Le parole e i fatti

Esordisce il referto di Giampiero Mughini: «Compagni, e se la smettessimo di parlare di rapporti di produzione?». Capisco la provocazione metaforica contenuta nella domanda, ma altrettanto provocatoriamente mi verrebbe da rispondere: «e chi ne parla più?» Di certo non ne parla la sinistra istituzionale, se non per ripetere le stanche, sempre più stanche vuotaggini di sempre. Ma ciò non è affatto un bene, santo cielo!: non mi pare segno di alcuna particolare conquista teorica non parlare di rapporti di produzione e parlare invece (dicendo magari le stessa vuotaggini: mi riferisco a certi numeri di «Lotta continua») del «tangibile quotidiano» o della «vita e della morte». Il punto è di vedere come si parla e per dire cosa. Gli scritti di Lacan possono essere un oppio mortale allo stesso identico modo del Breve corso di storia del PCUS; e di fatto in molti casi lo sono.
Proprio il modo in cui assai spesso si sente parlare da tanti diciottenni del «tangibile quotidiano» rende semmai più acuto il desiderio di sentir parlare di «rapporti di produzione». Naturalmente in una maniera rispondente al giusto e al vero: ma la cultura della sinistra ha, nella società, gli uomini e le forze per farlo. Ora finalmente ce l’ha, e va da sé che «rapporti di produzione» sta qui come una parte per il tutto.
Solo che le parole di questi uomini e di queste forze sono condannate a restare parole, dal momento che è il canale dei partiti della sinistra che è ostruito, e dunque, in un sistema come il nostro, è ostruito lo strumento di qualsiasi operatività. Ma proprio perché quelle parole non si trasformano mai in fatti, ma restano parole, allora subiscono la concorrenza di altre parole sul grande mercato delle parole. E molto spesso capita che perdano, perché è inevitabile che gli slogan riescano più persuasivi dei ragionamenti. In queste condizioni, d’altra parte, la concorrenza viene anche dagli slogan cui necessariamente non possono non ricorrere pure i partiti della sinistra: i loro slogan vecchi di trent’anni, avvolti dal fumo delle formula cabalistiche o consumati dalla pratica dell’opportunismo.
Nella borsa della chiacchiera, però, la speculazione è sempre al ribasso; vince chi punta su quella meno astrusa, più comprensibile: il refrain di una canzonetta del sabato sera, una preghiera alla Madonna o, mettiamo, «mai più senza fucile».

Ernesto Galli della Loggia