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Discussione: Osservatorio Siria

  1. #21
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    Predefinito re: Osservatorio Siria

    Citazione Originariamente Scritto da Kavalerists Visualizza Messaggio
    Ma al di là dei proclami fatti ed ormai trascorsi, e gli eventuali ricatti, presunti o probabili, che possa subire da questa o quella lobby, non vi sorge il dubbio che abbia fatto quello che ha fatto perche alla fine di tutto resta il solito lurido stronzo di americano yankee pezzo di merda?
    Per me questa resta la risposta più plausibile.
    Voglio dire: questi sono gli USA, lo sono sempre stati e lo saranno finchè esisteranno, almeno finchè resisterà il loro unipolarismo.
    Sono nati non rispettando leggi e trattati che loro stessi firmavano, vedi quelli coi pellerossa, e sono andati avanti così fino ai nostri giorni.
    E così sarà, non importa chi avranno come presidente.
    Anche questo può essere; sicuramente la mentalità americana non aiuta...
    L'idea di essere i guardiani e redentori del mondo agli Americani piace ed è diffusa da quelle parti...
    Venne infine un tempo in cui tutto divenne merce (Karl Marx)

  2. #22
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    Predefinito re: Osservatorio Siria

    Citazione Originariamente Scritto da Canbastardo Visualizza Messaggio
    Il problema oltre a questo è se hanno qualcosa d'altro per tenerlo per le palle, qualcosa che noi non possiamo sapere, ma lui sì...
    Il cambiamento che ha portato all'attacco alla Siria è stato talmente repentino che c'è da pensare anche a cose simili...
    forse qualche storia poco limpida col fisco, in america è un'arma micidiale
    sinistri, siete dei luridi da vomito, fatevene una ragione

  3. #23
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    Predefinito re: Osservatorio Siria

    Citazione Originariamente Scritto da Kavalerists Visualizza Messaggio
    Sono nati non rispettando leggi e trattati che loro stessi firmavano, vedi quelli coi pellerossa, e sono andati avanti così fino ai nostri giorni.
    E così sarà, non importa chi avranno come presidente.
    Punto. Non c'è altra considerazione da fare.

    A mio avviso, poi, la concomitanza incontro Xi-Trump e l'attacco così repentino (andiamo, in 48 ore tutto 'sto ambaradan???) non è un caso. Troppe coincidenze, hanno semplicemente voluto mostrare i muscoli ai cinesi e ai nordcoreani, dato che ormai pensare di rovesciare la situazione in Siria con l'intervento militare, continuato o sporadico che sia, è pressochè impossibile senza scontro con Russia e Iran.

  4. #24
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    Predefinito re: Osservatorio Siria

    Citazione Originariamente Scritto da Kavalerists Visualizza Messaggio
    Ma al di là dei proclami fatti ed ormai trascorsi, e gli eventuali ricatti, presunti o probabili, che possa subire da questa o quella lobby, non vi sorge il dubbio che abbia fatto quello che ha fatto perche alla fine di tutto resta il solito lurido stronzo di americano yankee pezzo di merda?
    Per me questa resta la risposta più plausibile.
    Voglio dire: questi sono gli USA, lo sono sempre stati e lo saranno finchè esisteranno, almeno finchè resisterà il loro unipolarismo.
    Sono nati non rispettando leggi e trattati che loro stessi firmavano, vedi quelli coi pellerossa, e sono andati avanti così fino ai nostri giorni.
    E così sarà, non importa chi avranno come presidente.
    Ma infatti, da uno stato imperialista ci si può solo aspettare il peggio. E questo al di là del fatto che l'amministrazione sia democazzara o repubbli-cagna.
    Potere a chi lavora. No Nato. No Ue. No immigrazione di massa. No politically correct.

  5. #25
    Rossobruno cattivone
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  6. #26
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    Predefinito re: Osservatorio Siria

    Ancora...ma quali altre sanzioni? La Siria non può commerciare più nulla...cos'altro devono sanzionare?
    Venne infine un tempo in cui tutto divenne merce (Karl Marx)

  7. #27
    Rossobruno cattivone
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    Predefinito re: Osservatorio Siria

    Siria, Mosca annuncia a Usa chiusura linea diretta. Trump invia missili Tomahawk sulla 'base dei raid chimici contro Idlib'

    Prima operazione militare contro Assad dell'attuale presidenza americana. "Nessun bambino deve soffrire come quelli"

    Gli Stati Uniti, su ordine del presidente Donald Trump, hanno sferrato il primo attacco militare diretto contro la Siria dall'inizio della crisi sei anni fa. Una svolta maturata in poche ore, nella convinzione del commander in chief che una risposta per l'attacco con armi chimiche attribuito ad Assad non potesse più attendere.

