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    Predefinito Il caso Sindona e l'importanza del giuramento massonico

    sabato 9 febbraio 2008


    Il caso Sindona e l'importanza del giuramento massonico


    di Solange Manfredi


    Premessa.

    L'unica associazione ove si incontrano al suo interno politici, militari, forze dell'ordine, uomini servizi segreti, banchieri, mafiosi, camorristi, 'ndranghetisti, medici, avvocati, magistrati, ministri, notai, commercialisti, professori universitari, giornalisti, alti funzionari dei ministeri ecc... è la massoneria.
    Tutti sono vincolati dal giuramento:- di non rivelare mai quanto verrà rivelato;- di prestare aiuto e assistenza a tutti i fratelli;- di adempiere ed eseguire tutte le leggi, regolamenti e disposizioni dell’Ordine Disposizioni che non danno il diritto di espellere i fratelli indegni, né di denunciarli al Tribunale profano (ovvero l’organo giudiziario previsto dalla Costituzione italiana), considerato indegno di giudicare i fratelli, uomini illuminati.
    Chi viola questi giuramenti viene espulso dalla massoneria e perde l'appoggio dei fratelli.

    Viene spiegato con dovizia di particolari e testimonianze nel libro di Ferruccio Pinotti “Fratelli d'Italia” come i massoni siano portati a mettersi in affari tra loro in quanto garantiti dal vincolo fraterno. E come dar loro torto, i vantaggi sono notevoli: vincolati dal segreto, vincolati al mutuo soccorso, vincolati alla non denuncia, ecc... Una buona garanzia.

    Ma la domanda è: quanto è forte questo giuramento? Vale più di una vita umana?

    Ora cerchiamo di capire, prendendo spunto da fatti reali, quali e quante distorsioni possa comportare tale giuramento. Per farlo analizziamo una pagina buia della storia della nostra Repubblica (purtroppo non c'è che l'imbarazzo della scelta) e vediamo se, applicando i nuovi dati di cui siamo in possesso (vincolo massonico), alcuni avvenimenti e/o comportamenti risulteranno più comprensibili. Facciamo ciò senza la pretesa, ovviamente, che questa analisi rappresenti la verità.

    Vicenda Sindona.

    La vicenda Sindona, come molti sanno, è una vicenda di bancarotte, intrighi, minacce, estorsioni, intimidazioni, omicidi e collusioni con ambienti politici, massonici e mafiosi.
    E' la storia di un banchiere aggressivo e spregiudicato che con le sue operazioni legalizzava ed accresceva i patrimoni dei mafiosi.
    E' la storia di un banchiere che, attraverso le sue banche, finanziava massoneria, partiti politici, servizi segreti, giornali, organizzazioni segrete (Rosa dei Venti) aventi lo scopo di destabilizzare la scena politica italiana, nonché organizzazioni che si preparano a colpi di stato[1].

    E' la storia di un banchiere che curava gli interessi della Banca del Vaticano, lo IOR (...si sa pecunia non olet).

    E' la storia di un assassino.

    Non vogliamo qui ripercorrere tutta la vicenda, ma solo sottolineare alcuni punti forse, in passato, non troppo evidenziati.

    Logge coperte e boss mafiosi.

    Michele Sindona nasce a Patti, provincia di Messina, nel 1920. E' un massone dell'obbedienza di Piazza del Gesù, e fa parte della loggia coperta “Giustizia e Libertà”.

