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  1. #11
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    Predefinito Re: Raccontini senza impegno

    Citazione Originariamente Scritto da mary ann Visualizza Messaggio
    E perché non si è cercato un altro? Poteva emigrare, no? O forse stava bene sul divano?


    “Che disperazione,
    che delusione
    dover campar
    sempre in disdetta,
    sempre in bolletta.”


    Lavorare no, ma sfornare i figli sì?

    I poveri.....pensano solo a procreare.


    Ma chi portava i pantaloni in casa? I due mocciosi?


    Ah, eri un sottoproletario?

    Non l’avrei mai detto.


    “Che disperazione,
    che delusione
    dover campar
    sempre in disdetta,
    sempre in bolletta.”

    “Se potessi avere
    mille euro al mese”
    Non staresti in una casa del ca@@o
    Ma in un bel palazzo.

    Oje!


    Facevate un tubo dalla mattina fino alla sera, vedo.


    Che lingua parlava, swahili?


    “Ma se la legge d’attrazion
    non si avverasse”?


    Sempre pensare ai lussi ‘sti poveri, non di pane e polenta.
    Fantastico! Bravissima! Stavolta sei stata ironica e divertente

  2. #12
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    Predefinito Re: Raccontini senza impegno

    Citazione Originariamente Scritto da Bandierarossa Visualizza Messaggio
    @ Rachel Walling, @ಠ_ಠ, @Dario

    Potreste cortesemente spostare questo thread in Hdemia? Grazie.
    Cum Feris Ferus

  3. #13
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    Predefinito Re: Raccontini senza impegno

    Citazione Originariamente Scritto da Dario Visualizza Messaggio
    Thanks indeed

  4. #14
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    Predefinito Re: Raccontini senza impegno

    UN BLUES LUNGO UNA NOTTE

    Avevo 16, 17 anni e come ho già raccontato frequentavo la scuola jazz di quarto, sita nell'ex ottava divisione del dismesso ospedale psichiatrico di Genova.

    Non avendo né motorino ne vespetta, mi recavo alle lezioni (ce n'erano tante, da musica d'insieme ad armonia funzionale, da corsi sulla realizzazione del basso numerato a lezioni individuali di piano...insomma ogni ben di dio a prezzo veramente modico) in autobus, partendo da casa dei miei genitori a Marassi verso le 17,30 per iniziare le lezioni alle 18...e rientravo verso le 10, 10 e mezza di sera cercando di prendere l'ultimo autobus che passava o facendomi a piedi una camminata di un'oretta.

    Negli anni 80 ci fu, per chi se lo ricorda, una "mini era glaciale": freddo, pioggia e nevicate abbondanti e frequenti a bassa quota e talvolta sino al mare.

    Bene, era una sera che prometteva tempesta, ma niente poteva trattenermi: avevo le prove del gruppo di rock alle tre di pomeriggio nello scantinato dell'asilo diretto dalla madre del bassista (questa é un'altra bella storia da raccontare) e meditavo di fare una tirata unica prove-scuola di jazz...inoltre ero innamorato e, per di più forse per la prima volta in vita mia anche corrisposto (peccato che la donzella abitasse a Bologna...)

    Le prove si svolgono come al solito, con i due batteristi (sì, non ci facevamo mancare niente) che ci intronano come cammelli magrebini, col bassista che si lagna perché "i chitarristi si prendono tutta la visibilità e a me non resta niente", col cantante giù di voce e con le tastiere (rigorosamente analogiche) in tilt per la gelata notturna...ma anche con momenti di puro godimento nella scoperta dei primi suoni sintetici, delle prime canzoni che cominciano a prender forma, del piacere e dell'orgoglio far musica insieme.

    Alle cinque e mezza smettiamo, esco per comprarmi un panino e mi dirigo verso la scuola che dista meno di cinque minuti dalla sala prove.

    C'é un freddo da gelare le palle di una scimmia di ottone, il cielo é bianco latte e basso come se volesse unirsi alla terra, poche macchine si affrettano verso casa in un silenzio quasi surreale.

    Resto un attimo fermo sul ciglio della strada, il panino mezzo infilato in bocca, gli occhi spalancati, il naso fremente alla ricerca di quell'odore, quel sentore umido e glaciale che prelude la nevicata perfetta...sì, la sento arrivare, i primi fiocchi bagnano il mio naso arrossato, turbinando come spiritelli alla luce dei lampioni appena accesi.

