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    Predefinito Minniti: c'è un nuovo sceriffo in città

    Ultima modifica di MaIn; 29-08-17 alle 22:27

  2. #2
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    Predefinito Re: Minniti: c'è un nuovo sceriffo in città

    Cosa c?è dietro il dissidio Delrio-Minniti | Avanti!

    Cosa c’è dietro il dissidio Delrio-Minniti Pubblicato il 08-08-2017




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    Non é un contrasto qualsiasi quello emerso nel governo Gentiloni tra i ministri Delrio e Minniti. Sul rapporto col mondo delle Ong, che poi significa anche relazione col cosiddetto volontariato cattolico, e sui modi coi quali lo Stato italiano intende muoversi per applicare le sue leggi, vi é un retroterra culturale e politico difficilmente conciliabile. E’ la differenza che passa tra dossettismo e lapirismo e sinistra tradizionale. Solo in parte interpretate da Margherita e Ds, ma oggi piuttosto mal conciliate nel Pd. Entrambi di una Reggio, Delrio reggiano, Minniti reggino, pare abbiano solo questo in comune. Delrio, che conosco molto bene, proviene dall’associazionismo cattolico. Lui non é mai stato democristiano, ha un trascorso giovanile ribelle, mi ha confessato che la prima volta che ha votato, alle elezioni europee del 1979, ha scelto il Psi. Poi la sua conversione al cattolicesimo politico, la sua militanza nel Partito popolare e nella Margherita, le sue radici nella parrocchia di San Pellegrino di Reggio Emilia e nelle Acli, la formazione dell’associazione Giorgio La Pira, e con essa i suoi rapporti con il Medioriente.

    Graziano è subentrato per il Pipì in Consiglio comunale a Reggio Emilia dopo le dimissioni di un esponente nominato in giunta nel 1999 e l’anno dopo é stato eletto consigliere regionale grazie a un accordo che gli ha permesso di battere il candidato ufficiale dell’on. Castagnetti. In quella circostanza ha abbandonato la professione di medico endocrinologo all’ospedale di Modena. Sindaco di Reggio Emilia nel 2004, dopo un lungo braccio di ferro col Pd locale che gli preferiva un noto avvocato, Romano Corsi, poi rieletto nel 2009 contro il sindaco precedente Antonella Spaggiari, che aveva presentato una sua lista civica, segue l’itinerario della Margherita e il suo ingresso nel Pd. Diventa renziano puro dopo il sostegno che il sindaco di Firenze gli aveva assicurato contro il candidato di Bersani, Emiliano, alla presidenza dell’Anci. Di lì la sua scalata al governo, prima come ministro di Letta, poi come sottosegretario alla presidenza di Renzi e infine come ministro delle Infrastrutture nei governi Renzi e Gentiloni.

    Marco Minniti lo conobbi quando era un giovane post comunista di Reggio Calabria. Erano i primi anni novanta ed era appena nato il Pds. Lui era stato già segretario nella sua provincia e poi lo diventò in regione. Dovette subito fare i conti con gli omicidi della ‘ndrangheta e dedicarsi ai temi della sicurezza. Molto vicino a Massimo D’Alema, che poi abbandonò come tutti i dalemiani, ne divenne sottosegretario alla presidenza tra il 1998 e il 2000. Minniti era uomo votato all’ordine e all’organizzazione, tanto da occuparsene anche a livello nazionale. Uomo di partito, di apparato, dotato di spiccate doti di lavoratore dal culo di ferro, Minniti non si preoccupò molto di essere eletto. Venne candidato e trombato fino al 2001, prima sua elezione alla Camera, poi eletto altre due volte a Montecitorio e nel 2013 a Palazzo Madama. Continuò a occuparsi di organizzazione e di sicurezza. I suoi incarichi di partito e di governo lo confermano. Fu vice ministro della Difesa e degli Interni, poi con Letta e Renzi venne delegato ai Servizi, la delega più riservata e delicata.