    Con lui in loggia troviamo:
    - il Direttore generale di Banca d'Italia Guido Carli[2];
    - il generale Giuseppe Aloja (capo di stato maggiore della difesa);
    - il Generale Giovanni De Lorenzo (capo del servizio segreto, tristemente noto per lo scandalo Sifar e Piano Solo);
    - Il generale Arnaldo Ferrara (capo di stato maggiore dell'Arma dei Carabinieri);
    - Il Ministro della Difesa Giacinto Bosco[3];
    - Il Ministro delle finanze Luigi Preti[4];
    - Il Ministro del Commercio con l'estero Cesare Merzagora[5]
    - Il presidente dell'ENI Eugenio Cefis (iscritto sin dal 15 settembre 1961)[6]
    - L'amministratore delegato di Mediobanca Enrico Cuccia, iscritto fin dal 27 marzo 1955;
    - Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione Carmelo Spagnuolo;
    - Ma anche esponenti della criminalità mafiosa quali il noto don Agostino Coppola, economo della cattedrale di Monreale, nipote del grande boss mafioso di Cosa nostra Frank Coppola, legato a Luciano Liggio, condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso, coinvolto nel sequestro dell'ing. Luciano Cassina e in altri sequestri consumati nell'Italia settentrionale, sequestri che, secondo quanto riferito da Tommaso Buscetta, sarebbero da ascrivere alla famiglia dei corleonesi e in particolare a Pippo Calò[7].

    E si perché nelle logge siedono accanto a banchieri, capitani d'industria, generali, ministri, ecc.. boss mafiosi che si abbracciano fraternamente e si danno del venerabile (sic). Lo so che questi nomi non vengono mai fatti, meglio ricordare Mazzini, ma sono massoni anche Totò Riina, Michele Greco, Francesco Madonia, Giacomo Vitale, Stefano Bontade, ecc..[8]

    Ma ancora non basta perchè con Enrico Cuccia e il mafioso Agostino Coppola nella “Giustizia e Libertà” troviamo al loro fianco i protagonisti dei principali scandali politico-finanziari di quegli anni: Giuseppe Arcaini (scandalo Italcasse), Raffaele Ursini (scandalo Liquigas), Aladino Minciaroni (caso Calvi/Ambrosiano), ecc...[9]

    Tutti fraternamente accomunati dal vincolo massonico.

    L'ascesa del bancarottiere.
    L'ascesa di Sindona pare inarrestabile. Eletto uomo dell'anno nel 1973[10] viene indicato da Giulio Andreotti quale salvatore della lira.
    In realtà il suo è un impero di società in paradisi fiscali che, con il sistema delle scatole cinesi, servono a riciclare e far sparire grandi quantità di denaro.
    La banca d'Italia, organo di vigilanza, pare non accorgersi di nulla. Piersandro Magnoni, genero di Sindona interrogato dal giudice-istruttore il 2 giugno 1980 nel carcere di Bergamo afferma: “Probabilmente non è estranea alla scarsa vigilanza da parte della Banca d'Italia nei confronti delle banche di Sindona l'appartenenza sin dal 19 settembre 1967 di Guido Carli alla loggia massonica coperta "Giustizia e Libertà", facente parte dell'"Obbedienza" di Piazza del Gesù[11]. Traduciamo: probabilmente proprio grazie al vincolo massonico la Banca d’Italia non ha vigilato. Un piccolissima svista per centinaia di miliardi di lire dell’epoca.

    Nel 1974 però, nonostante le numerose protezioni, le operazioni sempre più spregiudicate portano comunque Sindona al crack che arriva quasi in contemporanea sia in Italia (Banca Privata Finanziaria) come negli Stati Uniti Franklyn Bank. L'accusa è bancarotta fraudolenta.
    In Italia commissario liquidatore della Banca Privata Finanziaria viene nominato Giorgio Ambrosoli, avvocato che lavora per la Banca d'Italia.
    Tra mille difficoltà e reticenze Ambrosoli porta avanti il suo lavoro.
    Il suo nemico, Michele Sindona, nel frattempo scappato negli Stati Uniti per evitare l'arresto, è temibile e molto forte. Ha molti “amici”, sarebbe meglio dire “fratelli” che si adoperano per la sua “salvezza” e che devono:
    - evitare l'estradizione chiesta dal governo italiano.
    - salvare la Banca privata italiana.

    Il meccanismo di salvataggio si mette in moto. Vediamolo.