    Una gioia folle mi invade, una gioia da bimbo e contemporaneamente da filosofo pazzo, la gioia che sempre mi ha preso alle prime avvisaglie di una nevicata, una gioia assoluta però già marchiata dalla coscienza della transitorietà, dell'effimera natura della neve...

    Corro, corro come un invasato sputazzando bave di fiato gelido, ketchup e frammenti smozzicati di "groovin high", corro verso la scuola di jazz ove arrivo intirizzito e festante mentre la nevicata comincia a prendere vigore e consistenza quasi fosse un organismo vivo, cosciente, imperiosamente desideroso di tutto coprire, tutto conquistare e tutto far suo.

    La tiepida calma delle lampadine giallastre dell'aula di musica d'insieme riescono alla bell'e meglio a calmare i miei astratti furori, i sogni indeterminati di un adolescente timido e introverso che sente crescere dentro se la paura di abbandonare l'infanzia e la curiosità di quella cosa misteriosa e terrificante che chiamano vita...Il mio insegnante di piano, Paolino Silvestri, mi dirà molti anni dopo che si ricordava ancora che quella sera suonai come un invasato, traendo da chissadove (io credo dal profondo delle mie paure e delle mie speranze, evocate dall'epifania bianca della neve) note e frasi struggenti, infuocate e dolcissime...note e frasi quasi fuori posto sotto le dita di un adolescente dalla bocca sporca di ketchup e bava congelata.

    Alle otto di sera qualcuno ci dice che la neve é ormai alta mezzo metro, che per strada é impossibile circolare, che la tormenta impazza senza freni ammucchiando cumuli di neve contro le mura sbilenche di creuze e viottoli: é la famigerata tramontana nera, il vento gelido ed umido che viene da nord est cantando nenie ipnotiche che sanno di sonno e Siberia.
    Mi fiondo al baretto che sta per chiudere, chiamo a casa. "Non posso rientrare, siamo bloccati", dico a mia madre. Tronco sul nascere le sue querimonie dicendo che dormirò da un amico che abita vicino alla scuola, non voglio perdere per nulla al mondo questa opportunità di vivere una parentesi onirica ritagliata tra una sera di tempesta ed un mattino d'incertezza e, forse, di disillusione...una notte ove tutto é possibile, ove la neve che tutto eguaglia, tutto copre e tutto ottunde, forse farà tacere anche quel verme di melanconia che da sempre mi rode dentro.

    Rientro, tutti gli allievi ed i docenti si sono radunati nell'unica aula ove faccia un po' di caldo, la famosa aula magna con lo Steinway di Dado Moroni ove solitamente sono ammessi solo pochissimi eletti...e comincia la jam session.

    Senza che nessuno lo abbia deciso, senza che nessuno lo abbia pianificato, comincia un blues in Bb che si protrarrà tutta la notte senza interruzione, tra cambi di solisti, pianisti, batteristi e bassisti, energie fresche che si buttano a corpo morto tra gorghi di pentatoniche e blue notes, azzardando quasi timidamente le prime escursioni tra cromatismi boppettari, mentre chi ha appena terminato il tour de force di un assolo di 20 minuti si ritempra col naso attaccato alla finestra gelida, rinfrescando le gote ardenti e l'animo in fiamme nella contemplazione dei fiocchi che cadono implacabili turbinando intorno al giallo dell'unico fanale che s'intravede sulla strada.

    Tutto é colore primario, il rosso della passione, il bianco della neve, il nero dell'oblio; non si pensa più, non si soffre più, non si ragiona più, si suona e si suona, e se non si suona ci si fa ottundere la coscienza dal gelo e dalla neve.

    Ed é così fino alla mattina, fino alle prime luci che rischiarano una nevicata che pian piano va esaurendosi.

    Sono fuori, mentre i più esaltati ancora continuano questo blues senza fine che nelle nostre anime esacerbate é ormai anche senza inizio, questo blues che é diventato il nostro suonare jazz, il nostro essere jazz...sono fuori ed arranco con la neve alle ginocchia, arranco verso casa piangendo perché la nevicata sta finendo, perché il blues sta finendo, perché l'innocenza sta finendo.

  5. #15
    Blue
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    Predefinito Re: Raccontini senza impegno

    Citazione Originariamente Scritto da Bandierarossa Visualizza Messaggio
    UN BLUES LUNGO UNA NOTTE
    Questo racconto è stupendo!

