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  1. #231
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    Predefinito Re: "Non conta chi vota, ma chi conta i voti." Y. Dzugasvili detto Stalin

    Trump - Biden: ennesima conferma.
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  2. #232
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    Predefinito Re: "Non conta chi vota, ma chi conta i voti." Y. Dzugasvili detto Stalin

    Ricordo una massima di jot.
    La democrazia si basa sui brogli elettorali.

  3. #233
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    Predefinito Re: "Non conta chi vota, ma chi conta i voti." Y. Dzugasvili detto Stalin

    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  4. #234
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    Predefinito Re: "Non conta chi vota, ma chi conta i voti." Y. Dzugasvili detto Stalin

    Parola di Time: le elezioni americane ERANO truccate.

    Roberto Pecchioli 6 Febbraio 2021

    Ora è ufficiale: c’è la confessione, la pistola fumante. Le elezioni presidenziali americane erano truccate. Lo afferma, e se ne vanta, la più importante rivista liberal del mondo, Time, la stessa che ogni anno nomina “la persona dell’anno”, portavoce dei padroni universali. In un lungo, trionfalistico reportage intitolato The Secret History of the Shadow Campaign That Saved the 2020 Election, la storia segreta della campagna –ombra che ha salvato l’elezione del 2020, il settimanale che piace alla gente che piace – e che conta – spiega in termini di epopea, nella più schietta tradizione americana, con tanto di happy end, che, sì, le elezioni presidenziali del novembre scorso sono state truccate.

    Nel miglior stile orwelliano, il bispensiero liberal progressista e democratico attribuisce all’avversario – no, al nemico assoluto– le proprie intenzioni. Era il malvagio Trump ad avere sequestrato l’immacolata democrazia a stelle e strisce, lui e i suoi scherani ad aver instaurato la dittatura. L’operazione che Time rivela nei particolari sarebbe stata dunque la necessaria reazione alle mire autocratiche dell’uomo nero. Il finale della ricostruzione di Time è chiarissimo: “alla fine ha vinto la democrazia. La volontà del popolo ha prevalso. Ma è assurdo, retrospettivamente, che ci sia stato bisogno di tutto questo per organizzare un’elezione negli Stati Uniti d’America.” Arriva il Settimo Cavalleggeri e il bene trionfa. Verità è menzogna, come nella distopia di 1984.

    La cospirazione, ovvio, è stata messa in atto per il bene del mondo e si è concretizzata nell’alleanza tra attivisti di estrema sinistra (Black Lives Matter e altri) e i vertici del sistema economico e affaristico americano. L’estrema destra economica e l’estrema sinistra unite contro il Male, all’ombra dello Stato profondo e dei giganti fintech che dal 2016 non hanno smesso di lottare contro Trump. Pas d’ennemi à gauche, non ci sono nemici a sinistra per il capitalismo terminale, come teorizzò il radicale francese René Renoult negli anni Trenta del secolo scorso.

    Qualcuno ricorda la violenta campagna tesa a dimostrare l’interferenza russa nelle elezioni del 2016, gli attacchi giudiziari, il dispiegamento di tutte le armi di cui dispone il potere – economico, finanziario, “riservato” – per cancellare l’anomalia Trump? La realtà è che gli Usa sono ormai un regime a partito unico. Niente di veramente nuovo, poiché i due partiti, democratico e repubblicano, rappresentano sostanzialmente gli stessi interessi, ma la maschera è caduta. Un dato esemplare è il risultato elettorale di Washington D.C., la capitale in cui risiedono lobbisti e alti funzionari federali; il 94,5 per cento di essi ha votato democratico, il partito unico della libertà, del progresso e del sistema. Un risultato in stile Unione Sovietica.

    Lo stesso Joe Biden, l’opaco esponente dell’establishment scelto come volto della restaurazione, nel primo discorso da presidente ha usato toni durissimi contro un supposto “terrorismo interno”, utilizzando un linguaggio sino a ieri riservato alle guerre contro nemici esterni. L’America è irrimediabilmente divisa e chi non è dalla parte “giusta”, quella del destino manifesto, della “città sulla collina”, ovvero chi non è dalla parte degli iperpadroni, è trasformato in sedizioso, uno straniero in patria, un “deplorevole” da combattere con tutte le armi. Si è creato nell’élite liberal un manicheismo radicale che presenta l’avversario come il male assoluto, nel tradizionale stile americano. La missione è sempre la stessa: una crociata “morale” del bene contro il male.

