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    Predefinito Re: 125 anni di democrazia diretta

    Al Parlamento piace il referendum finanziario obbligatorio, ma «light»
    Il Gran Consiglio ha deciso con 4 voti di scarto di sostenere un controprogetto meno severo rispetto all’iniziativa costituzionale di Sergio Morisoli - L’ultima parola spetta al popolo, che dovrà decidere se introdurlo in forma diretta o indiretta oppure se bocciare entrambe le proposte

    Il Ticino dovrà decidere se essere il diciannovesimo Cantone ad adottare lo strumento del referendum finanziario obbligatorio. In quale forma, diretta o indiretta, e se introdurlo, lo deciderà in ultima battuta il popolo. In votazione popolare i cittadini potranno scegliere se approvare la proposta contenuta nell’iniziativa popolare costituzionale «Basta tasse e basta spese» presentata nel 2017 da Sergio Morisoli (UDC) - la quale prevede di portare alle urne le spese uniche oltre i 20 milioni e quelle annuali superiori ai 5 milioni per almeno 4 anni - oppure un controprogetto più «light» della Commissione costituzione e leggi, approvato oggi dal Parlamento, che suggerisce invece di aumentare queste soglie a 30 e, rispettivamente, 6 milioni e non prevede l’automatismo del voto popolare (per portare i cittadini alle urne servirà anche il voto favorevole in Parlamento di almeno un terzo dei presenti e un minimo di 25 deputati). La terza via possibile resta beninteso il respingimento di entrambe le proposte.

    La controproposta al testo conforme, che prevede appunto un referendum indiretto (cioè su attivazione parlamentare) e paletti meno stretti, ha avuto luce verde dal plenum, che ha accolto con 42 voti favorevoli, 38 contrari e nessuna astensione il relativo rapporto di maggioranza (relatrice la deputata dell’UDC Lara Filippini). Non ha invece avuto seguito la proposta della minoranza commissionale del relatori Carlo Lepori (PS) e Michela Ris (PLR), la quale chiedeva al Gran Consiglio di raccomandare la bocciatura dell’iniziativa. Favorevoli al controprogetto si sono espressi Lega, UDC, MPS, la maggioranza del PPD e parte dei Verdi. Contrari, invece, PS, PC e la maggioranza del PLR.

    Il dibattito

    In attesa della votazione popolare, il tema del referendum finanziario obbligatorio ha spaccato il Parlamento. Un’idea troppo estrema per alcuni, dal momento che c’è già lo strumento del referendum facoltativo, della raccolta firme. Per altri invece, a non essere andata giù è la controproposta che implica l’attivazione parlamentare, in quanto darebbe un eccessivo potere a una minoranza di deputati.
    «I conti del Cantone non tornano e senza interventi di correzione il debito pubblico passerà da 1.9 miliardi di oggi ai 3 miliardi nel 2024. È la logica conseguenza di una spesa che è ormai sfuggita dal controllo, sia tecnico che politico», ha esordito l’iniziativista, espressosi a favore della controproposta. «Il referendum finanziario obbligatorio non è uno strumento di risanamento finanziario, bensì di disciplina e controllo». Per il deputato democentrista, una sua introduzione gioverebbe però ai conti pubblici: «L’analisi finanziaria su più decenni ha dimostrato che i Cantoni che prevedono il referendum finanziario obbligatorio hanno i conti più in ordine e minori debiti di chi non ce l’ha». Ma non solo: «Questo sistema, di coinvolgimento dei cittadini riavvicinerebbe molte persone alla politica dovendosi informare, dibattere, sostenere o avversare certe spese sulle quali si dovrà votare». E a proposito del ricorso alle urne, Morisoli ha osservato che, qualora questo tipo di strumento fosse introdotto, in Ticino «si voterebbe su tre-quattro oggetti all’anno in caso di referendum diretto e due per la versione indiretta». Anche la relatrice di maggioranza ha sottolineato l’importanza di un «maggior coinvolgimento» del popolo nelle decisioni di Governo e Parlamento. Senza dimenticare, ha proseguito Filippini, che con il referendum «si stimola un autocontrollo di Governo e Parlamento. Se fanno bene i loro compiti i cittadini si esprimeranno solo sui temi veramente necessari».