    Una sorta di Ugo Pecchioli della nostra epoca, questo Minniti. Nel partito nel 2009 é stato nominato anche presidente nazionale sicurezza del Pd e a fine anno Minniti diede vita a Roma alla Icsa, un centro specializzato a studiare i temi della sicurezza e della difesa con Francesco Cossiga, quello col kappa, alla presidenza. Oggi Minniti si ritrova non solo l’incarico di ministro degli Interni, ma quello, assai rilevante, di uomo simbolo di soluzioni popolari su un tema decisivo a livello elettorale: quello dell’immigrazione. I suoi primo atti sono stati generalmente apprezzati anche dall’opposizione. L’ultimo è quello di stendere un protocollo di intesa con le Ong, alcune sospettate di trafficare cogli scafisti, che prevede una presenza ufficiale di forze di controllo a bordo delle navi. L’associazione Medici senza frontiere si é rifiutata di firmarlo. Nonostante questo il ministro Delrio ha dato, attraverso la Guardia costiera, il suo avvallo al trasbordo di un’imbarcazione di questa associazione nel porto di Lampedusa. Di qui il conflitto tra i due, il rifiuto di Minniti di partecipare al Consiglio dei ministri, la minaccia di dimissioni, la successiva fiducia incassata da Gentiloni unitamente a un’inusuale manifestazione di stima del presidente Mattarella. Non credo che tutto finirà a tarallucci e vino. Per Delrio la priorità é salvare e accudire migranti anche a scapito delle norme italiane, per Minniti prima di tutto c’é la legge e se si fa un’eccezione crolla tutto il castello faticosamente costruito. Due ministri all’opposto. Uno votato alla solidarietà senza eccezione, che difende a spada tratta tutte le Ong, perché in quel mondo ci stanno le sue radici, l’altro votato al rispetto delle regole, fermamente convinto che la solidarietà indiscriminata e disordinata provochi danni e reazioni. L’uno e l’altro incollati in un partito senza identità e incapace di fare sintesi tra due culture così distanti.

  3. #3
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    Predefinito Re: Minniti: c'è un nuovo sceriffo in città

    Il commento di Senaldi: Minniti ministro efficiente, infatti piace a Libero e non alla sinistra - Libero Quotidiano

    Minniti 3, Resto del mondo 0: perché il ministro piace a Libero e non alla sinistra
    15 Agosto 2017
    1aaa
    Minniti 3, Resto del mondo 0: perché il ministro piace a Libero e non alla sinistra
    Marco Minniti 3 - Resto del Mondo 0. Dove nella squadra del resto del mondo militano l' Europa, le organizzazioni non governative, la restante parte del governo italiano, la sinistra, la Boldrini e i suoi amici, i trafficanti di clandestini e altra umanità. Con il suo codice, il ministro dell' Interno ha ridotto in maniera decisiva gli sbarchi e assestato un colpo durissimo ai mercanti di schiavi e ai loro collaboratori, le navi delle ong, che adesso annunciano con piglio ricattatorio la sospensione delle operazioni di salvataggio in mare. Poco danno, visto che già oggi il rapporto tra le vite salvate dalle guardie costiere italiana e libica è di dieci a uno rispetto a quelle salvate dalle navi umanitarie.
    È bastato imporre alle ong il divieto di entrare nelle acque libiche e di intrattenere rapporti con gli scafisti per farle desistere. Il che dimostra: 1) che le suddette organizzazioni facevano servizio taxi e non soccorso marittimo, raccogliendo i migranti appena questi prendevano il mare e prima che si trovassero in difficoltà 2) che davvero c' è una linea rossa tra loro e chi fa partire i gommoni 3) che anche per i marinai umanitari l' immigrazione è un affare esattamente come per gli scafisti, visto che con la scusa di svolgere un lavoro indispensabile raccoglievano fondi da tutti i beoti del mondo, soldi facili che poi si spartivano assegnandosi stipendi invidiabili. Tant' è che ora che il lavoro, da svolgersi in mare aperto, 70 miglia al largo delle coste libiche diventa difficile, rinunciano a farlo.
    Se si pensa che, per arrivare a questo, Minniti ha dovuto disertare il consiglio dei ministri e minacciare le dimissioni, si capisce la qualità di chi ci governa; che ora, se avesse coerenza e dignità, farebbe un passo indietro. Ma basta politica. Usiamo ancora poche righe per ringraziare il ministro e tesserne l' elogio. Lo so, è di sinistra, è perfino un ex comunista dalemiano, ma nessuno è perfetto, e poi ha avuto la forza di usare metodi che altri hanno definito fascisti per risolvere il problema. In fondo, che sia di destra o di sinistra, a noi non importa nulla, è un duro e ci interessa che abbia tamponato - fino a quando non si sa, ma almeno per ora godiamo - un' emergenza nazionale con cocciutaggine, temperamento, coraggio e patriottismo.
    L' ha fatto solo contro tutti, all' inizio anche contro la nostra perplessità, affrontando una sfida che lui stesso ci confidò di ritenere «quasi impossibile».
    I buonisti accusano Minniti di aver agito non per risolvere un' emergenza che stava travolgendo l' Italia ma per interesse personale, in quanto aspirerebbe a diventare premier. In tal caso i suoi nemici possono stare tranquilli, il fatto di aver risolto un problema enorme esclude automaticamente il ministro dell' Interno dalla corsa.
    Non penserete mica che l' Europa, Renzi, le banche, i poteri forti e i profughi vari della nostra politica accettino che a Palazzo Chigi vada uno più bravo, efficiente e risoluto di loro? Non siate ingenui, anche Minniti sa che avendo fatto qualcosa per gli italiani si è rovinato la carriera.