    La novità è che questa volta il nemico è interno. La “nobile” menzogna, la maschera che dissimula la cinica convenzione che sostiene la democratica americana, è caduta. I vincitori sono così forti da vantarsi di ciò che hanno fatto, a futura memoria e a monito preventivo nei confronti di chi osasse sfidare il monopolio. Già nelle scorse settimane, dall’ osservatorio socialista di Bernie Sanders erano stati sollevati dubbi. Un informatico di sinistra, Matt Luceen, ha dichiarato al Washington Post che non crede nella sincerità di Trump, ma che i suoi elettori si sono visti privati del loro diritto, unendosi alla protesta contro il voto elettronico.

    I democratici – il cui nome appare sempre più orwelliano- hanno presentato una proposta di legge orientata a derogare l’articolo 1 della costituzione americana. Il Congresso avrà il potere di supervisione sulle elezioni federali, ovvero determinerà le regole del voto, a partire dall’ufficializzazione e ampliamento dei sistemi di voto elettronici e postali, gli stessi che hanno riportato al potere i democratici. Addirittura non sarà più obbligatorio esibire documenti. “Gli Stati non dovranno più esigere documenti per ottenere la dichiarazione di elettore assente per il voto postale.” Il resto lo farà il sistema, ossia chi detiene il controllo dei software per il voto elettronico, come la chiacchierata Dominion. Una parte in causa- il parlamento – diventa il decisore di ultima istanza delle procedure e dei meccanismi delle votazioni. Tanto vale abolire il circo elettorale, diventato finzione, un teatro di quart’ordine con tanto di vincitore predeterminato, opposizione di facciata ed esclusione preventiva di chiunque voglia cambiare il sistema.

    Nessuno stupore, dunque, nelle periferie dell’impero come l’Italia consegnata a Draghi e ai poteri di fatto, se la democrazia e le costituzioni sono piegate ad interessi e procedure da cui è espulsa la volontà popolare. O meglio, quella volontà è piegata, orientata dalla potenza dell’apparato di comunicazione globale in mano ai super ricchi. Giano Accame scrisse negli anni Novanta un libro esemplare: Il potere del denaro svuota la democrazia. A quel potere si è unito nel secolo XXI l’immenso dominio di sorveglianza e predizione della tecnologia, che qualcuno chiama algocrazia, il potere degli algoritmi, i modelli matematici in grado di conoscere e determinare la vita di miliardi di esseri umani.

    Le rivelazioni di Time, con la massima sfrontatezza, ammettono e rivendicano che un’alleanza tra attivisti, personalità di grande influenza e centinaia di grandi imprese ha lavorato nell’ombra per cambiare i meccanismi procedurali e determinare l’esito elettorale. Dunque, ci fu davvero un complotto – se preferite, un’azione coordinata – per dare la vittoria al candidato democratico. Lo riconoscono gli stessi che tacciavano di “cospiranoici” i sostenitori di quella tesi nel campo avverso. In una dichiarazione del 2 dicembre- era ancora titolare di account su Twitter e Facebook, Trump affermava: “siamo stati testimoni, a pochi giorni dalle lezioni, di uno sforzo orchestrato per indicare il vincitore (usò il termine “ungere”, consacrare) mentre ancora si stavano scrutinando molti stati chiave “. In un certo modo, Trump aveva ragione, ammette Time, che rivendica con orgoglio i fatti, definendoli “una cospirazione per il bene della nazione “. Democrazia a sovranità limitata, il contrario di ciò che volevano i fondatori, nonché l’inganno perfetto ai danni del popolo ex sovrano.

    L’ammissione viene dal più alto livello: l’élite statunitense ha lavorato per dirigere i mezzi di comunicazione, influire sull’opinione pubblica e cambiare le regole elettorali, ma per la causa più nobile di tutte: “salvare la democrazia americana”, sequestrata da un solo uomo. “Sono stati presi accordi riservati che ridussero le proteste e coordinarono la resistenza dei CEO, i dirigenti della grandi imprese. E’ stato il risultato di un’alleanza informale tra attivisti di sinistra e giganti delle imprese. Il patto è stato formalizzato in una dichiarazione congiunta, tenuta riservata, tra la Camera di Commercio degli Stati Uniti e il sindacato AFL-CIO, pubblicata il giorno delle elezioni. Le due parti lo considerarono una sorta di negoziazione implicita, ispirata alla massicce proteste, a volte distruttive, verso la giustizia razziale dell’estate (l’uccisione di un uomo di colore, George Floyd, da parte di un poliziotto bianco), nella quale le forze del lavoro si unirono con le forze del capitale per mantenere la pace e opporsi all’assalto alla democrazia di Donald Trump “. Formidabile l’immagine dei super manager “partigiani “; la Pravda moscovita e l’Unità di Togliatti non avrebbero saputo girare meglio la frittata. Gli incidenti che tennero in scacco gli Usa furono infatti organizzati dagli stessi che, al fischio del padrone, sono tornati a casa per non innescare una reazione di opinione pubblica favorevole a Trump.