    Di parere diametralmente opposto i due relatori di minoranza: «Il Parlamento svolge la sua funzione di controllo del Governo, ma secondo gli interpellanti ciò non è sufficiente», ha rimarcato Ris. «Il rischio è evidente: si priva, seppur parzialmente, il Parlamento e le Commissioni delle sue funzioni, con il risultato di generare un eccesso di democrazia fine e sé stesso. Inoltre, secondo la deputata si tratta di uno strumento ridondante: «le statistiche mostrano che quasi tutti gli oggetti portati in votazione dal referendum obbligatorio nei cantoni che lo prevedono sono stati approvati a larghissima maggioranza, eccetto spese specifiche come il credito per i Giochi olimpici nei Grigioni». Sull’accresciuta partecipazione del popolo, la deputata liberale radicale ha ipotizzato che un aumento del numero di votazioni, magari ravvicinate tra loro, potrebbe portare all’effetto contrario, alla disaffezione. «Voler introdurre un simile strumento è una mancanza di fiducia nel nostro lavoro», ha dal canto suo affermato Lepori. «Dubito che il coinvolgimento popolare debba essere nella forma della partecipazione. Con il referendum il popolo viene a chiamato a decidere in un ambito di democrazia plebiscitaria dopo un iter parlamentare durato anni. I cittadini sono informati e se hanno dei dubbi possono già ricorrere al referendum facoltativo».

    Passando alle posizioni delle varie forze politiche, per il fronte dei contrari la capogruppo del PLR Alessandra Gianella ha fatto presente che un tale strumento «non è necessario» in quanto «la legge prevede l’approvazione parlamentare a maggioranza assoluta delle spese uniche superiori al milione di franchi», mentre i cittadini hanno a disposizione il referendum facoltativo. E il controprogetto, ha concluso, altro non è che un mero «cerotto», che concede il diritto di referendum «a una netta minoranza del Parlamento». Per il no si sono schierati anche i socialisti. Anche la deputata Anna Biscossa ha ribadito che il referendum facoltativo è un’alternativa più che valida: «Ci trovassimo a 6 chilometri più a sud di dove ci troviamo ora (in Italia, ndr.) potrei capire la necessità di controllare con più cura le decisioni di Governo e Parlamento. Ma siamo in Svizzera e abbiamo già lo strumento necessario. Inoltre, l’iniziativa secca fa capire che il popolo che ci ha eletti deve ancora controllarci, la controproposta è ancora peggio visto che un gruppo minoritario di deputati stabilisce che non siamo capaci di decidere».

    Dall’altra parte della barricata, quella dei favorevoli al controprogetto, un sì si è levato dai banchi della Lega, del PPD e dell’UDC. «In un paese in cui si fa un vanto della democrazia diretta è giusto che i cittadini si possano esprimere su spese di un certo livello», ha rimarcato Sabrina Aldi. «Parte del nostro gruppo sarebbe favorevole a un referendum diretto ma per cercare un consenso appoggeremo la forma indiretta». La popolare democratica Sabina Gendotti ha dal canto suo parlato di «un’alternativa sostenibile» all’iniziativa.

    Nel suo intervento prima del voto, il direttore del DFE Christian Vitta ha ribadito la posizione contraria del Governo, evidenziando come «all’atto pratico il referendum finanziario obbligatorio potrebbe moltiplicare le votazioni su oggetti che non sollecitano l’interesse dei cittadini. Ciò potrebbe comportare una banalizzazione del voto popolare».
    https://www.cdt.ch/ticino/politica/a...?_sid=Z4nXRuQE

  2. #92
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    Predefinito Re: 125 anni di democrazia diretta

    Lancio di un’iniziativa a favore del denaro contante
    Monete e banconote non devono sparire dalla circolazione: è quanto chiede un comitato

    Monete e banconote non devono sparire dalla circolazione. È quanto chiede un comitato che oggi a Berna ha lanciato un’iniziativa per fare in modo che il denaro contante venga mantenuto anche in futuro come mezzo di pagamento.
    «Il contante è un simbolo di libertà, di indipendenza e di sicurezza», ha detto ai media Richard Kohler, presidente del Movimento per la libertà Svizzera (MLS) e all’origine dell’iniziativa «Sì a una valuta svizzera libera e indipendente sotto forma di monete o banconote». A suo avviso, si tratta di un’alternativa semplice e accessibile rispetto ai pagamenti elettronici ed è un sistema che non deve assolutamente scomparire.
    Il testo esige che il denaro contante sia sempre disponibile in quantità sufficiente e che la sostituzione del franco con un’altra moneta sia sottoposta al voto del popolo e dei cantoni.

