In Vietnam dopo il visto d'ingresso concesso dopo lunghi anni all'esule a Thich Nhat Hahn e ad altri monaci, c'è stata, dopo lunghi decenni, una pacificazione, e forse è l'unico paese dove marxismo e buddhismo vivono pienamente d'accordo.
Il buddhismo nella Cina di oggi
La condizione odierna del buddhismo cinese all'interno della Repubblica popolare cinese risente dei drammatici eventi accaduti in Cina nella seconda metà del secolo scorso.
A partire dal 1949 e fino a tutto il 1976, il buddhismo in Cina ha sofferto tragiche persecuzioni e distruzioni dovute all'ideologia anti-religiosa comunista del Governo che in quegli anni era al potere. Da un periodo di pressante controllo si è passati, nel corso della tragica esperienza della Rivoluzione culturale, ad imprigionamenti di massa, assassinii e distruzioni su larga scala di monasteri, templi e opere d'arte religiosa.
Con la morte di Máo Zédōng (毛澤東, 1893-1976) e con la caduta della Banda dei quattro, eventi datati all'autunno 1976, il clima nei confronti delle comunità buddhiste cinesi si è fatto finalmente più favorevole.
Da quel momento il Partito Comunista Cinese è stato più attento e rispettoso delle esigenze di queste comunità religiose e cerca, tutt'oggi, di riparare alle persecuzioni e alle distruzioni dei drammatici decenni della Rivoluzione culturale.
Così, a pochi anni dalla morte di Máo Zédōng, dal 16 al 23 dicembre del 1980 l'Associazione buddhista cinese (中国佛教协会, Zhōngguó Fójiào Xiéhuì, fondata nel 1953, raccoglie tutte le realtà buddhiste del Paese) poté convocare regolarmente, e dopo decenni di assenza, la sua Quarta Assemblea con 254 delegati da tutto il Paese, eleggendo Zhào Pùchū (赵朴初, 1907-2000) come presidente.
Dal 1981 la stessa Associazione ha ripreso a diffondere la sua pubblicazione ufficiale, Fǎyīn (法音, Voce del Dharma), e ha potuto riaprire l'Istituto di studi buddhisti di Pechino.
Il 20 aprile 1983 finalmente il Governo ha varato la "Risoluzione per le ordinazioni monacali" che ha consentito di effettuare le ordinazioni monastiche in modo regolare e non più segreto. La Quinta Assemblea dell'Associazione si è svolta nella primavera del 1987, in quella occasione si è deciso di fondare l'Istituto di Cultura buddhista cinese con una propria biblioteca. Alla Sesta Assemblea, svoltasi nell'ottobre 1993, hanno partecipato direttamente importanti responsabili politici del Governo cinese e del Partito comunista. La Settima Assemblea, come la Sesta, è stata indirizzata soprattutto a condurre l'Associazione in un ambito "coerente" con le "politiche di unità nazionale" promulgate dal Governo. Mentre nel 2003 si è svolto regolarmente il cinquantenario dell'Associazione dei buddhisti cinesi.
Se consideriamo che agli inizi degli anni ottanta erano sopravvissuti solo circa 25 000 tra monaci e monache, la cui quasi totalità aveva trascorso decenni nei campi di rieducazione e di lavoro forzato del Partito Comunista Cinese, si può considerare come estremamente positiva l'evoluzione da quegli anni bui fatti di torture e imprigionamenti per il saṃgha cinese. Le distruzioni dei monasteri e dei templi furono infatti drammatiche, pochi i testi originali sopravvissuti, migliaia le esecuzioni.
Oggi sono principalmente quattro i monasteri che hanno ripreso regolarmente la formazione dei monaci e la loro ordinazione e si trovano a: Qīxiáshān (栖霞山) nei pressi di Nanchino, Nántōng (南通), Chengdu (成都), Monte Pǔtuó (普陀山) nei pressi di Níngbō. Il buddhismo professato da questi monaci è quasi dappertutto sincretico e amalgama dottrine originariamente diverse, derivate soprattutto dalle scuole Chán, Zhēnyán e Jìngtǔ, unite a principi razionalistici di stampo marxista, tesi a realizzare, in questo mondo e attraverso il socialismo, la Terra pura, unendo la pratica meditativa con il lavoro agricolo.[9]
Nei monasteri vengono accuratamente conservati e studiati tutti i testi tradizionali e i loro commentari delle differenti scuole, considerati necessari alla formazione monastica. Le statistiche indicano in circa 200 000 i monaci esistenti oggi in Cina, di cui circa la metà (40 000 monaci e 60 000 monache) appartiene al cosiddetto "buddhismo Han" ovvero al buddhismo di non derivazione lamaista ma autenticamente cinese. I templi oggi funzionanti sono circa diecimila. Tutti questi dati risultano, peraltro, in costante aumento. Come sempre più diffusi sono i pellegrinaggi dei cittadini cinesi sui quattro monti sacri del buddhismo cinese: Monte Wǔtái (五台山) nello Shanxi, Monte Jǐuhuá (九華山) nello Anhui, Monte Éméi (峨嵋山) nel Sichuan, Monte Pǔtuó (普陀山) nello Zhejiang.
