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  1. #21
    Ghibellino
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    Predefinito Re: Terza via (nasserismo, baathismo, peronismo, bolivarismo)

    IV Incontro italiano della Rete di Solidarietà con la Rivoluzione BolivarianaTavolo di lavoro sul femminismo rivoluzionario e il potere popolare
    “Caracas ChiAma”
    ¡Sin Mujeres no hay Revolución!
    Lecce 15, 16, 17 aprile 2016

    La Rete “Caracas ChiAma”, in occasione del Quarto Incontro Italiano di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana, ha dedicato uno dei suoi tavoli di lavoro al tema “femminismo rivoluzionario e potere popolare”, per esaminare il rapporto tra questione di genere e conflitto sociale attraverso il confronto tra i movimenti femministi e LGBTQI dell’America Latina e quelli del nostro paese. Il tavolo ha avuto una straordinaria partecipazione di donne e uomini, riuscendo a coinvolgere diverse realtà locali, come la Casa delle Donne, associazione Lea, progetto Libera, Aamad, Donne in nero, Forum de las Mujeres Latinoamericanas venute appositamente per confrontarsi con la rete.

    Presenti anche la giornalista Geraldina Colotti, Adelmo Cervi, Maddalena Celano dell’Università Roma 3, e femministe dell’ex OPG. Ha coordinato la scrittrice e attivista Isabella Lorusso, agevolata da Ada Donno, della Casa delle Donne, già relatrice durante i lavori della mattina, e Clara Statello, per la Rete nazionale Noi Saremo Tutto, promotrice del tavolo.
    I lavori sono stati dedicati alla memoria di Berta Caceres, alle donne che combattono in Novorossja, contro il regime nazista ucraino, e in Kurdistan e Siria contro l’Isis, e a Milagro Sala, prigioniera politica del regime di Macri in Argentina.
    Attraverso il confronto delle esperienze emerse dai vari interventi, si è delineata una tavola dei problemi: in Italia, a causa della sconfitta delle lotte sociali nel punto più alto del conflitto, col passaggio dal ‘900 al nuovo millennio si è avuta una rottura, che ha causato una frammentazione in varie istanze e aspetti della questione di genere, trattata come una questione separata dalla libertà per tutte e tutti, dal superamento di tutte le forme di subalternità e marginalità sociale.
    Questo mentre in America Latina, con le lotte che hanno portato alla vittoria dei governi progressisti, veniva posta la questione del potere, inteso come poter fare, come potere del popolo di autoderminarsi decidendo della propria organizzazione politica, sociale e economica, di essere il soggetto della propria storia, proprio riconiugando la questione della liberazione di tutte e tutti con la libertà della donna a ogni livello sociale.
    Le presenza delle donne e dei movimenti di genere ha caratterizzato e determinato le trasformazioni radicali emancipative dell’America Latina: nella resistenza ai regimi fascisti, nelle lotte indigene e ambientaliste, nelle rivoluzioni e nella costruzione del potere popolare. Le donne si sono liberate partecipando alla liberazione della società, diventando soggetto (storico e sessuato) di processi radicali che liberano la società dalla subalternità dalla sfera produttiva (dall’oppressione di classe e etnica) sino alla sfera riproduttiva (dall’oppressione di genere).
    I diritti civili avanzano assieme ai diritti sociali, nella costituzione di società più giuste e umane, che dalle differenti sensibilità di genere vengono arricchite. La questione di genere si interseca con la questione di classe nella sua vocazione di liberazione della società dalla subalternità ad ogni livello. Il conflitto di genere è un conflitto sociale e ha una portata rivoluzionaria.
    Per questa ragione senza la partecipazione delle donne la società non si libera, senza le donne non c’è rivoluzione! Si pensi a Cuba. Prima della rivoluzione le donne vivevano una condizione di emancipazione limitata e limitante. Si trattava di un femminismo liberale che garantiva l’uguaglianza sulla base all’appartenenza al gruppo etnico-sociale dominante.