    Indebolire la società

    «In molti Paesi si stanno introducendo limiti al prelievo di contanti. Il denaro contante viene presentato ora come qualcosa di pericoloso e superato», ha sottolineato Charly Pache, responsabile della comunicazione del MLS, ricordando come in Francia e Italia non è più possibile pagare in contanti per acquisti superiori a 1000 o 2000 euro.
    Pure la Banca Nazionale Svizzera (BNS) sta lavorando all’introduzione di un franco digitale, anche se esso sarà disponibile - almeno inizialmente - solo per gli istituti finanziari. «Corriamo più rischi e indeboliamo la nostra società se non conserviamo il nostro denaro contante», ha poi sottolineato Pache.
    «Le restrizioni o la scomparsa dei contanti aprirebbero la strada alla sorveglianza permanente delle nostre spese e attività», ha aggiunto Pache. I promotori dell’iniziativa sono particolarmente preoccupati degli sviluppi estremi, come il «sistema di credito sociale» cinese. Per il comitato d’iniziativa è chiaro: «Questo è un ‘No-Go’ in una democrazia come la Svizzera».
    A essere un problema è anche la dipendenza totale dai sistemi informatici, ha spiegato Pache, facendo l’esempio di un possibile black-out o di semplici malfunzionamenti che potrebbero però compromettere la possibilità di effettuare transazioni.

    Tempo fino al 17 febbraio 2023

    Il comitato promotore dell’iniziativa ha ora tempo fino al 17 febbraio 2023 per trovare le 100’000 firme necessarie, poi toccherà al Parlamento chinarsi sulla questione. Nel 2019, il legislativo aveva respinto un’iniziativa del Canton Zugo che chiedeva di ancorare nella legge l’esistenza dei tagli delle banconote da 10, 20, 50, 100, 200 e 1000 franchi.
    Stando alla maggioranza dei parlamentari, non c’era nessuna indicazione che la Banca Nazionale intendesse cambiare il valore attuale. A sostenere tale tesi è la recente emissione delle nuove serie di banconote.
    https://www.cdt.ch/svizzera/lancio-d...?_sid=79a6uRPl

  3. #93
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    Predefinito Re: 125 anni di democrazia diretta

    Da 175 anni in Svizzera si vota spesso e su tutto
    Le votazioni sui referendum (obbligatori o facoltativi) e le iniziative ritmano la vita di tutti i cittadini elvetici che dalla nascita della Svizzera moderna 175 anni fa, sono stati chiamati a votare sui temi più disparati: dalle bastonate alla creazione di un nuovo cantone.

    Il sistema politico svizzero è basato sulla democrazia diretta che lo rende unico. Il popolo è chiamato regolarmente alle urne per pronunciarsi o sulle decisioni del Parlamento o su proposte di modifiche costituzionali. E ciò avviene con una frequenza senza pari nel resto del mondo.
    Dalla nascita della Svizzera moderna con la votazione del 6 giugno 1848, gli aventi diritto di voto a livello federale sono stati chiamati alle urne 321 volte per pronunciarsi su un totale di 676 oggetti (considerando separatamente iniziativa e controprogetto). Il prossimo 18 giugno, diventeranno 322 e 679 con la decisione sull'imposizione minima OCSE, la legge Covid-19 e la legge sul clima e l'innovazione.
    In media quindi negli ultimi 175 anni ci sono state meno di due votazioni federali all'anno e ogni volta si è votato su meno di due temi. Un numero bassissimo se confrontato con l'esperienza personale di chi è nato nell'ultimo secolo. Nei primi decenni di vita della Confederazione (quando a votare erano solo i maschi adulti) il ricorso alle urne era infatti rarissimo, esso è diventato molto più frequente dopo la Seconda guerra mondiale e, poi, ancor più a partire dagli anni Sessanta del Novecento. La crescita ha raggiunto il suo apice nell'ultimo decennio del XX secolo con ben 106 temi sottoposti al popolo.

