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  1. #31
    Supermod Viola
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    Predefinito Re: Parliamo di: True Crime

    Citazione Originariamente Scritto da ಠ_ಠ Visualizza Messaggio
    ci sono persone molto professionali anche in questo ambiente.
    basti pensare a Kuklinski
    affiancare la parola "professionale" a "killer" devo ammettere che non mi è semplice.
    Per professionale intendi la capacità di non farsi arrestare? il modo in cui "uccide" (con più o meno sofferenza)?

    concettualmente non riesco a ritenere un killer professionale
    Se non hai il coraggio di mordere, non ringhiare.

  2. #32
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    Predefinito Re: Parliamo di: True Crime

    Citazione Originariamente Scritto da Rachel Walling Visualizza Messaggio
    affiancare la parola "professionale" a "killer" devo ammettere che non mi è semplice.
    Per professionale intendi la capacità di non farsi arrestare? il modo in cui "uccide" (con più o meno sofferenza)?

    concettualmente non riesco a ritenere un killer professionale
    Kuklinski ad esempio era un killer che uccideva per piacere, e visto che lo sapeva fare bene è diventato un killer della mafia (numero di vittime tra le 33 e le 250 o forse più).
    Parliamo di uno che era arrivato a un tale grado di raffinatezza che sapeva uccidere in mezzo alla folla facendo pensare a un infarto, ma che preferiva impiccare la gente sulla schiena, o usare il coltello, o ancora meglio far divorare vive le vittime dai topi filmando e registrando il tutto per piacere suo e dei committenti.
    Era chiamato Iceman perché congelava i corpi facendoli trovare anni dopo, in questo modo sviava le indagini


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  3. #33
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    Predefinito Re: Parliamo di: True Crime

    Richard Kuklinski, The Iceman, nasce in America nel 1935 da una famiglia di immigrati polacchi molto poveri. Secondo di quattro figli, subisce durante l'infanzia umiliazioni e abusi a ripetizione. All'età di 5 anni assiste all'uccisione di suo fratello maggiore Florian, 8 anni, per mano del padre alcolizzato, che lo picchia a morte. La famiglia mente alla polizia, raccontando che il bambino è caduto dalle scale. Anche la madre, però, dopo che il padre se n'è andato di casa abbandonando la famiglia, continua ad impartire ai figli un'educazione estremamente dura e violenta, fatta di umiliazioni e percosse continue. Così, la rabbia di Richard continua a crescere ed inizia a uccidere e mutilare animali selvatici o randagi, caratteristica comune all’infanzia di molti serial killers.

    Il primo omicidio lo compie a 13 anni, quando uccide con un bastone un coetaneo che lo aveva bullizzato per anni; poi, decide di mutilarlo (vi risparmio i dettagli) per renderne più difficile il riconoscimento. Passano gli anni e Richard, diventato adulto, trova lavoro come magazziniere. Nel frattempo, conosce e sposa una ragazza del suo quartiere, dalla quale ha due figlie. Ma la famiglia non gli dà la pace che sperava: ha frequenti scoppi d'ira e inevitabilmente lo assalgono i ricordi dell'infanzia, col terrore di diventare come suo padre, alcolizzato, violento e senza un soldo. In questi anni conosce una bella ragazza timida della quale si innamora, che ha avuto un'infanzia opposta a quella di Richard. E' amore a prima vista e, dopo un corteggiamento serrato, convince la madre di lei a pagargli il divorzio dalla prima moglie e sposa la sua timida ragazza, Barbara, portando con sé le due figlie avute dalla prima moglie. La nuova famiglia ben presto si allarga con l'arrivo di tre figli maschi e Richard giura a se stesso di occuparsi amorevolmente della propria famiglia.

    Nella vita domestica, tuttavia, emergono ben presto due personalità che si alternano, come dirà anche la moglie: «Il Richie buono lavorava duramente ed era un marito e padre amorevole. Il Richie cattivo aveva improvvisi scatti d’ira, rompeva i mobili e mi picchiava». In effetti, a volte si dimostra un marito e un padre pieno di attenzioni; altre volte, va su tutte le furie per un nonnulla e comincia a spaccare oggetti e mobili, a picchiare la moglie anche di fronte ai figli (sui quali raramente sfoga la propria ira), a minacciarla con una pistola o, di notte, a schiacciarle un cuscino sul volto fin quasi a soffocarla. Quando è in quello stato può rimanere in silenzio a covare rabbia per settimane, per poi esplodere all'improvviso in casa o fuori, fino alle estreme conseguenze: uccidere qualcuno per sfogarsi.