    Con la rivoluzione, la liberazione è diventata una condizione di tutte le donne, con l’uguaglianza sociale, l’uguaglianza di genere è diventata effettiva per tutte, permettendo anche alle donne delle classi subalterne di uscire dalla marginalità, di rompere gli schemi patriarcali che riservavano alla donna le attività domestiche, escludendola dai processi sociali. Il lavoro della Federazione delle Donne Cubane, promuovendo la partecipazione alle attività sociali e politiche, ha permesso la fuoriuscita dalla subalternità. Ha promosso una battaglia culturale all’analfabetismo. L’integrazione è stata raggiunta grazie a un mix di politiche sociali e culturali. Adesso Cuba, grazie al Cenesex, conduce una lotta all’omofobia, sensibilizza verso i differenti orientamenti sessuali, nella direzione di superare le ultime eredità machiste della società pre-rivoluzionaria. Quella di Cuba è una rivoluzione nella rivoluzione. Nel Venezuela bolivariano l’uguaglianza di genere è alla base del potere popolare.
    Non può esistere uguaglianza sociale senza uguaglianza di genere e senza il riconoscimento delle differenti identità sessuali. Un’uguaglianza di ruoli all’interno dei processi di trasformazione sociale, basata sul riconoscimento della donna come “motore e asse delle trasformazioni sociali”, che si declina sia nella sfera privata che pubblica, come riconoscimento della donna della libertà di autodeterminarsi, di scegliere il proprio ruolo sociale. Libertà che il governo bolivariano garantisce grazie al lavoro di istituzioni come il Ministero del Potere Popolare per la donna e l’uguaglianza di genere o l’Istituto Nazionale della donna, che promuovono l’integrazione sociali e l’attività politica delle donne, con le missioni per le donne in condizione di miseria, come la Missione Madres del Barrio, con politiche previdenziali che tutelano il lavoro domestico e sociale, per la creazione di asili, mense, etc.
    In paesi come l’Ecuador, la liberazione della donna si fonda sul principio del buen vivir, un paradigma di progresso differente da quello liberale/capitalista, per cui solo se aumenta il benessere della base, cresce il benessere dell’intera società, benessere per tutte e tutti. L’uguaglianza di genere converge con l’idea di progresso: il riconoscimento delle differenti identità e sensibilità sessuali e dei diritti civili è un avanzamento per tutta la società.
    Nel continente latino americano i movimenti femministi e di genere avanzano, agendo sui cambiamenti della società, determinando rapporti sociali che superano la subalternità di classe e genere, contaminandosi con la cultura indigena. Un femminismo intersezionale, in cui il conflitto di genere si interseca con quello etnico e di classe, e si risolve superando il conflitto sociale. Al modello latinoamericano si ispirano anche altri popoli in lotta, come i Curdi. Così come a Cuba, i movimenti e le forze armate delle donne dell’YPJ sono integrati nei consigli comunali e amministrativi, partecipano al potere decisionale. Paesi come Cuba, Venezuela, Nicaragua, Bolivia, Ecuador e Uruguay, non si sono limitati a integrare la donna nelle attività produttive e politiche, ma hanno promosso la produttività e la partecipazione politica integrando le organizzazioni femminili e femministe all’interno delle istituzioni.
    In Italia invece, nonostante le conquiste ereditate dalle lotte dei movimenti femministi degli anni ’70, donne, omosessuali, trans soffrono di una sempre maggiore marginalità e esclusione. Con l’esclusione delle masse popolari dai processi di trasformazione sociale, i movimenti femministi e di genere si ritrovano fuori dal conflitto sociale, non riuscendo perciò a intervenire sui cambiamenti reali. La subalternità del patriarcato si riproduce senza ostacoli, il conflitto di genere viene disinnescato.