    La prima votazione federale

    La prima votazione federale (almeno in parte popolare, dato che il procedimento non era uniforme) si tenne ufficialmente il 6 giugno 1848 sulla nuova Costituzione federale, quella che - con la proclamazione della sua approvazione il 12 settembre - diede vita alla Svizzera moderna. È stata una delle (finora) 143 volte in cui il popolo svizzero ha dovuto recarsi alle urne per esprimersi su un unico oggetto.
    Fino al 1970, quando le iniziative erano rare (la prima venne approvata nel 1893 e riguardava il divieto della macellazione rituale) e il voto per corrispondenza non esisteva (è generalizzato dal 2006), era normale che i cittadini fossero chiamati a pronunciarsi più volte all'anno su una sola domanda. Dal 1971 tali occasioni sono invece diventate delle eccezioni. L'ultima volta è capitato il 10 febbraio 2019 (Iniziativa popolare fermare la dispersione degli insediamenti).

    I temi: quando neanche diverse righe bastano

    Una certa influenza sull'interesse suscitato dalle varie questioni sottoposte ai cittadini potrebbero averla anche i titoli dei temi sottoposti al popolo. Nell'Ottocento erano concisi e comprensibili ai più. Nel 1866, sotto il titolo generale di "Modifica parziale della Costituzione federale" si votò su nove questioni come "Unificazione dei pesi e delle misure" o su "Esclusione di certe pene, come le bastonate".
    Poi le denominazioni hanno cominciato tendenzialmente ad allungarsi arrivando fino ai 285 caratteri (spazi esclusi) del "Decreto federale del 01.10.2021 che approva e traspone nel diritto svizzero lo scambio di note tra la Svizzera e l'UE concernente il recepimento del regolamento (UE) 2019/1896 relativo alla guardia di frontiera e costiera europea e all'abrogazione dei regolamenti (UE) n. 1052/2013 e (UE) 2016/1624 (Sviluppo dell'acquis di Schengen)" sul quale si è votato un anno fa.

    Affluenza bassa


    Nel corso dei decenni le regole elettorali si sono molto evolute e spesso lo hanno fatto per tentare di contrastare la scarsa affluenza alle urne. Il fenomeno dei bassi di tassi di partecipazione accompagna infatti la democrazia diretta elvetica fin dai suoi albori con movimenti altalenanti legati soprattutto all'interesse per i vari temi sottoposti alle urne. E non è che nell'Ottocento, quando la lotta politica spesso si tramutava in aperta contesa, tutti andassero sempre a votare. Anche allora, malgrado le chiamate alle urne fossero meno frequenti, c'erano votazioni che registravano un tasso di partecipazione inferiore al 40%, come avvenuto, per esempio, l'11 luglio 1897.

    Le votazioni più sentite

    Le votazioni più sentite della storia svizzera hanno fatto registrare tassi di partecipazione attorno all'80%. La soglia in 175 anni è stata superata una sola volta. Era il 28 maggio 1933. Il popolo doveva decidere se approvare la legge federale che riduce temporaneamente gli stipendi e i salari delle persone al servizio della Confederazione. Data la situazione economica, era prevista una decurtazione dei salari del 7,5% per tutti: dai consiglieri federali ai giudici, dai funzionari agli apprendisti delle FFS. La questione richiamò alle urne l'80,5% degli aventi diritto (allora erano 1,125 milioni) e la maggioranza bocciò la misura.
    L'anno successivo si tenne un'altra votazione sentitissima. L'11 marzo 1934 gli svizzeri si recarono alle urne sulla "legge federale per la protezione dell'ordine pubblico" che, tra le altre cose, prevedeva pene fino a due anni di reclusione e multe fino a 5'000 franchi per chi partecipava a una manifestazione non autorizzata o non rispettava le condizioni contemplate nell'autorizzazione.
    Registrò un tasso di partecipazione del 79% e anche in questo caso l'oggetto fu respinto. Esattamente come avvenne per la terza votazione con il più alto tasso di coinvolgimento dell'elettorato elvetico. Era il 6 dicembre 1992. Si votava sull'Adesione allo Spazio economico europeo. Andò alle urne il 78,7% degli aventi diritto che nel frattempo - data la crescita della popolazione, il suffragio femminile e l'abbassamento dell'età da 20 a 18 anni- erano diventati 4,5 milioni (trent' anni dopo sono un milione in più).
    La domenica elettorale meno frequentata della storia svizzera è stata quella del 4 giugno 1972 quando in discussione c'erano i decreti federali sulla stabilizzazione del mercato edilizio e sulla protezione della moneta. Entrambi furono accettati con oltre l'80% dei voti a favore. Alle urne si recò però meno del 27% degli aventi diritto che l'anno precedente erano cresciuti da 1,65 a 3,56 milioni in virtù dell'introduzione del suffragio femminile a partire dalla votazione del 6 giugno 1971.
    https://www.tvsvizzera.it/tvs/qui-sv...tutto/48571382