    Richard Kuklinski con la seconda moglie, Barbara, e due dei suoi figli


    La sua carriera criminale seriale inizia quando Kuklinski conosce Carmine Genovese, il noto mafioso italo-americano, mettendosi al suo servizio e creandosi un nome all'interno nella cerchia mafiosa internazionale. In questi anni viaggia molto, spostandosi negli Stati Uniti, in Brasile e in Europa. Fra i suoi tanti "datori di lavoro", per così dire, c'è anche Roy DeMeo, boss della famiglia Gambino, una delle più potenti di New York. Fra i vari modi che usa per finire le sue vittime, uno dei preferiti è ucciderle, trascinarle in una grotta, legarle e posizionare una telecamera fissa sul corpo della vittima per poter vedere, giorni dopo, in che modo i topi se ne sono cibati senza lasciarne traccia. Per uccidere ama anche utilizzare il coltello, pur non disdegnando pistole, fucili, mitragliatrici, bombe a mano e balestre. A volte, annega o soffoca le sue vittime, oppure le scaraventa giù dagli edifici, o le tortura in modi atroci (altro velo pietoso): non fatica ad avere la meglio, dato che è alto due metri e pesa oltre 130 chili. Col passare degli anni, però, tende a preferire una miscela di cianuro, che non lascia tracce e può far pensare ad un arresto cardiaco.

    Nel dicembre 1987 la polizia arresta Richard Kuklinski a New York, nei pressi di casa sua. Dopo un conto stimato di circa 250 vittime, viene condannato a 6 ergastoli, ma a causa della mancanza di testimoni oculari non può essere condannato alla pena capitale. Nel 2002, anni dopo il suo arresto, lo psichiatra forense Park Dietz lo intervista, parlando a lungo con lui dell'infanzia, dei crimini commessi e di vari eventi della vita passata del serial killer, giungendo alla conclusione che Kuklinski abbia ereditato dai genitori un disturbo antisociale della personalità, caratterizzato dal disprezzo patologico della società e delle sue leggi, da un comportamento impulsivo e da una totale indifferenza verso i sentimenti altrui. Oltre a rilevare una totale mancanza di sensi di colpa, lo psichiatra gli diagnostica un disturbo paranoide, caratterizzato da diffidenza e paura di subire un tradimento anche da persone alle quali vuole bene. Questo tratto della sua personalità, infatti, lo aveva indotto ad assassinare chiunque arrivasse a discutere con lui o gli rivolgesse anche una minima critica.

    Nel marzo 2006, a 71 anni, il killer muore in carcere in circostanze poco chiare: si sa soltanto che soffriva di sbalzi di pressione e perdeva spesso la memoria; inoltre, era convinto che qualcuno cercasse di ucciderlo. Non è mai stata esclusa l'eventualità che qualcuno dei suoi ex mandanti possa aver ordinato a qualche detenuto di farlo fuori. Sul personaggio di Kuklinski è stato girato un film (presentato al Festival di Venezia nel 2012, ma uscito nelle sale italiane solo nel 2015): The Iceman, per la regia di Ariel Vromen, che racconta la storia della sua vita.



    Fonti:
    Wikipedia
    That's life!
    Horror Italia24
    La tela nera

  4. #34
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    Predefinito Re: Parliamo di: True Crime

    "Così, la rabbia di Richard continua a crescere ed inizia a uccidere e mutilare animali selvatici o randagi, caratteristica comune all’infanzia di molti serial killers."

    Questo è un tema molto importante da affrontare.
    Ci sono diversi studi che dimostrerebbero la correlazione tra torture agli animali e successive torture agli uomini.

    Fin dal 1953 l'etologo e piscoanalista inglese Bowlby riconosceva che "La crudeltà verso gli animali e verso gli altri bambini è un tratto caratteristico, sebbene non comune, dei delinquenti non empatici. Manifestazioni occasionali di crudeltà senza senso sono ben conosciute in alcune forme di malattie mentali".

    Molti sono i serial killer che durante l'infanzia e l'adolescenza hanno torturato e ucciso animali:

    Jeffrey Dahmer, il noto "cannibale di Milwaukee", da bambino impalava cani e conficcava chiodi nei gatti.

    Albert De Salvo, lo "Strangolatore di Boston", da giovane richiudeva in gabbia gatti e cani e si divertiva a lanciargli contro delle frecce attraverso le sbarre.

    Edmund Kemper,
    condannato per l'omicidio di 8 donne, inclusa la madre, a 13 anni uccideva i gatti del vicinato, a volte seppellendoli vivi, poi metteva le loro teste su dei pali e compiva riti con i suoi "trofei". Tagliò a fette la testa di un gatto con un machete, decapitò il proprio gatto e successivamente lo fece a pezzi, proprio la stessa cosa che fece anni dopo con il corpo di sua madre.

    Kip Kinkel a 15 anni assassinò i propri genitori e incendiò la caffetteria della sua scuola provocando, la morte di 2 alunni e ferendone altri 22. In precedenza si era vantato di aver decapitato gatti, vivisezionato scoiattoli e fatto saltare in aria una mucca.

    Peter Kurten (1883-1932) iniziò la sua carriera di serial killer, 12 vittime accertate, torturando animali, quali cani, galline, agnelli e caprette.

    Henry Lee Lucas
    da bambino aveva tagliato la gola di animali vivi e aveva catturato spesso piccoli animali per scuoiarli ancora vivi.

    Bobby Long, condannato per stupro e nove omicidi, ha torturato e aggredito sessualmente il cane di famiglia.