    Per evitare l'estradizione chiesta dal Governo Italiano vengono effettuate le seguenti operazioni

    a) Campagna stampa.
    Viene montata su una campagna stampa (ricordiamo che Sindona finanziava molti giornali) che cerca di far credere all'opinione pubblica italiana e americana che le disavventure giudiziarie di Sindona non siano altro che un complotto politico orchestrato dalla sinistra, persone che nutrono nei suoi confronti invidia perché ricco e anticomunista (questa campagna stampa ne richiama alla memoria un’altra, portata avanti da certi quotidiani, che proprio negli ultimi anni ha accusato la sinistra di usare le Toghe rosse per attaccare Berlusconi...il meccanismo è sempre lo stesso, siamo noi che abbiamo la memoria corta).

    A supportare tale mole di menzogne partono addirittura degli affidavits da parte del mondo della politica, della finanza e della magistratura in cui si afferma che qualora Sindona, perseguitato politico, fosse estradato in Italia, non riceverebbe un processo equo.
    Spiccano tra gli altri gli affidavits di Licio Gelli, Mister John McCaffery (ex dirigente dei servizi segreti britannici, Anna Bonomi (firma illustre della finanza italiana), di Edgardo Sogno (promotore dell'organizzazione segreta eversiva Rosa dei Venti, Golpe bianco), di Philip Guarino (esponente politico americano e uomo di punta della massoneria statunitense), ma il più grave è quello di Carmelo Spagnuolo, all'epoca Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione.

    b) Pressioni presso le ambasciate.
    Nostri rappresentanti diplomatici dell'epoca a New York e a Washington sono oggetto di strane visite. Le persone, che dicono di presentarsi a nome della massoneria, sollecitano i nostri rappresentanti diplomatici a non mettere "eccessivo zelo” nell'appoggiare la domanda di estradizione palesando, in caso contrario, possibili incidenti diplomatici tra gli Stati Uniti e l'Italia.

    c) Attacco alla magistratura.
    Ovviamente si cerca di estromettere i magistrati incaricati del caso, probabilmente vincolati al solo giuramento alla Costituzione. La modalità è sempre la stessa: vengono stilati vari esposti contro il Pubblico Ministero, si tenta di mettere in cattiva luce il Giudice Istruttore con il Capo dell'Ufficio dell'epoca, si tenta di estromettere dalle indagini il maresciallo della Guardia di Finanza Silvio Novembre, ecc... [12]
    Quindi si cerca di fare pressioni perché la Corte di Cassazione annulli la richiesta di carcerazione per bancarotta fraudolenta.

    Per salvare la banca Privata Italiana vengono effettuate le seguenti operazioni:

    a) Pressioni e minacce a Enrico Cuccia e Roberto Calvi.

    Per salvare dalla bancarotta la Banca Privata Italiana vengono presentati diversi e spregiudicati progetti.
    Per la loro realizzazione Sindona ha bisogno di soldi ed appoggi. Il banchiere di Palmi, poiché i “fratelli” a cui si è rivolto non paiono voler correre subito in suo aiuto, attua la straordinaria opera di persuasione della minaccia. L'incarico di minacciare e fare pressioni su Roberto Calvi e Enrico Cuccia viene dato a Luigi Cavallo. Il personaggio, d’altronde, presenta diverse garanzie per i massoni, infatti lo troviamo già in passato legato proprio a quei fratelli di loggia di Sindona.
    Cavallo è un oscuro personaggio legato ad ambienti dei servizi segreti e già collaboratore del piduista Edgardo Sogno.
    Il suo nome compare in varie vicende italiane tra cui lo scandalo Sifar - De Lorenzo – Piano Solo:
    .... il tenente colonnello del Sifar Renzo Rocca, in collaborazione con l’ambiguo “informatore” Luigi Cavallo, organizzò squadre di volontari con il compito di provocare incidenti nelle manifestazioni della sinistra…. [13]


    b) Attacco ai vertici di Banca d'Italia.