    di Pietro Senaldi

  4. #4
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    Predefinito Re: Minniti: c'è un nuovo sceriffo in città

    Citazione Originariamente Scritto da MaIn Visualizza Messaggio
    Cosa c?è dietro il dissidio Delrio-Minniti | Avanti!

    Cosa c’è dietro il dissidio Delrio-Minniti Pubblicato il 08-08-2017




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    Non é un contrasto qualsiasi quello emerso nel governo Gentiloni tra i ministri Delrio e Minniti. Sul rapporto col mondo delle Ong, che poi significa anche relazione col cosiddetto volontariato cattolico, e sui modi coi quali lo Stato italiano intende muoversi per applicare le sue leggi, vi é un retroterra culturale e politico difficilmente conciliabile. E’ la differenza che passa tra dossettismo e lapirismo e sinistra tradizionale. Solo in parte interpretate da Margherita e Ds, ma oggi piuttosto mal conciliate nel Pd. Entrambi di una Reggio, Delrio reggiano, Minniti reggino, pare abbiano solo questo in comune. Delrio, che conosco molto bene, proviene dall’associazionismo cattolico. Lui non é mai stato democristiano, ha un trascorso giovanile ribelle, mi ha confessato che la prima volta che ha votato, alle elezioni europee del 1979, ha scelto il Psi. Poi la sua conversione al cattolicesimo politico, la sua militanza nel Partito popolare e nella Margherita, le sue radici nella parrocchia di San Pellegrino di Reggio Emilia e nelle Acli, la formazione dell’associazione Giorgio La Pira, e con essa i suoi rapporti con il Medioriente.

    Graziano è subentrato per il Pipì in Consiglio comunale a Reggio Emilia dopo le dimissioni di un esponente nominato in giunta nel 1999 e l’anno dopo é stato eletto consigliere regionale grazie a un accordo che gli ha permesso di battere il candidato ufficiale dell’on. Castagnetti. In quella circostanza ha abbandonato la professione di medico endocrinologo all’ospedale di Modena. Sindaco di Reggio Emilia nel 2004, dopo un lungo braccio di ferro col Pd locale che gli preferiva un noto avvocato, Romano Corsi, poi rieletto nel 2009 contro il sindaco precedente Antonella Spaggiari, che aveva presentato una sua lista civica, segue l’itinerario della Margherita e il suo ingresso nel Pd. Diventa renziano puro dopo il sostegno che il sindaco di Firenze gli aveva assicurato contro il candidato di Bersani, Emiliano, alla presidenza dell’Anci. Di lì la sua scalata al governo, prima come ministro di Letta, poi come sottosegretario alla presidenza di Renzi e infine come ministro delle Infrastrutture nei governi Renzi e Gentiloni.

    Marco Minniti lo conobbi quando era un giovane post comunista di Reggio Calabria. Erano i primi anni novanta ed era appena nato il Pds. Lui era stato già segretario nella sua provincia e poi lo diventò in regione. Dovette subito fare i conti con gli omicidi della ‘ndrangheta e dedicarsi ai temi della sicurezza. Molto vicino a Massimo D’Alema, che poi abbandonò come tutti i dalemiani, ne divenne sottosegretario alla presidenza tra il 1998 e il 2000. Minniti era uomo votato all’ordine e all’organizzazione, tanto da occuparsene anche a livello nazionale. Uomo di partito, di apparato, dotato di spiccate doti di lavoratore dal culo di ferro, Minniti non si preoccupò molto di essere eletto. Venne candidato e trombato fino al 2001, prima sua elezione alla Camera, poi eletto altre due volte a Montecitorio e nel 2013 a Palazzo Madama. Continuò a occuparsi di organizzazione e di sicurezza. I suoi incarichi di partito e di governo lo confermano. Fu vice ministro della Difesa e degli Interni, poi con Letta e Renzi venne delegato ai Servizi, la delega più riservata e delicata.

