All’estrema sinistra di Gladio: i cosiddetti “trotskisti”

aprile 10, 2015 3 commenti

Alessandro Lattanzio, 10 aprile 2015
Assalto all’ambasciata libica di Roma, nel febbraio 2011. I ‘comunisti’ italiano erano in prima fila nell’aggressione alla Jamahiriya Libia.

I “trotskisti” attuali, ovvero coloro che si propagandano eredi del fondatore dell’Armata Rossa Lev Davidovich Bronshtejn (Lev Trotzkij), in realtà non portano avanti un programma legato alla Rivoluzione d’Ottobre del 1917, ma difatti sostengono il programma di distruzione della Russia (sotto qualsiasi forma, impero zarista, Unione Sovietica o Federazione russa) ideato e messo in pratica da un personaggio opportunamente occultato dai vari “storici” di destra o sinistra: Alexander Parvus, vero nome Izrail Gelfand, intellettuale ebreo ucraino germanizzato e quadro della socialdemocrazia tedesca. Un cialtrone come Hobsbawm, propagandato dal lercio salottino socialcolonialista parigino de “Le Monde Diplomatique”, non ne ha mai fatto cenno nelle sue ‘opere’, e con lui la massa di pseudo-storici i cui ‘scritti’ intasano gli scaffali di librerie-osterie ‘impegnate’, come quelle del non compianto Giangiacomo Feltrinelli, ricco utile idiota manipolato da Gladio.
Parvus fu una delle menti che posero le basi della geopolitica moderna; fu l’ispiratore della famosa ferrovia Berlino-Baghdad, mini-versione tedesca anti-mackindriana dei piani anti-egemonici del Primo Ministro russo Witte, ideatore e promotore della ferrovia Transiberiana. Parvus si arricchì quando fu consigliere del governo dei giovani turchi, a Istanbul, durante le guerre balcaniche e la Prima Guerra Mondiale; difatti organizzò i sistemi di comunicazione e trasporto turchi, e probabilmente fu uno dei responsabili del genocidio armeno del 1915-1919. Ciò in linea con il fondatore del ‘socialismo scientifico’ Karl Marx. Curiosamente, andrebbe spiegato agli imbecilli che schiamazzano ai lupi ‘rosso-bruni’ dall’alto della loro presunta ‘purezza’ ideologica, che il primo rosso-bruno della Storia fu proprio Carletto Marx, quando si alleò con un vecchio lord inglese, un depravato reazionario filo-ottomano, per un’oltraggiosa campagna di propaganda contro l’impero russo e a sostegno del marcio impero ottomano. Checché ne dicano colti salottieri sinistri, subumani casapoundini e altro pattume nazi-centrosociale, Marx era un russofobo scatenato, odiava Mosca, disprezzava la Prussia (definiva, giustamente, Federico il Grande, vecchio sodomita), e non riteneva degni di considerazione i popoli slavi, tranne i polacchi, ma solo per odio russofobo. Il primo ‘rosso-bruno’ della Storia, Carletto Marx appunto, aveva una sua precisa geopolitica, che guarda caso corrispondeva con quella di Londra, dove visse gli ultimi suoi 30 anni di vita; alla faccia delle scimmiette urlatrici islamo-sinistre che ululano contro il “geopoliticismo”, ma solo per giustificare la loro subordinazione strumentale, da ultra-sinistra, all’aggressione islamista-atlantista contro le repubbliche socialiste panarabe di Libia, Algeria, Siria; contro l’asse rivoluzionario sciita di Iran-Iraq-HezbollahAnsarullah; contro i governi anti-islamisti egiziano e tunisino. Così supportando l’imperialismo e i suoi ascari regionali: fratellanza musulmana, Hamas, primavere arabe, “rivoluzionari” siriani, egiziani, algerini, tunisini, cirenaici, wahhabiti, salafiti, petromonarchie, qaidisti, sinistra sionista, milizie curde filo-sioniste e filo-statunitensi, fino ai taqfriti e allo Stato islamico, ecc. Tutta una panoplia di organizzazioni settarie e integraliste supportate, in Italia, dal variegato zoo della sinistra-sinistra, trotskita, post-trotskista, pseudo-trotskista, condita con varie salse: parigina, londinese, buenosairese, newyorkese, berlinese, ma sempre coerentemente russofoba, sinofoba, anti-BRICS, anti-ALBA, anti-bolivariana, contro i governi socialdemocratici di Brasile, Bolivia, Argentina, Ecuador, contro Cuba, e ovviamente contro Siria baathista, Libia jamahiriyana, Iran, ecc. Il tutto giustificato con la lotta a “rosso-brunismo”, eurasiatismo o “geopoliticismo”. Uno sfoggio di neofraseologia adottata dal trotskistume su esempio del loro maestro in confusione semantica, l’agente della CIA George Orwell.
