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  1. #11
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    Predefinito Re: Rif: Vagare nel labirinto...

    Gesù al centro e al di là del labirinto circolare.
    Convento di S. Francesco di Alatri (Lazio) XIII - XIV secolo


    Immagine dal sito http://upload.wikimedia.org/
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 26-08-13 alle 23:20
    ci si rivede, forse.

  2. #12
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    Predefinito Re: Rif: Vagare nel labirinto...

    Citazione Originariamente Scritto da zucchetta Visualizza Messaggio
    Gesù al centro e al di là del labirinto circolare.
    Convento di S. Francesco di Alatri (Lazio) XIII - XIV secolo
    Venne scoperto nel 1996, quando alcuni funzionari del comune di Alatri, nel tentativo di individuare l'origine del pestifero odore che ammorbava gli ambienti del Chiostro di San Francesco, adiacente all'omonima chiesa duecentesca, si ritrovarono in una sorta di cunicolo. Qui le loro torce illuminarono questo inconsueto affresco. Si tratta di un unicum, perché unisce iconograficamente la figura del Cristo, non attestata prima del IV secolo d. C., a quella antichissima del labirinto. L'affresco fa parte di un articolato apparato decorativo in cui spiccano numerosi simboli come croci, spirali, stelle, sfere, tralci di vite e il "fiore della vita". Cristo ha il capo circondato da una aureola all'interno della quale si intravede una croce. Indossa una tunica e un mantello dorato. Con la mano sinistra, quasi in corrispondenza del cuore, regge un libro chiuso. Con la destra stringe un'altra mano che esce dal labirinto stesso.

    Un articolo sul labirinto di Alatri dello studioso Giancarlo Pavat...

    Ultima modifica di Silvia; 01-08-12 alle 18:21

  3. #13
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    Predefinito Re: Vagare nel labirinto...

    Il labirinto ha accompagnato la storia dell'uomo trasversalmente in diverse culture, epoche e luoghi della Terra.
    Forse perché non abbiamo mai perso la voglia di smarrirci... per poi ritrovare la strada…



    <><><><><>




    Il primo labirinto fu costruito a Cnosso nell'isola di Creta dall'architetto greco Dedalo: l'incarico gli fu affidato dal re Minosse che voleva chiudere in un intrico complicatissimo un essere mostruoso, metà uomo e metà toro, il Minotauro. A sconfiggerlo sarà poi Teseo, che saprà districarsi dal labirinto seguendo il filo che Arianna, figlia di Minosse, gli aveva affidato all'ingressoIl pavimento della "Casa del Labirinto" di Pompei è stato decorato con un mosaico poi chiamato "Teseo e il Minotauro", proprio in ricordo di questo mitico evento. Composto intorno al 80-60 a.C., è ancora al suo posto.



    <><><><><>



    Questo graffito ritrovato in Val Camonica, in provincia di Brescia, risale al primo millennio a.C.: spesso questi disegni erano legati a riti e incantesimi propiziatori della caccia. Erano una sorta di rappresentazione escogitata per catturare la selvaggina.



    <><><><><>



    Chi per primo li aveva individuati, li aveva scambiati per semplici segni tracciati da bambini per gioco. Si tratta in realtà dei cosiddetti labirinti di pietre, o Troiaburg (cioè città di Troia), diffusi soprattutto in Svezia (come quello della foto), Finlandia e Norvegia. Inorno a questi labirinti, composti da piccoli ciottoli, è ancora mistero. Furono chiamati anche Jungfrudans, ossia "danza della vergine": pare servissero infatti a indirizzare la danza di una fanciulla che poteva percorrere il labirinto volteggiando o che, posta al centro, attendeva un giovane che la raggiungesse attraverso le spire del tracciato.