    Ai vertici di Banca d'Italia due persone restano al fianco di Ambrosoli, che non ritiene validi i piani di salvataggio proposti dai legali di Sindona. Sono Baffi e Sarcinelli. Ecco pronto il rimedio. Vengono tutti e due accusati di interesse privato in atti d’ufficio e favoreggiamento; verranno poi prosciolti perché le accuse si riveleranno infondate, ma intanto sono fuori gioco.

    c) Minacce ad Ambrosoli.

    Abrosoli riceve ogni genere di pressione. Prima cercano di comprarlo, poi isolarlo quindi lo minacciano, ma Ambrosoli continua a fare il suo dovere: il piano di salvataggio, infatti, non è percorribile danneggerebbe i piccoli creditori. L'autore delle minacce telefoniche ad Ambrosoli è il massone Giacomo Vitale, cognato del boss mafioso e massone Stefano Bontade.

    Il giuramento massonico

    Vediamo, ora, come si inserisce il giuramento massonico in tutta questa vicenda.

    Dell'intenzione di uccidere Ambrosoli era al corrente Enrico Cuccia che, volato a New York per parlare con Sindona, era stato messo al corrente dallo stesso banchiere di Patti del progetto omicida. Ma tornato in Italia Cuccia non dirà nulla, non avvertirà le forze dell'ordine delle intenzioni espresse da Sindona, non avvertirà Ambrosoli del pericolo. Perchè? Sicuramente non per paura visto che negherà il suo aiuto a Sindona. Ma allora perchè non dice niente né ad Ambrosoli, né alle forze dell'ordine? Se avvisata del pericolo la Procura avrebbe potuto predisporre un servizio di protezione. Invece niente. Lascia solo Ambrosoli, solo al suo destino.
    L'11 luglio 1979, verso mezzanotte, Giorgio Ambrosoli viene ucciso sotto casa da Joseph Aricò, sicario assoldato da Sindona. Forse se Cuccia avesse avvertito del progetto di Sindona di uccidere Ambrosoli questi sarebbe ancora vivo, come sottolineerà il PM in udienza al processo contro Sindona. E veniamo, dunque, al processo contro Sindona quando, proprio questa domanda, viene posta a Cuccia durante la sua deposizione. Gli viene, infatti, chiesto perché, vista la grave minaccia, tornato in Italia non abbia sentito la necessità di avvertire le forze dell'ordine, la Procura o Ambrosoli. La risposta di Cuccia è sconcertante: dirà di non aver detto niente perché non ha fiducia nello Stato. Ma è veramente così? E' questa la verità? Cuccia, uno degli uomini più potenti d’Italia, veramente non ha detto nulla alla Procura o alla polizia perché non aveva fiducia nello Stato? Se anche fosse vero, perchè non ha avvertito almeno Ambrosoli, magari con una lettera anonima? E se la spiegazione fosse un'altra? E se non avesse detto nulla perché vincolato dal giuramento massonico di non denunciare un fratello? Se così fosse, tale giuramento è, dunque, così forte da portare a non avvertire un uomo che sta per essere ammazzato? E’ così vincolante da non sentire il dovere morale almeno di provare a salvare la vita di uomo? Forse è così, probabilmente è così…è questo che fa paura.

    Finto rapimento

    Ma neanche la morte di Ambrosoli riesce a salvare Sindona. Ecco allora che il banchiere gioca un'altra carta...quella del finto rapimento.
    Il 02 agosto finge il suo sequestro. Ovviamente il sequestro non può che essere rivendicato da un comitato che, per l'occasione, si chiamerà "Comitato Proletario di Eversione per una Giustizia Migliore". Ad aiutarlo in questa farsa, ovviamente, i suoi “fratelli. Uno di questi è il massone Joseph Miceli Crimi, amico di Gelli nonché medico della Questura di Palermo (sic). Sarà proprio Miceli Crimi che, per rendere più credibile il rapimento, sparerà un colpo di pistola alla gamba di Sindona, ovviamente dopo averlo anestetizzato. Ma perchè lo fa? Perchè si presta a questo reato? La domanda gli viene posta da un giornalista della Rai e lui senza scomporsi risponde: "Io mi prestai perchè avevo fatto un giuramento". Ora, visto che dubito che si tratti del giuramento di ippocrate (almeno spero, sarebbe preoccupante se medici disoccupati si aggirassero per le strade armati per procurarsi i pazienti) probabilmente si tratta del giuramento massonico. Anche in questo caso il giuramento massonico è così vincolante da portare un massone a commettere un reato pur di aiutare un fratello? Anche in questo caso probabilmente la risposta è si.

