Eni, stop ai lavori nel Kashagan
Sospese per tre mesi le attività di estrazione nel campo in KazakhstanLa sanzione è stata decisa dai ministeri dell’ambiente e dell'energia. Il titolo scivola in Borsa
CONTINUANO i guai dell’Eni in Kazakhstan. Il governo di Astana ha deciso di sospendere per tre mesi i lavori di estrazione del campo di Kashagan, gestito dall’Eni. È la sanzione decisa ieri dai ministeri kazaki dell’ambiente e dell’energia nei confronti del gruppo guidato dall’ad Paolo Scaroni e dell’intero consorzio Agip Kso, titolare dello sfruttamento dei campi estrattivi di Kashagan, il gioiello energetico della repubblica centrasiatica. L’accusa è di pesanti violazioni alla normativa sul rispetto ambientale, che avrebbero provocato fra l’altro una massiccia moria fra le foche del Mar Caspio. In Borsa la decisione del governo kazako si è fatta sentire e il titolo del Cane a sei zampe ha chiuso in negativo (-1,09% a 24,59 euro). L’Eni, gestore del consorzio internazionale che include Total, ExxonMobile, Royal Dutch Shell, ConocoPhilips, Impex e Kazmunaigaz, sdrammatizza: «Nei giorni scorsi - ha detto un portavoce - avevamo ricevuto una lettera di composizione amichevole del contratto. Oggi ad Astana rappresentanti del consorzio incontreranno le autorità locali per analizzare la situazione». E l’8 ottobre è atteso nella capitale kazaka il presidente del Consiglio Romano Prodi, che dedicherà alla vertenza gran parte della sua visita ufficiale di due giorni. Ma intanto il titolo italiano ha perso l’1% in Piazza Affari dopo l’annuncio dello stop a Kashagan, che nelle parole del ministro dell’ambiente Nurlan Iskakov potrebbe essere foriero di più pesanti conseguenze: «Nei prossimi giorni - ha detto minaccioso - credo che ci sarà un'evoluzione degli avvenimenti attorno a quei campi petroliferi». Il fuoco incrociato da parte del governo prosegue sul piano fiscale: le dogane del Kazakhstan accusano «alcuni alti funzionari» del consorzio Agip Kso di mancato pagamento dell'Iva sulle importazioni di non meglio precisati beni, per un valore di 2,5 milioni di dollari evasi. Per Kashagan è in ballo, più che una sensibilità ecologia peraltro finora inedita da parte di Astana, un affare miliardario concluso dal consorzio con l’esecutivo del presidente Nursultan Nazarbaiev negli anni ’90. Un’epoca non certo florida per gli investimenti stranieri nella repubblica ex sovietica: i termini di quell’accordo oggi vengono giudicati in Kazakhstan troppo generosi in rapporto al potenziale tesoro - stimato in 13 miliardi di barili di greggio - dei campi petroliferi sul Mar Caspio. L’insoddisfazione kazaka era già stata manifestata nelle settimane scorse dal premier Karim Masimov, che si era lamentato della proroga dal 2008 al 2010 decisa da Agip Kso per l’avvio della piena produzione. Non era piaciuto poi in Kazakhstan l’annuncio di un investimento quasi triplicato, da 57 a 136 miliardi di dollari.