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    Predefinito Il ritorno al passato del femminismo liberal-pop

    da AgoraVox Italia

    In tempi recenti, forse sospinti da inchieste giornalistiche, da ordinanze sindacali o da dibattiti sui social, guizzano rigurgiti nostalgici “regolamentaristici” e istanze moralistiche di carattere fiscale a target limitato.

    Parliamo dei sostenitori della riapertura delle “case chiuse” o con termine realistico e meno edulcorato, bordelli. Le ragioni dei regolamentaristi sono quelle relative alle maggiori tutele e ai controlli medici, uniti al decoro delle strade cittadine, alla pensione che questo genere di “lavoratrici” e, in minima parte, “lavoratori” percepirebbero, e ai maggiori introiti per lo Stato dovuti alle tasse da costoro versate.

    Proveremo a confutare una per una queste argomentazioni, talvolta ingenuamente fatte proprie, più spesso invece indicate come di irrefutabile e universale validità ma evidentemente espressione di interessi particolaristici. L’Olanda e la Germania, Paesi in cui la regolamentazione dello sfruttamento della prostituzione è una realtà già da anni, e dove le organizzazioni criminali (camorra e ‘ndrangheta) si sono insediate a gamba tesa nel business multimilionario del commercio umano in edifici dedicati, stanno cercando di tornare indietro dopo aver verificato il fallimento di quella che si era ritenuta una soluzione al vergognoso fenomeno della vendita di corpi umani in strada. I capi del racket, infatti, non si sarebbero mai lasciati sottrarre dalle mani un business tanto facile e redditizio, in cui gli “effetti collaterali” sono rappresentati dal solo ricambio frequente della “merce” per usura. Uno studio recente, condotto dalla rivista scientifica Nómadas. Revista Crítica de Ciencias Sociales y Jurídicas (2009) ha confermato pienamente il totale fallimento del modello regolamentarista (già screditato da numerosi studi condotti negli anni passati, tra Europa ed USA), link: https://buleria.unileon.es/bitstream...pdf?sequence=1

    Una puntata di “Presa diretta” di qualche anno fa, la trasmissione condotta da Riccardo Iacona su Rai Tre, ci illustra molto bene il fenomeno da vicino, con interviste a varie “lavoratrici del sesso”, e ci introduce in quello che da fuori appare come un’industria organizzata e funzionante, ma che dall’interno si palesa per qualcosa che è difficilmente immaginabile se non osservato da molto vicino: un inferno fra quattro mura. Il giornalista, che si è recato in alcuni bordelli tedeschi, ci ha mostrato donne sfruttate, con ritmi insopportabili e con un pesante senso di umiliazione e di mortificazione, consumate nel corpo senza avere tempi di vita degni di questo termine al di fuori di quella realtà. Molte altre inchieste ci mostrano inoltre che le richieste, del tutto legittime perché la legge lo consente, sono sempre più oscene e violente – ci si immagina che dietro il pagamento di una determinata tariffa ci sia una prestazione che corrisponde a un rapporto sessuale, invece … umiliazioni, sputi, schiaffi e sesso di gruppo non protetto: avete presente quei ristoranti che propongono la formula “all You can eat”? Ecco, qui, senza mezzi termini, si legge “all you can fuck”. Lo stupro di gruppo, poi, è abitualmente perpetrato usando espressioni violente con le quali gli uomini si caricano emotivamente a vicenda in certi contesti di frustrazione maschile, spesso mascherata da normale indole dalla parola goliardia. Questo viene considerato semplicemente “prestazione”.

    Ora che tale degrado imposto da un genere nei confronti dell’altro (perché la sproporzione è evidente) debba essere sancito e istituzionalizzato, ecco, direi che una cosa del genere farebbe scattare dall’indignazione ogni persona civile, perché vorrebbe dire che si sta retrocedendo verso una società che può permettersi tranquillamente cancellare l’articolo 3 della costituzione. La prostituzione è già legale, in Italia, ma solo come libera scelta dell’individuo. E fin qui nessuno avrebbe già obiettare: ognuna/o faccia di sé quello che crede. Quello che non è legale oggi è il suo sfruttamento da parte di organizzazioni, che sia all’aperto, in zone poco abitate o al chiuso in industrie che reificano gli esseri umani – prevalentemente di sesso femminile, teniamolo sempre a mente – facendo business senza guardare in faccia a nessuno. E non raccontiamoci balle sui controlli sanitari: chi controllerebbe, infatti, i “clienti” (con “clienti” usiamo qui una parola gentile, perché queste persone alimentano lo sfruttamento con le loro richieste)? Da numerose inchieste emerge, infatti, una domanda più serrata di “prestazioni” al limite della sopportazione umana, senza protezione (il business non guarda in faccia a nessuno, anche nei bordelli tedeschi e olandesi) e alimentato dall’industria multimilionaria del porno. Non facciamoci illusioni: senza contare l’uso sistematico di alcool e droghe per sopportare il ribrezzo e i ritmi intensi per portare a casa il necessario per vivere. La Svezia ha invece adottato un modello diverso: la “rieducazione” degli uomini a non rivendicare sesso come un diritto, addirittura con il sostegno delle istituzioni, ma a intraprendere un percorso improntato al rispetto dell’altro sesso partendo dal fatto che usare una persona come un oggetto è un reato sanzionabile, oltre che un cattivo esempio per le giovani generazioni. L’acquisto e l’utilizzo del corpo di una persona – di sesso femminile al 99%, tanto che si parla di “prostitute” e non di prostituti – a fini di sfogo personale, è, infatti, un messaggio molto pericoloso, che fa sì che i giovani maschi finiranno per dare per scontato, per le loro compagne, un minor valore sociale.