    Sindona, disperato tenta l'ultima carta: la lista dei 500, ovvero 500 persone di primissimo piano per cui avrebbe fatto operazioni finanziarie illecite. Si gioca il tutto per tutto e ricatta: ho mi salvate o rendo pubblica la lista.
    La fine fatta da Sindona si conosce, avvelenato da un caffè al cianuro in carcere. Il caso, ovviamente, venne archiviato come suicidio.

    Ancora un'ultima annotazione.
    La vicenda Sindona tratta di mafiosi, massoni, riciclaggio e crack finanziari...... sulla vicenda e sulla commissione di inchiesta parlamentare ovviamente il Governo ha posto il segreto di Stato

    In conclusione e riassumendo, probabilmente molte dei fatti o dei comportamenti inspiegabili nella vicenda Sindona (mancata vigilanza della Banca d’Italia, affidavit del procuratore della Corte di Cassazione, attacco alla magistratura, false denunce ai vertici di Banca d’Italia, mancato avviso da parte di Cuccia dell’intenzione di uccidere Ambrosoli, ferimento di Sindona da parte del medico della questura di Palermo, apposizione del segreto di Stato, ecc…) sono, in realtà spiegabili con il vincolo massonico che nasce dal giuramento. Un giuramento che, probabilmente, per qualcuno è più importante della vita umana.


    L’ultima lettera di Ambrosoli
    Anna carissima,
    è il 25.2.1975 e sono pronto per il deposito dello stato passivo della B.P.I. (Banca Privata Italiana n.d. r.) atto che ovviamente non soddisfarà molti e che è costato una bella fatica.
    Non ho timori per me perché non vedo possibili altro che pressioni per farmi sostituire, ma è certo che faccende alla Verzotto e il fatto stesso di dover trattare con gente dì ogni colore e risma non tranquillizza affatto. E’ indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l'incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un'occasione unica di fare qualcosa per il paese.
    Ricordi i giorni dell'Umi (Unione Monarchica Italiana n.d.r.) , le speranze mai realizzate di far politica per il paese e non per i partiti: ebbene, a quarant'anni, di colpo, ho fatto politica e in nome dello Stato e non per un partito. Con l'incarico, ho avuto in mano un potere enorme e discrezionale al massimo ed ho sempre operato - ne ho la piena coscienza - solo nell'interesse del paese, creandomi ovviamente solo nemici perché tutti quelli che hanno per mio merito avuto quanto loro spettava non sono certo riconoscenti perché credono di aver avuto solo quello che a loro spettava: ed hanno ragione, anche se, non fossi stato io, avrebbero recuperato i loro averi parecchi mesi dopo.
    I nemici comunque non aiutano, e cercheranno in ogni modo di farmi scivolare su qualche fesseria, e purtroppo, quando devi firmare centinaia di lettere al giorno, puoi anche firmare fesserie. Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto [... ] Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa.
    Riuscirai benissimo, ne sono certo, perché sei molto brava e perché i ragazzi sono uno meglio dell'altro [... ]
    Sarà per te una vita dura, ma sei una ragazza talmente brava che te la caverai sempre e farai come sempre il tuo dovere costi quello che costi.
    Hai degli amici, Franco Marcellino, Giorgio Balzaretti, Ferdinando Tesi, Francesco Rosica, che ti potranno aiutare: sul piano economico non sarà facile. ma - a parte l'assicurazione vita – (…) Giorgio