    Time conferma che la vittoria (artificiale?) di Biden è stata “lo straordinario sforzo nell’ombra degli attivisti di sinistra con l’appoggio delle grandi corporazioni economiche. Sono riusciti a far sì che molti Stati modificassero leggi elettorali e metodi di votazione. A questo scopo, hanno impegnato somme immense di fondi pubblici (!!!) e privati. Si sono difesi con successo dalle contestazioni per la soppressione di voti e votanti, hanno reclutato un esercito di lavoratori e volontari elettorali, hanno ottenuto che milioni di cittadini votassero per posta “, conclude il settimanale.

    Nei brani successivi dell’inchiesta, si assicura che tutto è stato fatto per salvare la democrazia, dando così implicitamente ragione ai legali di Trump e all’arsenale di prove presentate da Rudy Giuliani e Jenna Ellis nelle udienze celebrate in almeno cinque Stati, quelli decisivi, in cui il conteggio si paralizzò a metà della notte degli scrutini. Lo spoglio si interruppe simultaneamente e oltre mille testimoni sotto giuramento – con il rischio del carcere in caso di menzogna – hanno portato prove di frode. Tutte le evidenze e le testimonianze sono cadute nel nulla: il sistema si è chiuso a difesa di se stesso. Diceva un maestro di diritto che a nulla vale avere ragione se nessuno te la dà in un’aula di tribunale.

    Se ancora non fosse chiaro, Time prosegue esponendo i dettagli dell’operazione. “Questa è la storia, raccontata dall’interno, della cospirazione per salvare la democrazia nel 2020, basata sull’accesso al funzionamento interno del gruppo (l’alleanza tra piazza di sinistra, sistema pubblico e vertici economico-finanziari), documenti inediti e interviste con dozzine di persone coinvolte, appartenenti all’intero spettro politico. E’ la storia di una campagna creativa, decisa e senza precedenti il cui successo rivela quanto la nazione fu vicina al disastro “, assicura il settimanale con toni epici da conquista del West.

    Infine, giustificano il comportamento – non privo di risvolti delittuosi- dei partecipanti alla trama, poiché essi stessi desiderano che si conosca “la storia segreta “delle elezioni 2020. Scrive Time: “Per quanto suoni come un sogno febbrile paranoico, una consorteria ben finanziata di persone potenti, che include industrie e ideologie, hanno lavorato insieme dietro la scena per influire nella percezione degli eventi e per cambiare regole e leggi. Nel dirigere la copertura dei mezzi di comunicazione e controllare il flusso delle informazioni, non stavano manipolando le elezioni: le stavano rafforzando. Credevano che il pubblico dovesse comprendere la fragilità del sistema al fine di garantire la permanenza della democrazia negli Stati Uniti. “Ovvero, per difendere la democrazia l’hanno falsata senza vergogna. L’arroganza, la sicumera di lorsignori è quella di chi ritiene di aver vinto definitivamente e mistifica sfacciatamente non solo i fatti, ma anche il linguaggio.

    Ci siamo chiesti più volte, guardando un film di James Bond, perché quando il genio del male di turno – la Spectre o Goldfinger- riusciva ad avere nelle sue mani l’eroe senza macchia, non gli sparasse sbrigativamente un paio di colpi anziché raccontargli per filo e per segno i suoi piani. La risposta è semplice: perché è un film. Tuttavia ciò riflette una realtà, l’esigenza del potere di uscire dall’ombra, attribuirsi i meriti di una vittoria e soprattutto per lanciare un messaggio, dire chiaro e tondo chi comanda e far capire che ogni resistenza è non solo inutile, è futile. Loro, gli illuminati, possono permettersi di parlare di Grande Reset o confessare tranquillamente di aver truccato l’elezione presidenziale americana. A noi, se diciamo le stesse cose, appiccicano l’etichetta di complottisti e quella sinistra, in tempi di dittatura sanitaria, di paranoici. Ora, a guerra vinta, con in mano tutte le carte e tutto il potere, possono permettersi di dire, con un ghigno di soddisfazione, che Trump aveva ragione e che effettivamente era stata stipulata un’alleanza tra chi organizzava proteste sanguinose bloccando le città e il livello apicale del potere economico, finanziario e tecnologico, addirittura che c’era un accordo riservato tra i vertici economici e il più potente sindacato americano contro un candidato presidente.