    Vorremmo ricordare, inoltre, che le multinazionali e i vari imprenditori che portano i loro guadagni nei paradisi fiscali fanno un danno enormemente maggiore alle casse dello Stato (e al lavoro che non si crea), ma il business della prostituzione continua a diffondere lo slogan “vogliamo pagare le tasse ” (menzogna) per indirizzare la popolazione verso uno sfruttamento finalmente legale che depenalizzerebbe molti criminali, finalmente autorizzati ad agire “lecitamente” entro schemi normativi legittimati.

    I fautori della legge per l’apertura delle neo-fabbriche del piacere, a senso unico, sostengono che le prostitute opererebbero al caldo, con tutele e una pensione un domani, e che questa attività avrebbe addirittura dei benefici sociali (!!). Le cronache ci raccontano, invece, che le violenze e gli omicidi non sono stati per niente debellati spostando il business al chiuso, non a caso, un altro studio condotto dal Departamentos de Historia, Departamento de Historia, Facultad de Humanidades y Centro Regional Universitario Bariloche (Universidad Nacional del Comahue, San Carlos de Bariloche, 2009) conferma che il regolamentarismo non farebbe altro che tutelare prosseneti e crimine organizzato, lasciando pienamente “scoperte” le prostitute da ogni genere e forma di tutela (link: http://cdsa.aacademica.org/000-008/776.pdf). Abbiamo dossier spaventosi su come il crimine organizzato gestisca queste “case”, dove le donne non hanno nessuna tutela e nessuna dignità. Non ci si deve fare illusioni, ripeto: quanto ai benefici per la società, io direi senza risultare poco attenta ai bisogni altrui, che non è affar mio provvedere a legittimare la necessità di alcuni (e non di tutta la società) di sfogare istinti e scaricare liquidi biologici (anche in gruppo, sì) sul viso di altre persone, degradate per legge a subire tale trattamento per “lavoro”.

    Ecco che cosa s’intende spesso per “regolamentazione”. Io, sempre da cittadina, mi rifiuto di considerare quest’ attività un lavoro; per giunta, un’attività che riguarda quasi solo il genere cui appartengo. Il lavoro deve conferire dignità e crescita, non degradare, mortificare e consumare in pochi anni una persona, sia fisicamente che psicologicamente. Facciamo attenzione, perché poi diranno che la disoccupazione femminile è stata pressoché debellata. E guai a rifiutarsi, perché un rifiuto esporrebbe le sole donne alla disoccupazione che “si sarebbero cercate” rifiutando “delle opportunità “. …? Sai che carriera?

    Come si fa allora a cavare queste povere ragazze dalla strada, si chiedono in tanti. Povere, è vero, perché solo la povertà o la mancanza di una famiglia può spingerle ad accettare una vita simile, dove il ribrezzo e la paura sono costanti e ti dominano togliendoti ogni arbitrio. Povere, perché è la disparità economica che produce certi orrori. Come si fa, dicevo? Semplice: multando chi sfrutta i corpi di queste donne pagando per fare quello che vuole, senza prevedere alcuna partecipazione o interesse dall’altra parte, ma usandola come si utilizza (spesso in gruppo, perché lo squadrismo erotico è una realtà quotidiana, in Germania e in Olanda) un oggetto che si usa e poi si getta; multando chi se ne infischia del fatto che quella ragazza potrebbe essere sua figlia o addirittura sua nipote e ha solo avuto la sfortuna di nascere in un’altra nazione, magari più povera o in via di sviluppo. È la domanda che va contenuta. Assecondando i fautori della riapertura dei bordelli, possiamo immaginare altresì una società che crei “posti di lavoro” per chi si accontenti di essere umiliato e picchiato, solo perché molti fanno richiesta di sfogare le loro frustrazioni in questo modo. Lo regolerebbero, i sostenitori della regolamentazione, un “mercato” di questo tipo, solo perché è esigenza di molti uomini e porterebbe un po’ di introiti sotto forma di tasse? Ecco, la differenza in sostanza non c’è.