    Paolo Franceschetti: Il caso Sindona e l'importanza del giuramento massonico

    [1] Prima del colpo di Stato del 21 aprile 1967 in Grecia, la Finabank di Ginevra fa un prestito di 4 milioni di dollari a una società collegata con i colonnelli protagonisti del golpe, la Helleniki Tekniki, prestito garantito dalla Banca Centrale Greca che in seguito negherà di averlo ricevuto.
    [2] Tratto da Wikipedia:
    Guido Carli Presidente del Mediocredito dal 1953 al 1956, presidente dell'Istituto Italiano dei Cambi dal 1956 al 1957, ministro del Commercio con l'estero nel governo Zoli (19 maggio 1957 - 1° luglio 1958), presidente del Crediop (1959), nel 1960 è nominato direttore generale della Banca d'Italia. Ne diventa governatore sei mesi dopo, sostituendo Donato Menichella, e resterà in carica fino al 18 agosto 1975, quando rassegnerà le dimissioni. A sostituirlo sarà chiamato Paolo Baffi, suo principale collaboratore - benché non sempre le vedute fossero coincidenti - in quanto direttore generale dell'istituto di emissione dal 1960.

    [3] Tratto da Wikipedia:
    Giacinto Bosco (Santa Maria Capua Vetere, 25 gennaio 1905 – Roma, 11 ottobre 1997) è stato un politico italiano, docente universitario e Ministro della Repubblica, Giudice della Corte di Giustizia delle Comunità europee. Pur continuando la carriera universitaria a partire dal 1948 iniziò anche ad occuparsi attivamente di politica ricoprendo vari incarichi tra cui:
    · senatore (1948-1972)
    · sottosegretario di Stato al Ministero della Difesa (1953-1958)
    · vicepresidente del Senato (1958-1960)
    · Ministro della pubblica istruzione (1960-1962)
    · Ministro della giustizia (1962-1963)
    · Ministro del lavoro e della previdenza sociale (1963-1964 e 1966-1968)
    · Ministro senza portafoglioCompiti politici particolari e di coordinamento, con speciale riguardo alla presidenza della delegazione italiana all'ONU(1970)
    · Ministro delle finanze (1969-1970)
    · Ministro delle poste e telecomunicazioni (1970-1972).
    Dal 1972 al 1976 fu vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura
    Dal 1976 al 1988 fu Giudice presso la Corte di Giustizia delle Comunità Europee
    [4] Tratto da Wikipedia:
    Luigi Preti (Ferrara, 23 ottobre 1914) è un politico italiano, già membro dell'assemblea costituente.
    Laureato in Giurisprudenza, ha insegnato Istituzioni di Diritto pubblico all'Università di Ferrara. Nel giugno del 1946 viene eletto deputato alla Costituente nel collegio di Bologna-Ferrara-Ravenna-Forlì; ha fatto parte dell'Assemblea di Montecitorio per altre dieci legislature nelle liste del Partito socialdemocratico italiano. Nel 1954 viene nominato sottosegretario alle pensioni di guerra.
    Nel 1958 (fino al febbraio del 1959) viene chiamato per la prima volta a ricoprire la carica di ministro delle Finanze nel secondo governo Fanfani, dicastero alla cui direzione tornerà altre due volte (dal 1966 al 1968 nel terzo governo Moro e dal 1970 al 1972 nel terzo governo Rumor e nel successivo governo Colombo).
    Oltre alle Finanze ha ricoperto anche altri incarichi di governo: ministro per il Commercio estero (1962 - 1963), ministro per la Riforma della Pubblica amministrazione (1964 - 1966), ministro del Bilancio e della Programmazione economica (1969), ministro dei Trasporti, dove è stato due volte (nel 1973 - 1974 e nel 1979 - 1980 nel quinto governo Andreotti), e della Marina Mercantile (1979).
    Dal 1980 al 1983 ha ricoperto la carica di vice presidente della Camera dei Deputati.
    Nel 1973 è stato presidente della Commissione Bilancio e Partecipazioni statali; nel 1978 presidente della Commissione Pubblica Istruzione e dal 1983 al 1987 presidente della Commissione Interni.
    Dal 1976 al 1980 è stato presidente del gruppo parlamentare del PSDI della Camera dei Deputati, ricoprendo, dal 1988 al 1990, la carica di presidente del Consiglio nazionale del PSDI e poi quella di presidente onorario fino allo scioglimento del partito.