    Una sorta di Ugo Pecchioli della nostra epoca, questo Minniti. Nel partito nel 2009 é stato nominato anche presidente nazionale sicurezza del Pd e a fine anno Minniti diede vita a Roma alla Icsa, un centro specializzato a studiare i temi della sicurezza e della difesa con Francesco Cossiga, quello col kappa, alla presidenza. Oggi Minniti si ritrova non solo l’incarico di ministro degli Interni, ma quello, assai rilevante, di uomo simbolo di soluzioni popolari su un tema decisivo a livello elettorale: quello dell’immigrazione. I suoi primo atti sono stati generalmente apprezzati anche dall’opposizione. L’ultimo è quello di stendere un protocollo di intesa con le Ong, alcune sospettate di trafficare cogli scafisti, che prevede una presenza ufficiale di forze di controllo a bordo delle navi. L’associazione Medici senza frontiere si é rifiutata di firmarlo. Nonostante questo il ministro Delrio ha dato, attraverso la Guardia costiera, il suo avvallo al trasbordo di un’imbarcazione di questa associazione nel porto di Lampedusa. Di qui il conflitto tra i due, il rifiuto di Minniti di partecipare al Consiglio dei ministri, la minaccia di dimissioni, la successiva fiducia incassata da Gentiloni unitamente a un’inusuale manifestazione di stima del presidente Mattarella. Non credo che tutto finirà a tarallucci e vino. Per Delrio la priorità é salvare e accudire migranti anche a scapito delle norme italiane, per Minniti prima di tutto c’é la legge e se si fa un’eccezione crolla tutto il castello faticosamente costruito. Due ministri all’opposto. Uno votato alla solidarietà senza eccezione, che difende a spada tratta tutte le Ong, perché in quel mondo ci stanno le sue radici, l’altro votato al rispetto delle regole, fermamente convinto che la solidarietà indiscriminata e disordinata provochi danni e reazioni. L’uno e l’altro incollati in un partito senza identità e incapace di fare sintesi tra due culture così distanti.
    Non ne uscirà mai alcuna sintesi, semplicemente perchè è impossibile.
    Comunque tra i due Minniti, senza dubbio, Delrio può solo continuare a fare danni all'Italia.
    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
    "Solo i ricchi possono permettersi il lusso di non avere Patria."- Ledesma Ramos
    "O siamo un Popolo rivoluzionario o cesseremo di essere un popolo libero" - Niekisch

  5. #5
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    Predefinito Re: Minniti: c'è un nuovo sceriffo in città

    Citazione Originariamente Scritto da MaIn Visualizza Messaggio
    Il commento di Senaldi: Minniti ministro efficiente, infatti piace a Libero e non alla sinistra - Libero Quotidiano

