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    Predefinito Quando mancano ormai poco più di due settimane alle elezioni del 4 marzo, oggi tutti

    Dai tagli di spesa alle privatizzazioni selvagge, dal ritorno dell'Imu ai migranti: le radicali divergenze tra Renzi e Bonino

    Emma Bonino in ascesa nei sondaggi, una preoccupazione per il Partito Democratico ma non solo. L'esponente radicale rischia infatti di diventare anche fonte di imbarazzo per i dem a causa delle posizioni chiare, ma considerate poco popolari, di +Europa su temi di primo piano come immigrazione, servizi pubblici, privatizzazioni e spesa pubblica. Come sta emergendo dall'entourage renziano, la moderata crescita di Emma Bonino nei consensi degli elettori, riportata dai sondaggisti, preoccupa il Nazareno e rischia di far ballare diversi seggi: sono circa 18 o 19 quelli che il partito guidato dalla radicale e Benedetto Della Vedova potrebbe sottrarre agli alleati democratici, se +Europa riuscisse ad andare ben oltre il 3%. Ipotesi difficile ma non impossibile, e per questo temuta dai democratici.

    Ma non è solo questione di seggi. Perché leggendo a fondo il programma politico di +Europa non è ben chiaro come possano convergere le posizioni del partito di Emma Bonino sull'immigrazione e sulle politiche fiscali con quelle del Partito Democratico. Non a caso Renzi qualche giorno fa ospite a Otto e Mezzo ha dovuto prendere le distanze dalla sua alleata che, com'è noto, è sempre stata critica con l'operato del ministro dell'Interno Minniti sui migranti: "Non condivido la linea di Emma Bonino. Quella di Minniti, invece, è molto solida, sta aiutando l'Italia ed è molto più seria e credibile di altre. Per risolvere il problema dell'immigrazione, bisogna bloccare le partenze, cosa che ha fatto Minniti. Io sono orgoglioso del suo lavoro". Una precisazione che di certo non aiuta in campagna elettorale, se rivolta all'alleato "migliore" della coalizione.

    Ma ci sono molte altre divergenze tra Bonino e Renzi che, nel dibattito pubblico, si preferisce tacere per non alimentare discussioni come quelle che per settimane hanno tenuto banco nel centrodestra (la diversità di vedute tra Salvini e Berlusconi è storia nota). Basta leggere il programma di +Europa per rendersene conto. Per dire: il partito di Emma Bonino, dichiaratamente a favore dell'austerità, si propone, per rafforzare il bilancio dell'Unione Europea, di eliminare il meccanismo dei trasferimenti diretti dagli Stati membri e affidare all'Ue la facoltà di imposizione diretta sui singoli Paesi. Una misura dirompente, sotto il profilo della sovranità nazionale, di cui nel programma del Pd, che pure dedica all'Europa un ampio capitolo, non c'è assolutamente traccia. Salta all'occhio che nell'europeismo professato da entrambi i partiti ci sono sfumature che fanno la differenza.

    Il Pd ha messo nero su bianco l'intenzione di dar seguito alla proposta che manda in soffitta il Fiscal Compact e riforma il Patto di Stabilità e Crescita, cancellando l'obbligo del pareggio strutturale di bilancio e sostituendolo con "un meccanismo pluriennale di definizione e attuazione di un percorso di riduzione del debito, ancorato ai parametri di Maastricht e all'evoluzione della spesa pubblica". Insomma, riduzione graduale del debito per portarlo dal 132 al 100% del Pil in dieci lunghi anni. Per Emma Bonino invece "è tempo di superare la stucchevole polemica anti-europea sull'austerità", si legge nel programma che mette al primo posto l'abbattimento del debito pubblico italiano. Per risolvere il problema ecco la soluzione proposta da Bonino, Magi, Della Vedova e Tabacci: congelamento della spesa pubblica nominale per cinque anni. Congelare, se Pil e inflazione crescono, vuol dire tagliare. Poco importa se solo qualche giorno fa l'Ufficio parlamentare di Bilancio, durante il Focus sulla finanza pubblica, ha chiarito che da tagliare non resta più nulla e che ulteriori sforbiciate alla spesa sanitaria e a quella previdenziale impatterebbero sulla qualità dei servizi offerti o sul perimetro dell'intervento pubblico. Tradotto: l'Upb, l'organismo indipendente introdotto dai trattati europei, smentisce categoricamente la bontà delle proposte avanzate dal partito più europeista presente alle elezioni del 4 marzo.

    Ma anche sulle questioni tributarie non sempre gli alleati Pd e +Europa sembrano andare a braccetto. Nel programma di Bonino e Della Vedova viene ipotizzato, tra le righe, un ritorno all'Imu sulla prima casa, quella stessa imposta che Matteo Renzi da presidente del Consiglio ha abolito per tutti, senza distinzione di reddito. Nel capitolo Tasse viene proposta "una rimodulazione dell'onere fiscale verso le imposte indirette (con accorpamento dell'aliquota intermedia dell'IVA con quella più alta) e l'abitazione principale (oggi unica ricchezza priva di forme d'imposta patrimoniale), nell'ottica di creare un sistema tributario più equo e favorevole alla crescita economica". Misura che difficilmente potrebbe essere presa in considerazione dall'alleato Pd, che dell'abolizione dell'Imu sulla prima casa ne ha sempre fatto motivo di vanto.
    C'è poi la massiccia operazione di privatizzazioni nel programma di +Europa che in quello del Pd non trova asilo. Per i +europeisti infatti è necessario privatizzare tutte le imprese pubbliche che operano in mercati concorrenziali per abbattere lo stock di debito e "liberare energie in settori ancora parzialmente protetti". Non solo: l'obiettivo è quello di mettere a gara tutti i servizi pubblici locali. Toni ben diversi usati dal Pd che nel suo programma dedica solo poche righe all'argomento: "Nei servizi pubblici locali si è già intervenuti con un piano di razionalizzazione delle troppe partecipate: adesso bisogna proseguire mettendo al centro la qualità dei servizi e le esigenze dei cittadini". D'altronde, è stato proprio il Pd a presentare un emendamento all'ultima legge di bilancio che ha rimandato ulteriormente il recepimento della direttiva Ue Bolkestein sul commercio ambulante. Beninteso, per un partito come +Europa la direttiva Bolkestein è quasi pari alla Bibbia e non a caso Della Vedova non ha mancato di criticare, a dicembre scorso, la mossa dei dem. Nel programma del Pd la direttiva non viene mai menzionata.
    Infine, tra le righe del programma dei +europeisti si trova anche una sottile critica al fiore all'occhiello della politica renziana, il Jobs Act. Si legge: "Per vent'anni lo scontro sull'articolo 18 è stato così totale da suscitare l'impressione che contenesse la totalità dei problemi da risolvere. L'Italia rimane invece un Paese con bassa occupazione, bassa produttività e bassi salari [...]. Il modello di flexsecurity del Jobs Act, basato su una maggiore flessibilità in uscita attraverso la riduzione delle tutele in caso di licenziamento e su una copertura quasi universale dei sostegni al reddito per chi ha perso il lavoro, non è quindi da considerare la panacea di tutti i mali, ma una tessera di un puzzle di riforme ancora da realizzare".

  2. #2
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    Predefinito Re: Quando mancano ormai poco più di due settimane alle elezioni del 4 marzo, oggi tu

    ho sbagliato a mettere il titolo

 

 

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