    Iperpadroni e dirigenti sindacali mano nella mano. Molto naturale, vero? Hanno cambiato le regole elettorali e le modalità di espressione del voto, raccolto centinaia di milioni di dollari, esercitato pressioni su istituzioni e organi di giustizia (giustizia?), ma solo affinché trionfasse l’Impero del Bene. Non hanno perpetrato una frode, ma “salvato la democrazia”, da sempre il più ardente desiderio delle oligarchie, in un abbraccio fraterno tra multinazionali, sindacati dei lavoratori, Wall Street, Silicon Valley, Hollywood e perfino la Ivy League, il gruppo delle otto più prestigiose università (private) americane. Mezzo secolo fa i Rokes cantavano “sarà una bella società fondata sulla libertà. Però spiegateci perché, se non pensiamo come voi, ci disprezzate, come mai. “

    Padroni e sindacati, agitatori professionali, giornali, cinema, BigTech, tutti insieme appassionatamente: la santa alleanza dei Buoni e dei Giusti. Insieme hanno cambiato leggi, condizionato l’informazione e controllato le notizie, distribuito denaro, che nella lingua dei semplici significa corrompere. E’ così che funziona la santa democrazia. Grazie di avercelo detto con parole vostre, dopo aver sconfitto l’Impero del Male annidato dentro di voi, la nazione dal destino manifesto, destinata da Dio- uno strano Dio assetato di sangue e dominio- a guidare il mondo sul sentiero del Bene e alla ricerca della felicità. Grazie, Time, di averlo pubblicato, nero su bianco. Grazie, Unione Sovietica d’America, o magari grazie, fascismo immenso e arcobaleno all’ombra della statua della Libertà.

    Qui, il testo del Time che si vanta del complotto:


    “Una ben finanziata cabala di potenti, lavorando dietro le quinte, hanno influenzato le percezioni, pilotato i media e controllato il flusso delle informazioni…”

    La storia segreta della campagna ombra che ha salvato le elezioni del 2020
    DI MOLLY BALL
    4 FEBBRAIO 2021 05:40 EST
    Una cosa strana è successa subito dopo le elezioni del 3 novembre: niente.

    La nazione era pronta per il caos. I gruppi liberali avevano giurato di scendere in piazza, pianificando centinaia di proteste in tutto il paese. Le milizie di destra si stavano cingendo per la battaglia. In un sondaggio prima del giorno delle elezioni, il 75% degli americani ha espresso preoccupazione per la violenza.

    Invece, calò un silenzio inquietante. Poiché il presidente Trump si è rifiutato di ammettere, la risposta non è stata un’azione di massa, ma i grilli. Quando le organizzazioni dei media hanno indetto la corsa per Joe Biden il 7 novembre, è scoppiato invece il giubilo, mentre le persone affollavano le città degli Stati Uniti per celebrare il processo democratico che ha portato alla cacciata di Trump.

    Una seconda cosa strana è accaduta tra i tentativi di Trump di invertire il risultato: l’America aziendale si è rivolta contro di lui. Centinaia di importanti leader aziendali, molti dei quali avevano sostenuto la candidatura di Trump e sostenuto le sue politiche, lo hanno invitato a concedere. Per il presidente, qualcosa non andava. “E ‘stato tutto molto, molto strano”, ha detto Trump il 2 dicembre. “Pochi giorni dopo le elezioni, abbiamo assistito a uno sforzo orchestrato per ungere il vincitore, anche se molti stati chiave erano ancora in fase di conteggio”.

    In un certo senso, Trump aveva ragione.

    C’era una cospirazione che si stava svolgendo dietro le quinte, che ha sia limitato le proteste che coordinato la resistenza dei CEO. Entrambe le sorprese furono il risultato di un’alleanza informale tra attivisti di sinistra e titani del business. Il patto è stato formalizzato in una dichiarazione congiunta concisa e poco notata della Camera di Commercio degli Stati Uniti e dell’AFL-CIO, pubblicata il giorno delle elezioni. Entrambe le parti arriverebbero a vederlo come una sorta di patto implicito – ispirato alle massicce, a volte distruttive proteste di giustizia razziale dell’estate – in cui le forze del lavoro si univano alle forze del capitale per mantenere la pace e opporsi all’assalto di Trump alla democrazia .