    Assieme all’ineguaglianza sociale, dovuta all’arretramento dei diritti sociali, si riproducono i ruoli patriarcali, cresce l’omofobia e il sessismo medievale contro omosessuali e donne. In questo clima trovano spazio manifestazioni come il Family Day, dove esponenti di gruppi cattolici tradizionalisti sfilano con i fascisti, per negare i diritti degli omosessuali e la libertà delle donne di scegliere del loro corpo e ruolo sociale. Una tendenza di senso opposto, incompatibile e inconciliabile con i principi del socialismo umanista bolivariano, che invece si costruisce sul riconoscimento delle differenti soggettività sessuate, centro di processi di trasformazione radicale.
    Un umanesimo che non nega le differenze, ma che delle differenze si nutre, nel suo percorso di costruzione di una società più equa, più giusta e determinata dalla masse. D’altro canto ormai, l’ingerenza del Vaticano sulla politica interna, in materia di diritti civili e etica, non trova più l’opposizione di quei movimenti di piazza, che raccoglievano le aspirazioni di laicità dello stato e difendevano diritti come aborto (di fatto attualmente negato dall’obiezione di coscienza), fecondazione assistita, ricerca sulle staminali, etc. Il campo viene lasciato al bigottismo fascistizzante dei gruppi più reazionari, che oppongono alla disgregazione della società capitalista il modello di famiglia patriarcale. L’oppressione di genere si riproduce in quella di classe.
    Nel mondo del lavoro, le donne soffrono una condizione di subalternità, causata dalla maggiore precarietà, salari più bassi, negazione di diritti come la maternità, sino alle molestie sessuali dei superiori e all’assunzione condizionata dall’aspetto fisico, spesso requisito per determinate mansioni. Così, nelle classi più marginalizzate, le donne vivono una condizione vera e propria di schiavitù, come tra le donne migranti sottoposte a tratta. A questo proposito nel dibattito è emersa l’esperienza del progetto “Libera” di Lecce, che promuove l’integrazione di persone vittime di tratta, caporalato e sfruttamento sessuale.
    Dopo anni di lavoro sul territorio, la commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Lecce, ha riconosciuto lo status di rifugiata a una donna nigeriana vittima di tratta a scopo di sfruttamento sessuale in carico al progetto “Libera”, costretta a fuggire dalla Nigeria con la sua compagna.
    Il riconoscimento dello stato di rifugiato politico per gli individui perseguitati per l’orientamento sessuale, da parte della commissione territoriale, crea un precedente per i casi analoghi. Si esprime solidarietà al progetto Libera che dopo 16 anni di lavoro chiude e ci si unisce alla lotta di chi vuole continuare questa esperienza di accoglienza, solidarietà e integrazione nei confronti di donne che fuggono dalla violenza e dalla guerra.
    La guerra, l’aggressione di un popolo da parte delle potenze imperialiste, così come colpi di stato e destabilizzazioni, sono strumenti per imporre con la violenza una condizione di oppressione e subalternità, per schiacciare e privare della libertà i popoli. Le donne ne vivono doppiamente l’orrore: direttamente, nella misura in cui stupro e violenze di genere vengono usati come arma di guerra, indirettamente perché la condizione di oppressione grava maggiormente sui soggetti sociali più deboli e marginalizzati.
    Per questa ragione, come donne della Rete “Caracas ChiAma” riteniamo che contro la guerra imperialista sia necessaria l’unione delle donne, una presa di posizione chiara dei movimenti femministi e di genere, in quanto soggetti progressisti che si pongono la questione della liberazione di tutte e tutti. Dal tavolo è emersa la necessità di porre al centro della solidarietà con il Venezuela la questione della donna e del suo rapporto con le trasformazioni sociali e il potere popolare, e di sviluppare una riflessione condivisa, dando continuità ai lavori della tre giorni.
    Per questa ragione si propone:
    – mantenere i contatti con le associazioni, le compagne e i compagni intervenuti al tavolo;
    – creare un forum delle donne, all’interno della Rete “Caracas ChiAma”;
    – una riflessione sul tema del femminismo rivoluzionario attraverso un ciclo di iniziative di avvicinamento al Quinto Incontro della Rete.