    <><><><><>




    I [i]Troy Town[/i (ovvero città di Troia) non sono fatti di pietra, bensì tracciati grazie alle diverse altezze dell'erba. In Europa il simbolo del labirinto, composto all'origine da sette avvolgimenti, oltre a essere associato a Creta, è infatti legato alla città di Troia, protetta da sette mura. Nella foto, il labirinto di Suffron Walden (Inghilterra).



    <><><><><>



    È una luce radente sparata da potenti fari a illuminare il labirinto di Alkborough (Gran Bretagna), facendone risaltare il percorso. Si tratta di un labirinto erboso disegnato sul terreno e risalente probabilmente al 1967. L'origine di questi percorsi magici scolpiti nell'erba si mescola con il mito: sarebbero stati infatti importati in Italia da Ascanio, figlio di Enea, dopo la guerra di Troia, e diffusi solo successivamente in Nord Europa.



    <><><><><>



    Dopo il significato mistico che lo caratterizzò nel periodo classico e l'interpretazione religiosa e quasi magica che acquistò nel Medioevo, il labirinto dalla metà del Cinquecento divenne un gioco che ben si sposava con l'atmosfera festaiola delle corti, fino a diventare il leit motiv dei giardini sei-settecenteschi. Nella foto, il celebre labirinto che sorge alla destra di Villa Pisani a Stra (Venezia), col suo percorso disegnato da siepi di bosso, che ha ispirato anche Gabriele D'Annunzio (ne parla in un suo romanzo intitolato "Il fuoco").



    <><><><><>




    Si trova in Gran Bretagna, nel Wiltshire, ed è considerato il più lungo labirinto di siepi del mondo. Diversamente da quelli più tradizionali, il labirinto del parco di Longleat House è tridimensionale, grazie ai ponti di legno che consentono di guardare dall'alto il centro del labirinto per capire la posizione. È composto da 16.000 tassi inglesi e fu progettato nel 1975 da Greg Bright: compre un'area di 6.000 metri quadrati. Tempo per uscirne? In media 90 minuti.

  4. #14
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    Predefinito Re: Vagare nel labirinto...

    I MISTERI DEL LABIRINTO

    di Stelio Calabresi per Edicolaweb



    COSÈ UN LABIRINTO?
    Nei nostri studi siamo stati abituati a collegare la parola alla denominazione che i greci attribuirono ai complessi di edifici che caratterizzarono l'epoca palazziale della civiltà minoica. Come vedremo tra poco essi la attribuirono al mitico architetto Dedalo: era nato così il mito del Minotauro.
    Inutile dire che qualcuno ha ritenuto il "Minotauro" una figura reale e, assimilandola ai centauri, alle sirene ed agli altri esseri antropozoomorfi in genere, ha voluto farli nascere da dubbi esperimenti di ingegneria genetica addirittura pre-diluviana.
    Ritengo che sia impossibile pronunciarsi su ipotesi del genere al di fuori di una letteratura di tipo fantascientifico (1). Indubbiamente c'è da dire che qualcosa dovette aver eccitato la fantasia di diversi popoli e non solo nella preistoria: anche Dante, ma a fini simbolici, ha parlato del Minotauro collocandolo come guardiano del girone dei violenti (Inferno XII) dove viene descritto come una bestia, ridicola nella sua rabbia impotente, che sfoga su se stesso, mordendosi.

    (...)

    CONTINUA A LEGGERE
    "Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)

  5. #15
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    Predefinito Re: Rif: Vagare nel labirinto...

    Citazione Originariamente Scritto da Tomás de Torquemada Visualizza Messaggio
    Il labirinto culturale di Franco Maria Ricci
    Tre km di gallerie vegetali alte cinque metri


    L'intellettuale sta lavorando a Fontannelato a uno spazio aperto al pubblico e guidato da una fondazione. Ospiterà un museo, un ristorante, un’area per esposizioni temporanee e una libreria dove, a fianco dei cataloghi d’arte, si venderanno parmigiano e culatello.