    Minniti 3, Resto del mondo 0: perché il ministro piace a Libero e non alla sinistra
    15 Agosto 2017
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    Minniti 3, Resto del mondo 0: perché il ministro piace a Libero e non alla sinistra
    Marco Minniti 3 - Resto del Mondo 0. Dove nella squadra del resto del mondo militano l' Europa, le organizzazioni non governative, la restante parte del governo italiano, la sinistra, la Boldrini e i suoi amici, i trafficanti di clandestini e altra umanità. Con il suo codice, il ministro dell' Interno ha ridotto in maniera decisiva gli sbarchi e assestato un colpo durissimo ai mercanti di schiavi e ai loro collaboratori, le navi delle ong, che adesso annunciano con piglio ricattatorio la sospensione delle operazioni di salvataggio in mare. Poco danno, visto che già oggi il rapporto tra le vite salvate dalle guardie costiere italiana e libica è di dieci a uno rispetto a quelle salvate dalle navi umanitarie.
    È bastato imporre alle ong il divieto di entrare nelle acque libiche e di intrattenere rapporti con gli scafisti per farle desistere. Il che dimostra: 1) che le suddette organizzazioni facevano servizio taxi e non soccorso marittimo, raccogliendo i migranti appena questi prendevano il mare e prima che si trovassero in difficoltà 2) che davvero c' è una linea rossa tra loro e chi fa partire i gommoni 3) che anche per i marinai umanitari l' immigrazione è un affare esattamente come per gli scafisti, visto che con la scusa di svolgere un lavoro indispensabile raccoglievano fondi da tutti i beoti del mondo, soldi facili che poi si spartivano assegnandosi stipendi invidiabili. Tant' è che ora che il lavoro, da svolgersi in mare aperto, 70 miglia al largo delle coste libiche diventa difficile, rinunciano a farlo.
    Se si pensa che, per arrivare a questo, Minniti ha dovuto disertare il consiglio dei ministri e minacciare le dimissioni, si capisce la qualità di chi ci governa; che ora, se avesse coerenza e dignità, farebbe un passo indietro. Ma basta politica. Usiamo ancora poche righe per ringraziare il ministro e tesserne l' elogio. Lo so, è di sinistra, è perfino un ex comunista dalemiano, ma nessuno è perfetto, e poi ha avuto la forza di usare metodi che altri hanno definito fascisti per risolvere il problema. In fondo, che sia di destra o di sinistra, a noi non importa nulla, è un duro e ci interessa che abbia tamponato - fino a quando non si sa, ma almeno per ora godiamo - un' emergenza nazionale con cocciutaggine, temperamento, coraggio e patriottismo.
    L' ha fatto solo contro tutti, all' inizio anche contro la nostra perplessità, affrontando una sfida che lui stesso ci confidò di ritenere «quasi impossibile».
    I buonisti accusano Minniti di aver agito non per risolvere un' emergenza che stava travolgendo l' Italia ma per interesse personale, in quanto aspirerebbe a diventare premier. In tal caso i suoi nemici possono stare tranquilli, il fatto di aver risolto un problema enorme esclude automaticamente il ministro dell' Interno dalla corsa.
    Non penserete mica che l' Europa, Renzi, le banche, i poteri forti e i profughi vari della nostra politica accettino che a Palazzo Chigi vada uno più bravo, efficiente e risoluto di loro? Non siate ingenui, anche Minniti sa che avendo fatto qualcosa per gli italiani si è rovinato la carriera.


    di Pietro Senaldi
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    p.s.: del resto quando su questo forum il ministro vieno tacciato di essere fascio, nazi, razzista, dal peggio dei nazidemocratici del forum, tipo Rotwang, tancredi, the fool, per intenderci, solo per voler porre un freno all'immigrazione clandestina ed ai loschi traffici ormai appurati tra scafisti ed alcune ONG, allora capisci che sta davvero facendo qualcosa di buono e di utile per l'Italia.
    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
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    Predefinito Re: Minniti: c'è un nuovo sceriffo in città

    Allarme sicurezza stradale, operazione "Tolleranza zero" della Polizia - Repubblica.it

    Allarme sicurezza stradale, operazione "Tolleranza zero" della Polizia
    Basta fare cassa con Autovelox e duro contrasto all’uso di telefonini e smartphone, guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, mancato utilizzo delle cinture di sicurezza e del casco: Ecco la direttiva del Ministro dell’Interno

    di VINCENZO BORGOMEO
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    22 luglio 2017
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    Allarme sicurezza stradale, operazione "Tolleranza zero" della Polizia
    Il numero uno della Polizia Stradale Giuseppe Bisogno (imagoec)
    Pugno di ferro contro l’uso di telefonini e smartphone, guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, mancato utilizzo delle cinture di sicurezza e del casco. E basta a fare cassa con Autovelox: ecco il senso della "Direttiva Minniti" un documento ufficiale che lancia la tolleranza zero per contrastare quelli che sono considerati i comportamenti più pericolosi, "con l’intento di favorire l’impiego diffuso della tecnologia non a fini esclusivamente sanzionatori, ma in modo funzionale e coerente con l’obiettivo di ridurre drasticamente gli incidenti stradali" come spiegano al Ministero dell'Interno.
    Autovelox nascosti, ecco le trappole segnalate dai lettori
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    I numeri, allarmanti, sull'incremento degli incidenti stradali mortali registrati da Polizia di Stato ed Arma dei Carabinieri fino a metà luglio del 2017 ( + 1% rispetto allo stesso periodo del 2016) d'altra parte non potevano rimanere ignorati. Ed ecco - dopo la modifica al codice della strada sulle sanzioni per l'uso del cellulare alla guida e i bambini dimenticati in auto - la risposta. Una precisa direttiva corredata da un aggiornato disciplinare tecnico sulle modalità di collocazione dei dispositivi e dei mezzi tecnici di controllo per il rilevamento degli eccessi di velocità, adattato alle esigenze tecniche e normative intervenute in questi anni.

