https://www.rsi.ch/news/svizzera/Acc...-13939417.htmlAccordo quadro alla volata finale
L’ambasciatore UE in Svizzera spinge affinché venga sottoposto a Parlamento e cittadini – Divisioni a Berna
L'ambasciatore dell'Unione Europea in Svizzera si attende che il Consiglio federale sottoponga presto l'accordo istituzionale raggiunto con Bruxelles al processo di ratifica. Una dichiarazione che giunge proprio mentre a Berna si fanno sempre più intense tra i partiti le discussioni, giunte ormai nell'ultima e decisiva fase.
Il ministro degli esteri Ignazio Cassis si è detto pronto a volare a Bruxelles. A Berna intanto sono in molti a credere che molto difficilmente l'UE farà altre concessioni e che l'accordo sul tavolo è ormai questo: prendere o lasciare. "Il nostro partner negoziale è il Governo svizzero, ci aspettiamo che sostenga l'intesa e la presenti al Parlamento e poi ai cittadini per la ratifica" ha spiegato sulla NZZamSonntag l'ambasciatore dell'UE in Svizzera Petros Mavromichalis. Un passo chiesto anche da quei parlamentari che vogliono evitare che il Consiglio federale dichiarando insufficiente l'accordo vanifichi anni di trattative.
"La via bilaterale è centrale per la nostra economia e l'intera società, sul suo futuro, su una questione così importante, devono esprimersi anche il Parlamento e i cittadini", afferma ai microfoni del Blick Tiana Angelina Moser, verde-liberale presidente della Commissione di politica estera del Consiglio nazionale.
Di parere decisamente diverso è invece il presidente dell'Udc Marco Chiesa: “Io ritengo invece che in questo caso il Consiglio federale ha tutte le facoltà, essendo responsabile della politica estera, di dire subito di no”.
Se ciò dovesse accadere alcuni parlamentari di diversi partiti, per cercare di salvare in extremis l'accordo quadro, starebbero pensando anche a un'iniziativa popolare. “Bè questa è la democrazia diretta e io contro la democrazia diretta non solleverò mai nessuna critica” commenta ancora Chiesa.
Se ne saprà di più nelle prossime settimane.
https://www.cdt.ch/commenti/al-capez...?_sid=BQXtk5xWAl capezzale di un accordo che proprio non quadra
Si sta avvicinando il momento della verità per l’accordo quadro istituzionale con l’Unione europea. Oggi il Consiglio federale dovrebbe decidere chi accompagnerà la settimana prossima a Bruxelles il presidente della Confederazione Guy Parmelin, per quello che ha tutta l’aria di essere l’ultimo tentativo per salvare un’intesa ormai da tempo sul letto di morte. La prognosi è negativa, perché ad oggi continuano a non sussistere le condizioni per trovare una via d’uscita. Il dossier langue da più di due anni e nessuno dei punti problematici emersi sin dal principio sembra essere stato risolto. La Svizzera ha voluto, giustamente, seguire i suoi tempi, sospendendo i colloqui con Bruxelles fino a dopo la votazione sull’iniziativa contro la libera circolazione. Ha anche cambiato capo negoziatore e precisato finalmente le sue richieste all’UE, mantenendo comunque la massima riservatezza sui dettagli. Il Consiglio federale si è limitato a ribadire pubblicamente che non avrebbe apposto la sua firma se non fossero state trovate soluzioni soddisfacenti sui tre punti aperti: tutela dei salari, aiuti di Stato e ripresa della Direttiva sulla cittadinanza europea. Quella affidata negli ultimi mesi alla nuova segretaria di Stato Livia Leu è apparsa sin dall’inizio una missione quasi impossibile, con un’Unione europea disposta tutt’al più a qualche precisazione di contorno ma contraria a modifiche sostanziali. Da quanto si sa, non sono stati fatti grossi progressi. A meno di un colpo di scena, l’entrata in gioco della politica non cambierà le carte in tavola. Il problema non si presenta solo a Bruxelles ma risiede anche nelle profonde divisioni che questa versione dell’intesa istituzionale suscita in Svizzera.