  6. #16
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    Predefinito Re: Raccontini senza impegno

    Citazione Originariamente Scritto da Bandierarossa Visualizza Messaggio
    Fantastico! Bravissima! Stavolta sei stata ironica e divertente
    Beh, la mia risposta non poteva essere diversa. Appena ho letto di tuo padre disoccupato, madre che sfornava i figli, due mocciosi comandini, la casa di tuo nonno senza nessuna comodità, ca@@o, almeno un ce@@o lo aveva? tuo nonno italiano, ma che non parlava la propria lingua madre ...mi sono scoppiata a ridere.
    Ho pensato: “Che gente, vive in quelle condizioni e non fa nulla per migliorare la propria vita: pensa solo a sfornare i figli e ascoltare Mozart, invece di rimboccarsi le maniche e affrontare la vita”.
    Originariamente Scritto da …:
    “Se trovi che ho parlato di una Lamborghini te ne regalo una”.

    https://forum.termometropolitico.it/...l#post21308108

  7. #17
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    Predefinito Re: Raccontini senza impegno

    Citazione Originariamente Scritto da mary ann Visualizza Messaggio
    Beh, la mia risposta non poteva essere diversa. Appena ho letto di tuo padre disoccupato, madre che sfornava i figli, due mocciosi comandini, la casa di tuo nonno senza nessuna comodità, ca@@o, almeno un ce@@o lo aveva? tuo nonno italiano, ma che non parlava la propria lingua madre ...mi sono scoppiata a ridere.
    Ho pensato: “Che gente, vive in quelle condizioni e non fa nulla per migliorare la propria vita: pensa solo a sfornare i figli e ascoltare Mozart, invece di rimboccarsi le maniche e affrontare la vita”.
    Mi fa piacere che tu sappia interloquire con ironia

    PS non parlava italiano nel senso che parlava solo il dialetto locale...

    Adesso però posta anche tu un tuo raccontino

  8. #18
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    Predefinito Re: Raccontini senza impegno

    DOPPIA VITA

    Ero novizio nell'ordine francescano ma il mio maestro, ben conoscendo la mia passione per la musica e per il jazz in particolare, mi dava il permesso qualche giovedì di andare a suonare al mitico Lousiana jazz club.

    Ovviamente io mi ero guardato bene dal dire urbi et orbi che stavo facendo un'esperienza religiosa nell'ottica di una consacrazione; dunque mi svestivo del saio, mettevo jeans e maglietta e partivo sul vespino scassato del Padre guardiano scendendo dall'ermo colle sede del convento per rituffarmi, fosse anche per qualche attimo fuggente, nel caos del mondo e della musica jazz.

    Una sera che ero un po' in ritardo, entrando al jazz club, vedo che tutti mi guardano male. Inalbero il mio migliore sorriso, mentre tra me e me penso: "ma che cazzo hanno da fissarmi, forse hanno saputo che ho parlato male del dixieland sostenendo con il critico musicale del Secolo XIX (storico giornale di Genova) che il vero jazz é solo il be-bop?"

    Mi dirigo pacioso verso una poltroncina libera, deciso a godermi il primo gruppo (un abominevole accrocchio di una ventina tra banjos, chitarre e chitarroni che tentava con alterne fortune di scimmiottare la musica manouche stile Django Reinhart) nell'attesa che toccasse a me salire sul palco insieme al famoso decano del club, l'arcigno e burbero trombettista Fausto "Papa" Rossi, uno tra i fondatori del club.

    Viene il nostro turno e mi dirigo verso il palco, sentendomi tutti gli occhi addosso. "Ma porca puttana" mi dico (poco santamente in effetti) ma che cazzo hanno da guardare tutti quanti?

    Mentre mi siedo al piano, il contrabbassista mi guarda con curiosità e mi dice: "guarda che carnevale non é ancora arrivato"

    E mi rendo di colpo conto che, con la fretta di correre al jazz club, mi ero dimenticato di togliermi il saio...

  9. #19
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    Predefinito Re: Raccontini senza impegno

    Citazione Originariamente Scritto da Blue Visualizza Messaggio
    Questo racconto è stupendo!
    Grazie mille!

  10. #20
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    Predefinito Re: Raccontini senza impegno

    @standing bull ti stiamo aspettando

 

 
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