    Pedro Nakada, l'Apostolo della Morte peruviano, in gioventù era solito sfogare la propria frustrazione e rabbia sugli animali e arrivò addirittura a cuocere vivo in padella il gattino di famiglia.

    Richard Ramirez, il "night stalker" che vanta 13 vittime accertate, fu convinto da suo cugino Mike, reduce del Vietnam atrocemente segnato dall'esperienza della guerra, che uccidere fosse la cosa più eccitante del mondo, perché "ti dava il potere e ti faceva sentire un dio". I due insieme vedevano foto di mutilazioni e torturavano piccoli animali.

    Arthur John Shawcross, soprannominato il "Genesee River Killer", dall'età di 8 anni fino all'adolescenza intrattenne relazioni di sesso orale sia con bambini maschi che femmine, e con animali da allevamento. Uccise una gallina durante un "gioco sessuale".

    ,Gerard Schaefer
    geloso dell'affetto del padre nei confronti della sua sorella, sfogava la sua frustrazione uccidendo animali domestici.

    Patrick Sherril, che ha ucciso 14 colleghi in un ufficio postale per poi suicidarsi, rubava piccoli animali del vicinato e permetteva al suo cane di attaccarli e mutilarli.

    Earl Kennety Shriner violentò un bambino di sette anni e lo uccise. Gli tagliò il pene, lo soffocò e l'accoltellò nella schiena e al collo. La polizia disse che "era uno che metteva i petardi nel sedere dei cani e strangolava i gatti con la corda".

    Luke Woodham a 16 anni pugnalò a morte sua madre e successivamente andò a scuola dove sparò ai suoi compagni, uccidendone 2 e ferendone altri 7. Precedentemente, Woodham aveva raccontato nel suo diario di come aveva picchiato, bruciato, torturato e ucciso il suo cane.

    Michael Wayne Echols (18), Jessie Lloyd Misskelley Jr. (17), Charles Jason Baldwin (16) vennero arrestati nel 1993 per il brutale omicidio di tre bambini di otto anni a West Memphis. In precedenza, compiendo riti satanici, avevano ucciso, spellato e mangiato alcuni cani.

    Eric Harris, 18 anni, e Dylan Klebold, 17, sono i responsabili del massacro della Columbine High School in cui uccisero 12 studenti e un professore prima di suicidarsi. Al primo piaceva schiacciare la testa dei topi con un righello e successivamente dargli fuoco, mentre il secondo sparava ai pettirossi.

    Fonte: Crudeltà sugli animali - Il Mondo dei Serial Killer
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  5. #35
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    Predefinito Re: Parliamo di: True Crime

    Il mostro di San Valentino

    Bartolomeo Gagliano nasce a Nicosia, in Sicilia, nel 1959, ma da bambino si trasferisce con genitori, Giuseppina Di Grazia e Antonio Gagliano, a Savona. Cresce in una famiglia normale ed ha un’infanzia contenuta nei classici canoni, ma a soli 22 anni, nel gennaio del 1981, uccide una prostituta tossicodipendente sua amante, Paolina Fedi, di 26 anni, spaccandole la testa con un sasso. La donna lo aveva minacciato di rivelare i dettagli della loro relazione alla fidanzata ufficiale del Gagliano, che intanto aveva già prefissato la data delle nozze. Per quel delitto viene dichiarato incapace di intendere e di volere e condannato a 10 anni di reclusione da trascorrere presso il manicomio giudiziario di Aversa (Caserta).

    Nell’ottobre del 1983, durante una licenza premio, Gagliano sequestra un’intera famiglia, poi un tassista, poi ancora una famiglia in un negozio e infine si arrende alla polizia. Viene di nuovo internato nell’ospedale psichiatrico di Montelupo (Firenze), ed è lì che conosce Francesco Sedda. Sedda, nato a Nuoro nel 1958 ma residente in Liguria, è un delinquente come ce ne sono tanti, a partire dai 18 anni , si dedica esclusivamente ai furti e alle rapine, è inoltre tossicodipendente e sieropositivo . Francesco però è anche, secondo una perizia psichiatrica dell’epoca, totalmente infermo di mente.Per questo, dopo l’ennesima condanna per furto, viene rinchiuso nel manicomio giudiziario di Montelupo. I due nell’ospedale stringono non solo un’amicizia, ma un vero e proprio legame di sangue tra due uomini sconfitti dalla vita.

    Sedda e Gagliano evadono dall’ospedale l’11 gennaio del 1989 e l’8 febbraio uccidono un transessuale uruguayano, Nahir Fernandez Rodriguez di 32 anni. Gli sparano in faccia con una pistola calibro 7,65 e poi lo abbandonano in una boscaglia lungo l’autostrada Milano-Genova .

    Il 14 febbraio, San Valentino, gli assassini freddano Francesco Panizzi, un travestito tossicodipendente di 34 anni, conosciuto nell’ambiente col nome di “Vanessa”. Panizzi si era appartato con un cliente in auto, un operaio divorziato di 34 anni, quando qualcuno si è avvicinato all’auto e ha cercato di forzare la portiera. Convinto di essere vittima di una rapina, Vanessa scende dalla macchina deciso a consegnare la borsa al malvivente che però fa fuoco con la propria calibro 7,65. Il cliente viene ferito solo di striscio, ma per Panizzi non c’è niente da fare: il proiettile gli trapassa la faccia.