  4. #94
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    Predefinito Re: 125 anni di democrazia diretta

    Il freno all'indebitamento compie 20 anni
    Quale meccanismo chiave della politica finanziaria, è ormai considerato uno strumento efficace per gestire la spesa complessiva della Confederazione, stando all'Amministrazione federale delle finanze (AFF) che oggi ha voluto ricordare questo genetliaco in grande stile con un evento

    Il freno all'indebitamento compie 20 anni. Quale meccanismo chiave della politica finanziaria, è ormai considerato uno strumento efficace per gestire la spesa complessiva della Confederazione, stando all'Amministrazione federale delle finanze (AFF) che oggi ha voluto ricordare questo genetliaco in grande stile con un evento.

    Presente alla manifestazione, la «ministra» delle finanze Karin Keller-Sutter ha pronunciato parole d'elogio per questo strumento attivo dal 2003 che garantisce, a suo parere, stabilità finanziaria offrendo nel contempo allo Stato e alla politica la flessibilità necessaria nei momenti di crisi, come è stato dimostrato nel caso della pandemia di coronavirus.

    Nel suo intervento, la consigliera federale ne ha approfittato per mettere in guardia coloro che vogliono allentare il freno all'indebitamento: la Svizzera, a detta della sangallese, è al momento in grado di assumersi i propri debiti, ma ciò potrebbe cambiare rapidamente alla luce delle sfide che le finanze federali devono affrontare.

    Presente all'appuntamento anche l'ex consigliere federale PLR Kaspar Villiger - stesso partito di Keller-Sutter -, «padre» del meccanismo, secondo cui il freno all'indebitamento ha dato ottimi risultati, permettendo allo Stato di far fronte agli enormi costi - circa 25 miliardi di franchi - causati dal Covid.

    Il freno all'indebitamento è stato introdotto nel 2003 quale risposta agli squilibri emersi nelle finanze federali durante gli anni '90, un periodo di crisi. Nel giro di pochi anni, i deficit miliardari avevano portato a un forte aumento del debito tanto che, di fronte a questa situazione, si era fatta urgente la necessità di adottare uno strumento fiscale efficace, spiega l'AFF. Nel 2001, chiamati a dire la loro, anche popolo e cantoni accettarono il corrispondente articolo costituzionale con l'84,7% di voti favorevoli.

    Grazie all'andamento economico favorevole e al rispetto del freno all'indebitamento, tra il 2003 e il 2019 il debito della Confederazione si è ridotto di circa 27 miliardi, secondo l'AFF. Nonostante l'aumento del debito durante la pandemia, la Svizzera si trova in una posizione invidiabile nel confronto internazionale, con un rapporto debito/PIL inferiore al 30%.

    Il freno all'indebitamento fornisce un quadro vincolante per la definizione delle priorità di spesa, spiega l'AFF. Inoltre, migliora la pianificazione del bilancio a medio termine e impone una certa disciplina al Parlamento e all'amministrazione. Eccezioni sono contemplate in caso di situazioni particolari.
    https://www.cdt.ch/news/economia/il-...20-anni-326679

 

 
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