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  1. #1681
    sonnecchiante...
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    Predefinito Re: Il paradosso di Fermi secondo Roger Penrose

    Citazione Originariamente Scritto da taxydriver Visualizza Messaggio
    Grazie del contributo, ma questa discussione non è sugli UFO, ma sulla possibilità dell'esistenza di vita capace di comunicare da qualche parte nelle nostre più o meno vicinanze.
    Sapere aude!

    Per apprezzare lo splendore occorre a volte un lungo apprendistato, ma il premio è la pura bellezza.

  2. #1682
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    Predefinito Re: Il paradosso di Fermi secondo Roger Penrose

    Ottimo video di Balbi su Oumauma e sulla teoria di Avi Loeb per cui sarebbe un oggetto alieno



    diciamo che pur essendo lontanissimi dall'avere prove conclusive, l'esistenza contemporanea di varie stranezze è effettivamente intrigante.

    Per chi mastica l'inglese Avi Loeb in persona che spiega la sua posizione più nel dettaglio lo trovate qua:

    https://www.youtube.com/watch?v=D24E4F90HTo

    (sottotitoli attivabili)

  3. #1683
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    Predefinito Re: Il paradosso di Fermi secondo Roger Penrose

    https://www.media.inaf.it/2021/03/12...superluminali/

    In una bolla di curvatura, più veloci della luce

    Erik Lentz, astrofisico dell’Università di Göttingen, ha derivato le equazioni di Einstein per configurazioni di solitoni finora inesplorate, trovando che geometrie dello spaziotempo alterate si potrebbero formare anche con sorgenti di energia convenzionali, e che la struttura stessa dello spaziotempo in un solitone potrebbe teoricamente offrire una soluzione ai viaggi superluminali. Con un commento di Luigi Foschini dell'Inaf

    Volendo viaggiare nello spazio alla scoperta di nuovi mondi bisogna necessariamente avere tempo. Le distanze sono troppo grandi per riuscire a essere percorse in una sola vita. Così, sebbene l’universo sia enorme e le cose da vedere siano tantissime, ci ritroviamo confinati su un piccolo puntino blu e destinati ad andare poco oltre, limitati dalla nostra lentezza. Scorciatoie per andare da un punto all’altro nell’universo non ne sono ancora state trovate, sebbene siano state ipotizzate e siano normalmente usate nella fantascienza. Andare a una velocità superiore a quella della luce sembra impossibile, perché a oggi la ricerca sul trasporto superluminale basata sulla teoria della relatività generale di Einstein sembra richiedere enormi quantità di particelle ipotetiche e stati della materia con proprietà fisiche esotiche, come densità di energia negativa… ma questo tipo di materia non si trova.

    Una nuova ricerca – condotta presso l’Università di Göttingen e pubblicata questa settimana sulla rivista Classical and Quantum Gravity – propone ora di aggirare questo problema costruendo una nuova classe di solitoni iperveloci utilizzando sorgenti con energia positiva, che potrebbero consentire di viaggiare a qualsiasi velocità. Ovviamente la ricerca ha riacceso il dibattito sulla possibilità di viaggiare più veloci della luce sulla base della fisica convenzionale.

    Se ci pensate, una sorta di “moto” superluminale non è poi così fuori dalla realtà, anche rimanendo nell’ambito del modello cosmologico standard. Basti pensare alla velocità di recessione delle galassie, dovuta all’espansione cosmologica: anche in questo caso c’è una modifica dello spaziotempo che si trascina dietro degli oggetti fisici.

    L’autore dell’articolo, Erik Lentz, ha analizzato gli studi esistenti scoprendo alcune lacune sulla propulsione a curvatura, in inglese warp drive. Lentz ha notato che esistevano configurazioni di curvatura dello spaziotempo ancora da esplorare, organizzate in solitoni, che potenzialmente potrebbero risolvere il problema, essendo fisicamente praticabili.

    Il fenomeno dei solitoni fu descritto per la prima volta da John Scott Russell, che osservò un’onda solitaria risalire la corrente nell’Union Canal per chilometri senza perdere energia. Tra i primi a scoprire la presenza di solitoni nell’oceano fu Alfred Richard Osborne nel 1980 nel Mare delle Andamane e successivamente furono scoperti in altri mari. Evidenze di solitoni furono scoperte anche nel cosiddetto sistema Fermi-Pasta-Ulam. Insomma, i solitoni esistono.