Tornando a Parvus, egli promosse il viaggio di Lenin, e di parte dei vertici del Partito Operaio Socialdemocratico Russo (POSDR) – Bolscevico, dalla Svizzera alla Russia post-zarista, dove dopo il febbraio 1917 si era insediato un governo massonico ispirato dalle centrali imperialiste anglo-statunitensi. Parvus, che in quanto socialdemocratico era russofobo, ma era anche un agente attivo dell’impero tedesco, comprese che per sottrarre la Russia dal fronte anti-Berlino, costituito dall’Intesa tra Londra, Parigi, Roma e Washington, doveva inviare qualcuno che avrebbe potuto contrastare l’influenza imperialista anglo-sassone a Mosca, rafforzatasi dopo la rivoluzione del febbraio 1917, quando fu insediato un governo di massoni legati alle logge di Londra e Parigi. Perciò Parvus contattò l’unico uomo che avrebbe potuto guidare una rivoluzione antimperialista in Russia, Lenin, a cui Parvus in seguito cercò di strappare delle concessioni dalla Russia sovietica, quale ricompensa per il suo aiuto alla Rivoluzione d’Ottobre; ma Lenin divenne duro d’orecchi, sapendo quale individuo infido e pericoloso fosse Parvus.
Parvus morì nel 1925, la sua eredità intellettuale, un’enorme archivio di studi e documenti politici internazionali e geografici, fu disperso, ma anche assai sfruttato, tra Unione Sovietica (il primogenito di Parvus era un impiegato del ministero degli Esteri sovietico), Germania nazista (dove probabilmente Himmler impiegò i testi e gli scritti di Parvus per cercare di distruggere gli Stati-nazione dell’Europa orientale e risuscitare l’impero panturanista, vecchia idea dei generali turchi della prima guerra mondiale, adottata per dare una copertura ideologica al loro imperialismo regionale, e probabilmente su ispirazione dei piani antirussi concepiti da Pravus medesimo) e NATO. I documenti nazisti caddero in mano agli statunitensi, ed assieme ai quadri dell’intelligence del Terzo Reich, costituirono la base delle operazioni di destabilizzazione contro l’Unione Sovietica (Baltico, Caucaso, Ucraina), il Comecon (ustascia, rivolta di Budapest, sovversione della DDR, Solidarnosch e altri “dissidenti”, quasi tutti di ascendenza fascista e integralista), la Repubblica Popolare di Cina (Xinjiang, Tibet), ecc. A tale gigantesca operazione di disinformazione e propaganda antisovietica, anticomunista, russofoba, sinofoba e quant’altro, si allineò la cosiddetta IV internazionale, ovvero il movimento trotskista, che nelle sue risoluzioni programmatiche ha sempre dichiarato apertamente, sotto la scusa della “liberazione dei popoli” e della “democrazia operaia”, lo smantellamento del Patto di Varsavia, del Comecon, della Jugoslavia, dell’Unione Sovietica, della Repubblica Popolare cinese (tacciata di sciovinismo grande-Han…); tutto ciò fin dal 1948, nel pieno della Guerra Fredda. I “trotskisti” invocavano la distruzione dell’unico blocco che si opponeva all’imperialismo atlantista; un fulgido esempio di disfattismo collaborazionista, vizio acquisito durante la seconda guerra mondiale, che sebbene sempre ammantato di fraseologie ultra-rivoluzionarie. Nel nome della lotta al “dominio burocratico”, nel caso dei Paesi socialisti, o al nazionalismo borghese, nel caso dei Paesi anti-coloniali, veniva adottato dalla IV Internazionale sempre e comunque il sostegno all’imperialismo, in ogni occasione: Afghanistan, Polonia, Jugoslavia, “eltsinismo”, Tien an Men, ecc.