    Una pioggia di missili è piovuta nella notte tra giovedì e venerdì sulla base dalla quale sarebbero decollati i jet siriani per il micidiale raid del 4 aprile, scatenando la durissima reazione di Mosca, che ha parlato di una "grave aggressione" e di "danni notevoli" ai rapporti con gli Stati Uniti". Gli Usa sono arrivati "ad un passo dallo scontro con la Russia", ha minacciato il premier Dimitri Medvedev.

    Ira anche del presidente siriano, che ha accusato gli Usa di comportamento "spericolato e irresponsabile", promettendo che ci sarà una "reazione". Intanto da Mar-a-Lago, dove il presidente Trump sta incontrando il leader cinese Xi Jinping, il segretario al Tesoro, Steven Mnuchin, ha annunciato che gli Usa vareranno a breve nuove sanzioni contro la Siria. La tensione tra Casa Bianca e Cremlino è alle stelle. Tanto più che, intervenendo in Consiglio di sicurezza, l'ambasciatrice Usa Nikki Haley è stata chiara: "Siamo pronti a fare di più se si renderà necessario". Mentre da Mosca il ministero della Difesa ha annunciato al Pentagono la chiusura della linea diretta con gli Usa per prevenire incidenti tra aerei russi e americani nei cieli della Siria. La ritorsione Usa (da Trump definita "vitale per la sicurezza nazionale") apre adesso diversi scenari, con l'incognita sui prossimi passi e le prossime scelte del presidente americano. Il segretario di Stato Tex Tillerson ha ribadito che il futuro dipenderà dalla reazione della Siria. E gli Stati Uniti stanno verificando anche l'ipotesi che la Russia possa aver avuto un qualche ruolo nell'attacco chimico in Siria.

    Per Trump il punto di non ritorno lo hanno segnato quelle immagini dell'ennesima atrocità di Assad: "Nessun bambino dovrebbe soffrire così", ha detto parlando alla nazione da Mar-a-Lago dopo l'attacco sferrato poco dopo le 20.30 ora di Washington - le 3.30 del mattino a Damasco - con il lancio di 59 missili Tomahawk da due cacciatorpedinieri americani nel Mediterraneo orientale (VIDEO). Obiettivo la base aerea di Shayrat, nel centro del Paese, non lontano dalla città di Homs martoriata da sei anni di guerra. La stessa base da cui, secondo fonti di intelligence, sarebbero partiti i jet di Assad che martedì hanno scaricato agenti chimici sulla provincia di Idlib. Tutti i 59 missili Cruise hanno centrato gli obiettivi, ha fatto sapere la Casa Bianca: piste, velivoli, punti di rifornimento. Una "risposta proporzionata", l'ha descritta il Pentagono, che ha "ridotto la capacità del governo siriano di utilizzare armi chimiche". Un attacco "mirato e limitato", di cui Washington aveva preavvertito diversi Paesi, tra cui anche la Russia, circa un'ora prima. Avvertito anche il personale russo presso la base colpita, allo scopo di evitare vittime collaterali.

    Il bilancio dell'agenzia ufficiale siriana Sana è di 15 morti: 6 soldati e 9 civili, tra cui 4 bambini. La reazione del Congresso Usa alla decisione del presidente è stata in generale di sostegno, ma si invoca adesso un maggiore coinvolgimento del ramo legislativo per i passi successivi. Il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres ha invocato "moderazione" per "evitare di peggiorare la sofferenza del popolo siriano", ribadendo che non c'è altra via di quella politica alla soluzione della crisi siriana. Ma la voce di Mosca si è alzata anche a Palazzo di Vetro: "L'aggressione Usa in Siria è illegittima e rafforza il terrorismo", ha tuonato il vice ambasciatore russo all'Onu, Vladimir Safronkov. Uniti, per una volta, anche gli europei nella forte condanna all'uso di armi chimiche. In un comunicato congiunto, il presidente francese François Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno sottolineato come "l'intera responsabilità pesi su Assad", auspicando "sanzioni appropriate delle Nazioni Unite" per l'uso delle armi chimiche. Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha parlato di "risposta motivata" e "limitata" ad un "crimine di guerra", ribadendo l'importanza dell'impegno comune "perché l'Europa contribuisca alla ripresa dei negoziati" con Onu e Russia. A sostegno dell'azione americana si sono schierati anche i nemici storici del regime di Assad, da Israele all'Arabia Saudita, alla Turchia di Erdogan.