    Un solitone – in questo contesto anche chiamato informalmente bolla di curvatura – è un’onda compatta che mantiene la sua forma e si muove a velocità costante. Quello che Lentz ha fatto è stato derivare le equazioni di Einstein per configurazioni di solitoni finora inesplorate (dove le componenti del vettore di spostamento della metrica dello spaziotempo obbediscono a una relazione iperbolica), trovando che geometrie spazio-temporali alterate si potrebbero formare anche con sorgenti di energia convenzionali. In sostanza, il nuovo metodo utilizza la struttura stessa dello spaziotempo in un solitone per proporre una soluzione ai viaggi superluminali che – a differenza di altre ricerche – avrebbero bisogno solo di sorgenti di energia positiva.

    Se si potesse generare energia sufficiente, le equazioni utilizzate in questa ricerca consentirebbero di viaggiare nello spazio fino a Proxima Centauri, la stella a noi più vicina, e di tornare sulla Terra in “anni” invece che decenni o millenni. Ciò significa che un individuo potrebbe fare andata e ritorno nell’arco della sua vita. In confronto, l’attuale tecnologia missilistica impiegherebbe più di 50mila anni per un viaggio di sola andata.

    Inoltre, in un solitone le forze mareali sarebbero minime, per cui il passare del tempo all’interno del solitone corrisponderebbe al tempo all’esterno. Ciò significa che in questi viaggi non ci sarebbero le complicazioni del cosiddetto paradosso dei gemelli – il fenomeno per cui un gemello che viaggia alla velocità della luce invecchierebbe molto più lentamente dell’altro che è rimasto sulla Terra. Secondo le equazioni di Lentz, entrambi i gemelli – ritrovandosi – avrebbero la stessa età.

    «Questo lavoro ha spostato di un passo, dalla ricerca teorica in fisica fondamentale verso l’ingegneria, il problema dei viaggi superluminali. Il prossimo passo è capire come ridurre la quantità di energia necessaria in modo tale che rientri nella gamma delle tecnologie odierne, come una grande e moderna centrale nucleare a fissione. Poi potremo parlare della costruzione dei primi prototipi», dice Lentz. Attualmente, la quantità di energia richiesta per questo nuovo tipo di propulsione spaziale è ancora immensa. «L’energia richiesta per un veicolo spaziale di 100 metri di raggio che viaggia alla velocità della luce è dell’ordine di quella corrispondente a centinaia di volte la massa di Giove. Il risparmio energetico dovrebbe essere drastico, di circa 30 ordini di grandezza, per rientrare nella gamma dei moderni reattori nucleari a fissione», spiega Lentz. «Fortunatamente, in una precedente ricerca sono stati proposti diversi meccanismi di risparmio energetico che possono potenzialmente ridurre l’energia richiesta di quasi 60 ordini di grandezza». Lentz ora sta cercando di capire se questi metodi possono essere modificati o se sono necessari nuovi meccanismi per ridurre l’energia richiesta di un fattore tale da rendere la sua idea attualmente possibile.

    «Lo studio in oggetto è molto intrigante», dice a Media Inaf Luigi Foschini, ricercatore dell’Osservatorio astronomico dell’Inaf di Brera e autore di diverse pubblicazioni tra cui La fisica del tempo e Singolarità spaziotemporali, al quale ci siamo rivolti per un commento. «Le soluzioni per viaggiare a velocità maggiori di quelle della luce proposte sino a oggi richiedevano sempre energie negative prodotte da materia esotica, ovvero da cose che non esistono. Lentz è partito da un’idea di Miguel Alcubierre pubblicata nel 1994, che appunto aveva impiegato materia esotica per creare una bolla spaziotemporale che si trascinasse con sé un’astronave a velocità relativistiche, e ha trovato il modo di eliminare la richiesta di energia negativa. L’energia richiesta per deformare lo spaziotempo è comunque spaventosa, dell’ordine dell’energia che si otterrebbe convertendo tutta la massa del Sole. Ma l’idea di per sé è decisamente interessante e merita ulteriori approfondimenti».
    Far ragionare un idiota non é impossibile, é inutile

  4. #1684
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    Predefinito Re: Il paradosso di Fermi secondo Roger Penrose

    Sciocchezzuole, basta trasformare il Sole in energia pura con una conversione del 100% e forse ce la pssiamo fare

    Naaa... La strada è ancora lunga...

  5. #1685
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    Predefinito Re: Il paradosso di Fermi secondo Roger Penrose

    Se si potesse generare energia sufficiente, le equazioni utilizzate in questa ricerca consentirebbero di viaggiare nello spazio fino a Proxima Centauri, la stella a noi più vicina, e di tornare sulla Terra in “anni” invece che decenni o millenni. Ciò significa che un individuo potrebbe fare andata e ritorno nell’arco della sua vita. In confronto, l’attuale tecnologia missilistica impiegherebbe più di 50mila anni per un viaggio di sola andata.