Difatti, fino al 1989 bersaglio principale della propaganda rivoluzionaria “antiburocratica” fu il blocco sovietico e i suoi alleati. I “trotskisti” salutarono la rivolta a Berlino nel 1953, quella ungherese del 1956, nascondendone i tratti reazionari, ignorando od occultando il sabotaggio operato dalla NATO e dalle sue agenzie segrete, ed esaltandone un’inesistente anima “rivoluzionaria e socialista” e, come nel caso ungherese, arrivando ad inventarsi comitati operai rivoluzionari mai rintracciati a 25 anni dal collasso del blocco sovietico. L’avvento al potere del movimento sciovinista, settario, integralista ed atlantista Solidarnosch in Polonia, e di organizzazioni simili nel resto del Comecon, così come l’aggressione della CIA in Afghanistan, furono tutti salutati e celebrati dal variegato zoo “trostkista”. E quando il blocco sovietico collassò, nel 1989-1991, il movimento “trotskista” svelò la sua vera natura di raggruppamento settario e senza seguito. In effetti, dopo il crollo del “Muro di Berlino” avrebbe dovuto raccogliere qualche briciola, anche elettorale, per il suo “successo”, invece nulla, anzi; dopo che per quarant’anni la IV Internazionale aveva goduto di mezzi e risorse per poter stampare pubblicazioni anche a livello mondiale, organizzare convegni internazionali, inserire i suoi massimi dirigenti e intellettuali nelle accademie, università e nei più prestigiosi mass media occidentali, all’improvviso tutto ciò finì: il movimento si contrasse, si ridussero drasticamente pubblicazioni e stampa, scomparvero molte organizzazioni e i convegni internazionali si diradarono. La loro funzione era cessata, finita la Guerra Fredda, i “trotskisti” venivano riposti nell’armadio delle anticaglie dell’antisovietismo, pronti ad essere tirati fuori di nuovo, dai loro finanziatori atlantisti, al momento opportuno, come in Jugoslavia, Libia, Iran, Siria, Cina, Russia di nuovo, Venezuela, Argentina. Ogni volta allineati contro il governo bersaglio dell’aggressione imperialista. Sull’esempio del Manifesto, “giornale comunista”, che supporta sempre gli interventi della NATO nel modo infingardo che sa fare, promossero diverse campagne denigratorie contro i leader e i governi dei Paesi presi di mira dagli USA e dalla NATO: un esempio su tutti, la Serbia e Miloshevich, le guerre in Bosnia e il terrorismo dell’UCK in KosMet. Sempre operazioni di disinformazione e propaganda svoltesi con l’attiva collaborazione di figuri titolati. In Italia con i Dinucci, Calchi-Novati o Parlato, solo per il caso della ‘Primavera araba’. Il movimento trotskista ha sempre operato così, da un lato avanzava blande critiche al militarismo occidentale, ma dall’altra promuoveva campagne mediatiche militanti volte a danneggiare e colpire i Paesi bersaglio dell’intervento occidentale, dalla Jugoslavia di Miloshevich alla Cina di Deng, dal Brasile di Rousseff alla Russia di Putin, o per giustificare il rovesciamento e l’assassinio di leader antimperialisti: Najibullah in Afghanistan, Gheddafi in Libia, Assad in Siria, Janukovich in Ucraina, Kirchner in Argentina.
Come già indicato, tutto ciò non è casuale, il movimento trotskista ha seguito e segue il programma di Parvus, la distruzione dell’URSS fino al 1989; la distruzione dei Paesi antimperialisti negli anni ’90-2000′ e, dalla nascita dei BRICS e del blocco eurasiatista, il movimento “trotskista” ha ripreso gli scritti di Parvus per allinearsi alla NATO e seguirla passo dopo passo nelle sue avventure, affiancando il neo-ottomansimo turco contro Libia, Iran e Siria, e il neonazismo di Gladio a Kiev, in Ucraina, contro i russofoni e i patrioti antifascisti ucraini; tutto ciò riprende il cammino parvusiano volto a distruggere la Federazione russa. Non è un caso, quindi, che i vari santoni e guru del “trotskismo” italiano: Moscato, Ricci, Massari, Ferrando, Ferrero, Ferrario, Grisolia, ilManifesto, Pasquinelli, Salucci, Falcemartello e tutti gli altri pagliacci di tale miserabile circo di piattole e zecche, nonostante l’autopromozione della propria fantasmatica purezza “rivoluzionaria proletaria”, si affianchino sempre e comunque ai settari islamisti in Medio Oriente e Nord Africa, ai neonazisti in Europa orientale e alle oligarchie compradores in America Latina. Tutto ciò viene coperto dalla suddetta fraseologia pseudo-rivoluzionaria, e quando scoperto, giustificato con frasi inani sulla lotta al “rosso-brunismo”, al “geopoliticismo”, alla “subordinazione a burocrazie e regimi nazionalisti borghesi” (il cosiddetto “campismo”) ed altro mefitico blabla vario e avariato.