    Ispirato da J. L. Borges, il Labirinto della Masone – straordinario parco culturale con il più grande labirinto al mondo di bambù - è entrato a far parte ufficialmente dal 1 gennaio 2015 del circuito dei Castelli del Ducato di Parma e Piacenza. E' un parco culturale progettato da Franco Maria Ricci con gli architetti Pier Carlo Bontempi e Davide Dutto e ospita spazi culturali per più di 5.000 metri quadrati, destinati alla collezione d’arte di Franco Maria Ricci (circa 500 opere dal Cinquecento al Novecento) e a una biblioteca dedicata ai più illustri esempi di tipografia e grafica.Il Labirinto della Masone con pianta a stella copre 7 ettari di terreno ed è realizzato interamente con piante di bambù di specie diverse. Aprirà al pubblico il prossimo maggio.






    Franco Maria Ricci

    PERCHÉ UN LABIRINTO





    Da sempre i Labirinti mi affascinano. Insieme ai Giardini, sono tra le fantasie più antiche dell’umanità. Il Giardino, o Eden - così bello che Adamo ed Eva, freschi di creazione, continuavano a stropicciarsi gli occhi - incarna l’innocenza e la felicità; il Labirinto è, invece, una creazione del Potere e una fonte di turbamenti. Riflette la perplessa esperienza che abbiamo della realtà.

    Sognai per la prima volta di costruire un Labirinto circa venti anni fa, nel periodo in cui, a più riprese, ebbi ospite, nella mia casa di campagna vicino a Parma, un amico, oltreché collaboratore importantissimo della casa editrice che avevo fondato: lo scrittore argentino Jorge Luis Borges. Il Labirinto, si sa, era da sempre uno dei suoi temi preferiti; e le traiettorie che i suoi passi esitanti di cieco disegnavano intorno a me mi facevano pensare alle incertezze di chi si muove fra biforcazioni ed enigmi. Credo che guardandolo, e parlando con lui degli strani percorsi degli uomini, si sia formato il primo embrione di questo mio progetto.




    Com’è noto, quando fece costruire il suo Labirinto, che era una prigione, Minosse nutriva intenzioni cupe e crudeli; io immaginai un equivalente addolcito, che fosse anche un Giardino, dove la gente potesse passeggiare, smarrendosi di tanto in tanto, ma senza pericolo. La passione per il bambù - questa pianta elegantissima, ma così poco utilizzata in Occidente, e specialmente in Italia - mi suggerì la materia prima ideale. Da allora, e soprattutto negli ultimi anni, l’impresa ha assorbito la maggior parte del mio tempo.

    Quando nacque, il progetto aveva un carattere abbastanza personale e capriccioso. Sulle terre che avevano nutrito, e un po’ anche arricchito, la mia famiglia, volevo lasciare una traccia di me - come il gentiluomo Vicino Orsini, che tradusse le sue fantasie solitarie nel Parco dei Mostri, a Bomarzo.

    Col passare del tempo quell’idea primitiva si è in gran parte trasformata. Forse è colpa dell’età, ma ormai penso al Labirinto di Bambù soprattutto come a un lascito - a un modo di restituire, a un lembo di Pianura Padana che comprende Parma, il suo contado e le città vicine, una parte almeno del molto che mi ha dato.




    Accanto al Labirinto sorgeranno un Museo, una Biblioteca, una Scuola, un Archivio, e strutture turistiche che assicureranno, tanto all’Internazionale dei Colti e dei Curiosi quanto alla gente del luogo, specialmente ai giovani, accoglienza e occasioni di svago, di informazione e di ispirazione, nel segno della Civiltà, dello stile e del comfort. E poi, ovviamente, ci sarà il labirinto di bambù; la superficie che copre è di circa otto ettari, e i percorsi si sviluppano per più di tre chilometri. Si tratta del più grande labirinto al mondo, almeno per ora, e anche una delle più vaste piantagioni di bambù, almeno in Europa.