    Passano solo 24 ore e una prostituta, Laura, viene orrendamente ferita da un proiettile calibro 7,65, che le trapassa la gola e le frattura la mascella ma, per sua fortuna, senza ucciderla. Questa volta però c’è un testimone, uno studente (soprannominato dai media come lo “studente nottambulo”) che ha visto l’aggressore. Un uomo alto 1.70, con i capelli ricci e neri. L’identikit porterà all’erroneo arresto di un cuoco disoccupato, il 18 febbraio, che per fortuna rimarrà in galera solo 2 giorni. Nel frattempo i giornali ricevono telefonate anonime di un “giustiziere” che dichiara di aver contratto l’Aids con una prostituta e di volersi vendicare uccidendo le ultime cinque con cui ha avuto rapporti.

    Il 20 febbraio, Gagliano viene fermato, per puro caso, da un posto di blocco. Gli agenti lo riconoscono subito come l’uomo evaso dall’ospedale di Montelupo e lo mettono in stato di fermo. A bordo dell’Opel Corsa guidata da lui condotta vengono inoltre rinvenuti 2 bossoli calibro 7,65, sparati dalla stessa pistola che quella settimana ha freddato 2 uomini e ferito gravemente un terzo.

    Gagliano viene arrestato e in carcere tenta subito il suicidio. Dopo poco tempo, braccato dalla polizia, anche Sedda si arrende e si costituisce. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’esecutore dei delitti sarebbe stato sempre Gagliano, mentre Sedda avrebbe solo partecipato sia di persona che alla pianificazione degli stessi. Non è escluso che fosse proprio lui il mitomane che telefonava ai giornalisti.

    Entrambi vengono dichiarati nuovamente infermi di mente e rispediti nell’ospedale psichiatrico giudiziario, questa volta in Emilia Romagna, ancora una volta compagni di cella. I due Serial Killer faranno ancora parlare di sé in azioni solitarie. Nel 1991, Sedda evade e partecipa ad una rapina in provincia di Genova. Riportato di nuovo all’ospedale psichiatrico, vi resterà fino alla morte nel 1994, a soli 36 anni.

    Bartolomeo Gagliano, invece, continua a far parlare di sé con ripetute evasioni dall’ospedale. E’ stato fermato con addosso degli esplosivi, ha ferito una donna durante un rapporto sessuale, ha ferito un metronotte che lo ha sorpreso a rubare e infine è stato ritrovato armato e in possesso di molta droga. Le successive evasioni “registrate” dalle cronache risalgono al dicembre 1990, con un successivo arresto del 5 gennaio 1991. Ancora nel giugno 1994, scappa dal suo luogo di reclusione. Nel 2008, dopo il nuovo arresto per una serie di rapine commesse tra il 2005 e il 2008, il Tribunale di sorveglianza esita di fronte a una richiesta di permesso per visitare un familiare malato in ospedale.

    Dopo la sesta evasione del mostro di San Valentino, viene infine aperto un fascicolo dalla Procura di Genova per indagare sul perché sono stati dati nuovi permessi all’omicida con il vizio della fuga.

    Bartolomeo Gagliano. Il mostro di San Valentino
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  6. #36
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    Predefinito Re: Parliamo di: True Crime

    La tragedia di Jean–Claude Romand ci insegna quanto può far male la paura del fallimento

    Reso famoso da L’Avversario di Emmanuel Carrère, Romand otterrà la libertà condizionale entro l’estate, dopo 26 anni di carcere. Ma la sua storia ha ancora molto da dirci sulla nostra società.
    “Nel caso di Romand il fatto più sconcertante è che la follia sia stata commessa in due tempi, come uno che mentre lavora al computer schiacci il tasto sbagliato, rischiando di perdere un file prezioso, e quando il programma chiede: «Sei sicuro di voler eliminare il documento?», dopo aver soppesato i pro e i contro, dia ugualmente l’ok. Se si vergognava troppo a confessare una bugia tanto puerile ai suoi genitori, poteva sempre raccontare di essere stato bocciato. Se un fallimento gli pareva inconfessabile quanto la fuga, poteva sempre andare dal professore o dal preside di facoltà, spiegargli del polso rotto, della crisi depressiva, e accordarsi per un recupero. Da un punto di vista razionale, qualunque cosa sarebbe stata preferibile a quella che ha fatto lui: aspettare il giorno dei risultati e poi annunciare che era stato promosso, dunque ammesso al terzo anno di Medicina”

    Emmanuel Carrère, L’Avversario.

    Comincia così uno dei casi di cronaca nera più inquietanti della storia francese: con una bugia. Diciott’anni dopo quella bugia, nel 1993, Jean-Claude Romand uccide la propria moglie, i due figli, i genitori. Tenta poi di strangolare l’amante, per cercare infine il suicidio dando fuoco alla propria casa. Non ci riesce, i pompieri lo salvano.