Il DNA dei “trotskisti” non è stato scritto da Trotzkij, ma da Parvus, il cui spettro appesta il mondo tramite questi suoi malvagi spiritisti suoi evocatori.Riferimenti:
Dai processi di Mosca alla caduta di Krusciov, a cura di Livio Maitan, Bandiera Rossa, 1965
Il grande Parvus, Pietro A. Zveteremich, Garzanti, 1988
Karl Marx. Una vita, Francis Wheen, Isbn, 2010
Manoscritti sulla questione polacca (1863-1864), Karl Marx, La Nuova Italia, 1999
Il padre dei russofobi contemporanei: Parvus
Alessandro Lattanzio, 7/9/2014Alexander Parvus, ovvero Izrail Lazarevic Gelfand, nacque a Berezino, oblast di Minsk, e studiò a Odessa. Divenuto marxista socialdemocratico, nel 1891 si recò in Germania, dove lavorò come giornalista per diversi giornali di sinistra. In Svizzera, incontrò Lenin, Trotzkij e altri rivoluzionari russi. Nelle fila del Partito socialdemocratico di Germania fu redattore dell’Arbeiter-Zeitung Sächsische dove scriveva articoli sull’economia mondiale. Nel 1905 tornò in Russia dove partecipò alla prima rivoluzione, scrivendo sui giornali menscevichi e chiedendo ai socialdemocratici russi di partecipare alla Duma di Stato in collaborazione con altri partiti. Arrestato fu esiliato in Siberia da cui fuggì per ritornare in Germania, dove in seguito s’impossessò di forti somme destinate ai partiti socialdemocratici russo (POSDR) e tedesco (SPD), tra cui i diritti dell’opera di Gorkij “I bassifondi”. Perciò, nel gennaio 1908, il tribunale del partito russo l’espulse dal movimento socialdemocratico. Dopo la condanna ma in possesso del “patrimonio” saccheggiato, Parvus partì per l’impero ottomano in fermento per l’azione dei Giovani Turchi. Ad Istanbul, Parvus rimase per cinque anni divenendo un tramite utile e potente del governo dei Giovani Turchi con la Germania. Lì organizzò il sistema dei trasporti e comunicazioni ottomano, permettendo ad Istanbul, nel 1915, di resistere all’assalto anfibio anglo-francese a Gallipoli. Fu anche l’ideatore della strategica ed anti-mackinderiana ferrovia Berlino-Baghdad.
Alexander Parvus essendo un marxista per formazione, ma non per convinzione, voleva guidare una rivoluzione per inserirsi nel grande gioco; simili personalità ambiziose sono apprezzate dai servizi segreti. Perseguendo l’idea di far crollare un grande Paese, con l’aiuto della “grande” rivoluzione democratica, come vantava nell’epoca napoleonica lo statista inglese William Pitt, Parvus cercava “una situazione in cui fosse possibile acquisire facilmente un Paese”. A tal proposito, scrisse un memorandum intitolato “Preparazione dello sciopero politico di massa in Russia“, che presentò al governo imperiale di Berlino il 9 marzo 1915, per abbattere l’impero russo.
Il programma prevedeva l’organizzazione di:
– scioperi nazionali con slogan “Libertà e Pace” a San Pietroburgo e che riguardassero le fabbriche di armi e le ferrovie.
– distruzione dei ponti ferroviari, paralizzando i rifornimenti e il trasporto di truppe e attrezzature per il fronte, provocando proteste di massa.
– congresso dei leader russi socialdemocratici in Svizzera, per presentare l’invito unanime all’azione contro il regime zarista.
