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  1. #2911
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    Predefinito Re: Genetica, razza e differenze

    pare che a Terni faranno lo Sputnik. per luglio sono previste 10 milioni di dosi.

  2. #2912
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    Predefinito Re: Genetica, razza e differenze

    Un nuovo farmaco antivirale, il Molnupiravir, 'uccide' il Covid-19. Un gruppo di ricercatori americani ha scoperto che questa pillola presa due volte al giorno per cinque giorni, ha eliminato gli effetti del coronavirus dal naso e dalla faringe di 49 persone che si sono sottoposte alla terapia sperimentale. Lo riporta la rivista scientifica Medscape Medical News.

  3. #2913
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    Predefinito Re: Genetica, razza e differenze

    Citazione Originariamente Scritto da dimecan Visualizza Messaggio
    pare che a Terni faranno lo Sputnik. per luglio sono previste 10 milioni di dosi.
    Lo faranno in Brianza presso la succursale di una azienda Svizzera.
    Bisognerà aggirare i bastoni tra le ruote DELL'EMA, della UE e di Draghi.
    Purtroppo lo Sputnik 5 è veramente SOLO un vaccino.
    E per di più i russi non hanno intenzione di pagare tangenti miliardarie.

  4. #2914
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    Predefinito Re: Genetica, razza e differenze

    (ANSA) - MOSCA, 09 MAR - "Firmato il primo accordo in Europa tra il fondo governativo russo e la società Adienne Pharma&Biotech per la produzione in Italia del vaccino Sputnik V". Lo annuncia la Camera di Commercio Italo-Russa in una nota pubblicata sul suo sito internet. "Nelle scorse ore l'amministratore delegato del Russian Direct Investment Fund (Rdif), Kirill Dmitriev, ha confermato di aver raggiunto un accordo con l'azienda Adienne Pharma&Biotech per la produzione dello Sputnik V in Italia, siglando il primo contratto europeo per la produzione locale del vaccino. La partnership permetterà di avviare la produzione già dal mese di luglio 2021".

  5. #2915
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  6. #2916
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    Predefinito Re: Genetica, razza e differenze