  6. #16
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    Predefinito Re: Vagare nel labirinto...

    LABIRINTI ITALIANI

    Simbolo di potere, oggetto di divertimento, incantatore e traditore. Dal mitico labirinto di Cnosso, popolato dalle figure leggendarie di Teseo, Icaro, Arianna e dal mostruoso Minotauro in avanti, i labirinti si sono sempre fatti portatori di valori simbolici e letterari, fino a diventare metafora della condizione dell’uomo moderno, sempre affannato alla ricerca di qualcosa. Un simbolo che non ha mai perso il suo fascino. Nella locandina dell'ultimo film di Matteo Garrone, Il Racconto dei racconti, la figura rossa di Salma Hayek corre nell'angolo di un intricatissimo labirinto a forma di cubo bianco. E il 28 maggio ha aperto al pubblico il labirinto culturale di bambù dell'editore Franco Maria Ricci, a Fontanellato in provincia di Parma. Ma, anche se è il più grande d'Europa, quello di Fontanellato non è l'unico labirinto della Penisola...


    Labirinto di Borges all'Isola San Giorgio, Venezia


    Aperto in occasione dei 25 anni dalla morte dello scrittore argentino Jorge Louis Borges, è una ricostruzione del giardino-labirinto che l’architetto Randoll Coate progettò in suo onore. E' ispirato a “Il giardino dei sentieri che si biforcano”, uno dei racconti più noti di Borges, ed è composto da 3250 piante di bosso che riproducono il nome del poeta come se fosse scritto sulle pagine di un enorme libro aperto. All’interno del labirinto è stato anche inserito un corrimano per guidare verso l’uscita i non vedenti, condizione che il poeta conobbe negli anni ’50.



    Castello di Donnafugata, Ragusa


    Esempio di labirinto in pietra, realizzato seguendo la tecnica ripica del territorio ragusano del muretto a secco. All'esterno è sorvegliato da un soldato... in pietra! La forma trapezoidale riprende quella inglese di Hampton Court, vicino Londra, che il Barone aveva visto durante uno dei suoi vari viaggi. Un tempo i muri del tracciato erano ricoperti da siepi di rose rampicanti, che impedivano di sbirciare o scavalcare le corsie. Il Castello è stato uno dei set del film Il racconto dei racconti di Matteo Garrone.



    Villa Pisani, Stra


    Declamato dal poeta D'Annunzio, usato da Pasolini per le riprese del film Porcile, quello della settecentesca Villa Pisani è probabilmente il labirinto più famoso d'Italia. Un gioco prevedeva che una dama stesse in cima alla torretta messa in mezzo al labirinto di bosso, mentre tre cavalieri entravano da 3 diverse entrate, tutte comunicanti. Il primo che riusciva a raggiungere la dama aveva diritto a un bacio.



    Villa Giusti, Verona


    Uno dei labirinti più antichi d'Europa: in siepi di bosco, piccolo ma difficile nel tracciato, era già inserito nell'originale impianto cinquecentesco. Romanticissimo, dalla torretta-campanile si snoda una scala a chiocciola che porta alla terrazza del belvedere. Sarebbe piaciuto a Giulietta e Romeo?



    Giardini di Boboli, Firenze


    Tappa obbligatoria per chi visita Firenze e Patrimonio Unesco, gli spettacolari Giardini di Boboli nella Reggia dei Medici ospitano anche un labirinto. Rimpicciolito rispetto alla dimensione originale ma non scomparso, racchiude la famosa Fontana dei Mostaccini, con gli antichi abbeveratoi per uccelli da richiamo.



    Castello San Pelagio, Padova


    Questo Castello veneto custodisce ben due labirinti: quello del Minotauro (1.200 mq, con più di 1000 piante di Leylandi alte quasi 3 metri) e quello degli specchi (più semplice, senza vicoli ciechi). Nel primo è nascosto un vero minotauro (in pietra). Il secondo invece è dedicato a D'Annunzio: il corridoio di specchi simboleggia il concetto di "doppia identità".



