Questa è la spiegazione comunemente accettata da tutti, persino dalla maggioranza anarchica presumo:
https://it.wikipedia.org/wiki/Gerontocrazia
Tralasciando la sua origine etimologica e semantica, penso che il gerontocratico non sia soltanto colui che eserciti pretestuosamente il diritto di comandare, usando la giustificante della sua età anagrafica, ma che sia il comportamento degli anziani di opprimere e reprimere con autorità i più giovani: tenendo presente che il termine anziano non deve essere riferito solo a quelli al di sopra dei 60 anni (per esempio), perché anziano è anche quello che ha cinque anni più di te, se tu ne hai 20 - e di certo non è ascrivibile solo al maschio, ma anche alla femmina. La Gimbutas non aveva torto sulle società matriarcali neo/paleolitiche, semmai sbagliava nell'idealizzarle, pensando che fossero società acefale e orizzontali solo per il fatto che il potere era in mano alle donne, ma la ginecocrazia non equivale ad un assenza di potere gerarchico, ma che il potere e la gerarchia sono in mano unicamente alle femmine più anziane, ovvero, all'interno di un sistema gerontocratico dove le femmine prevalgono sui maschi, oltre che su loro stesse.
La gerontocrazia, in tal caso, non è solo sinonimo di potere dell'anzianità, ma di come essi usino pretestuosamente il fatto di essere nati prima, per prevaricare sugli altri, attraverso metodi di oppressione, di sottomissione, di intimidazione e di violenza, pretendendo dagli altri un rispetto incondizionato, anche se loro non ti rispettano quasi mai, senza che vi sia alcuna reciprocità in tal senso, a meno che il giudizio non sia un forma di rispetto, ma non credo proprio. Una persona la rispetti veramente nel momento in cui non la giudichi, perché se inizi a giudicarla in un modo anziché in un altro, il rispetto viene a mancare, anche se la persona in questione viene giudicata bene, visto che il giudizio non è nient'altro che un forma di potere autoconferito, dove da una parte c'è il giudicante, dall'altra il giudicato: il compito di un giudice, in un aula di tribunale, non è quello di anteporre il rispetto al giudizio, altrimenti il suo verdetto finale rischierebbe di essere condizionato dal rispetto che ripone nei confronti dell'imputato stesso, nonché dal giudicante.