    [5] Tratto da Wikipedia:
    Cesare Merzagora (Milano, 9 novembre 1898 – Roma, 1 maggio 1991) è stato un politico italiano. Banchiere internazionale, fu ministro del Commercio con l'estero dal 1947 al 1949 nei governi di Alcide De Gasperi. Presidente del Senato dal 25 giugno 1953 al 7 novembre 1967, durante tutta la II e III Legislatura e per quasi tutta la IV Legislatura.
    Dal 1948 al 1963 fu senatore, eletto come indipendente della Democrazia Cristiana, pur essendo ateo dichiarato. Nominato senatore a vita nel 1963 dal presidente della Repubblica Antonio Segni.
    Dal 19 agosto al 29 dicembre 1964, a seguito della grave malattia e delle successive dimissioni del Presidente della Repubblica Antonio Segni, esercitò le funzioni di Capo dello Stato in qualità di Presidente del Senato.
    Presidente delle Assicurazioni Generali dal 1968 al 1979, in seguito ne fu presidente onorario.
    [6] . Tratto da Wikipedia: Eugenio Cefis (Cividale del Friuli, 1921 – Milano, 28 maggio 2004) è stato un dirigente d'azienda e imprenditore italiano.
    Fu consigliere dell'AGIP, presidente dell'ENI e presidente della Montedison. Nel 1963 venne insignito dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce, massimo riconoscimento della Repubblica Italiana.[1]

    [7] Alberto Di Pisa Salvatore Parlagreco, il grande intrigo, http://www.parlagreco.it/leggi.asp?t...torie&sc=Libri
    [8] Carlo Palermo, 11 settembre 2001, Il IV Livello. Ultimo atto?, Edizioni Editori Riuniti, pg. 88
    [9] http://asi.telnetwork.it/quaderni/ga...ani_g2/83.html
    [10] Tratto da Wikipedia: Nel 1973, come nei progetti del precedente Gran Maestro Gamberini, si riunificarono le due famiglie massoniche di "Piazza Giustiniani" e quella di "Piazza del Gesù" (quest'ultima nata da una scissione negli anni 60 avvenuta nella Serenissima Gran Loggia d'Italia), guidata da Francesco Bellantonio, un ex funzionario dell'ENI e parente di Michele Sindona. Come conseguenza di questa riunificazione (che ebbe vita breve, solo 2 anni) la loggia Giustizia e Libertà, loggia "coperta" e quindi anch'essa segreta facente parte del gruppo massonico di "Piazza del Gesù", che contava tra i suoi iscritti politici di tutti gli schieramenti, militari, banchieri (per un breve periodo ne avevano fatto parte personaggi legati al Piano Solo, come il generale Giovanni De Lorenzo e il senatore Cesare Merzagora e risultava iscritto anche Enrico Cuccia), vide molti dei suoi iscritti passare alla P2.
    [11] Alberto Di Pisa Salvatore Parlagreco, il grande intrigo, http://www.parlagreco.it/leggi.asp?t...torie&sc=Libri
    [12] Dalla requisitoria del processo per l’omicidio Ambrosoli
    [13] Sergio Flamigni, Convergenze parallele, Kaos edizioni, pg. 19

  2. #2
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  3. #3
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    09 settembre 2010
    Ambrosoli se l'era cercata




