Spose bambine made in Usa ? Strisciarossa

Spose bambine
made in Usa
27 OTTOBRE 2017|IN AMERICA|DI MARINA MASTROLUCA

Sherry Johnson aveva 11 anni quando sua madre le chiese se avrebbe voluto sposarsi. Non che la risposta importasse, la decisione era già stata presa. Sherry doveva sposarsi, lo avevano deciso gli anziani della chiesa Pentecostale che la sua famiglia frequentava. Il suo stupratore, di nove anni maggiore di lei, sarebbe diventato suo marito ed ogni cosa sarebbe tornata al suo posto. Nessuno avrebbe più indagato, sua figlia – nata quando Sherry aveva appena 10 anni – avrebbe avuto il nome del padre. Tutto sarebbe tornato a posto. Tranne la sua vita.
La sua storia non arriva dalle lande più oscure del pianeta. E’ accaduta negli Usa, paese che pure difende nei consessi internazionali il diritto delle bambine ad essere tali, e non spose prima del tempo. Sherry è una delle tante. Tra il 2000 e il 2015 ci sono stati circa 250.000 casi di matrimoni di minori, secondo le stime di Unchained at Last, l’organizzazione che si batte perché vengano introdotte leggi specifiche.
Oggi negli Usa le spose bambine sono di fatto un fenomeno legale. In 25 Stati non sono esplicitati limiti d’età per le nozze. In quasi tutti gli altri è possibile a 13-14 anni e sono previste alcune condizioni, come il consenso dei genitori o in caso di gravidanza. Solo l’anno scorso la Virginia – dove era possibile sposarsi anche a meno di 13 anni – ha alzato il limite a 16 e prevede il consenso del minore, verificato da un giudice. Anche il Connecticut, il Texas e lo stato di New York hanno introdotto norme più restrittive. Ma ci sono ancora grandi resistenze. In New Jersey, il governatore Chris Christie ha respinto una legge che avrebbe bandito il matrimonio di minori sostenendo che sarebbe andato contro le consuetudini religiose. In New Hampshire è accaduto lo stesso, quando su iniziativa di una ragazzina degli scout è stata avanzata una proposta analoga.
Le spose bambine sono un fenomeno trasversale alle diverse fedi religiose e con una costante comune: la povertà. Non solo economica, ma anche culturale. Sono nella gran parte dei casi ragazzine stuprate, date in spose per evitare i rigori della legge là dove questa vieta il sesso con i minori. Le nozze sono persino un modo per mascherare la tratta delle minorenni, quando dovesse cadere sotto la lente degli investigatori.
O per evitare lo scandalo, come è accaduto a Sherry Johnson, che oggi è un’attivista che si batte per evitare ad altre quello che ha subito. Nove figli e l’impossibilità di uscire dal suo personale incubo proprio perché minorenne: costretta alle nozze, ma non grande abbastanza per chiedere il divorzio dal suo stupratore. “Hanno preso le manette che avrebbero dovuto mettere ai suoi polsi per metterle a me”, racconta. Niente più scuola, niente futuro, una bimba che cresce altri bambini.
Solo il 14 per cento dei matrimoni al di sotto dei 18 anni negli Usa avviene tra minori. Nella maggior parte dei casi le bambine sposano uomini di età compresa tra i 18 e 29 anni. E poi ci sono i mostri. Una ragazzina di 14 anni sposata con un 74enne in Alabama e una 17enne con un uomo di 65 in Idaho. La maggioranza delle giovani spose ha tra i 16 e i 17 anni. Ma ci sono casi record. Nel 2001 si sono registrati tre matrimoni con altrettante ragazzine di 10 anni, gli sposi avevano invece 24, 25 e 31 anni. In Alaska, Louisiana e South Carolina sono state concesse licenze matrimoniali a bambine di 12.
Insieme all’Arkansas e il Kentucky, l’Idaho è lo stato con la maggiore incidenza di matrimoni di minori (oltre 20 ogni 10.000 abitanti). E’ qua che vive Angel, che oggi ha 26 anni e cinque figli, due dalle seconde nozze. Gli occhi le si riempiono di lacrime davanti alle telecamere della Bbc, quando pensa a come poteva essere e non è stato.
Del suo matrimonio ricorda il brutto vestito di pizzo comprato da sua madre su internet, lei nel soggiorno di casa dove si celebravano le nozze, una foto dove sembra una bambina che fa la prima comunione. Aveva 13 anni, sposava il suo ragazzo per decisione di sua madre, che voleva evitare che si mettesse nei guai. E che, subito dopo il matrimonio, cominciò a farle pressione perché mettesse al mondo un figlio. Ricorda le liti e le botte, i bambini nati uno dietro l’altro. “Mi sentivo una schiava. Della casa, di mia madre”. Poi se n’è tirata fuori, all’età in cui di solito si pensa ancora a cosa farò da grande aveva già una famiglia numerosa. E il rimpianto di tutto quello che avrebbe potuto fare, di cosa sarebbe potuta diventare.