    L’anno del Covid, quale lezione per il futuro? il pensiero di Harari.
    L'ottica di Harari
    Credo che ormai grande parte dei lettori conoscano Yuval Noah Harari. Noi seguiamo lo storico e pensatore israeliano dal suo primo libro, Sapiens, che presentava delle novità rimarchevoli nell’approccio alla storia della cosiddetta umanità nel corso dei millenni in termini di stile, narrazione e focus.
    Nel lavoro di Harari non troviamo una storia tradizionale o una sua visione settoriale, nazionale o evenementale, ma una storia dell’intero cluster umano inteso come una unità inscindibile con la natura e gli altri esseri viventi. Harari tratta gli avvenimenti del passato come una proiezione del futuro e non tralascia mai di intersecare tutte le discipline, comprese quelle scientifiche e mediche, per ricostruire un quadro storico d’insieme di lunghissimo periodo del sistema Terra. Si tratta di un approccio che richiama quello di alcuni scienziati, come Donella Hagaer Meadows, Dennis Meadows, Jorgen Randers e William Behrens III (una elite del MIT negli anni Settanta), che considerano il mondo come un unico sistema. Nel 2012 uno di loro, Jorgen Randers, ha pubblicato una sorta di epitome del lavoro di questo gruppo, 2052: A Global Forecast for the Next Forty Years (tr.it., Edizioni Ambiente). Da ricordare anche il lavoro seminale di Donella Meadows, The Limits to Growth (tr. it., Mondadori). Due scienziati ossessionati dal futuro, come Yuval.
    Yuval potrebbe essere veramente il primo storico planetario e i suoi libri i primi manuali per improbabili alieni o diverse civiltà galattiche. Ma c’è anche di più: lo storico israeliano è lontanissimo dell’antropocentrismo e, pur affrontando una storia di genere, non fa mai venire meno l’inquadramento di quella storia nella storia naturale e degli altri essere viventi che popolano il pianeta.
    La storia del futuro
    Grazie a questa piccola grande rivoluzione metodologica, Yuval è diventato una celebrità internazionale senza mai però smarrire la sua ispirazione originaria e soprattutto il suo metodo nell’affrontare ciò che sta avvenendo, nel momento stesso in cui scrive, in una lunga prospettiva storica declinata sia al passato che al futuro. Sì perché Yuval ha scritto anche un libro che si intitola Homo Deus. Breve storia del futuro. Ma come si fa a scrivere una storia del futuro? Si può! I modelli evolutivi o involutivi del vissuto del pianeta possono fornire le variabili sulle quali costruire un modello per intuire l’avvenire. La ricorsività della storia non è un mistero per nessuno. Magari ce lo dimostrerà in modo definitivo l’intelligenza artificiale anche nella sua iniziale fase di deep learning. In ambito accademico c’è chi non gradisce troppo il presenzialismo, lo stile disinvolto e anticonvenzionale dello studioso israeliano le sue trasvolate tra i millenni a cavallo di un manico di scopa, anche se tutti concordano sul fatto che non c’è niente di ciarlatanesco o di ricerca dell’effetto speciale nell’analisi e nelle tesi di Yuval. L‘originalità e la serietà della sua analisi, che indubbiamente non manca di qualche effetto speciale, la si può saggiare in questo intervento sul “Financial Times” che pubblichiamo in versione italiana e che svolge alcune considerazioni sull’esperienza del Covid, naturalmente, nell’ottica di un’ampia prospettiva storica.
    Pandemia : una sfida gestibile
    Come possiamo riassumere l’anno di Covid nell’ottica di un’ampia prospettiva storica? Molte persone credono che la devastazione del coronavirus dimostri l’impotenza dell’umanità di fronte alla potenza della natura. In realtà, il 2020 ha dimostrato che l’umanità è tutt’altro che impotente e succube. Le epidemie non sono più forze incontrollabili scatenate da madre natura. La scienza le ha trasformate in una sfida gestibile dal genere umano. Perché, allora, si sono verificate così tante morti e tante sofferenze? Perché ci sono state decisioni politiche sbagliate. Nelle epoche precedenti, quando gli uomini affrontavano un flagello come la peste nera, non avevano idea di che cosa lo causasse o di come potesse esservi posto rimedio. Quando l’influenza del 1918 colpì il mondo, i migliori scienziati del pianeta non riuscirono a identificare il virus mortale, molte delle contromisure adottate furono inutili e i tentativi di sviluppare un vaccino efficace si rivelarono fallaci. Con il Covid-19 è avvenuto qualcosa di molto diverso. I primi campanelli d’allarme di una potenziale nuova epidemia hanno iniziato a farsi sentire alla fine di dicembre 2019. Dopo 10 giorni gli scienziati non solo avevano isolato il virus responsabile della pademia, ma avevano anche sequenziato il suo genoma e pubblicato online le informazioni. Nei mesi successivi si è capito quali misure potevano rallentare e fermare le catene di infezione. A distanza di appema un anno diversi vaccini efficaci erano già in produzione di massa. Nella guerra tra l’uomo e gli agenti patogeni, l’uomo non è mai stato così forte.