    Inoltre, in un solitone le forze mareali sarebbero minime, per cui il passare del tempo all’interno del solitone corrisponderebbe al tempo all’esterno. Ciò significa che in questi viaggi non ci sarebbero le complicazioni del cosiddetto paradosso dei gemelli
    complicazioni??

    Se X si sposta da A a B a velocita' superluminali questo automaticamente implica un genuino paradosso (ovvero una contraddizione).

    Notare che gia nell'elettromagnetismo classico ci sono soluzioni in cui un'onda puo' muoversi piu velocemente della luce ma come e' ben noto non puo trasportare ne materia ne informazione.
    If we are honest - and scientists have to be - we must admit that religion is a jumble of false assertions. P. Dirac

  6. #1686
    sonnecchiante...
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    Predefinito Re: Il paradosso di Fermi secondo Roger Penrose

    Citazione Originariamente Scritto da Marximiliano Visualizza Messaggio
    https://www.media.inaf.it/2021/03/12...superluminali/

    In una bolla di curvatura, più veloci della luce

    Erik Lentz, astrofisico dell’Università di Göttingen, ha derivato le equazioni di Einstein per configurazioni di solitoni finora inesplorate, trovando che geometrie dello spaziotempo alterate si potrebbero formare anche con sorgenti di energia convenzionali, e che la struttura stessa dello spaziotempo in un solitone potrebbe teoricamente offrire una soluzione ai viaggi superluminali. Con un commento di Luigi Foschini dell'Inaf

    Volendo viaggiare nello spazio alla scoperta di nuovi mondi bisogna necessariamente avere tempo. Le distanze sono troppo grandi per riuscire a essere percorse in una sola vita. Così, sebbene l’universo sia enorme e le cose da vedere siano tantissime, ci ritroviamo confinati su un piccolo puntino blu e destinati ad andare poco oltre, limitati dalla nostra lentezza. Scorciatoie per andare da un punto all’altro nell’universo non ne sono ancora state trovate, sebbene siano state ipotizzate e siano normalmente usate nella fantascienza. Andare a una velocità superiore a quella della luce sembra impossibile, perché a oggi la ricerca sul trasporto superluminale basata sulla teoria della relatività generale di Einstein sembra richiedere enormi quantità di particelle ipotetiche e stati della materia con proprietà fisiche esotiche, come densità di energia negativa… ma questo tipo di materia non si trova.

    Una nuova ricerca – condotta presso l’Università di Göttingen e pubblicata questa settimana sulla rivista Classical and Quantum Gravity – propone ora di aggirare questo problema costruendo una nuova classe di solitoni iperveloci utilizzando sorgenti con energia positiva, che potrebbero consentire di viaggiare a qualsiasi velocità. Ovviamente la ricerca ha riacceso il dibattito sulla possibilità di viaggiare più veloci della luce sulla base della fisica convenzionale.

    Se ci pensate, una sorta di “moto” superluminale non è poi così fuori dalla realtà, anche rimanendo nell’ambito del modello cosmologico standard. Basti pensare alla velocità di recessione delle galassie, dovuta all’espansione cosmologica: anche in questo caso c’è una modifica dello spaziotempo che si trascina dietro degli oggetti fisici.

    L’autore dell’articolo, Erik Lentz, ha analizzato gli studi esistenti scoprendo alcune lacune sulla propulsione a curvatura, in inglese warp drive. Lentz ha notato che esistevano configurazioni di curvatura dello spaziotempo ancora da esplorare, organizzate in solitoni, che potenzialmente potrebbero risolvere il problema, essendo fisicamente praticabili.

    Il fenomeno dei solitoni fu descritto per la prima volta da John Scott Russell, che osservò un’onda solitaria risalire la corrente nell’Union Canal per chilometri senza perdere energia. Tra i primi a scoprire la presenza di solitoni nell’oceano fu Alfred Richard Osborne nel 1980 nel Mare delle Andamane e successivamente furono scoperti in altri mari. Evidenze di solitoni furono scoperte anche nel cosiddetto sistema Fermi-Pasta-Ulam. Insomma, i solitoni esistono.