    La stretta di mano tra imprese e lavoratori è stata solo una delle componenti di una vasta campagna trasversale per proteggere le elezioni: uno straordinario sforzo ombra dedicato non a vincere il voto ma a garantire che fosse libero ed equo, credibile e incorrotto. Per più di un anno, una coalizione di agenti liberamente organizzata si è affrettata a sostenere le istituzioni americane mentre venivano attaccate simultaneamente da una pandemia spietata e da un presidente incline all’autocrazia. Sebbene gran parte di questa attività si sia svolta a sinistra, è stata separata dalla campagna di Biden e ha attraversato le linee ideologiche, con contributi cruciali da parte di attori apartitici e conservatori. Lo scenario che gli attivisti ombra cercavano disperatamente di fermare non era una vittoria di Trump. È stata un’elezione così disastrosa che non è stato possibile discernere alcun risultato,

    Il loro lavoro ha toccato ogni aspetto delle elezioni. Hanno convinto gli stati a cambiare i sistemi di voto e le leggi e hanno contribuito a garantire centinaia di milioni di finanziamenti pubblici e privati. Hanno respinto le cause per la soppressione degli elettori, reclutato eserciti di lavoratori elettorali e hanno convinto milioni di persone a votare per posta per la prima volta. Hanno spinto con successo le società di social media a prendere una linea più dura contro la disinformazione e hanno utilizzato strategie basate sui dati per combattere le diffamazioni virali. Hanno eseguito campagne nazionali di sensibilizzazione del pubblico che hanno aiutato gli americani a capire come si sarebbe svolto il conteggio dei voti per giorni o settimane, impedendo alle teorie del complotto di Trump e alle false affermazioni di vittoria di ottenere più trazione. Dopo il giorno delle elezioni, hanno monitorato ogni punto di pressione per garantire che Trump non potesse ribaltare il risultato.

    Perché Trump ei suoi alleati stavano conducendo la propria campagna per rovinare le elezioni. Il presidente ha passato mesi a insistere sul fatto che le votazioni per corrispondenza fossero un complotto democratico e che le elezioni sarebbero state “truccate”. I suoi scagnozzi a livello statale hanno cercato di bloccarne l’uso, mentre i suoi avvocati hanno portato dozzine di azioni spurie per rendere più difficile il voto – un’intensificazione dell’eredità del GOP di tattiche repressive. Prima delle elezioni, Trump ha complottato per bloccare un conteggio legittimo dei voti. E ha trascorso i mesi successivi al 3 novembre cercando di rubare le elezioni che aveva perso – con cause legali e teorie del complotto, pressioni sui funzionari statali e locali, e infine convocando il suo esercito di sostenitori alla manifestazione del 6 gennaio che si è conclusa con violenza mortale al Campidoglio.

    Gli attivisti per la democrazia guardavano con allarme. “Ogni settimana, ci siamo sentiti come se fossimo in una lotta per cercare di portare a termine queste elezioni senza che il paese attraversasse un vero e pericoloso momento di disfacimento”, afferma l’ex rappresentante del GOP Zach Wamp, un sostenitore di Trump che ha contribuito a coordinare una protezione elettorale bipartisan consiglio. “Possiamo guardare indietro e dire che questa cosa è andata abbastanza bene, ma a settembre e ottobre non era affatto chiaro che sarebbe stato così”.

    Parola di Time: le elezioni americane ERANO truccate.
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  5. #235
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    Predefinito Re: "Non conta chi vota, ma chi conta i voti." Y. Dzugasvili detto Stalin

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  6. #236
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    Predefinito Re: "Non conta chi vota, ma chi conta i voti." Y. Dzugasvili detto Stalin

    Hanno fatto vincere le elezioni a Lula. Ecco perché
    Maurizio Blondet 8 Novembre 2022

    In moltissimi comuni del Brasile, Bolsonaro ha preso 0 voti e quindi Lula avrebbe preso il 100% di tutti i voti disponibili. È una impossibilità statistica lampante. Il puzzo della frode si sente a migliaia di chilometri.





    AUDIT ELEZIONI BRASILIANE – Anomalie per possibili algoritmi

    Fernando Cerimido (https://twitter.com/fercerimedo_ok), consulente politico e specialista in marketing digitale, è stato incaricato da un gruppo di persone di diffondere un rapporto privato dove si evidenziano delle anomalie statistiche sul voto elettronico, con un verosimile uso di algoritmi che avrebbero modificato i risultati delle elezioni favorendo il candidato Lula. Il rapporto mette in risalto le differenze di risultato tra i vari tipi di macchine usate: il modello 2020, revisionato, e i modelli antecedenti che non sono stati revisionati, e che sembrano aver sfornato risultati statisticamente troppo differenti rispetto al modello 2020 e tutti in favore di Lula.