    https://albainformazione.com/
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  2. #22
    Rossobruno cattivone
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    Predefinito Re: Terza via (nasserismo, baathismo, peronismo, bolivarismo)

    @Kavalerists @Gianky @Logomaco

    COSA NE PENSATE DI QUESTO PERSONAGGIO?

    Eden Pastora: La rivoluzione con la “livella”

    Posted on 16 luglio 2011

    Alle spalle della sua scrivania c’è una delle foto più famose degli anni Settanta. Eden Pastora, il mitico “comandante Zero”, alza le braccia al cielo

    un piccolo mitra e nella mano sinistra un moschetto. L’immagine del rivoluzionario vincente.
    Una foto che era il risultato della più importante azione politica e militare del Fronte sandinista prima dell’insurrezione finale del 19 luglio 1979. Un anno prima, il 22 agosto del 1978, Eden Pastora, e pochi altri uomini travestiti da Guardia nazionale, era entrato nella sede dell’assemblea nazionale prendendo in ostaggio tutti i parlamentari del Nicaragua. Somoza era stato costretto a scendere a patti garantendo la scarcerazione di decine di militanti del Fronte (tra cui Daniel Ortega e Tomas Borge) e un salvacondotto per Cuba per quanti avevano condotto l’azione.


    Una foto che passerà alla storia non solo in Nicaragua.
    Oggi Eden Pastora si occupa del “suo” Rio San Juan in qualità di responsabile dei lavori al delta del fiume.
    È un 75enne in splendida forma. Capelli bianchi, fisico asciutto, è padre di 21 figli e altrettanti nipoti. La più piccola gironzola intorno al suo nonno e lui si scioglie, tira fuori il cellulare per farci vedere le foto della piccola.
    «Conosco bene l’Italia. Ci sono stato tante volte e la mia famiglia ha origini siciliane e si chiamava Pastori. Quando nel Settecento emigrarono in Nicaragua il cognome venne spagnolizzato».
    La sua storia ha dell’incredibile ed è anche piena di elementi a prima vista contraddittori. Con la vittoria del Fronte Sandinista acquisì ruoli di responsabilità, senza però entrare nella cerchia ristretta della direzione che comprendeva nove comandanti e Sergio Ramirez. Fu vice ministro dell’Interno e della Difesa e leader della milizia popolare. Fu lui il comandante partito con una brigada di 13mila uomini a fronteggiare le prime azioni della Contra al confine con l’Honduras già pochi mesi dopo la vittoria.
    Dopo fasi alterne, oggi il “comandante Zero” non ha dubbi sulle scelte politiche da fare per il suo paese.


    A novembre ci saranno le elezioni presidenziali. Con chi si schiererà lei?
    «Io sto con la rivoluzione popolare sandinista e il leader è uno solo: Daniel Ortega. Lui sta proseguendo il cammino rivoluzionario in libertà e democrazia. Mi basta una sola ragione tra le cento che potrei avere per votare Ortega. Lui è l’unico che può garantire i 39 programmi sociali. Se non ce la farà lui, la controrivoluzione antisandinista smantellerà tutto. Del resto lo abbiamo già visto vent’anni fa cosa sanno fare. Hanno privatizzato 400 imprese tra cui 46 strategiche. Sono riusciti a smantellare tutta la rete ferroviaria perché era in odore sandinista. Il brillante risultato che hanno ottenuto è stato quello di produrre oltre 500mila sfollati senza lavoro in Costa Rica».

    Molti però oggi criticano Ortega. Qual’è il bilancio dei suoi cinque anni di governo?
    «Abbiamo meno poveri e meno povertà. A me basterebbe il progetto Amor che intende tirare via i bambini dagli incroci delle strade per dire che Ortega ha lavorato bene. Daniel ha insegnato all’ambasciatore americano a rispettarci».

    Ma se lei ha questo legame con Ortega perché nel 1982 lasciò il Fronte Sandinista?
    «Non ho mai abbandonato il Fronte, sono loro che mi hanno abbandonato. Sono loro che hanno tradito gli ideali volendo abbracciare il marxismo leninismo. Nel 1981 mi staccai e la storia mi diede ragione. Il popolo punì il Fronte con la sconfitta del 1990».

    Si, ma intanto lei con l’Arde aprì un fronte sud della Contra per combattere contro…
    «Non fu Contra. Ero un dissidente, e iniziai una battaglia politica, ma non feci mai la guerra. Furono i comandanti del Fronte a mettere in pericolo lo stato rivoluzionario».