– agitazione tra gli operai nelle città portuali (Odessa, Sebastopoli), cantieri navali (Nikolaev), raffinerie (Baku e Rostov), inviando pubblicazioni da Romania e Bulgaria.
– organizzazione di scioperi e rivolte regionali con slogan politici ed incendio di depositi petroliferi.
– supporto alle pubblicazioni estere e locali dei partiti, creando un’atmosfera ovunque contraria al regime zarista.
– sostenere lo slogan del POSDR “rovesciare il governo e rapida conclusione della pace”
– incitare sentimenti anti-russi in Ucraina, Finlandia e Caucaso.
– organizzare i prigionieri politici facendoli fuggire dalla Siberia e inviandoli come agitatori rivoluzionari a Pietrogrado.
“…Tutte queste azioni coordinate creerebbero il caos contro la monarchia, imponendo un nuovo governo pronto a concludere un trattato di pace con la Germania”. Parvus stilò una serie di misure finanziarie e tecniche connesse, come la fornitura di materiali esplosivi, mappe ferroviarie, corrieri da inviare presso i rivoluzionari in esilio in Svizzera, finanziamento dei media radicali. Per queste ed altre attività, Parvus chiese al governo tedesco 5 milioni di marchi, e il 17 marzo 1915, il segretario di Stato del Ministero degli Esteri tedesco Jagow telegrafò al Tesoro: “per sostenere la propaganda rivoluzionaria in Russia necessitano due milioni“. La risposta positiva arrivò un paio di giorni dopo. Parvus ebbe un milione che trasferì in un conto a Copenaghen, dove aveva sede la casa editrice che aveva fondato e che pubblicava testi e bollettini di politica internazionale, geoeconomia e geopolitica. Inoltre, vi aveva anche creato un impero commerciale che si occupava di operazioni commerciali, anche illegali, per acquisire all’estero carbone, metalli, armi per la Germania.
Infatti, Parvus nel marzo 1915, in qualità di “consigliere principale del governo tedesco sulle questioni rivoluzionarie in Russia”, disse all’ambasciatore tedesco a Costantinopoli: “Gli interessi del governo tedesco coincidono con gli interessi dei rivoluzionari socialdemocratici russi, raggiungendo il suo obiettivo solo con la completa distruzione dell’impero zarista. D’altro canto, la Germania non potrebbe uscire vittoriosa da questa guerra se non provocasse una rivoluzione in Russia. Ma anche dopo la rivoluzione, la nostra patria (si riferisce alla Russia) sarebbe di grande pericolo per la Germania, se non venisse suddivisa in un certo numero di Paesi indipendenti. Gruppi separati di rivoluzionari russi già lavorano in questa direzione...” Parvus inoltre finanziò l’organizzazione separatista ucraina Spilka e tesse una rete di contatti con le logge massoniche, preparando il futuro governo provvisorio del primo ministro filo-alleato Aleksandr Kerenskij, all’epoca politico laburista russo e segretario del Consiglio Supremo massonico dell’impero russo.
Il piano di Parvus intaccava un Paese, la Russia, che nella primavera 1916 era gravemente indebolito dalla guerra imperialista e da disorganizzazione e incompetenza del corrottissimo governo zarista. Inoltre, Parvus voleva creare un ampio fronte di partiti di sinistra, mentre Lenin era contrario a confondere con le forze di sinistra i rivoluzionari bolscevichi. E aveva ragione, poiché i partiti della sinistra russa avrebbero sostenuto le richieste avanzate dalle potenze occidentali Regno Unito, Francia e USA per continuare la guerra.