    Siria, Mosca annuncia a Usa chiusura linea diretta. Trump invia missili Tomahawk sulla 'base dei raid chimici contro Idlib' - Medio Oriente - ANSA.it

    NOTARE CHE VERME ERDOGAN!
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  8. #28
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    Predefinito re: Osservatorio Siria

    Il genio è uscito dalla lampada

    I 59 Tomahawk lanciati dalle forze armate statunitensi verso la base aerea di al-Shayrat hanno fatto uscire il genio dell’instabilità dalla lampada. Le conseguenze politiche di lungo periodo del ritorno in auge della tradizionale élite neoconservatrice di Washington sono imprevedibili, ma potenzialmente molto pericolose.
    di Andrea Muratore - 8 aprile 2017

    Gettando definitivamente la maschera e compiendo una clamorosa inversione di marcia, il Donald Trump Presidente degli Stati Uniti ha tradito il Donald Trump candidato, ordinando l’attacco missilistico contro la base aerea siriana di al-Shayrat e passando la metaforica “linea rossa” dell’offensiva diretta contro le forze del governo di Bashar al-Assad, che anche Barack Obama non era riuscito ad oltrepassare nella rovente estate del 2013. Nonostante la pioggia di missili Tomahawk proveniente dai cacciatorpediniere USS Ross e USS Porter abbia causato, sotto il profilo materiale, danni relativamente limitati (tra cui la distruzione di sei caccia MiG-23 e di una stazione radar), le conseguenze politico-diplomatiche dell’azione unilateralmente condotta dalle forze armate di Washington sono numerose, dirompenti e potenzialmente destabilizzanti per gli scenari internazionali.

    La dinamica che ha condotto al raid statunitense, infatti, è stata scatenata dalle accuse lanciate contro il governo di Damasco per il presunto attacco chimico condotto il 4 aprile scorso nella provincia di Idlib, sulla cui inconsistenza si era parlato nei giorni scorsi sulle colonne de L’Intellettuale Dissidente. Le accuse contro Assad sono state valido pretesto per l’esternazione del cambio di rotta da parte dell’amministrazione Trump, del voltafaccia consumatosi nel corso di poco più di una settimana: dalle parole possibiliste sul futuro di Assad pronunciate dal Segretario di Stato Rex Tillerson nella giornata del 30 marzo ai missili su al-Shayrat il passo, confermato da una nuova dichiarazione del leader della diplomazia di Washington fondata sul mantra “Assad must go”, è stato breve ma inesorabile. Oltre che un vero e proprio tradimento delle dichiarazioni programmatiche della sua campagna elettorale, le mosse di Trump e del suo governo testimoniano un’ulteriore, grave vulnus dell’azione dell’amministrazione di Washington: la totale assenza di una strategia di fondo in grado di guidare in maniera organica il percorso geopolitico di Washington, che dopo il tramonto dell’era Obama necessitava una svolta decisa.

    La risibile ambizione di Trump, Tillerson e colleghi, ovverosia la trasposizione in campo politico-diplomatico dell’art of the deal degli uomini d’affari quale chiave del successo, si è rivelata fallace alla prova dei fatti, rendendo di conseguenza l’amministrazione vulnerabile alle influenze dei tradizionali apparati di potere statunitensi, tra i quali a prevalere sono stati, in maniera incontestabile, i vertici del Pentagono e gli esponenti del “Deep State” neoconservatore. La conseguenza, sul piano internazionale, è stata il ritorno in auge della dottrina dell’unilateralismo: l’America di Trump, lungi dal farsi isolazionista, pare intenzionata a rilanciare la linea guida strategica tanto cara all’amministrazione Bush e tanto deleteria per gli scenari geopolitici internazionali, Medio Oriente in particolare. Se, come scritto da Diego Fabbri nel numero di Limes di febbraio, era difficile aspettarsi che con Trump gli Stati Uniti potessero rinunciare alla loro vocazione “imperiale”, al tempo stesso un cedimento tanto repentino e incondizionato alle logiche di gruppi di potere in partenza tanto ostili al tycoon repubblicano era decisamente impronosticabile.

    Macerie di edifici abbattuti nel corso dell’attacco delle forze statunitensi contro la base aerea situata nella provincia di Homs.