    Ecco, punto per punto, tutte le principali novità:
    • Il costante monitoraggio, da parte dei Prefetti, sulla collocazione dei sistemi di rilevazione della velocità affinché risultino motivati esclusivamente da condivise esigenze di sicurezza stradale;
    • la riclassificazione e più efficiente definizione dei sistemi di rilevamento della velocità in tre grandi categorie : fissi (es. il Tutor ed il Vergilius) temporanei (l’autovelox) e mobili (apparecchiatura utilizzata da un veicolo in movimento);
    • la taratura e verifica della funzionalità delle apparecchiature, che avverrà con cadenza annuale, come peraltro stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 113 del 29 aprile 2015;
    • una precisa delimitazione delle attività di assistenza tecnica dei soggetti privati, che non devono mai interferire con quella dell’organo di polizia e comunque essere svolte sotto il controllo di quest’ultimo;
    • le spese di accertamento gravanti sul trasgressore, che dovranno essere ben circostanziate e documentate;
    • la possibilità di effettuare riprese frontali con dispositivi da remoto purché si proceda all’oscuramento automatico dell’abitacolo e quindi al non riconoscimento delle persone a bordo del veicolo;
    • regole più puntuali, utilizzando apposito cartello, per presegnalare e rendere visibili le postazioni di controllo della velocità, che potranno funzionare anche su entrambi i sensi di marcia.

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    Predefinito Re: Minniti: c'è un nuovo sceriffo in città

    Sale veloce la stella di Minniti il Libico | Avanti!

    Sale veloce la stella di Minniti il Libico Pubblicato il 29-08-2017




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    minniti

    Gli sbarchi dei migranti in Italia si sono dimezzati a luglio e ad agosto: il più importante successo di Paolo Gentiloni, ora riconosciuto anche da Francia, Germania e Spagna, in realtà è targato Marco Minniti. Da dicembre il ministro dell’Interno lavora sodo e in silenzio ad un’impresa che sembrava impossibile: fermare la valanga d’immigrati disparati che da anni attraversano il Mediterraneo per raggiungere l’Italia, prima tappa temporanea (ma molte volte definitiva) verso l’Europa.

    Minniti, 61 anni, orgoglioso, calabrese, appassionato di aerei col sogno da ragazzo di fare il pilota, famiglia di generali dell’Aeronautica, Pci-Pds-Ds-Pd, ex dalemiano che non ha seguito nella scissione a sinistra l’ex presidente del Consiglio, è riservatissimo. Non parla del bollente dossier libico sul quale si sono bruciati tanti governi, tanti presidenti del Consiglio e tanti ministri dell’Interno. Giusto nella conferenza stampa al Viminale di Ferragosto si era limitato ad osservare: «Sul fronte dei migranti in Libia comincia a muoversi qualcosa».

    Già, l’impresa titanica di frenare l’immigrazione sembra riuscire. Minniti, per realizzare l’obiettivo, ha giocato la carta del dialogo con i sindaci e con i capi delle tribù libiche. Li ha incontrati più volte a Roma e in Libia. L’ultima riunione con 14 sindaci delle comunità libiche è avvenuta al Viminale la scorsa settimana. È stato un successo. Nel comunicato stampa finale congiunto si sono indicati «i trafficanti di uomini» come «un nemico comune». L’impegno dell’Italia e della Libia è individuato nel «fornire alternative di crescita e sviluppo» alle comunità locali. In sintesi: i sindaci della Tripolitania (frontiera marina a nord del paese) e quelli del Fezzan (la parte desertica meridionale del confine) chiedono fondi (e l’Italia concorda) per realizzare opere pubbliche, in particolare ospedali e scuole. In cambio danno il disco verde alla sorveglianza delle frontiere.