Nel maggio 1915, in Svizzera, Parvus incontrò Lenin. Lenin aveva sempre saputo con chi aveva a che fare: un individuo a cui non chiedere mai un rublo. Si può fantasticare su cosa i due avessero “concordato” a Zurigo, ma resta il fatto che l’unico a parlarne fu Alexander Parvus. Il 9 marzo 1915 disse al segretario di Stato tedesco Jagow che non concordava con Lenin, ma che i piani non cambiavano e che avrebbe realizzato il progetto della “grande rivoluzione” in Russia per conto proprio. Parvus, quindi, dopo aver ricevuto il primo anticipo di 1 milioni di marchi, si recò a Berna da Lenin per metterlo a parte del piano. Ma Lenin fu estremamente cauto, anche se Parvus comprò i biglietti da Zurigo per Lenin e la moglie. Ma i tedeschi decisero che dovevano partire tutti gli esuli politici russi, ovvero decine di rivoluzionari. Infine, prima che arrivasse a Pietrogrado Parvus voleva discutere con Lenin e così decise di organizzare una sosta del treno a Berlino, per far incontrare Lenin con dei dirigenti sindacali tedeschi, ma Lenin si rifiutò di incontrare anche Parvus. Già nel dicembre 1915 Parvus ricevette dal governo tedesco 15 milioni di marchi per organizzare l'”Ufficio di Cooperazione Economica Internazionale”, copertura per finanziare i partiti socialisti europei. Sempre nel 1915 pubblicò la rivista “Die Glocke“, dedicata alle analisi politico-economiche internazionali (qualcosa che ricorda Lotta Comunista di oggi).
Nel 1918, il Capo di Stato Maggiore generale tedesco, generale Ludendorff, ammise lamentandosi: “Abbiamo la grave responsabilità di aver portato Lenin in Russia, ma doveva essere fatto per far cadere la Russia“. Infatti “la rivoluzione ha le sue leggi. Dopo il fiasco dei negoziati segreti, Parvus si agitò, accusando ed insultando Lenin”. Fu lui che diffuse la leggenda di un Lenin agente dell’imperialismo tedesco; le sue pubblicazioni urlavano che Lenin “lecca gli stivali di Hindenburg“.
Deluso, Parvus si ritirò in Svizzera, ma il governo svizzero l’espulse dal Paese. Tornato in Germania, visse in una villa nei pressi di Berlino. Parvus era considerato da molti suoi sodali un brillante rivoluzionario, ma senza scrupoli ed individualista. Avanzò assieme a L. D. Trotzkij “la teoria della rivoluzione permanente”, sulla base della quale Trotzkij, all’epoca, si scontrò con Lenin. Deceduto a Berlino nel 1925, Parvus lasciò una grande fortuna, finanziaria e documentaria, che in parte andò in eredità al primogenito, all’epoca un funzionario sovietico.
Nei suoi scritti teorici, Parvus ad esempio parlava di prendere il controllo del mondo occupando il sistema finanziario mondiale. “L’idea non era nuova, ma i metodi e le tecniche sì; richiamando i dettagli di un sordido e lucido anti-leninismo, puntavo a soggiogare la coscienza delle popolazioni con gli utili idioti dei sostenitori della democrazia”. Parvus inviando diversi memorandum all’alto comando imperiale tedesco e al ministero degli Esteri di Berlino, suggerendo di frantumare l’impero russo facendo ricorso alla propaganda rivoluzionaria democraticista e alle sollevazioni etnico-nazionaliste, è divenuto il mentore tanto dei russofobi nazisti Rosenberg, Himmler e Lipa quanto dei russofobi imperialisti Kennan, Soros e Brzezinski.
Alla luce di questi aspetti di tale frazione della storia politica del socialismo europeo, si ha una chiave di lettura maggiormente chiara su regioni e motivazioni delle svolte e azioni politiche che influenzarono i momenti cruciali della storia della Russia sovietica, da Brest-Litovsk alla guerra polacco-russa alla repressione della rivolta di Khronshtadt, dalle lotte interne al PC(b)R alla NEP, fino alla collettivizzazione forzata, al Grande Terrore e al Patto Molotov-Ribbentrop. Inoltre, la documentazione presente al riguardo, smentisce l’ennesima bufala di un Lenin agente prima della Germania imperiale (Lenin dovette piegarsi al trattato di pace del 1918, essenzialmente perché non c’era ancora un’Armata Rossa e per la stupidità di Berlino), e soprattutto manda al macero la bufalissima di Lenin agente delle grandi banche americane, non a caso spacciata proprio da ambianti estremisti americanisti, come Ford e Churchill, cha da sostenitori del capitalismo selvaggio bancarottiere del 1929, si opponevano alle misure interventiste di Roosevelt, accusato di essere un bolscevico che attentava allo “spirito autentico dell’America”. Accuse, queste ultime, riprese in toto dalle varie attuali fazioni signoraggiste e auritiste spronanti a un ritorno al ‘sano’ capitalismo (anglosassone) di inizio secolo… XX.