  7. #17
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    Predefinito Re: Vagare nel labirinto...

    A Versailles il dedalo era luogo di giochi d'amore, ora è attrazione turistica. Ma da sempre è metafora di vita...


    Paolo Bianchi


    I LABIRINTI COMPLICATI SOMIGLIANO AI NOSTRI CERVELLI UN PO' CONFUSI







    Un labirinto e un cervello si assomigliano molto. Dal di fuori, perlomeno. I giri della corteccia cerebrale ricordano le circonvoluzioni dei sentieri (o del sentiero) che disorientano chiunque sia entrato in un dedalo. Per la verità, labirinto e dedalo non sono la stessa cosa, come ci spiega subito Henry Eliot, autore di un libro affascinante e bizzarro come Segui questo filo (II Saggiatore, pagg. 248, euro 18, illustrazioni di Quibe, traduzione di Giulia Poerio). Il primo è costituito da un solo percorso, che si dispiega su se stesso. Il secondo ne comprende diversi, secondo combinazioni escogitate per far perdere la direzione in entrata e in uscita. La storia dei labirinti è lunga come quella della civiltà umana. Il mito di Dedalo e del Minotauro ha innervato la tradizione letteraria fino a oggi. La creatura metà uomo e metà toro, il figlio mostruoso di Minosse, è imprigionato in una caverna da cui non può uscire.

    In realtà, ogni labirinto comporta una serie di scelte, cioè di diramazioni. E un esercizio di calcolo, di memoria, di geolocalizzazione. Può essere un incubo o uno spasso. O tutt'e due. Alla corte di Luigi XIV, a Versailles, era un luogo privilegiato di giochi amorosi. Eravamo nel Seicento, e la moda del dedalo si era sviluppata da non molto, due tre secoli, cioè da quando al freddo meccanicismo medievale, con un Dio che decideva tutto per l'uomo, si andava sostituendo la concezione del libero arbitrio umano e individuale: la salvezza, metaforicamente, dipendeva dalla propria capacità di trovare la direzione giusta.

    Se volete mettervi alla prova affrontate però quello di siepi di Hampton Court, nel Regno Unito. È un'attrazione che neanche Disneyland (per la verità a Disneyland Parigi uno ce n'è), uno dei posti più visitati d'Inghilterra, con 160mila persone che ogni anno ci entrano e spesso per uscirne, anche ammesso di aver raggiunto il centro, hanno bisogno di un aiuto esterno.

    Oggi coi navigatori la vita è più semplice, anche quando ci si perda in giro per il mondo, perché «tutto il mondo è un labirinto» come diceva Jorge Luis Borges, uno che se ne intendeva. Il labirinto perfetto, per paradosso, è il deserto, poiché l'alternativa è illimitata (e infatti senza bussola è facilissimo girare in tondo fino allo sfinimento).

    Il libro racconta diverse storie, intersecando mito, leggenda, storia e attualità. La più appassionante è forse quella di Greg Brighi, che nel 1971, da giovane hippy un po' scentrato, cominciò a scavare un dedalo a Glastonbury, e poi via via a progettarne altri fino a diventare un esperto massimo, salvo poi scomparire dal mondo e rendersi irreperibile come se al centro di quelle volute rompicapo ci fosse lui stesso.

    Non tutti i labirinti hanno un centro preciso, però è importante che ce ne sia uno, possibilmente segnalato da qualche simbolo. A quel punto il visitatore sa di aver compiuto un viaggio. Nel farlo, si è posto dei problemi e li ha risolti. Ma adesso deve tornare indietro. A meno che non abbia il filo di Arianna, o non abbia seminato tracce come Pollicino, deve pensare da capo all'inverso. Dopodiché sarà libero. Avrà trovato se stesso.