    Ma si sarebbe potuta evitare quella guerra sporca con molte decine di migliaia di morti?
    «No, perché tutte le rivoluzioni hanno una controrivoluzione. Potevamo renderla meno sanguinosa, dolorosa e violenta. L’imperialismo non è monolitico e ha sempre delle crepe. Noi non siamo stati capaci di entrare lì dentro. Dovevamo contrastare politicamente Reagan, ma non fu possibile perché chi aveva il vero potere era Sergio Ramirez e i nove comandanti. Ortega era sempre in giro per il mondo a difendere la rivoluzione e in Nicaragua decideva Ramirez che giocava a fare il più radicale e il più antimperialista. Josè Martì diceva che “in politica la realtà non si vede” e questo vale anche nel nostro Paese».

    Come mai lei con tutta la popolarità e la lotta militare fatta non entrò nella direzione politica del Fronte?
    «Perché non ero comunista! Ero marxista e interpretavo il pensiero Sandinista che è la concretizzazione del materialismo storico. I comandanti volevano saltare tutte le tappe e questo è antimarxismo».

    I diversi ministri come i due Cardenal, D’Escoto e altri non potevano spingere in una direzione diversa?
    «Occorre dire che allora c’erano situazioni davvero difficili e dobbiamo tenere conto di quattro elementi: 1) il radicalismo allora era di moda; 2) la guerra radicalizza; 3) la minaccia dell’imperialismo radicalizza; 4) la disciplina verticale faceva si che i comandanti fossero vissuti e visti come degli dei. Ricordo una volta che alcuni “compagneros”, sempre con Il capitale di Marx sotto braccio mi dissero che non ero abbastanza in linea. Così mi fecero entrare in una ferramenta a comprare una livella per tenerla sulla mia scrivania. Se non ci fosse stato un grande dramma, direi che era davvero una commedia».

    Oggi quali sono i suoi sogni?
    «Che vinca Daniel e si possa proseguire l’azione rivoluzionaria. Su un piano personale invece sogno di terminare il mio lavoro di dragaggio del rio San Juan perché quella è una pratica concreta di sovranità nazionale. Quando recupereremo tutto il fiume e incorporeremo quel territorio dentro il nostro Nicaragua avremo fatto qualcosa di importante per la nazione».

    L’intervista al “comandante Zero” potrebbe continuare per ore, ma ci sono diverse persone che lo stanno aspettando, e questo giornalista italiano non era previsto, ma il ricordo di tanti luoghi che gli sono rimasti nel cuore nei diversi viaggi in Italia lo ha sciolto. Sorride ed è ironico quando inizia a parlare di politica. Distingue bene le varie correnti del marxismo e si ferma a fare battute sull’allora partito comunista italiano antisovietico. “I nostri comandanti interpretavano a modo loro il centralismo democratico”.
    L’ingresso della sua nipotina piena di allegria e sorrisi per il nonno mette fine alla nostra chiacchierata. Tra tre giorni si terrà l’imponente manifestazione per i 32 anni della rivoluzione. In Nicaragua oltre il 40% degli elettori non erano ancora nati quando Ortega governò la prima volta. Lui lo sa e non può bastare la retorica per vincere. Ma lo sa anche Eden Pastora che, dopo essersi presentato contro Daniel nel 2006, stavolta lo appoggia senza alcun dubbio.



    Eden Pastora: La rivoluzione con la ?livella? | Nicaragua
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  3. #23
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    Predefinito Re: Terza via (nasserismo, baathismo, peronismo, bolivarismo)

    Non conoscevo il personaggio. In generale, il bolivarismo/sandinismo/socialismo sudamericano/del XXI secolo e cose varie mi pare in fase calante
    L'amore vince sempre sull'invidia e sull'odio

  4. #24
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    Predefinito Re: Terza via (nasserismo, baathismo, peronismo, bolivarismo)

    Citazione Originariamente Scritto da LupoSciolto° Visualizza Messaggio
    @Kavalerists @Gianky @Logomaco

    COSA NE PENSATE DI QUESTO PERSONAGGIO?

    Eden Pastora: La rivoluzione con la “livella”

    Posted on 16 luglio 2011

    Alle spalle della sua scrivania c’è una delle foto più famose degli anni Settanta. Eden Pastora, il mitico “comandante Zero”, alza le braccia al cielo

    un piccolo mitra e nella mano sinistra un moschetto. L’immagine del rivoluzionario vincente.