    Ha vinto l’establishment, come ricordato giustamente da Lorenzo Vita su Gli Occhi della Guerra e Marcello Foa nel suo blog sul sito de Il Giornale: i missili lanciati contro la base aerea sita nella regione di Homs hanno provocato danni ben più gravi di quelli apportati materialmente, che come detto sono stati oltremodo contenuti. Con la sua azione, infatti, nella notte tra giovedì e venerdì Washington ha creato un precedente pericolosissimo, rinfocolando le tensioni internazionali e lanciando un chiaro avvertimento a tutti i Paesi che, in un modo o nell’altro, potrebbero essere considerati nemici degli Stati Uniti. Il ritorno in sella dei NeoCon, infatti, riporta in superficie gli Axis of Evil, gli attacchi preventivi e le retoriche unipolari che sembravano esser stati archiviati con la fine dell’era Bush e seppelliti definitivamente il 20 gennaio scorso al termine della presidenza di Barack Obama. Il passaggio del testimone nella consulenza strategica del Presidente tra il “generale preferito di Trump” Michael T. Flynn e il duo costituito dal Segretario alla Difesa James Mattis e dal nuovo National Security Advisor H. R. McMaster ha avviato la svolta interventista dell’amministrazione, che a partire dall’ampliamento del budget militare ha voluto ben mettere in chiaro la nuova, ambigua interpretazione dello slogan America First!

    La frenetica risposta degli Stati Uniti alla Siria di Assad consente di leggere in maniera certamente più chiara e di assegnare maggiore concretezza alle dichiarazioni che, nelle scorse settimane, tanto Trump quanto Rex Tillerson avevano esternato nei riguardi della Corea del Nord, Paese ritenuto in cima alla lista degli “Stati canaglia” da parte della leadership di Washington e nei confronti del quale l’opzione militare è stata più volte caldeggiata. Al tempo stesso, le ripercussioni politiche dell’attacco dei Tomahawk contro al-Shayrat non mancheranno di investire l’Iran, che tra poco più di un mese sarà chiamato a un cruciale voto presidenziale nel quale le mosse di Trump potrebbero favorire la frangia più conservatrice ostile ad Hassan Rouhani. Corea del Nord, Iran, Cuba, Venezuela: le già problematiche relazioni di diversi governi con Washington saranno certamente tarlate dal sospetto di un possibile “colpo di testa” unilaterale da parte americana in caso di aggravio improvviso delle tensioni bilaterali.

    Se per gli scenari internazionali tira aria di tempesta, nel teatro mediorientale il putiferio si è già completamente scatenato. Il genio è definitivamente uscito dalla lampada: con la sua irresolutezza Washington ha portato al crollo della fragile architettura costruita nel corso degli ultimi mesi per avviare i processi di stabilizzazione degli scenari in Siria ed Iraq. A gioire per la presa di posizione contro Damasco da parte dell’amministrazione Trump sono stati, in primis, il Presidente turco Erdogan e il Primo Ministro israeliano Netanyahu, oltremodo rinfrancati dalla speranza che la vicinanza di Washington possa contribuire a un recupero delle rispettive possibilità strategiche nella regione, via via deterioratesi nel corso degli ultimi anni. Erdogan, vicino alla prova del nove del referendum costituzionale, è nuovamente partito lancia in resta contro Assad, archiviando nel dimenticatoio i recenti tentativi di distensione con Iran e Russia che avevano condotto ai colloqui di Astana; il contributo turco alla pacificazione della Siria risulta in questo modo praticamente compromesso. Nei cieli siriani si sta inoltre consumando la speranza di poter assistere, nei prossimi anni, a una distensione tra Mosca e Washington: le durissime reazioni di Putin alla mossa di Washington lasciano ben poco spazio a un processo di dialogo che, se già in precedenza era da considerare problematico, appare ora più che mai fuori discussione. Anche su questo tema, fondamentalmente, l’establishment ha completamente inghiottito Trump.
    a-timeline-of-rex-tillersons-relationship-with-russian-president-vladimir-putin

    Rex Tillerson con Vladimir Putin. Nominato con l’intento esplicito di fungere da mediatore per il riavvicinamento tra Stati Uniti e Russia, l’attuale Segretario di Stato ed ex CEO di Exxon Mobil ha ben presto finito per adeguarsi alle volontà degli apparati di potere su cui l’attuale amministrazione fa affidamento per garantirsi stabilità.

