Originariamente Scritto da
Dr. Gori
Lo scrittore e filosofo Pascal Bruckner analizza il successo che le teorie indigeniste e decoloniali riscuotono presso numerose popolazioni. Ma anche nelle università e in parte della stampa.
In una recente intervista a L’Obs, la cantante Camélia Jordana ha dichiarato: “Se fossi uomo chiederei scusa”. Come spiega il fatto che la vulgata femminista e decoloniale – che vede nel maschio bianco il responsabile di ogni male – venga oggi ripresa da tanti membri dell’intelligentsjia artistica?
“Camélia Jordana è una cantante di talento, ma la sua crociata antimaschile mi lascia perplesso. Le sue diatribe partono da un pretesto che mi pare tenue: l’alterco da lei avuto con un tassista mentre era alla guida del suo monopattino. Anche Lilian Thuram, durante un dibattito, ha fatto l’esempio dei taxi per dimostrare l’irreprimibile razzismo dei francesi. Mi dispiace contraddirli: io stesso, pur essendo un uomo bianco e anziano, sono stato spesso rifiutato dai taxisti in cerca di passeggeri e costretto a rientrare a casa a piedi, di notte. Siamo a Parigi, diamine. Questa categoria professionale avrà le sue pecche ma i tassisti, nella stragrande maggioranza dei casi, sono cortesi. Camélia Jordana che pretende di decostruire il sistema maschile sembra ‘Martine che se ne va a zonzo in monopattino citando Jacques Derrida’. Il mondo dello spettacolo offre delle civetterie che lasciano perplessi:
un’idea giunta dagli Stati Uniti – che l’uomo bianco sia responsabile di tutti i mali del mondo – trova qui un successo inaspettato tra gli attori e i cantanti (la cui fama è decretata da uomini e donne bianchi), che in questa dottrina scorgono una semplicità che li affascina.
Mi domando: se l’uomo deve scusarsi per essere uomo, metà dell’umanità è colpevole di essere nata. O forse alcuni uomini si devono scusare per ciò che hanno fatto? È ben diverso. I maschi, soprattutto quelli bianchi, sarebbero quindi segnati sin da bambini dal marchio di Caino? Ma desumere una colpa o uno stato di inferiorità dal genere o dal colore della pelle non è forse la definizione stessa di razzismo? I buoni e i cattivi sono cambiati, ma a dominare è sempre la stessa ideologia, con personaggi diversi. Infine: se gli uomini devono chiedere perdono, le donne si devono forse scusare perché vivono più a lungo e resistono meglio al Covid rispetto agli uomini?”.
Da dove viene, secondo lei, la seduzione ideologica esercitata da queste teorie?
“
Queste scemenze si diffondono in un contesto di vuoto della sinistra classica. Il marxismo è morto nel I989, e la socialdemocrazia non se la passa molto bene. Per colmare il senso di smarrimento si è tentati di adottare le teorie americane del genere, della razza e dell’identità – che riconducono tutta la storia umana a queste tre dimensioni.
Nelle università e nei media è in atto una vasta opera di rieducazione che esige che coloro che definiamo bianchi rinneghino se stessi. Trent’anni fa vi era ancora abbastanza buon senso, sia a destra che a sinistra, da poter ridere di simili sciocchezze. Negli anni Trenta, con il fascismo, avevamo subito la propaganda della razza e ci eravamo vaccinati.
Oggi l’antirazzismo razzista ritorna, dall’altra sponda dell’Atlantico, travestito dal suo contrario e con dei protagonisti nuovi. E trova eco anche tra più alti vertici dello Stato. Negli Stati Uniti ogni viso pallido dovrebbe ammettere sin dalla scuola materna il proprio privilegio, e scusarsene. Presto accadrà lo stesso anche in Francia.
L’unica identità che ai bianchi viene ancora concessa è quella della contrizione. I professatori di vergogna, i neo femministi, i decolonialisti e gli indigenisti dilagano, e ci invitano a pentirci.
Le loro radici ideologiche non vanno dunque cercate, qui da noi, sul fronte di quella che è stata definita “la teoria francese”?