Ogni anno circa 500 nuovi studenti-monaci, in genere sono giovani diplomati, entrano a far parte delle istituzioni formative buddhiste.[10] I corsi di queste istituzioni, della durata di due-quattro anni, riguardano la meditazione, lo studio delle scritture buddhiste, la filosofia e una lingua straniera. Alcuni studenti-monaci, terminato il corso, continuano a studiare presso le facoltà universitarie di filosofia. Il corso prevede anche un livello di formazione politica, ma non risulta particolarmente "oneroso". Nel 1995 si è provveduto alla ristampa integrale, in lingua cinese, del Canone buddhista cinese e del Canone tibetano. I contatti tra il saṃgha cinese e i saṃgha degli altri paesi sono costanti. In particolar modo con il saṃgha thailandese e birmano del buddhismo Theravāda. Nel giugno del 1993 il patriarca thailandese Nyanasamvara Suvaddhana (1913-) ha compiuto una visita in Cina dove è stato accolto da migliaia di monaci cinesi e dove ha compiuto, insieme a loro, dei riti religiosi. Nell'agosto del 1995 una folta delegazione buddhista cinese, invitata dalla comunità buddhista francese, ha visitato i luoghi del Dharma di sette paesi europei.
Molto attiva è anche l'Associazione buddhista sino-giapponese, tesa a far conoscere le tradizioni religiose dei due paesi fortemente collegate sul piano storico.
L'Associazione buddhista cinese è, infine, molto attiva sul piano caritatevole e sociale, finanziando la Croce rossa e varie attività nei confronti dei cittadini più bisognosi. I cittadini cinesi stanno riscoprendo in questi anni il valore religioso delle dottrine buddhiste. Anche se non conoscono in modo approfondito tali dottrine si impegnano sempre di più nella osservanza dei precetti religiosi e delle pratiche devozionali. In occasione delle festività religiose i templi si riempiono ormai di migliaia di fedeli i quali, oltre ad accendere gli incensi, ascoltano i sermoni dei monaci e consumano insieme dei pasti vegetariani in un'atmosfera di festività.
Il buddhismo a Taiwan e a Hong Kong
Il tempio di Tzu Chi (Taiwan), sede della ONG buddhista guidata dalla monaca Cheng Yen.
Il buddhismo a Taiwan ha subìto uno sviluppo senza precedenti a partire dal 1949 quando migliaia tra monaci e monache cinesi si riversarono nell'isola per sfuggire alle persecuzioni delle truppe di Máo Zédōng.
Oggi sono circa diecimila i monaci buddhisti presenti a Taiwan con quattromila tra templi e monasteri. Un quarto dei 22 milioni di cinesi di Taiwan si dichiara apertamente buddhista. I lignaggi e gli insegnamenti del buddhismo di Taiwan sono gli stessi di quelli ereditati dalla Cina nazionalista e consistono prevalentemente in lignaggi del buddhismo Chán, ma la caratteristica del buddhismo taiwanese moderno è che ha deciso di eliminare i confini tra le diverse scuole, unendo lignaggi e insegnamenti.
Il buddhismo taiwanese è noto a livello internazionale per le sue attività missionarie e caritatevoli. Tra queste ultime emerge la figura della monaca Cheng Yen (證嚴法師, 1937-), detta "Madre Teresa di Taiwan" per la sua intensa attività di aiuto nei confronti dei malati e dei poveri. Nelle attività volte alla collettività va invece ricordato il monaco Hsing Yun (星雲大師, 1927-), fondatore dell'ordine monastico Fo Guang Shan con sede principale a Kaohsiung (高雄) e promotore di circa trecento monasteri e centri affiliati in tutto il mondo, tra cui il Tempio Hsi Lai (西來寺) a Los Angeles. I buddhisti di Taiwan hanno fondato, il 9 novembre 2001 a Yung Ho (永和, Taipei), il Museo mondiale delle religioni.
Anche il territorio di Hong Kong, governato dal Regno Unito fino al 1997, fu luogo di rifugio per centinaia di monaci buddhisti fuggiti dalla Cina comunista. Soprattutto sull'Isola di Lantau (爛頭) dove ancora oggi esistono circa sessanta templi.
Il saṃgha monastico di Hong Kong conta oggi circa tremila persone, che con i fedeli laici attivi, superano le ventimila unità, tutte aderenti alla Federazione buddhista di Hong Kong (fondata nel 1945) che ha festeggiato il suo cinquantenario il 9 maggio 1995. Tra i templi e i monasteri più importanti nell'area di Hong Kong vanno citati: il monastero di Bǎolián (寶蓮寺) sull'isola di Lantau, il tempio dei Diecimila Buddha (萬佛寺) a Shatin (沙田) e il tempio della Foresta orientale (Dōnglínsì, 东林寺) di Lowai. Il 29 dicembre 1993 è stata inaugurata una enorme statua del Buddha (alta oltre i 26 metri) denominata 天壇大佛 (Tiān Tán Dà Fó) nel monastero di Bǎolián con una grande partecipazione popolare.
Escludendo poi la setta Falun Gong, perseguitata duramente ancora oggi.