    Una foto che passerà alla storia non solo in Nicaragua.
    Cosa ne devo pensare? Tutto il bene possibile. Quella foto la ho avuta anche in avatar, quindi...
    Un grande personaggio, un vero rivoluzionario, un uomo che non ha esitato un solo attimo a rivoltarsi contro e combattere gli errori che una parte della dirigenza sandinista, dogmatica e scadente nell'analisi della realtà, stava commettendo, e che portarono ad un secondo fronte al sud del paese e alla sconfitta elettorale di fronte al pupazzo yanquis, V.Chamorro. Per fortuna anni dopo la situazione fra Ortega e Pastora fu ricomposta, e ancora adesso il FS tiene saldamente le redini del paese, e sembrerebbe che proprio il Nicaragua sia la nazione più stabile tra tutte quelle dell'America Latina con governi socialisti.
    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
    "Solo i ricchi possono permettersi il lusso di non avere Patria."- Ledesma Ramos
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  5. #25
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    Predefinito Re: Terza via (nasserismo, baathismo, peronismo, bolivarismo)

    Rispetto molto le figure storiche dei peronisti argentini: Juan ed Evita Peron, Nestor e Cristina Kirchner.

  6. #26
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    Predefinito Re: Terza via (nasserismo, baathismo, peronismo, bolivarismo)

    OT x @Lars:
    diciamo meglio, cioè che il Paradiso sarebbe il poter sempre scegliere le persone con cui frequentare e con cui averci a che fare.
    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
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  7. #27
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    Predefinito Re: Terza via (nasserismo, baathismo, peronismo, bolivarismo)

    Citazione Originariamente Scritto da Kavalerists Visualizza Messaggio
    OT x @Lars:
    diciamo meglio, cioè che il Paradiso sarebbe il poter sempre scegliere le persone con cui frequentare e con cui averci a che fare.
    Aah, ti riferisci alla frase di Sartre...

  8. #28
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    Predefinito Re: Terza via (nasserismo, baathismo, peronismo, bolivarismo)

    Citazione Originariamente Scritto da Kavalerists Visualizza Messaggio
    Cosa ne devo pensare? Tutto il bene possibile. Quella foto la ho avuta anche in avatar, quindi...
    Un grande personaggio, un vero rivoluzionario, un uomo che non ha esitato un solo attimo a rivoltarsi contro e combattere gli errori che una parte della dirigenza sandinista, dogmatica e scadente nell'analisi della realtà, stava commettendo, e che portarono ad un secondo fronte al sud del paese e alla sconfitta elettorale di fronte al pupazzo yanquis, V.Chamorro. Per fortuna anni dopo la situazione fra Ortega e Pastora fu ricomposta, e ancora adesso il FS tiene saldamente le redini del paese, e sembrerebbe che proprio il Nicaragua sia la nazione più stabile tra tutte quelle dell'America Latina con governi socialisti.
    Pienamente d'accordo e, personalmente, ho vissuto un periodo di "venerazione" per Eden Pastora (infatti il mio vecchio nickname era tercerista). Ora, però, mi pongo delle domande: perché è venuto a patti con la CIA e i contras? Non avrebbe dovuto, almeno per spirito di "coerenza", condurre la propria battaglia in solitudine?
    Ultima modifica di LupoSciolto°; 13-10-16 alle 19:50
    Potere a chi lavora. No Nato. No Ue. No immigrazione di massa. No politically correct.

  9. #29
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    Predefinito Re: Terza via (nasserismo, baathismo, peronismo, bolivarismo)

    Citazione Originariamente Scritto da LupoSciolto° Visualizza Messaggio
    @Kavalerists @Gianky @Logomaco

    COSA NE PENSATE DI QUESTO PERSONAGGIO?