    Mentre il Deep State prende sopravvento oltre Atlantico e nella stanza dei bottoni rientrano gli artefici di tanti disastri del recente passato, appare più che mai realistico ipotizzare che nei prossimi mesi gli scenari internazionali facciano registrare un rinfocolamento del “Grande Disordine Mondiale” a cui, sull’ultimo numero di Limes, il Professor Aldo Giannuli ha dedicato un’interessante analisi. Sebbene Trump avesse inizialmente aperto a un riconoscimento del sistema multipolare, dopo pochi mesi dal suo insediamento il cambiamento di rotta è stato bruciante e, duole dirlo, desolante. Desolante per chi aveva creduto, seppur senza riporre eccessive speranze in Trump, in una possibile discontinuità col recente passato della politica statunitense e ancor più desolante per milioni di americani che hanno votato una piattaforma elettorale dichiaratamente “anti-establishment”. Per concludere, sono decisamente efficaci le parole di Marcello Foa:

    “Resta una sola flebile speranza: che si tratti di un riposizionamento transitorio e non di una resa. Che l’uomo sia capace di riscattarsi. Ma probabilmente, a questo punto, più che una speranza è un’illusione”.

    Il genio è uscito dalla lampada | L' intellettuale dissidente
    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
    "Solo i ricchi possono permettersi il lusso di non avere Patria."- Ledesma Ramos
    "O siamo un Popolo rivoluzionario o cesseremo di essere un popolo libero" - Niekisch

  9. #29
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    Predefinito re: Osservatorio Siria

    Partito comunista siriano: "La Siria non si inginocchierà all'aggressione imperialista"






    Dichiarazione dell'Ufficio Politico del Partito Comunista Siriano
    da kprf.ru

    Traduzione dal russo di Mauro Gemma, Marx21


    La mattina del 7 aprile, l'esercito statunitense ha sferrato, dalle sue navi di stanza nel Mediterraneo orientale, un massiccio attacco missilistico contro una struttura militare siriana.


    Questo attacco rappresenta un nuovo passo nell'aggressione imperialista statunitense contro la nostra Patria, la Siria, che è stato preceduto dall'arrivo di forze militari americane nel nord-est del paese, senza alcun motivo che possa essere giustificato dal diritto internazionale. Questa aggressione è conseguenza dell'approccio generale dell'imperialismo statunitense nell'attacco alla sovranità degli stati e alla libertà dei popoli, allo scopo di ottenere quella costante espansione, che ad esso è connaturata.


    Ciò si inserisce nella politica aggressiva dell'imperialismo e del sionismo, indirizzata all'annientamento e alla divisione della Siria, che si erge con forza incrollabile contro i progetti di dominazione coloniale in tutta la regione del Mediterraneo orientale e del mondo arabo nel suo complesso.

    La palese aggressione statunitense contro la Siria ha spazzato via ogni illusione sulla possibilità di una America neutrale: l'imperialismo americano rappresenta il principale nemico della libertà dei popoli, tra cui quello siriano. L'America è il più grande terrorista internazionale nel mondo.

    I
    l Partito Comunista Siriano invita le masse del nostro popolo a serrare ancora di più i ranghi di fronte all'aggressione imperialista e a garantire tutto il sostegno possibile al nostro glorioso esercito nazionale in questa dura lotta contro gli aggressori e i loro complici delle bande terroristiche.


    Il Partito Comunista Siriano si rivolge all'opinione pubblica progressista mondiale, a tutte le forze progressiste e democratiche nel mondo libero, con un appello a condannare l'aggressione imperialista statunitense contro la Siria e a rafforzare la solidarietà con la Resistenza nazionale siriana, che sta contribuendo efficacemente alla lotta globale delle forze di liberazione contro l'imperialismo aggressivo.

    Viva la Resistenza nazionale siriana!

    La Siria non si inginocchierà!

    Damasco, 7 aprile 2017

    Partito comunista siriano: "La Siria non si inginocchierà all'aggressione imperialista" - World Affairs - L'Antidiplomatico
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  10. #30
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    Predefinito re: Osservatorio Siria

    Citazione Originariamente Scritto da LupoSciolto° Visualizza Messaggio

    Il Partito Comunista Siriano si rivolge a tutte le forze progressiste e democratiche nel mondo libero
    alla clinton e gentiloni? campa cavallo... o forse pensava a vendola, a quelli dei gessetti o altro folklore più o meno assortito?
    sinistri, siete dei luridi da vomito, fatevene una ragione

 

 
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