    Rossella Fidanza:

    “Lula è sempre stato un fervido sostenitore del siero covid, al punto da spendersi in diversissimi appelli ai “paesi ricchi” (https://tg24.sky.it/mondo/2021/07/23...ile-intervista) affinchè fornissero adeguati numeri di vaccini per poter inoculare tutta la popolazione. A marzo dello scorso anno, Lula si era fatto fotografare mentre si faceva vaccinare (https://it.euronews.com/2021/03/13/l...ra-sui-vaccini), aggiungendo che Bolsonaro doveva smettere di fare l’ignorante sulla questione vaccinale. E nei dibattiti pre-elezioni (https://www.youtube.com/watch?v=6pTjm1fDX-0), Lula ha sempre accusato Bolsonaro di non aver reso obbligatorio il vaccino, con la conseguenza di aver portato alla morte centinaia di migliaia di brasiliani. Abbastanza per capire che Lula è fortemente legato alla narrativa di sistema, oggi più che mani. Aggiungo un tassello, inquietante. Come aveva annunciato durante la sua campagna elettorale, aveva chiarito durante la sua campagna elettorale che avrebbe posto fine all’Auxílio Brasil e sarebbe tornato al programma Bolsa Família, mantenendo il valore a R$ 600, aggiungendo R$ 150 per ogni bambino della famiglia fino a 6 anni. E qui l’inghippo: sarà richiesta la frequenza scolastica dei bambini e il monitoraggio dello stato di salute della famiglia, ma soprattutto, alcuni vaccini, come il Covid-19, potrebbero diventare obbligatori per ricevere la Bolsa Família. È importante notare che tutte le modifiche dovrebbero avvenire solo nel 2024, poiché il budget 2023 è notevolmente ridotto e le spese promesse da Lula devono adattarsi al budget approvato da Bolsonaro prima della fine del suo mandato.

    https://twitter.com/solagimma/status...b-qLG9xuEw3muQ

    Fonte FDR: https://fdr.com.br/2022/11/01/lula-v...as-e-mudancas/

    tg24.sky.it (https://tg24.sky.it/mondo/2021/07/23...ile-intervista)

    Lula a Sky TG24, appello a Draghi: Paesi ricchi diano vaccini a poveri

    Sarà certamente un caso che al WEF era già stato annunciato il fatto che i servizi di assistenza alla famiglia sarebbero stati vincolati all’esercizio del voto e ai vaccini fatti… https://t.me/RossellaFidanza/29766

    Sarà certamente un caso che al WEF era già stato annunciato il fatto che i servizi di assistenza alla famiglia sarebbero stati vincolati all’esercizio del voto e ai vaccini fatti... https://t.me/RossellaFidanza/29766

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    00:00
    018


    Come disse Christine Lagardfe:

    Banchiera centrale ed anche virologa, Christine Lagarde: “Se non vacciniamo tutto il mondo,il virus tornerà a ossessionarci e danneggiarci con nuove varianti. Per il sostegno degli stati [durante la crisi da lockdown] abbiamo speso 6 trilioni. Basta l’1% di quella cifra per vaccinare tutto il mondo…

    Ma l’esercvito bras9iliano non èè d’accordo

    L COMANDANTE DELLE FORZE ARMATE DEL BRASILE, DICHIARA PUBBLICAMENTE CHE NON CONSENTIRANNO L’ASSUNZIONE DI LULA DA SILVA COME PRESIDENTE DEL BRASILE.

    EL COMANDANTE DE LAS FUERZAS ARMADAS DEL BRASIL, DECLARA PUBLICAMENTE QUE NO PERMITIRAN LA ASUNCION DE LULA DA SILVA COMO PRESIDENTE DEL BRASIL. pic.twitter.com/3Rr4HKO1W6

    — Al Qantarat (@JuanNave) November 1, 2022



    https://www.maurizioblondet.it/hanno...a-ecco-perche/
    Ultima modifica di Eridano; 08-11-22 alle 23:38

  7. #237
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  8. #238
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  9. #239
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    Predefinito Re: "Non conta chi vota, ma chi conta i voti." Y. Dzugasvili detto Stalin

    Partito repubblicano riceve sei milioni di voti più dei democratici … ma perde le elezioni?
    Maurizio Blondet 14 Novembre 2022

    L’ex presidente della Camera Newt Gingrich è stato in politica per decenni e mai un’elezione lo ha sconcertato tanto quanto i midterm del 2022.