“Il decostruzionismo tanto caro a Camélia Jordana è nato dagli intellettuali francesi degli anni Settanta, che poi lo hanno esportato sui campus universitari nell’altra sponda dell’Atlantico. Noi gli abbiamo fornito il virus e loro ci rispediscono la malattia conclamata. Ma né Derrida, né Deleuze, né Foucault si riconoscerebbero in questa poltiglia ideologica reimportata dagli Stati Uniti che suddivide il mondo in etnie, in identità impermeabili le une alle altre. L’intelligentsjia francese mirava alla dissoluzione del soggetto. Aggiungo che prendere a modello gli Stati Uniti – dopo Trump dopo e le devastazioni causate dalla 'cultura dell’annullamento' nelle università – mi pare sensato quanto il convertirsi al comunismo dopo la caduta del Muro nel 1989. Pur augurando buona fortuna a Joe Biden, l’America, rispetto all’Europa dei nostri giorni, non è un esempio da seguire ma piuttosto un fallimento da non replicare”.
Come spiega allora il fatto che nella società, che non è mai stata meno razzista e sessista di quanto lo sia oggi, la denuncia del razzismo e del sessismo abbia assunto una piega simile nel dibattito pubblico?
“È la dimostrazione della legge di Tocqueville. Un popolo si rialza quando la sua situazione migliora, non quando peggiora: 'Il desiderio di uguaglianza diventa vieppiù insaziabile mano a mano che l’uguaglianza si fa più grande'. I successi che il femminismo ha riportato da un secolo a questa parte rendono intollerabili alle generazioni di oggi i ritardi che ancora permangono. Soprattutto in ambito economico. Da questo deriva l’estremismo di alcuni discorsi che sono intrisi di puro e semplice odio nei confronti degli uomini e che denunciano un patriarcato perlopiù già agonizzante. Un’oppressione che viene meno non è una gioia guadagnata, ma solo una tappa lungo un cammino infinito, che talvolta assomiglia a un calvario.
Questa retorica non avrebbe tanto seguito se non fosse per la propensione di alcuni bianchi, generalmente agiati, a maledire il colore della propria pelle. L’odio del bianco è innanzitutto un odio di sé da parte del bianco privilegiato. Una sorta di spettacolare autoflagellazione nella quale egli compete con altri a chi si fustiga più violentemente. Si veda l’esempio dell’attrice Rosanna Arquette, che nel 2019 scriveva in un tweet: ‘Sono disgustata dal fatto di essere nata bianca e privilegiata. Provo un enorme senso di vergogna’.
La Francia non è il regime dell’apartheid né l’America della segregazione, bensì un Paese costituzionalmente antirazzista. Anche se anche qui, come ovunque, si verificano degli episodi di razzismo. La cultura occidentale è la sola a prendere pubblicamente le distanze dai propri errori: il colonialismo, l’imperialismo e la schiavitù. Inoltre, l’Europa ha inventato l’abolizionismo molto prima dell’Africa e dell’America. È questo che non ci viene perdonato: di essere la coscienza del pianeta. Tutto questo delirio sulla razza ha come scopo quello di punirci per aver rivelato la violenza costitutiva delle società umane.
L’uomo bianco avrà forse commesso degli orrori, ma ha anche inventato i diritti dell’uomo e forgiato il concetto di 'crimine contro l’umanità': tutte cose che non provengono né dall’Asia, né dall’Africa, né dall’America latina. Se il diavolo bianco non esistesse occorrerebbe inventarlo. Perché la colpa viene imputata solo all’Occidente? Perché l’Occidente, e l’Occidente soltanto, ha riconosciuto la propria barbarie, mentre gli altri si sono chiusi in un prudente diniego: la Cina con le atrocità di Mao, la Turchia con il genocidio armeno, etc. Se desiderate l’impunità, negate. Negate in blocco le vostre turpitudini e vi lasceranno tranquilli”.
Secondo una certa logica diversitaria, il bianco non può essere vittima di razzismo. Perché?
“Occorre prendere alla lettera la parola d’ordine ‘diversità’: nelle orchestre, all’Opera, al cinema non vi sono abbastanza rappresentanti delle minoranze? D’accordo. Ma applichiamo una regola di reciprocità anche agli altri continenti: in Africa, in Cina, in India non vi è abbastanza diversità di generi e razze. Per arrivare all’umanità arcobaleno che i nostri nuovi crociati sognano occorre mettere ovunque dei bianchi, delle donne e dei lgbt. Invece, la diversità viene pretesa solo da noi. È la nostra epidermide a essere colpevole. Gli altri popoli sono immersi nell’innocenza del loro incarnato.
Ciò che caratterizza il razzismo anti-bianco è il rifiuto della propria realtà: si fa finta che sia da ricondurre a delle strutture di potere mentre invece rimanda semplicemente ai visi pallidi, ai 'leucodermi'. Questa definizione di bianco come capro espiatorio è il prodromo di una nuova segregazione.
"Il pericolo del razzismo contro l'uomo bianco" - la Repubblica