Lo stesso Consiglio federale è diviso. Fra i partiti, per ora solo i Verdi liberali hanno detto di sì. L’UDC è contraria per principio, mentre i socialisti sono sulle posizioni dei sindacati che vogliono mantenere un controllo autonomo dei salari. Dice tutto l’interrogativo posto dal presidente dell’USS e consigliere nazionale Pierre-Yves Maillard su «Le Temps»: «Non è meglio interrompere l’esercizio che assumersi il rischio di un accordo massicciamente respinto in votazione popolare, cosa che permetterebbe all’UDC di imporre la sua agenda europea per i prossimi vent’anni?». Il presidente del Centro Gerhard Pfister da parte sua ha definito «tossico» il ruolo della Corte europea di giustizia nella risoluzione delle divergenze. Il dubbio si è insinuato anche nel PLR dopo un intervento dell’ex consigliere federale Johann Schneider-Ammann. E diviso è il mondo economico, specialmente dopo l’entrata in scena di due nuove associazioni di imprenditori che non ne vogliono sapere di questo accordo quadro. Il nodo più grosso infatti non riguarda i tre temi su cui Berna punta da sempre ad ottenere chiarimenti, ma è quello della perdita di sovranità, a causa dell’assoggettamento della Svizzera, in caso di contenzioso sull’applicazione dei cinque principali accordi bilaterali (e di nuovi accordi di accesso al mercato unico), alle sentenze e alla giurisprudenza dell’autorità giudiziaria europea. Un peccato originale poco tematizzato all’inizio ma destinato ad avere un peso decisivo in un’eventuale chiamata alle urne. Si può quindi capire che a Berna, di fronte alla prospettiva di una impasse, si stiano già valutando anche le alternative. A cominciare da quella, classica, di guadagnare tempo, per individuare più avanti nuovi spazi negoziali. Nessun accordo, è sempre stato detto, è meglio di un cattivo accordo. Ma con Bruxelles bisogna comunque evitare inutili attriti e trovare un modus vivendi che stabilizzi i rapporti nel quadro attuale. Con l’UE la Svizzera ha seguito con successo la via bilaterale, più volte avallata anche in sede popolare. È auspicabile che continui a farlo su un piano paritario. Non facile, sicuramente non impossibile.
Mah secondo me in tanti in Svizzera si stanno facendo illusioni, gli unici accordi possibili con l'UE hanno due modelli, o quello norvegese o quello britannico, o fuori o dentro al mercato comune.
Pretendere di avere il meglio di entrambi i mondi mi sembra francamente una cosa irrealistica.
Qui devo darti almeno in parte ragione; in effetti c'è ancora troppa gente che s'illude che gli accordi con l'UE siano semplici questioni di carattere economico e tecnico, e insistono a trattarli in questo modo. Qualcuno poi insiste a trattarli così pur sapendo perfettamente che così non è, ma è un altro discorso.
Il parlare di "entrambi i mondi" poi è curioso, manco si stesse parlando delle due sponde dell'Atlantico.
Certo che sono questioni di carattere economico e tecnico, stati e organizzazioni internazionali non sono enti che fanno beneficenza facendo accordi a destra e a manca. Non capisco veramente cosa tu possa aspettarti da un accordo con un organismo sovranazionale.
Per il resto non conosco la politica interna svizzera ma ho come l'impressione che molti vostri politici vi hanno raccontato un sacco di frottole su cosa comportasse l'accordo con l'UE.
Dunque un accordo commerciale tra due partner è un atto di beneficienza, ora?
Che cosa m'aspetto? Se intendi l'UE, mi aspetto perdita di diritti, libertà e sovranità nazionale mascherati da accordi economici, cosa questa impostata fin dai tempi dei cosiddetti "padri fondatori". Cosa questa che non m'aspetto da una negoziazione con qualunque altro Paese, entità sovranazionale o circolo di freccette.
Si, lo hanno fatto, parlando e cercando ancora di parlarne in maniera positiva, in effetti. O quantomeno in termini di "senza quest'accordo moriremo tuuuuuttiiiiiiiii", così come parlavano dell'adesione allo SEE (Modello norvegese) nel 1992.
Famosa fu la profezia pronunciata quasi trent'anni fa da Franz Blankart, negoziatore dell'adesione allo SEE, dopo che questa venne bocciata in votazione popolare: « Entro 5 anni gli svizzeri si recheranno in ginocchio a Bruxelles per mendicare l’accettazione nell’UE »