    “Non ho mai sbagliato così tanto come quest’anno”, ha detto Gingrich, un collaboratore di Epoch Times, il 10 novembre.

    “Mi fa sfidare ogni modello di cui sono a conoscenza e rendermi conto che devo davvero fermarmi e passare un bel po’ di tempo a pensare e provare a mettere tutto insieme”.

    Persone da entrambi i lati dello schieramento prevedevano perdite sostanziali per il Partito Democratico in mezzo al crescente malcontento per l’inflazione, l’economia e la criminalità. Ma l’ondata rossa prevista non si è verificata. ​​

    Il Senato è attualmente un tossup. E con 211 seggi alla Camera vinti contro i 192 dei Democratici, il GOP è ancora pronto a prendere in carico la camera bassa quando il Congresso si riunirà nel nuovo anno, ma con meno influenza di quanto inizialmente sperato.

    Gingrich, dopo aver espresso in precedenza la fiducia che il suo partito avrebbe ottenuto enormi guadagni in entrambe le camere, è, come molti altri, perplesso nel tentativo di spiegare cosa è andato storto.

    Ha indicato un foglio di monitoraggio dei voti del Cook Political Report, una newsletter bipartisan che analizza le elezioni, che mostra un’affluenza repubblicana alla Camera di circa 50,7 milioni, superando di quasi 6 milioni i voti democratici.

    Gingrich ha notato che questo divario potrebbe ridursi a 5 milioni quando le schede elettorali nel profondo blu della California saranno completamente elaborate. “Ma sono ancora 5 milioni di voti in più”, ha detto.

    “E non guadagnare molti seggi ti fa davvero chiedere cosa sta succedendo”, ha aggiunto. “Voglio sapere, da dove vengono quei voti?”

    È un rompicapo che l’ex relatore non è riuscito a risolvere.

    Domande e incongruenze
    Parte di ciò che ha fatto la differenza in questa gara è stato il modo in cui se la sono cavata i legislatori in carica. In entrambe le elezioni della Camera del 2020 e del 1994, nessun presidente repubblicano in carica ha perso seggi a favore dei suoi sfidanti democratici, mentre rispettivamente 13 e 34 democratici in carica sono stati estromessi. Se questa volta si fosse svolto lo stesso scenario, “saremmo sei o sette seggi più forti di quanto siamo ora”, ha detto.

    Finora, i repubblicani hanno ribaltato 16 seggi mentre i democratici ne hanno ribaltati sei: il 3° distretto del Michigan, il 2° distretto del New Mexico, il 1° distretto dell’Ohio, il 13° distretto della Carolina del Nord, il 34° distretto del Texas e il 13° distretto dell’Illinois, di cui tre operatori storici del GOP hanno perso il loro sedili.

    Negli exit poll del National Election Pool, circa tre quarti degli elettori hanno valutato l’economia come debole e circa lo stesso numero di persone non era soddisfatto di come stavano andando le cose nel paese.

    Il giorno delle elezioni, la società madre di Facebook, Meta, ha dichiarato che taglierà 11.000 posti di lavoro, riducendo la sua forza lavoro del 13%, cosa che Gingrich ha notato come un ulteriore segno di ansia economica.

    “Ma i loro voti non riflettono questo”, ha detto Gingrich.

    L’ex oratore ha affermato di aver faticato a riconciliare le molteplici incoerenze di questo tipo che ha osservato in queste elezioni, in particolare nelle due gare che hanno deciso il governatore di New York e il senatore di Filadelfia, che sono state vinte rispettivamente dal governatore democratico Kathy Hochul e John Fetterman.

    “Come puoi avere il 70 percento delle persone a Filadelfia dire che il crimine è il loro problema numero uno, ma hanno votato per Fetterman anche se aveva votato per rilasciare gli assassini e rimetterli in strada?” Egli ha detto.

    “Degli elettori di New York City, circa il 70 per cento ha votato per il governatore anche se non aveva fatto nulla per fermare il crimine a New York”, ha aggiunto. Hochul ha vinto la gara con un vantaggio del 5,8% contro il rappresentante Lee Zeldin (RNY), con il 96% dei voti contati l’11 novembre.

    “Mi chiedo, sai, cosa sta succedendo? Come stanno pensando le persone? ha detto, chiedendosi perché gli atteggiamenti delle persone non fossero in linea con i modelli di voto.