    Un solitone – in questo contesto anche chiamato informalmente bolla di curvatura – è un’onda compatta che mantiene la sua forma e si muove a velocità costante. Quello che Lentz ha fatto è stato derivare le equazioni di Einstein per configurazioni di solitoni finora inesplorate (dove le componenti del vettore di spostamento della metrica dello spaziotempo obbediscono a una relazione iperbolica), trovando che geometrie spazio-temporali alterate si potrebbero formare anche con sorgenti di energia convenzionali. In sostanza, il nuovo metodo utilizza la struttura stessa dello spaziotempo in un solitone per proporre una soluzione ai viaggi superluminali che – a differenza di altre ricerche – avrebbero bisogno solo di sorgenti di energia positiva.

    Se si potesse generare energia sufficiente, le equazioni utilizzate in questa ricerca consentirebbero di viaggiare nello spazio fino a Proxima Centauri, la stella a noi più vicina, e di tornare sulla Terra in “anni” invece che decenni o millenni. Ciò significa che un individuo potrebbe fare andata e ritorno nell’arco della sua vita. In confronto, l’attuale tecnologia missilistica impiegherebbe più di 50mila anni per un viaggio di sola andata.

    Inoltre, in un solitone le forze mareali sarebbero minime, per cui il passare del tempo all’interno del solitone corrisponderebbe al tempo all’esterno. Ciò significa che in questi viaggi non ci sarebbero le complicazioni del cosiddetto paradosso dei gemelli – il fenomeno per cui un gemello che viaggia alla velocità della luce invecchierebbe molto più lentamente dell’altro che è rimasto sulla Terra. Secondo le equazioni di Lentz, entrambi i gemelli – ritrovandosi – avrebbero la stessa età.

    «Questo lavoro ha spostato di un passo, dalla ricerca teorica in fisica fondamentale verso l’ingegneria, il problema dei viaggi superluminali. Il prossimo passo è capire come ridurre la quantità di energia necessaria in modo tale che rientri nella gamma delle tecnologie odierne, come una grande e moderna centrale nucleare a fissione. Poi potremo parlare della costruzione dei primi prototipi», dice Lentz. Attualmente, la quantità di energia richiesta per questo nuovo tipo di propulsione spaziale è ancora immensa. «L’energia richiesta per un veicolo spaziale di 100 metri di raggio che viaggia alla velocità della luce è dell’ordine di quella corrispondente a centinaia di volte la massa di Giove. Il risparmio energetico dovrebbe essere drastico, di circa 30 ordini di grandezza, per rientrare nella gamma dei moderni reattori nucleari a fissione», spiega Lentz. «Fortunatamente, in una precedente ricerca sono stati proposti diversi meccanismi di risparmio energetico che possono potenzialmente ridurre l’energia richiesta di quasi 60 ordini di grandezza». Lentz ora sta cercando di capire se questi metodi possono essere modificati o se sono necessari nuovi meccanismi per ridurre l’energia richiesta di un fattore tale da rendere la sua idea attualmente possibile.

    «Lo studio in oggetto è molto intrigante», dice a Media Inaf Luigi Foschini, ricercatore dell’Osservatorio astronomico dell’Inaf di Brera e autore di diverse pubblicazioni tra cui La fisica del tempo e Singolarità spaziotemporali, al quale ci siamo rivolti per un commento. «Le soluzioni per viaggiare a velocità maggiori di quelle della luce proposte sino a oggi richiedevano sempre energie negative prodotte da materia esotica, ovvero da cose che non esistono. Lentz è partito da un’idea di Miguel Alcubierre pubblicata nel 1994, che appunto aveva impiegato materia esotica per creare una bolla spaziotemporale che si trascinasse con sé un’astronave a velocità relativistiche, e ha trovato il modo di eliminare la richiesta di energia negativa. L’energia richiesta per deformare lo spaziotempo è comunque spaventosa, dell’ordine dell’energia che si otterrebbe convertendo tutta la massa del Sole. Ma l’idea di per sé è decisamente interessante e merita ulteriori approfondimenti».
    Mi sembra ci siano molte "imprecisioni", oltre a quanto già detto da topquark, vi è anche il piccolissimo problema del paradosso del nonno, se ci si sposta da a A a B a v > c e poi da B a A sempre con v > c, si torna indietro nel tempo..... e quindi dobbiamo risolvere tutti i paradossi temporali che ciò implicherebbe.
    Sapere aude!