    Nei prossimi mesi, dopo 26 anni di carcere, Jean-Claude Romand, “l’avversario”, sarà scarcerato. Entro il 28 giugno gli verrà concessa la libertà condizionale, dopo che nel 2015 aveva ottenuto il diritto di farvi richiesta (inizialmente era stato condannato all’ergastolo nel 1996). Per due anni dovrà portare un braccialetto elettronico e non potrà risiedere nelle regioni francesi dove vivono le persone legate alle sue vittime, ovvero Île-de-France, Borgogna-Franca Contea, Alvernia-Rodano-Alpi. La sua storia è stata resa famosa soprattutto da Emmanuel Carrère, che nel 2000 grazie a L’Avversario ha ottenuto la propria definitiva consacrazione letteraria. Quella di Romand è una storia terribile, che mette i brividi solo a pensarci. Tutti lo definiscono un mostro; molti si chiedono come sia possibile che venga scarcerato; ma proviamo un po’ a capire la sua storia.

    Il terrore trasmesso da episodi come questo — e forse il motivo per cui subito parliamo di follia e mostruosità — deriva dal fatto che a compiere queste azioni sia stato un uomo come noi, nel caso specifico un membro della borghesia medio-alta francese, stimato e rispettato dai propri amici e familiari. La classica persona da cui nessuno se lo sarebbe mai aspettato. La cosa più assurda, forse, è che neppure Romand stesso se lo sarebbe mai aspettato. Da una bugia raccontata diciott’anni prima neanche un grande tragediografo avrebbe potuto prevedere un epilogo così macabro. A posteriori, noi possiamo quasi dire che era già tutto scritto, vista la coerenza allucinante con cui si è sviluppata la vicenda, ma lui di certo non poteva.



    Di quale coerenza si tratta? Di quella cui ci obbliga la necessità di rimediare a una menzogna. Racconti una bugia per riparare a un danno, poi ne racconti una seconda per riparare le conseguenze della prima. Dunque, ne devi raccontare una terza, poi una quarta, e così via per diciott’anni. Finché la verità sta per venire a galla, e allora tu, esattamente come la prima volta, cerchi di fuggire. Ma questa volta non puoi mentire, puoi solo uccidere i tuoi cari e suicidarti, così esci di scena per sempre, e con te le persone legate alla tua memoria. Sperando di non lasciar traccia.

    La vita, però, a volte è così ironica che invece di scomparire nel vuoto vieni salvato; uno scrittore ti cerca e scrive un romanzo su di te, il libro ha successo e raggiuge la fama mondiale: tu, con tutto quello che hai fatto, diventi una delle storie più famose di sempre. Infine, un film. Sarai ricordato per sempre come un mostro, un nemico, un oltraggio ai princìpi fondamentali della civiltà: l’avversario, per l’appunto. Eppure c’è qualcosa che non torna in tutta questa storia, qualcosa di più triste, qualcosa di più tragico. Qualcosa che ricorda le tragedie dell’antica Grecia, dove il vero protagonista si rivela essere il destino, e l’uomo non può fare altro che assecondare la volontà degli dei. Perché è forte la tentazione di pensare che ci sia il destino dietro la storia di Jean-Claude Romand.

    Com’è possibile che sia stato in grado di mentire per tutta, tutta la vita, senza mai essere scoperto?
    La sua carriera universitaria si ferma al secondo anno, ma tutti credono che si sia laureato in Medicina. Frequenta i corsi, si presenta agli appelli, festeggia gli esiti degli esami insieme agli altri, passa i pomeriggi a ripassare con quella che sarebbe diventata la donna della sua vita, Florence. E invece è ancora iscritto al secondo anno, iscrizione che rinnova ogni dodici mesi solo per ottenere il tesserino universitario. Finge di laurearsi in Medicina alla facoltà di Lione, diventare responsabile di un gruppo di ricerca all’Organizzazione Mondiale della Sanità in Svizzera, addirittura insegnante all’Università di Digione. Invece non ha mai terminato gli studi, non ha mai cercato un lavoro, non ha mai dato una lezione in una facoltà universitaria.

    Jean-Claude Romand passa le giornate da solo, seduto in macchina nei boschi al confine con la Francia, vestito in giacca e cravatta come richiesto dai suoi impegni all’OMS. E in tutti questi anni, nessuno si accorge mai di nulla. Mai un incidente di percorso. Nessun inconveniente. Niente di niente. Nessuna chiamata nell’ufficio dove lavora, neanche per comunicare un’emergenza o per i consueti auguri di compleanno; nessuno che si sia mai accorto che quando era ancora uno studente gli esami non li sosteneva veramente, ma si presentava solo all’inizio e alla fine dell’appello, nascondendosi nelle ore cruciali; nessuno che abbia mai notato che mancava il suo cognome nella bacheca dell’atrio dove venivano pubblicati i voti di tutti. Niente, tutto liscio: come nei film più avventurosi, dove per il piacere della trama bisogna saper rinunciare a qualche elemento di verità.

