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    Predefinito Re: Epidemie fra storia e letteratura

    Citazione Originariamente Scritto da Blue Visualizza Messaggio
    Ci libereremo mai del coronavirus?

    E' la domanda che ci poniamo tutti, spesso...
    Con oltre 31 milioni di casi positivi nel mondo e centinaia di migliaia di nuove infezioni ogni giorno, molti virologi ritengono che il coronavirus continuerà a farci compagnia per molto tempo, diventando una presenza costante come molti altri virus, che abbiamo imparato a tenere sotto controllo. È infatti raro che un virus scompaia completamente e si estingua, ma questo non deve scoraggiarci più di tanto, spiegano gli esperti: spesso, dopo una grande virulenza iniziale, col tempo i virus tendono a diventare meno rischiosi e diffusi. Come ci ha insegnato la storia nelle epidemie del passato. Qui l'articolo:

    https://www.ilpost.it/2020/09/27/virus-spariscono/
    Tendenzialmente questo tipo di virus adotta una strategia evolutiva che lo porta a diventare progressivamente più "tollerabile" dagli organismi che infetta. Questo perché l'obiettivo di un virus non è uccidere l'organismo ospite (sarebbe come se un agricoltore bruciasse il proprio campo), ma riprodursi il più possibile. Il che significa trovare un equilibrio nel quale virus e ospite possano convivere.

    Se in termini evolutivi il successo di una specie è misurato dalla sua diffusione, allora dobbiamo concludere che il virus più vincente in assoluto sul pianeta è quello del raffreddore.
    Tutti guardano l'albero e nessuno vede la foresta.

    Al mondo esistono solo due razze: gli uomini per bene e gli stronzi. Questi ultimi cercano quasi sempre di passare per i primi.

  2. #52
    Blue
    Ospite

    Predefinito Re: Epidemie fra storia e letteratura

    Coprifuoco!




    Una parola che desta allarme e mette paura, perché limita la libertà ed evoca la guerra.
    Si chiama così perché rimanda al gesto di spegnere il fuoco e ricoprirlo con la cenere: una consuetudine che, nell'antichità, veniva seguita in ogni casa sul finire del giorno per evitare il rischio di incendi: verso sera, appunto, le campane suonavano il coprifuoco, venivano chiuse le mura della città e scattava il divieto di uscire di casa.
    «Perdio, aprimi, chè tosto sonerà coprifuoco; e s’io sarò trovato quì, io sarò preso e messo in prigione».
    Così un passaggio del Libro dei Sette Savi, testo della fine del Duecento in cui la parola risulta documentata per la prima volta.

    L'origine etimologica ricalca il modello del francese antico covrefeu, da cui trae originee anche l'inglese curfew, la cui invenzione viene tradizionalmente attribuita al re Guglielmo I, noto anche come «il bastardo», perché figlio illegittimo. Origine alla quale fa riferimento una pagina dell’Ivanhoe di Walter Scott, famoso romanzo storico dell'Ottocento ambientato nel Medioevo. Recita una traduzione dell'epoca: «Vadano al diavolo il coprifuoco, il bastardo che l'inventò e lo schiavo imprudente, la cui lingua sassone fa rintronare questa maledetta parola ad orecchie sassoni!».

    La psrola, dunque, suona minacciosa e poco amata fin dall'inizio, anche se questo non ha impedito che venisse usata senza interruzione fino ai giorni nostri, modificando via via il suo significato fino a quello attuale, ovvero – cito dal Devoto Oli 2021 – «Divieto alla popolazione civile di uscire durante le ore della sera e della notte, imposto per ragioni di sicurezza dall'autorità militare o civile in tempo di guerra o in situazioni di emergenza».
    Ora siamo certamente in una situazione d'emergenza, ma - proprio perché usato soprattutto in tempo di guerra - il termine ha sempre portato con sé risonanze un po' sinistre...
    Come quelle evocate nell'Anno domini MCMXLVII di Salvatore Quasimodo: «Che non suoni di colpo avanti notte / l’ora del coprifuoco. Un giorno, un solo / giorno per noi padroni della terra, / prima che rulli ancora l’aria e il ferro / e una scheggia ci bruci in piena fronte». In francese, il modo di dire "suonare il coprifuoco" ha assunto nel tempo il senso figurato di un soffocamento dell’intelligenza, delle legittime aspirazioni.

    Rispetto alla nuova emergenza, «quello che viene chiamato coprifuoco è una misura pertinente», ha detto giorni fa il presidente francese Macron in un'intervista, annunciando l’applicazione delle nuove misure restrittive. Nonostante la presa di distanza dal termine («ce qu'on appelle couvre-feu»), la scelta è del tutto coerente con il ricorso alla metafora bellica che Macron aveva usato fin dall'inizio dell'emergenza: «Siamo in guerra», aveva ripetuto più volte nel primo discorso alla nazione. Sta di fatto che couvre-feu è la parola usata dai media francesi per definire il nuovo provvedimento, proprio come in Inghilterra si usa curfew.
    Anche da noi, in queste ore, non si fa altro che parlare di coprifuoco, benché Giuseppe Conte – durante l'ultima conferenza stampa – aveva detto che sarebbe stato meglio non servirsi di quella parola. Un atteggiamento coerente, anche in questo caso, con quello che il presidente del Consiglio aveva tenuto nei mesi scorsi, tenendosi prudentemente lontano da espliciti richiami ad una situazione definibile come guerra.

    Tuttavia, come conferma quello che sta succedendo anche all'estero, cercare una parola o un'espressione che possa sostituire coprifuoco non è così facile. Certo, nelle condizioni in cui ci troviamo non si tratta di spegnere il fuoco per evitare l'incendio, ma di fermare il propagarsi del virus attraverso i contagi; più che di coprifuoco, quindi, si potrebbe parlare di misure "bloccavirus" o "fermacontagio". Il che, però, non risolve la questione: in quale altro modo si può chiamare questo specifico provvedimento, che – per salvaguardare la nostra salute – impedisce alle persone di circolare durante la notte... "svuotastrade"? "serranotte"? "sottotetto"?
    Anche nelle altre lingue i sinonimi scarseggiano: in inglese il più spendibile sembra time limit, che da noi potrebbe diventare "rientro anticipato". Forse, il modo migliore è chiamarlo semplicemente "chiusura notturna". Con buona pace di tutti, o quasi...

 

 
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