    Questo volume è strano, dicevamo sopra. Non si legge in maniera lineare. La scrittura spesso si avvolge su se stessa, e la pagina va capovolta. Corrisponde al cammino che si percorre dentro un labirinto, svoltando di qua e di là, trasportati in base a leggi che appaiono a volte irrazionali. Come Alice in un mondo che sfida lo spazio e il tempo.


    Articolo di Paolo Bianchi pubblicato su Libero del 22 novembre 2018, sezione cultura

  8. #18
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    Predefinito Re: Vagare nel labirinto...

    Il tempo è un labirinto in cui ci perdiamo senza rimedio; ma è anche un circolo, di modo che, alla fine, tutto ritorna «come l'aurora ed il tramonto». Se il labirinto più antico ha forma di spirale, contiene un centro attorno al quale si gira per tornare finalmente - magari - al punto di partenza. Anche la città è un labirinto, le strade di Buenos Aires, o di Londra, o le calli di Venezia sono un labirinto, come ha detto Borges in diverse occasioni. Ma anche il deserto è un labirinto di infiniti sentieri. Perché in realtà il mondo è un labirinto e i nostri passi nella vita non fanno altro che cercare la via d'uscita. «Cercare l'uscita» era il motto di Octavio Paz, quell'altro costruttore di labirinti. Ma l'uscita non ha senso se non abbiamo trovato il centro. E si può dire ancora che, avendo trovato il centro, l'uscita si manifesta da sola, per opera della stessa rivelazione.

    Nelle molteplici e svariate versioni esistenti del labirinto in tutti i tempi e in tutte le culture, che vanno dal mitico palazzo di Knossos alle figure mandaliche della tradizione buddista, o perfino alle rappresentazioni geometriche della pittura di Mondrian (per fare un solo esempio, tra molti, del mondo contemporaneo), il concetto fondamentale è il medesimo: apparente caos e segreto ordine, spazio confuso nel quale è facile entrare ma difficile uscire, intreccio, matassa, ragnatela, spirale che nasconde un centro nei quale si custodisce un mistero. Raggiungere quel centro significa essere toccati dalla rivelazione.

    Nella versione greca classica del mito ciò che avviene nel centro del labirinto è la lotta tra Teseo e il Minotauro, ossia tra l'eroe e il mostro, il bene e il male, la luce della ragione e le forze oscure rappresentate da quella testa di toro. Ma non sempre ciò che nasconde il labirinto è il Minotauro, e nemmeno il «mostro». Secondo altre versioni del medesimo mito, rivelate con la decifrazione del «lineare b», ciò che si trovava al centro dell'intricata costruzione era la Potnia, Dea del labirinto, una maestosa divinità femminile alla quale si offre miele in una antica tavoletta minoica, forse una versione primordiale della stessa Arianna.

    Kerényi ha studiato questa preistoria del Mito e Paolo Santarcangeli ha stabilito numerose associazioni tra le diverse versioni iconografiche dello stesso e l'arte e l'architettura contemporanee. Santarcangeli ricorda, per esempio, che secondo un'altra versione, c'era uno specchio nel centro del labirinto. * Così, ciò che il pellegrino vi trovava era il suo stesso volto, il quale tuttavia non poteva essere il solito: non dopo avere superato la prova d'iniziazione che consisteva precisamente nel fatto di arrivare fin lì. Di modo che ciò che vedeva il pellegrino era sì il proprio volto, ma per lui era nuovo, perché era quello vero, quello profondo, segreto, il volto del destino.


    Martha L. Canfield - Stralcio dall'articolo Borges: dal Minotauro al segno labirintico pubblicato sul n. 89 dei Quaderni ibero-americani (giugno 2001)




    Maestro dei Cassoni Campana., Teseo uccide il Minotauro, particolare (1525 ca.)
    Musée du Petit Palais, Avignone

 

 
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