    Come nell’Edipo Re, dove il protagonista solo nel pensiero credo di essere libero e padrone delle proprie azioni, ma in verità è già tutto scritto, e il re è semplicemente uno strumento nelle mani del destino. Allo stesso modo, nella tragedia di Jean-Claude Romand a rivelarsi è il destino necessario della psiche umana, adattato alle esigenze della società contemporanea.

    La strage dell’avversario non è lo scatto d’ira di un uomo irascibile che perde il controllo della situazione. No, è il compimento lento e premeditato di un processo molto lungo avviatosi diciott’anni prima, al cui fondamento c’è un problema psicologico e sociale ben definito: la paura del fallimento.
    Romand ha mentito la prima volta sull’esame di medicina perché si vergognava. La cosa che più lo terrorizzava in assoluto era ammettere i propri fallimenti di fronte ai compagni, ricoprendosi in questo modo d’infamia. Dopo quell’esame si isola completamente, smette di uscire di casa per alcuni mesi, non sapendo come affrontare la situazione. Nessuno sa niente di lui, fino alla seconda grande intuizione: quella di dire che aveva il cancro. In questo modo avrebbe giustificato il comportamento strano degli ultimi tempi, trovando una spiegazione razionale che nascondesse la sua realtà privata. Avrebbe infine potuto riprendere a fare una vita normale: corsi, biblioteca universitaria, esami, ovviamente senza essere iscritto.

    Romand si dedica con molto zelo allo studio e non manca di frequentare le lezioni: il tutto per salvare l’apparenza. Il cancro era benigno, dopo un po’ di tempo è guarito, e quella storia viene dimenticata. La menzogna funziona, Romand capisce il potere magico dell’imbroglio e comincia a ricorrervi abitualmente, fino al punto di non avere altra scelta che uccidere la propria famiglia. Probabilmente “avrebbe preferito davvero essere malato di cancro piuttosto che di menzogna — perché anche la menzogna era una malattia, con la sua eziologia, i suoi rischi di metastasi, la sua prognosi riservata,” scrive Carrère, “ma il destino aveva voluto che si ammalasse di menzogna, e non era colpa sua.”

    Pensiamo a tutte le persone distrutte internamente dal peso del fallimento, vero o autocertificato che sia. A tutte le persone che sentono su di sé la proiezione del giudizio della società. A tutti coloro che non sanno più accettare se stessi e la propria vita, lacerati dall’intima vergogna di non essere come gli altri. Un male sempre più comune, la cui drammatica esasperazione è rappresentata perfettamente dalla tragedia dell’avversario. Jean-Claude Romand: per alcuni semplicemente un mostro; per altri un essere molto comune, solamente più fragile.

    https://thesubmarine.it/2019/04/30/l...el-fallimento/
    Ultima modifica di Rachel Walling; 08-10-21 alle 15:31
    Se non hai il coraggio di mordere, non ringhiare.

  7. #37
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    Predefinito Re: Parliamo di: True Crime

    The Night Stalker: la vera storia di Richard Ramirez

    28 Giugno 1984. È una calda sera d’estate a Glassel Park, quartiere di Los Angeles. Per questo motivo Jennie Wincow, una donna di 79 anni residente nella zona, decide di andare a dormire lasciando la finestra aperta, inconsapevole di quello che sta per accadere.

    Nel mezzo della notte una figura oscura si aggira per le strade e nota la persiana spalancata, decidendo così di introdursi nell’abitazione. Esplora la casa e trova Jennie mentre sta dormendo nella sua camera. L’intruso la assale con un coltello, tagliandole profondamente la gola da un orecchio all’altro. Dopodiché decide di rubare alcuni oggetti di valore per poi scomparire nel buio.

    La mattina dopo il figlio di Jennie decide di andare a trovare la madre, ma appena entra nella dimora si trova davanti uno scenario terribile. Viene subito avvertita la Polizia, che rileva le impronte digitali di uno sconosciuto sulla finestra. Si avviano le indagini, ma la totale brutalità e insensatezza di questo omicidio complicano il lavoro degli investigatori, che non riescono a individuare il colpevole.

    Passano diversi mesi e il caso rimane irrisolto. Purtroppo gli eventi saranno destinati a prendere una piega sempre più tragica.

    17 Marzo 1985. Sono le 230 e Maria Hernandez sta rientrando nel suo appartamento, quando viene improvvisamente assalita con un colpo di arma da fuoco. L’aggressore, credendola morta, si introduce nell’abitazione dove viveva anche la coinquilina, Dayle Okazaki, che viene uccisa con uno sparo alla testa. L’omicida svaligia la casa e poi scappa a tutta velocità.

    Nel frattempo Maria, rimasta miracolosamente in vita, riesce a chiedere soccorso e a fornire una descrizione dell’assalitore. Magro, alto e probabilmente di etnia ispanica.

    Nella stessa notte l’assassino colpisce un’altra volta, uccidendo l’ennesima vittima, Tsai-Lyan Yu, freddata a colpi di pistola all’interno della propria auto.