    Emmanuel Macron, Angela Merkel, Mariano Rajoy, nel vertice di ieri a Parigi con Gentiloni, allargato ai leader di Libia. Niger e Ciad, hanno approvato e lodato l’Italia. C’è il sì al finanziamento dei progetti di sviluppo indicati a livello locale dai sindaci libici. Il presidente del Consiglio Italiano ha indicato la formula vincente con due parole: crescita e lavoro in Africa per contenere l’immigrazione. Il presidente della Repubblica francese, in particolare, ha elogiato il piano dell’Italia per combattere i trafficanti e ridurre i flussi migratori: «Il lavoro tra Italia e Libia è un ottimo modello…L’intesa tra Italia e Libia è stata perfetta».

    Se ci sarà anche la parte economica del patto tra Roma e Tripoli, continuerà a funzionare anche quella militare. Da qualche mese la guardia costiera del paese nord africano, al contrario del passato, sta bloccando le partenze dei barconi dei migranti e sta combattendo i trafficanti di uomini. Utilizza anche le quattro motovedette fornite dall’Italia a giugno. Il flusso dei profughi bloccato è gigantesco: una marea di africani, in maggioranza provenienti da Ciad, Sudan, Niger, Nigeria, Mali, Eritrea, sta confluendo ed è confluita in Libia. Si parla di 700 mila persone accolte, in molti casi in condizioni umane pessime, in decine di campi. L’obiettivo è di farli tornare nelle loro case.

    L’emergenza immigrati occupa Minniti a tempo pieno. Al Viminale ha anche organizzato una “Cabina di regia” con i ministri dell’Interno di Libia, Ciad, Mali e Niger; ieri si è tenuta la seconda riunione poco prima del vertice di Parigi. Il principale obiettivo è combattere i trafficanti e i criminali di ogni tipo, e realizzare centri di accoglienza per i migranti irregolari in Ciad e Niger e migliorare quelli esistenti in Libia.

    I problemi politici, economici, etnici, culturali sono enormi. La Libia è un insieme di etnie e di culture diverse che fanno fatica a convivere dopo il crollo della dittatura di Muammar Gheddafi nel 2011. Da allora la nazione è nel caos e nel vuoto di una autorità centrale forte, proliferano i terroristi islamici dell’Isis e le molteplici organizzazioni criminali.

    La stabilizzazione del paese, detentore di grandi giacimenti petroliferi e di gas, è difficile. Il governo Gentiloni riconosce, tratta e ha stipulato accordi con Fayez al Serray, premier del governo di Tripoli, un esecutivo di accordo nazionale sostenuto dalle Nazioni unite. Tuttavia Fayez al Serray guida un governo debole che, a stento, controlla la Tripolitania. Il generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, sostenuto dall’Egitto e dalla Russia, contesta al Serray e, in passato, ha duramente criticato l’Italia.

    Ma da qualche tempo tace. Sembra che Minniti abbia avviato anche con l’uomo forte del governo di Tobruk un dialogo positivo, allargato anche all’Egitto, la potenza regionale vicina alla Russia di Putin. Una intesa globale, alla quale lavora Minniti il Libico, sembra possibile. Non a caso Macron, che a fine luglio aveva invitato a Parigi al Serray e Haftar tentando di scavalcare l’Italia, ha fatto un buco nell’acqua e ora ha deciso di appoggiare il piano italiano sulla Libia. Sempre che il vertice di ieri a Parigi tra Francia, Germania, Spagna e Italia riesca a mantenere fede in sede di Unione europea ai proclamati impegni.

    Minniti, nel massimo riserbo, ha portato a casa vari successi politici e diplomatici in Libia e con i principali paesi europei sullo spinoso problema dell’immigrazione. Lo aiutano la tenacia, la conoscenza degli apparati dello Stato e la regola del silenzio. Ha fatto tesoro della conoscenza dei servizi segreti: per anni è stato sottosegretario alla presidenza del Consiglio con la delega ai servizi di sicurezza prima di approdare alla guida del cruciale Viminale. Nonostante la debolezza del governo Gentiloni, la stella di Minniti il Libico sale veloce nel firmamento della politica italiana. Sale forse anche troppo velocemente.

    Rodolfo Ruocco
    (Sfogliaroma)

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