    il passaggio oll'online
    Insieme alle conquiste senza precedenti della biotecnologia, l’anno del Covid ha messo in evidenza anche il potere della tecnologia dell’informazione. Nelle epoche passate l’umanità non poteva fermare le epidemie perché gli uomini non erano in grado di monitorare le catene di infezione in tempo reale e perché il costo economico di quarantene prolungate era proibitivo. Nel 1918 si potevano mettere in quarantena le persone che si ammalavano della temuta influenza, ma non si potevano tracciare i movimenti dei portatori presintomatici o asintomatici. E se si ordinava all’intera popolazione di un paese di rimanere a casa per diverse settimane, tale decisione avrebbe portato alla rovina economica, al collasso sociale e alla fame di massa. Al contrario, nel 2020 il monitoraggio digitale ha reso molto più facile individuare i vettori della malattia, il che ha reso la quarantena più selettiva e più efficace. Aspetto ancor più importante è che l’automazione e internet hanno reso praticabile l’isolamento esteso, almeno nei paesi sviluppati. Mentre in alcune parti del mondo in via di sviluppo l’esperienza del virus ricordava le epidemie del passato, in gran parte del mondo sviluppato la rivoluzione digitale ha cambiato tutto. Prendiamo in considerazione l’agricoltura. Per migliaia di anni la produzione di alimenti si è fondata sul lavoro umano quando circa il 90% delle persone era occupato nell’agricoltura. Oggi nei paesi sviluppati non è più così. Negli Stati Uniti, solo l’1,5% delle persone lavora nelle fattorie, eppure questi pochi lavoratori agricoli sono sufficienti non solo a sfamare tutta la popolazione americana, ma anche a fare degli Stati Uniti uno dei principali esportatori in campo alimentare. Quasi tutto il lavoro agricolo è fatto dalle macchine, le quali sono immuni alle malattie. Le chiusure hanno quindi un impatto molto piccolo sull’agricoltura.
    automazione e cibo
    Immaginate cosa poteva succedere a un campo di grano al culmine della peste nera. si di diceva ai braccianti di stare a casa al momento del raccolto, c’era la fame. Se si chiedeva ai braccianti di venire a raccogliere, c’era l’infezione. Che cosa fare, allora? Ora immaginate lo stesso campo di grano nel 2020. Un singola passaggio di una mietitrebbia guidata dal GPS può falciare un intero campo con un’efficienza di gran lunga maggiore e con zero chance di infezione. Mentre nel 1349 un bracciante medio raccoglieva circa 5 stai di grano al giorno, nel 2014 una mietitrebbia dell’ultima generazione può raccogliere 30.000 stai in un solo giorno. Di conseguenza il Covid-19 non ha avuto un impatto significativo sulla produzione globale di colture di base come grano, mais e riso.
    Per nutrire le persone non basta raccogliere il grano. Bisogna anche trasportarlo, a volte per migliaia di chilometri. Per la maggior parte della storia, il commercio è stato uno dei principali fattori trasmissivi nella storia delle pandemie. Gli agenti patogeni mortali si spostavano per il mondo sulle navi mercantili e sulle carovane a lunga distanza. Per esempio, la peste nera viaggiò dall’Asia orientale al Medio Oriente lungo la via della seta e furono le navi mercantili genovesi a portarla in Europa. Il commercio rappresentava una minaccia mortale perché ogni trasporto via terra aveva bisogno di un equipaggo, decine di marinai erano necessari per portare le navi d’alto mare da un posto a un altro. Succedeva che le navi e le locande affollate erano focolai di malattie.
    il commercio globale ha tenuto
    Nel 2020, il commercio globale ha continuato a funzionare più o meno agevolmente perché oggi coinvolge pochissimi esseri umani. Una moderna nave container, ampiamente automatizzata, può trasportare più tonnellate della flotta mercantile di un intero regno dell’epoca moderna. Nel 1582, la flotta mercantile inglese aveva una capacità di trasporto totale di 68.000 tonnellate e impiegava circa 16.000 marinai. La nave container OOCL Hong Kong, varata nel 2017, può trasportare circa 200.000 tonnellate e richiede un equipaggio di sole 22 persone. È vero, le navi da crociera con centinaia di turisti e gli aerei pieni di passeggeri hanno giocato un ruolo importante nella diffusione del Covid-19. Ma il turismo e i viaggi non sono essenziali per il commercio. I turisti possono rimanere a casa e gli uomini d’affari possono lavorare con Zoom, mentre le navi fantasma automatizzate e i treni semi-automatici mantengono l’economia globale in movimento. Se il turismo internazionale è crollato nel 2020, il volume del commercio marittimo globale è diminuito solo del 4%. L’automazione e la digitalizzazione hanno avuto un impatto ancora più profondo sui servizi. Nel 1918, era impensabile che uffici, scuole, tribunali o chiese potessero continuare a funzionare in una situazione di isolamento. Se studenti e insegnanti si rintanavano nelle loro case, che insegnamento si poteva tenere? Oggi conosciamo la risposta. È il passaggio all’online.