    Quell’atroce nottata di sangue sconvolse l’intera zona di Los Angeles. E, cosa ancora peggiore, non sarebbe stata l’ultima.

    27 Marzo 1985. Vincent e Maxine Zazzara sono all’interno della loro casa quando improvvisamene qualcuno si introduce furtivamente. L’intruso uccide subito Vincent con un colpo di arma da fuoco, per poi concentrarsi su Maxine. La donna viene accoltellata numerose volte, le viene incisa la lettera T sul seno e infine l’assassino le cava gli occhi.

    La follia di questo psicopatico sembra non volersi placare. Il serial killer diventa noto con il nome di The Night Stalker.

    Passano due mesi quando l’uccisore aggredisce un’alta coppia. Harold e Jean Wu. Harold viene ucciso con uno sparo, mentre Jean sarà ripetutamente violentata prima che il killer decida di abbandonare l’abitazione, lasciando la vittima in vita. Jean riuscirà a dare una descrizione dell’uomo, perfettamente sovrapponibile con quella fornita da Maria Hernandez.

    Il 29 Maggio 1985 il Night Stalker prende di mira Malvial Keller e Blanche Wolfe, due signore rispettivamente di 83 e 80 anni. Entrambe vengono picchiate selvaggiamente con un martello, dopodiché l’omicida disegna un pentacolo sul corpo di Malvial, prima di andarsene. Soltanto Blanche sopravvisse all’attacco, mentre per Malvial purtroppo non ci fu nulla da fare.

    Durante tutto il periodo estivo del 1985 gli attacchi si susseguiranno con un ritmo forsennato, lasciando una lunga scia di violenza e morte.

    Il modus operandi dell’assalitore si ripete in maniera inesorabile. Si introduce di notte nelle case e aggredisce gli abitanti, talvolta violentandoli e altre volte uccidendoli compiendo dei veri e propri massacri. Spesso riesce anche a portarsi via oggetti di valore. Tutta la popolazione è nel panico in quanto la scelta delle vittime è piuttosto casuale e nessuno si sente al sicuro.

    Viene avviata una task force e centinaia di agenti sono impegnati per cercare di porre fine a questo incubo.

    La svolta avviene il 24 Agosto 1985.

    Bill Carns e Inez Erickson sono all’interno della loro dimora quando vengono sorpresi e aggrediti da uno sconosciuto, che prima spara a Bill e successivamente violenta sessualmente Inez, per poi andarsene. Bill sopravvivrà all’attacco, e inoltre Inez riuscirà anche a vedere l’auto dell’intruso, riferendo alla Polizia che si trattava di una Toyota station wagon arancione.

    Un altro testimone identificò lo stesso veicolo quella notte, fornendo anche la targa agli inquirenti. Pochi giorni dopo gli agenti rintracciarono l’auto e raccolsero le impronte presenti su di essa, che successivamente permisero di risalire al nome dell’assassino.

    Richard Ramirez, un ragazzo di 25 anni.

    Il 31 Agosto 1985 il Night Stalker venne finalmente arrestato.

    https://auralcrave.com/2021/06/07/th...chard-ramirez/
    Se non hai il coraggio di mordere, non ringhiare.

  8. #38
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    Predefinito Re: Parliamo di: True Crime

    Richard Ramirez

    Nato il 29 Febbraio 1960 a El Paso, da genitori di origine messicana. E’ il più piccolo di cinque figli e fin dalla prima infanzia comincia a soffrire di epilessia.

    All’età di 12 anni Richard inizia a stringere un rapporto sempre più profondo con il cugino Mike, reduce della guerra del Vietnam. Mike gli parlava spesso di quello che aveva fatto durante il servizio, descrivendo con una certa esaltazione gli omicidi e le violenze che aveva inflitto. I due passavano molto tempo insieme e spesso si ritrovavano a guardare foto di persone torturate e uccise, rimaste vittime nella guerra.

    La situazione raggiunse il culmine quando Mike, in seguito a una lite con la moglie, la uccise con un colpo di pistola. Il tutto si svolse davanti agli occhi di Richard, che all’epoca aveva 13 anni.

    Da questo evento in poi il ragazzo iniziò una lenta discesa nella parte più buia dell’anima.

    Cominciò a saltare la scuola e a fare uso di sostanze stupefacenti. Nel frattempo sviluppò un rapporto conflittuale con i genitori, allontanandosi sempre di più da loro. Il passo successivo fu quello di dedicarsi ai furti d’appartamento, attività che gli permetteva di procurarsi i soldi per la droga. Venne anche arrestato due volte per furto d’auto. Durante la sua permanenza in carcere si appassionò al satanismo e alle pratiche occulte.

    Una volta uscito di prigione, continuò a dedicarsi ad attività illegali, in particolare lo svaligiamento delle case. A questo punto le sue ossessioni di violenza avevano ormai preso il sopravvento e cominciò ad associarle ai furti, diventando nel corso del tempo anche uno stupratore e serial killer.

    Durante il suo percorso infernale lascerà dietro di sé la vita di 14 persone.