    Eden Pastora: La rivoluzione con la “livella”

    Posted on 16 luglio 2011

    Alle spalle della sua scrivania c’è una delle foto più famose degli anni Settanta. Eden Pastora, il mitico “comandante Zero”, alza le braccia al cielo

    un piccolo mitra e nella mano sinistra un moschetto. L’immagine del rivoluzionario vincente.
    Una foto che era il risultato della più importante azione politica e militare del Fronte sandinista prima dell’insurrezione finale del 19 luglio 1979. Un anno prima, il 22 agosto del 1978, Eden Pastora, e pochi altri uomini travestiti da Guardia nazionale, era entrato nella sede dell’assemblea nazionale prendendo in ostaggio tutti i parlamentari del Nicaragua. Somoza era stato costretto a scendere a patti garantendo la scarcerazione di decine di militanti del Fronte (tra cui Daniel Ortega e Tomas Borge) e un salvacondotto per Cuba per quanti avevano condotto l’azione.


    Una foto che passerà alla storia non solo in Nicaragua.
    Oggi Eden Pastora si occupa del “suo” Rio San Juan in qualità di responsabile dei lavori al delta del fiume.
    È un 75enne in splendida forma. Capelli bianchi, fisico asciutto, è padre di 21 figli e altrettanti nipoti. La più piccola gironzola intorno al suo nonno e lui si scioglie, tira fuori il cellulare per farci vedere le foto della piccola.
    «Conosco bene l’Italia. Ci sono stato tante volte e la mia famiglia ha origini siciliane e si chiamava Pastori. Quando nel Settecento emigrarono in Nicaragua il cognome venne spagnolizzato».
    La sua storia ha dell’incredibile ed è anche piena di elementi a prima vista contraddittori. Con la vittoria del Fronte Sandinista acquisì ruoli di responsabilità, senza però entrare nella cerchia ristretta della direzione che comprendeva nove comandanti e Sergio Ramirez. Fu vice ministro dell’Interno e della Difesa e leader della milizia popolare. Fu lui il comandante partito con una brigada di 13mila uomini a fronteggiare le prime azioni della Contra al confine con l’Honduras già pochi mesi dopo la vittoria.
    Dopo fasi alterne, oggi il “comandante Zero” non ha dubbi sulle scelte politiche da fare per il suo paese.


    A novembre ci saranno le elezioni presidenziali. Con chi si schiererà lei?
    «Io sto con la rivoluzione popolare sandinista e il leader è uno solo: Daniel Ortega. Lui sta proseguendo il cammino rivoluzionario in libertà e democrazia. Mi basta una sola ragione tra le cento che potrei avere per votare Ortega. Lui è l’unico che può garantire i 39 programmi sociali. Se non ce la farà lui, la controrivoluzione antisandinista smantellerà tutto. Del resto lo abbiamo già visto vent’anni fa cosa sanno fare. Hanno privatizzato 400 imprese tra cui 46 strategiche. Sono riusciti a smantellare tutta la rete ferroviaria perché era in odore sandinista. Il brillante risultato che hanno ottenuto è stato quello di produrre oltre 500mila sfollati senza lavoro in Costa Rica».

    Molti però oggi criticano Ortega. Qual’è il bilancio dei suoi cinque anni di governo?
    «Abbiamo meno poveri e meno povertà. A me basterebbe il progetto Amor che intende tirare via i bambini dagli incroci delle strade per dire che Ortega ha lavorato bene. Daniel ha insegnato all’ambasciatore americano a rispettarci».

    Ma se lei ha questo legame con Ortega perché nel 1982 lasciò il Fronte Sandinista?
    «Non ho mai abbandonato il Fronte, sono loro che mi hanno abbandonato. Sono loro che hanno tradito gli ideali volendo abbracciare il marxismo leninismo. Nel 1981 mi staccai e la storia mi diede ragione. Il popolo punì il Fronte con la sconfitta del 1990».

    Si, ma intanto lei con l’Arde aprì un fronte sud della Contra per combattere contro…
    «Non fu Contra. Ero un dissidente, e iniziai una battaglia politica, ma non feci mai la guerra. Furono i comandanti del Fronte a mettere in pericolo lo stato rivoluzionario».