    La frase choc di Andreotti in tv sul legale ucciso nel centro di Milano nel '79


    MILANO - Giulio Andreotti ha il colletto un po' aperto e il nodo della cravatta è allentato. Ma come sempre il senatore a vita non tradisce emozioni particolari. Le labbra sottili sembrano muoversi impercettibilmente e gli occhi non cambiano espressione quando, alla domanda su perché Giorgio Ambrosoli è stato ucciso, risponde così: «Questo è difficile, non voglio sostituirmi alla polizia o ai giudici, certo è una persona che in termini romaneschi se l'andava cercando».
    Una frase che sembra buttata lì senza pensarci troppo, ma quelle parole che colpiscono al cuore rappresentano forse il momento più importante e doloroso della puntata de «La storia siamo noi» che Giovanni Minoli ha dedicato ad Ambrosoli, il liquidatore dell'impero di Michele Sindona, e che andrà in onda stasera alle 23,50 su RaiDue. Più importante perché appare l'ennesima e più chiara manifestazione del fatto che Andreotti nello scontro fra Ambrosoli e il bancarottiere Sindona, da lui salutato come il «salvatore della lira», ha saputo per chi schierarsi fin dal primo momento.


    E più dolorosa perché tutti, compreso lui, sa poi cosa alla fine Ambrosoli abbia trovato nella notte dell'11 luglio 1979. Dopo una cena in trattoria e durante l'ultima ripresa dell'incontro di box che Ambrosoli segue in compagnia, arriva una telefonata: dall'altra parte c'è il silenzio. Poco dopo lui scende ad accompagnare gli amici, e mentre sta rincasando il killer Joseph Arico gli dice: «Mi scusi, avvocato Ambrosoli». E spara 4 colpi, portando a termine la missione che gli ha affidato Sindona per 50 mila dollari. Minoli racconta tutto, anche riprendendo dai suoi archivi una intervista a Sindona, in carcere in America per bancarotta. Ne illustra soprattutto l'ascesa dal nulla e ne spiega il «contesto». Gli anni ruggenti nei quali sorprende la provinciale piazza finanziaria milanese con operazioni «all'americana»: Opa, conglomerate, perfino il private equity. «Importa» tutto da Wall Street e sembra che nessuno possa fermare la sua irresistibile ascesa. Nonostante i suoi rapporti quasi esibiti con il clan Gambino e con altre famiglie mafiosi. Ma gli anni ruggenti durano poco. L'Opa sulla finanziaria Bastogi nel '71 segna il suo tramonto. L'opposizione di Enrico Cuccia, fondatore di Mediobanca, fa fallire l'operazione.


    E dopo il crollo in America la crisi dilaga nel suo fragile impero in Italia, finché la sera di martedì 24 settembre 1974 alle 23 un funzionario di Banca d'Italia telefona a casa Ambrosoli. Alle 17 del giorno dopo il Governatore Guido Carli conferisce a Giorgio Ambrosoli l'incarico di «unico commissario liquidatore», come dirà lui stesso alla moglie Annalori, della Banca Privata Italiana di Sindona. Ambrosoli fa il suo dovere fino in fondo, con l'aiuto di Silvio Novembre, ufficiale della Guardia di Finanza. Ma come testimoniano i suoi diari e quelli del Governatore Paolo Baffi «mezza Italia» si muove per salvare Sindona. Ambrosoli, Baffi e il vicedirettore generale Mario Sarcinelli fanno muro. Baffi e Sarcinelli, che respingono improbabili piani di salvataggio presentati loro anche da Franco Evangelisti, braccio destro di Andreotti, e svelano con ispezioni e rapporti le trame di Roberto Calvi, pagheranno carissima onestà e determinazione: Sarcinelli viene arrestato e a Baffi è risparmiato il carcere solo per l'età. Saranno poi prosciolti ma Baffi lascerà Via Nazionale. Le minacce e la violenza di Sindona e dell'Italia piduista non fermano Ambrosoli.
    Perciò il sicario venuto dall'America lo uccide. Nella lettera-testamento alla moglie scrive il 25 febbraio 1975: «In ogni caso pagherò a caro prezzo l'incarico». E pensare che, come ha detto il figlio Umberto: «Sarebbe bastato un piccolo sì, qualche piccola omissione, non prendere posizione. Avrebbe avuta salva la vita». Ma Andreotti non ha dubbi: l'avvocato liquidatore se l'è proprio andata a cercare.



    unoenessuno: Ambrosoli se l'era cercata

 

 

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