    Ramirez venne condannato a morte il 7 Novembre 1989.

    Nel periodo di carcerazione iniziò una lunga corrispondenza con una giornalista freelance, Doreen Lioy, che culminò in un matrimonio il 3 Ottobre 1996. I due si sposarono in prigione. Nel 2009 grazie alle analisi del DNA l’assassino viene collegato anche all’omicidio di una bambina di nove anni, Mei Leung, violentata e accoltellata il 10 Aprile 1984 a San Francisco. Il detenuto rimase per anni nel braccio della morte in attesa dell’esecuzione capitale, fino a quando il 7 Giugno 2013 morì a causa di un linfoma, all’età di 53 anni.

    La vicenda di Richard Ramirez rimane impressa per la bestialità e il cinismo dei suoi atti, che nel giro di pochi mesi hanno sconvolto la vita di molte persone. Una serie di crimini atroci e terrificanti, frutto delle perversioni di un individuo folle e pericoloso.

    Nel Gennaio 2021 è uscito su Netflix il documentario in quattro parti dal titolo Night Stalker: caccia a un serial killer, che ricostruisce i fatti raccontando la storia dell’assassino e della sua cattura.

    https://auralcrave.com/2021/06/07/th...chard-ramirez/

    @ಠ_ಠ lo conoscevi? io sono incuriosita dalla serie su Netflix ma pare sia per "stomaci molto forti"
    Se non hai il coraggio di mordere, non ringhiare.

  9. #39
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    Predefinito Re: Parliamo di: True Crime

    Citazione Originariamente Scritto da Rachel Walling Visualizza Messaggio
    Richard Ramirez

    Nato il 29 Febbraio 1960 a El Paso, da genitori di origine messicana. E’ il più piccolo di cinque figli e fin dalla prima infanzia comincia a soffrire di epilessia.

    All’età di 12 anni Richard inizia a stringere un rapporto sempre più profondo con il cugino Mike, reduce della guerra del Vietnam. Mike gli parlava spesso di quello che aveva fatto durante il servizio, descrivendo con una certa esaltazione gli omicidi e le violenze che aveva inflitto. I due passavano molto tempo insieme e spesso si ritrovavano a guardare foto di persone torturate e uccise, rimaste vittime nella guerra.

    La situazione raggiunse il culmine quando Mike, in seguito a una lite con la moglie, la uccise con un colpo di pistola. Il tutto si svolse davanti agli occhi di Richard, che all’epoca aveva 13 anni.

    Da questo evento in poi il ragazzo iniziò una lenta discesa nella parte più buia dell’anima.

    Cominciò a saltare la scuola e a fare uso di sostanze stupefacenti. Nel frattempo sviluppò un rapporto conflittuale con i genitori, allontanandosi sempre di più da loro. Il passo successivo fu quello di dedicarsi ai furti d’appartamento, attività che gli permetteva di procurarsi i soldi per la droga. Venne anche arrestato due volte per furto d’auto. Durante la sua permanenza in carcere si appassionò al satanismo e alle pratiche occulte.

    Una volta uscito di prigione, continuò a dedicarsi ad attività illegali, in particolare lo svaligiamento delle case. A questo punto le sue ossessioni di violenza avevano ormai preso il sopravvento e cominciò ad associarle ai furti, diventando nel corso del tempo anche uno stupratore e serial killer.

    Durante il suo percorso infernale lascerà dietro di sé la vita di 14 persone.

    Ramirez venne condannato a morte il 7 Novembre 1989.

    Nel periodo di carcerazione iniziò una lunga corrispondenza con una giornalista freelance, Doreen Lioy, che culminò in un matrimonio il 3 Ottobre 1996. I due si sposarono in prigione. Nel 2009 grazie alle analisi del DNA l’assassino viene collegato anche all’omicidio di una bambina di nove anni, Mei Leung, violentata e accoltellata il 10 Aprile 1984 a San Francisco. Il detenuto rimase per anni nel braccio della morte in attesa dell’esecuzione capitale, fino a quando il 7 Giugno 2013 morì a causa di un linfoma, all’età di 53 anni.

    La vicenda di Richard Ramirez rimane impressa per la bestialità e il cinismo dei suoi atti, che nel giro di pochi mesi hanno sconvolto la vita di molte persone. Una serie di crimini atroci e terrificanti, frutto delle perversioni di un individuo folle e pericoloso.

    Nel Gennaio 2021 è uscito su Netflix il documentario in quattro parti dal titolo Night Stalker: caccia a un serial killer, che ricostruisce i fatti raccontando la storia dell’assassino e della sua cattura.

    https://auralcrave.com/2021/06/07/th...chard-ramirez/

    @ಠ_ಠ lo conoscevi? io sono incuriosita dalla serie su Netflix ma pare sia per "stomaci molto forti"
    Si lo conoscevo... ramirez è uno dei più famosi
    Però non è impressionante come mostri come albert fish, chikatilo, o il mostro delle ande


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  10. #40
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    Predefinito Re: Parliamo di: True Crime

    Credo che albert fish, tra tutti è il peggio

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