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Tap, bruciate bandiere, tessere elettorali e fotografie dei politici M5S




La manifestazione degli attivisti No Tap a San Foca di Melendugno (Lecce) dove i pentastellati avevano promesso di bloccare i lavori per il gasdotto
di Michelangelo Borrillo


Le condizioni climatiche non li hanno aiutati, perché all’inizio della manifestazione, alle 10, pioveva a dirotto. Ma gli attivisti del movimento No Tap - radunatisi sul lungomare di San Foca a Melendugno, in provincia di Lecce, sotto la torre diventata il simbolo della protesta - si sono fatti sentire. Megafono in una mano per gridare l’ennesimo no al gasdotto, accendino nell’altra per dar fuoco a tessere elettorali e bandiere del Movimento 5 Stelle, l’imputato numero uno, in questi ultimi giorni, della protesta in Salento, ancor più della società Trans Adriatic Pipeline.

Perché i No Tap, a cominciare dal sindaco di Melendugno, Marco Potì, si sentono traditi dalle promesse non mantenute dai 5 Stelle. Tra i 300 manifestanti (per le forze dell’ordine, qualche centinaio in più per gli attivisti), ci sono anche una decina di sindaci del territorio, capitanati appunto da Potì, che ha attaccato frontalmente i grillini: «Salvini per mantenere le promesse fatte ai suoi elettori porta avanti le sue idee. La parte gialla del governo, invece, sta perdendo tutto quello che ha guadagnato in sei anni di battaglia con i cittadini». Si spigano così le bandiere pentastellate bruciate e i manifesti tipo wanted con i volti stampati dei principali protagonisti dei 5 Stelle, da Di Maio alla ministra salentina Barbara Lezzi fino ai parlamentari del territorio. Tutti definiti «traditori».