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  7. #1687
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    Predefinito Re: Il paradosso di Fermi secondo Roger Penrose

    L'articolo diceva che teoricamente sarebbe possibile ridurre la quantità di energia richiesta di una sessantina di ordini di grandezza

    Non capisco il paradosso; in realtà anche andando più velocemente della luce l'astronave arriverebbe a destinazione dopo essere partita. Al limite il pilota vedrebbe l'immagine di se stesso che arriva ma sarebbe appunto un'immagine e non potrebbe influenzare il comportamento del proprio io precedente
    Far ragionare un idiota non é impossibile, é inutile

  8. #1688
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    Predefinito Re: Il paradosso di Fermi secondo Roger Penrose

    Citazione Originariamente Scritto da Marximiliano Visualizza Messaggio
    L'articolo diceva che teoricamente sarebbe possibile ridurre la quantità di energia richiesta di una sessantina di ordini di grandezza

    Non capisco il paradosso; in realtà anche andando più velocemente della luce l'astronave arriverebbe a destinazione dopo essere partita. Al limite il pilota vedrebbe l'immagine di se stesso che arriva ma sarebbe appunto un'immagine e non potrebbe influenzare il comportamento del proprio io precedente
    Intendo, se la propulsione warp davvero permettesse di curvare lo spazio
    Far ragionare un idiota non é impossibile, é inutile

  9. #1689
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    Predefinito Re: Il paradosso di Fermi secondo Roger Penrose

    Citazione Originariamente Scritto da Marximiliano Visualizza Messaggio
    L'articolo diceva che teoricamente sarebbe possibile ridurre la quantità di energia richiesta di una sessantina di ordini di grandezza

    Non capisco il paradosso; in realtà anche andando più velocemente della luce l'astronave arriverebbe a destinazione dopo essere partita. Al limite il pilota vedrebbe l'immagine di se stesso che arriva ma sarebbe appunto un'immagine e non potrebbe influenzare il comportamento del proprio io precedente
    Purtroppo non c'è una maniera semplice per spiegarlo, o almeno io non la conosco, so solo spiegarlo con formule da cui si evince l'evidenza che viaggiare a velocità > c e tornare con le medesime velocità al punto di partenza significa arrivarci "prima" della partenza rispetto al tempo del punto di partenza. In altre parole per il viaggiatore rispetto a se stesso il tempo è trascorso in avanti, per il viaggiatore rispetto al punto di partenza il tempo è trascorso all'indietro !

    Ripredo la spiegazione già da me postata in altre discussioni.

    Sappiamo che intervallo di tempo misurato nel sistema B in moto rettilineo uniforme rispetto al sistema A dipende
    da
    deltaT = t2 - t1 (differenza di tempo)
    deltaX = x2 - x1 (differenza di spazio, ove ciascuna x rappresenta cooridnate spaziali x,y,z)

    tutti misurati in A

    quindi

    L[(t2-t1) - (v^2/c^2)(x2-x1)]

    Sappiamo che normalmente deltaT = t2-t1 > 0 (il tempo successivo all'evento è maggiore del tempo prima dell'evento)

    se un evento avviene a velocità maggiori di c avremo, dopo qualche passaggio:

    (x2-x1)(t2-t1) > (c^2/v^2) > c (quindi per A, B ha viaggiato più veloce della luce, come ho detto)

    ma da quanto sopra arriviamo necessariamente a:

    deltaT = t2 -t1 < 0


    Se hai notato, non ho mai scritto: "viaggiare alla velocità della luce" ma ho scritto: "viaggio dal punto x1 al punto x2 in un tempo inferiore a quello che impiegherebbe la luce a fare lo stesso viaggio" per evitare l'ambiguità del viaggio e l'obiezione "ma B non viaggia > c ma piegando lo spazio". E' irrilevante la velocità relativa di B (cioè la velocità che percepisce B) è A che lo vede arrivare in un tempo < della velocità della luce ovvero A vedrà B viaggiare più veloce della luce. Da qui tutti i paradossi esposti.


    Nel caso B tornasse a casa da A, anche se per B sono passati 2 mesi, nel sistema di A tornerebbe ad un tempo ANTECEDENTE a quello della sua stessa partenza !!! quindi avrebbe viaggiato indietro nel tempo.
    Sapere aude!

    Per apprezzare lo splendore occorre a volte un lungo apprendistato, ma il premio è la pura bellezza.

  10. #1690
    Praticamente innocuo
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    Predefinito Re: Il paradosso di Fermi secondo Roger Penrose

    Ma stai parlando del tempo soggettivo dell'astronauta. L'articolo senza peró spiegare perché dice che quel tempo soggettivo non cambierebbe come a un astronauta che viaggiasse più veloce della luce senza warp.
    Dal punto di vista di chi rimane a terra passerebbe invece il tempo, diciamo così, canonico se non ho capito male
    Far ragionare un idiota non é impossibile, é inutile

 

 
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