    “Non capisco appieno come il popolo americano stia in qualche modo razionalizzando nella sua testa queste diverse cose in conflitto, e penso che richiederà un po’ di riflessione da parte nostra per capire cosa fare dopo”.

    Il Senato è in bilico
    Il controllo del Senato dipende da tre stati chiave: Arizona, Nevada e Georgia, che si stanno dirigendo verso il ballottaggio il 6 dicembre. I repubblicani devono vincere almeno due di queste gare per rivendicare la maggioranza. Sia l’Arizona che il Nevada hanno una parte considerevole di voti da contare.

    In Arizona, il senatore in carica Mark Kelly ha un vantaggio del 5,6% sul suo sfidante repubblicano Blake Masters, con l’82% dei voti contati all’11 novembre. giovedì mattina, con il 90% dei voti.

    Gingrich è sicuro che Laxalt possa battere il suo rivale, ma alcune domande sul conteggio dei voti lo tengono sulle spine.

    “Mi preoccupo per come sta andando il conteggio del Nevada perché hanno una propensione a rubare i voti se possono, quindi questo ha una certa preoccupazione per me”, ha detto.

    “I luoghi in cui Laxalt sta andando davvero bene tendono ad aver già votato, e i luoghi in cui lei [Mastro] ha fatto abbastanza bene tendono ad avere un numero enorme di voti eccezionali. Quindi devi chiederti esattamente cosa sta succedendo.

    Due delle contee più popolose del Nevada, Clark e Washoe, avevano rispettivamente oltre 50.000 e 41.000 schede elettorali per posta da contare, a partire dal 10 novembre.

    Le schede del Nevada con timbro postale entro l’8 novembre ma consegnate entro il 12 novembre ai funzionari elettorali verranno comunque conteggiate. Nei casi in cui la firma sulle schede inviate per posta non corrisponda a quella in archivio, i funzionari elettorali hanno tempo fino al 14 novembre per “curare” la scheda verificando l’identità dell’elettore.

    “Una maggioranza è ancora una maggioranza”
    Un altro punto di dati che non ha senso per Gingrich è stato il modo in cui gli elettori hanno deciso di punire la presidenza di Donald Trump durante le elezioni intermedie del 2018, ma questa volta apparentemente hanno deciso di lasciare il presidente Joe Biden fuori dai guai.

    Secondo gli exit poll, di coloro che “in qualche modo disapprovavano” la presidenza di Biden, il 49% ha ancora votato democratico mentre il 45% ha votato repubblicano, segnando un netto contrasto con il 2018, quando gli elettori che “in qualche modo disapprovavano” Donald Trump hanno votato in modo schiacciante democratico, al 63%. .

    “Non so fino a che punto è perché Biden sembra così vecchio e così debole, che le persone non lo ritengono personalmente responsabile”, ha detto. «È quasi come se fosse tuo zio. È davvero un bravo ragazzo, e il fatto che sembra non ricordare le cose e il fatto che le cose non sembrano funzionare, non puoi arrabbiarti con lui e biasimarlo.

    Non era un’elezione che Gingrich si aspettava, ma ha notato che il controllo anticipato della Camera da parte del GOP era ancora un punto luminoso.

    “I democratici dovrebbero sentirsi molto bene per essere riusciti a rovinare completamente tutto e farla franca”, ha detto.

    “Il più grande cambiamento a Washington sarà Pelosi che darà il martelletto a McCarthy”, ha detto, riferendosi alla presidente della Camera Nancy Pelosi (D-Calif.) e al leader della minoranza della Camera Kevin McCarthy (R-Calif.). “Perché passerai da un democratico molto liberale a un repubblicano conservatore.”

    “È binario”, ha aggiunto. “Come mi ha detto mia moglie, che era il cancelliere capo della commissione per l’agricoltura, ‘La maggioranza è una maggioranza, non importa quanto piccola sia’, e cambiare chi tiene il martelletto è un cambiamento molto grande, perché cambia ogni comi

    https://truthpress.com/news/gingrich-gop-got-nearly-6-million-more-votes-but-lost-many-races-whats-going-on/

    E’questione di percentuali…



    Ti sei mai chiesto perché i globalisti woke vogliono che tu pensi che la matematica è razzista?
    Non vogliono che tu chieda come:

    370.706 = 56,6%
    mentre
    844.669 = solo il 41,06%

    E’ come il terribile caldo a novembre che causa gli infarti..



    I due fenomeni sono analoghi. Si chiamano Menzogna

    https://www.maurizioblondet.it/parti...e-le-elezioni/
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

 

 
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