine di conquistare le coscienze dei più alle idee dei Lumi. A dire dello storico, i legittimisti francesi godettero di un privilegio indiscusso rispetto ai rappresentanti delle “destre” delle epoche successive, disponendo della possibilità di riferirsi a realtà istituzionali in linea con i propri valori.

Successivamente, le tendenze controrivoluzionarie hanno dovuto richiamarsi ad uomini carsismatici, interpreti sagaci dell’imprevisto e dell’irrazionale che, all’improvviso, fa irruzione nella storia mettendo in scacco il progetto scientemente costruito a tavolino, pianificato nel tempo, dai rivoluzionari, dalla ratio calcolante, diffuso attraverso una vasta rete di mezzi di comunicazione. Questi uomini d’eccezione, in talune circostanze, hanno contato in termini politici più dell’apparato al servizio della sovversione. Ma la loro azione, e la storia lo dimostra ampiamente, ha sempre avuto difficoltà a consolidarsi, per cui essi stessi, espressione dell’individualismo moderno, fiutato il corso della storia, hanno cominciato, poco dopo la conquista del potere, a rivolgersi all’opinione pubblica, indotta dall’operato dell’intelligentsia, a guardare a sinistra. Casi esemplari di tale situazione, nella narrazione di Molnar, sono rappresentati, in contesti diversi, dal generale De Gaulle e dal pontefice Paolo VI, personalità in bilico tra “rivoluzione” e “controrivoluzione”. Le “destre” hanno quindi sempre avuto un atteggiamento esclusivamente reattivo nel giudizio del pensatore ungherese. In particolare, esse non avrebbero puntato sulla “generosità” intellettuale e politica, non riuscendo, in conseguenza di ciò, a suscitare nelle masse lo slancio utopico che ha connotato la storia delle “sinistre”.

La controrivoluzione, come implicito nella definizione stessa, ha rappresentato una risposta contingente alle tesi da lei avversate, quando invece, sarebbe davvero occorso l’approccio metapolitico, l’elaborazione di riferimenti valoriali ed ideali con i quali agire per costruire un progetto politico alternativo a quello moderno. Queste le esplicite considerazioni dell’autore in proposito “Il dovere dei controrivoluzionari si limita alla difesa della società e dei principi che assicurano l’ordine nella città. E’un compito poco spettacolare[…]è una battaglia da combattere giorno per giorno negli spiriti e nelle anime più che nel foro, una fatica senza fine” (p. 28). Eppure, fa notare Bardèche, vi è stato un momento della storia nel quale la battaglia individuale ed interiore si saldò con il tentativo di conquista della Città. Ciò avvenne con l’irruzione sulla scena del Novecento dei fascismi che, proprio in quanto “giovane grano che era germogliato nella vecchia terra europea”, gli avversari vollero distruggere definitivamente dopo il 1945. Il fascismo univa ciò che fino allora era stato diviso, destra-sinistra, lavoro-capitale, proponendosi quale movimento atto a vitalizzare l’antico male “reattivo” della controrivoluzione. Indicò e cercò di realizzare un Nuovo Inizio europeo.

Molnar non sembra cogliere tale tratto idealtipico dei fascismi europei, che risulta però implicito nella sua analisi. La sua esegesi è, comunque, stimolante, pur arenandosi lungo una linea politica difensiva, da cui è difficile pronosticare una nuova, significativa offensiva antimoderna. Dice bene Del Ninno “Il limite di questo saggio consiste proprio nella rigidità dell’impostazione di fondo – di qua la Rivoluzione, di là la Controrivoluzione – ma contiene analisi di una rara lungimiranza” (p. 8). Per quanto ci riguarda, troviamo davvero desueta ed erronea la fiducia posta dall’autore, in prospettiva controrivoluzionaria, negli Usa, volano e cervello della sovversione mondialista, e nella Chiesa Cattolica, la quale da tempo ha rinunciato a svolgere qualsiasi funzione tradizionale e/o catecontica.

Quanto sostiene Bradèche, con riferimento alla situazione degli anni Settanta, vale ancor oggi: viviamo un’epoca di crisi e contraddizioni che soltanto una visione del mondo o, per usare l’espressione di Molnar, un’immagine di marca, centrata sul recupero della Tradizione, può rianimare. Un’immagine “che si possa contrapporre a quella della sovversione: il nostro combattimento è dunque tanto politico, quanto morale e culturale” (p. 31). Per ri-partire è necessaria una rivoluzione culturale, che abiliti alla direzione del corpo sociale un’élite diversa da quella dominante. Insomma, il libro che abbiamo presentato è assai rilevante perché, come coglie Del Ninno, rinvia ad una visione militante “di cui troppi oggi sembrano aver smarrito la capacità”aggregativa (p. 21).

Giovanni Sessa

Rivoluzione e Controrivoluzione: le tesi di Thomas Molnar – Giovanni Sessa - EreticaMente