    C’è chi parla di salvaguardare anche la salute dei “clienti”, di quelli che sono spesso i fidanzati o i mariti attuali o futuri di qualcuna di noi. C’è, insomma, chi si preoccupa di prevenire per quanto possibile il diffondersi di malattie, avendo a cuore con tutta evidenza solo la salute degli uomini, i quali, dovrebbero essere tutelati in questo senso, ma che possono tranquillamente continuare a fruire di un mercato umano in cui la malattia può ovviamente proliferare. Come dire che concedendo degli ospedali al controllo delle varie mafie, si potrebbe sconfiggere la contaminazione virale o batterica di tipo sessuale. Sì, perché le persone prostituite sono ben lontane da uno stato di salute ideale, come vogliono farci immaginare. Esse sono soggette alle malattie portate dall’esterno (chi controlla il “cliente”?) e subiscono violenze anche all’interno delle “case” chiuse (anche qui, la parola “inferno” viene opportunamente edulcorata).

    Quando penso alla prostituzione, mi chiedo: qual è modello di sessualità che abbiamo appreso, che genere di sessualità tramandiamo, come la costruzione di genere influenza gli atteggiamenti che apprendiamo verso la sessualità? Dall’infanzia apprendiamo ruoli in cui la distinzione sessuale è marcata e presente, ci educano in modo totalmente differenziato: le donne sono passive e gli uomini attivi ed impulsivi, l’uomo impone il suo potere sessuale, la donna lo deve subire o, al massimo, “accogliere”. La sessualità femminile è passiva, è un oggetto da possedere o, semplicemente, riproduttiva, mentre quella degli uomini è piacere e il desiderio. Da qui nasce l’accettazione della prostituzione: il maschio è colui che desidera, che ha bisogno di imporre la propria potenza sessuale, mentre la donna è colei che si limita ad assecondarlo ed accoglierlo. Da qui nasce l’esigenza di creare un’apposita categoria di “donne perdute” disposte, per denaro, ad assecondare qualsiasi desiderio maschile, rinunciando ovviamente al proprio piacere personale.

    Desiderano farci credere che la prostituzione sia qualcosa di normale, che sia una semplice relazione sessuale, mentre la prostituzione è un rapporto di potere, dove il maschio “compra” il consenso femminile (nella prostituzione non c’è libero consenso in quanto il consenso-femminile viene acquistato come una qualsiasi merce) per sottoporre la donna prostituita ad un rapporto di dominio.

    Il femminismo dovrebbe essere una teoria critica del potere, non dovrebbe avere alcuna relazione con il relativismo morale o il relativismo politico legato alla postmodernità.

    Dovrebbe cercare la fine della prostituzione, – e credo che questo sia molto importante – dovrebbe distinguere analiticamente tra le donne prostituite e la prostituzione. Criticare il concetto di patriarcato significa essere consapevoli di vivere in una società in cui tutti gli uomini hanno una posizione egemonica in tutte le sfere della società, dalla politica all’economia. In un contesto in cui la donna resta minoritaria o marginale sotto il profilo socio-economico (e negli apparati di potere) non è possibile alcuna autentica e sincera libera scelta. L’accademica spagnola nonché attivista femminista e lesbica Beatriz Gimeno da anni ribadisce la totale incompatibilità del “sex work” con il femminismo, tantomeno con la militanza per i diritti delle minoranze (a partire proprio da lesbiche e trans), link: https://beatrizgimeno.es/2016/11/24…

    Aira Carrese

    Maddalena Celano

  2. #2
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    Predefinito Re: Il ritorno al passato del femminismo liberal-pop

    sta "tro*ata" mi era sfuggita

  3. #3
    Apolide della politica
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    Predefinito Re: Il ritorno al passato del femminismo liberal-pop

    Alla propaganda piace vendere al popolo l'idea di una donna angelicata geneticamente incapace di vendere prestazioni sessuali a pagamento, una sorta di "marianesimo" laico, peccato che a crederci siano sempre meno...

  4. #4
    Forumista assiduo
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    Predefinito Re: Il ritorno al passato del femminismo liberal-pop

    Citazione Originariamente Scritto da gameover71 Visualizza Messaggio
    Alla propaganda piace vendere al popolo l'idea di una donna angelicata geneticamente incapace di vendere prestazioni sessuali a pagamento, una sorta di "marianesimo" laico, peccato che a crederci siano sempre meno...
    Cerca di non scrivere più puttanate, il marianesimo laico non esiste, qui nessuno santifica alcun sesso o parte di umanità, la prostituzione è schiavitù e non è un mestiere né un diritto.

 

 

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