    Ma si sarebbe potuta evitare quella guerra sporca con molte decine di migliaia di morti?
    «No, perché tutte le rivoluzioni hanno una controrivoluzione. Potevamo renderla meno sanguinosa, dolorosa e violenta. L’imperialismo non è monolitico e ha sempre delle crepe. Noi non siamo stati capaci di entrare lì dentro. Dovevamo contrastare politicamente Reagan, ma non fu possibile perché chi aveva il vero potere era Sergio Ramirez e i nove comandanti. Ortega era sempre in giro per il mondo a difendere la rivoluzione e in Nicaragua decideva Ramirez che giocava a fare il più radicale e il più antimperialista. Josè Martì diceva che “in politica la realtà non si vede” e questo vale anche nel nostro Paese».

    Come mai lei con tutta la popolarità e la lotta militare fatta non entrò nella direzione politica del Fronte?
    «Perché non ero comunista! Ero marxista e interpretavo il pensiero Sandinista che è la concretizzazione del materialismo storico. I comandanti volevano saltare tutte le tappe e questo è antimarxismo».

    I diversi ministri come i due Cardenal, D’Escoto e altri non potevano spingere in una direzione diversa?
    «Occorre dire che allora c’erano situazioni davvero difficili e dobbiamo tenere conto di quattro elementi: 1) il radicalismo allora era di moda; 2) la guerra radicalizza; 3) la minaccia dell’imperialismo radicalizza; 4) la disciplina verticale faceva si che i comandanti fossero vissuti e visti come degli dei. Ricordo una volta che alcuni “compagneros”, sempre con Il capitale di Marx sotto braccio mi dissero che non ero abbastanza in linea. Così mi fecero entrare in una ferramenta a comprare una livella per tenerla sulla mia scrivania. Se non ci fosse stato un grande dramma, direi che era davvero una commedia».

    Oggi quali sono i suoi sogni?
    «Che vinca Daniel e si possa proseguire l’azione rivoluzionaria. Su un piano personale invece sogno di terminare il mio lavoro di dragaggio del rio San Juan perché quella è una pratica concreta di sovranità nazionale. Quando recupereremo tutto il fiume e incorporeremo quel territorio dentro il nostro Nicaragua avremo fatto qualcosa di importante per la nazione».

    L’intervista al “comandante Zero” potrebbe continuare per ore, ma ci sono diverse persone che lo stanno aspettando, e questo giornalista italiano non era previsto, ma il ricordo di tanti luoghi che gli sono rimasti nel cuore nei diversi viaggi in Italia lo ha sciolto. Sorride ed è ironico quando inizia a parlare di politica. Distingue bene le varie correnti del marxismo e si ferma a fare battute sull’allora partito comunista italiano antisovietico. “I nostri comandanti interpretavano a modo loro il centralismo democratico”.
    L’ingresso della sua nipotina piena di allegria e sorrisi per il nonno mette fine alla nostra chiacchierata. Tra tre giorni si terrà l’imponente manifestazione per i 32 anni della rivoluzione. In Nicaragua oltre il 40% degli elettori non erano ancora nati quando Ortega governò la prima volta. Lui lo sa e non può bastare la retorica per vincere. Ma lo sa anche Eden Pastora che, dopo essersi presentato contro Daniel nel 2006, stavolta lo appoggia senza alcun dubbio.



    Eden Pastora: La rivoluzione con la ?livella? | Nicaragua
    Son contento che Pastora abbia ricucito con il FSLN e con Ortega, direi che hanno fatto errore da ambo le parti nel passato ma adesso l'importante è che vadano avanti assieme ed è importante che il FSLN vinca le elezioni di autunno.
    Se guardi troppo a lungo nell'abisso, poi l'abisso vorrà guardare dentro di te. (F. Nietzsche)

  10. #30
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    Predefinito Re: Terza via (nasserismo, baathismo, peronismo, bolivarismo)

    Citazione Originariamente Scritto da Gianky Visualizza Messaggio
    Son contento che Pastora abbia ricucito con il FSLN e con Ortega, direi che hanno fatto errore da ambo le parti nel passato ma adesso l'importante è che vadano avanti assieme ed è importante che il FSLN vinca le elezioni di autunno.
    Concordo. Ah, ben ritrovato!
    Potere a chi lavora. No Nato. No Ue. No immigrazione di massa. No politically correct.

 

 
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