    L’online ha molti costi, non ultimo il grande pedaggio mentale da pagare a questo nuova realtà. Una realtà che ha anche creato situazioni prima inimmaginabili, come gli avvocati che si presentano in tribunale davanti al giudice con il voltoe del loro gatto. Ma il solo fatto che sia stato possibile farlo è stupefacente. Nel 1918, l’umanità abitava solo il mondo fisico e quando il virus mortale dell’influenza spazzò questo mondo, l’umanità non aveva un posto dove rifugiarsi. Oggi molti di noi abitano due mondi, quello fisico e quello virtuale. Quando il coronavirus ha circolato nel mondo fisico, molte persone hanno spostato gran parte della loro vita nel mondo virtuale, dove il virus non poteva inseguirle. Naturalmente, gli esseri umani sono ancora esseri fisici, e non tutto può essere svolto online. L’anno del Covid ha evidenziato il ruolo cruciale di molte professioni sottopagate nel mantenimento della civiltà umana: infermieri, lavoratori della sanità, camionisti, cassieri, addetti alle consegne. Si dice spesso che ogni civiltà è a soli “tre pasti” dalla barbarie. Nel 2020, i fattorini erano la sottile linea rossa che teneva insieme l’intera civiltà. Sono diventati le nostre importantissime linee di contatto con il mondo fisico.
    internet ha resistito
    Man mano che l’umanità si automatizza, si digitalizza e sposta le attività online, si espone a nuovi pericoli. Una delle cose più notevoli dell’anno del Covid è che internet ha resistito. Se improvvisamente aumentiamo la quantità di traffico che passa su un ponte fisico, possiamo aspettarci ingorghi e fors’anche il crollo della struttura. Nel 2020, scuole, uffici e chiese si sono spostati online quasi da un giorno all’altro, ma internet ha retto. Non ci soffermiamo molto a riflettere su questo fatto, ma dovremmo farlo. Dopo il 2020 sappiamo che la vita può continuare anche quando un intero continente è in uno stato di isolamento fisico. Ora provate a immaginare che cosa potrebbe succedere se la nostra infrastruttura digitale si bloccasse. La tecnologia informatica ci ha reso più resistenti di fronte ai virus organici, ma ci ha anche reso molto più vulnerabili di fronte al malware e alla guerra dell’informazione. La gente spesso si chiede: “Qual è il prossimo Covid?” Bene, un attacco alla nostra infrastruttura digitale può essere il nuovo Covid. Ci sono voluti diversi mesi perché il coronavirus si diffondesse nel mondo e infettasse milioni di persone. La nostra infrastruttura digitale potrebbe collassare in un solo giorno. E mentre con un’epidemia le scuole e gli uffici potrebbero rapidamente spostarsi online, quanto tempo pensate occorrerebbe per tornare dalla posta elettronica alla posta ordinaria?
    la politica ha l'ultima parola
    L’anno del Covid ha messo in evidenza il limite ultimo del sapere scientifico e tecnologico. La scienza non può sostituirsi alla politica. Quando si arriva alle decisioni politiche, dobbiamo prendere in considerazione molti interessi e valori. Poiché non c’è un modo scientifico per determinare quali interessi e valori siano più importanti, non c’è un modo scientifico per decidere cosa dovremmo fare.
    Per esempio, quando si deve decidere se imporre o meno una serrata, non è sufficiente chiedersi: “Quante persone si ammaleranno di Covid-19 se non imponiamo la chiusura?”. Dovremmo anche chiederci: “Quante persone andranno in depressione se imponiamo l’isolamento? Quante persone soffriranno di cattiva alimentazione? Quanti perderanno la scuola o il lavoro? Quanti saranno picchiati o uccisi dai loro coniugi?”. Anche se tutti i nostri dati fossero accurati e affidabili, dovremmo sempre chiederci: “Cosa è quello che conta davvero? Chi decide che cosa conta davvero? Come valutiamo i numeri rispetto ad altri aspetti?”. Questo è un compito politico più che scientifico. Sono i politici che dovrebbero bilanciare le considerazioni mediche, economiche e sociali ed elaborare una politica globale. In modo analogo, i tecnologi stanno lavorando su nuove piattaforme digitali che ci aiutino a operare in isolamento e a nuovi strumenti di monitoraggio che ci assistano nel rompere le catene di infezione. Ma la digitalizzazione e la sorveglianza mettono in pericolo la nostra privacy e aprono la strada all’emergere di regimi totalitari senza precedenti. Nel 2020, la sorveglianza di massa è diventata qualcosa di sdoganato e di comunemente accettato. Combattere l’epidemia è importante, ma vale la pena distruggere la nostra libertà in questo battaglia? È compito dei politici più che dei tecnologi trovare il giusto equilibrio tra una sorveglianza utile e le prospettive distopiche.
    come proteggerci dalle dittature digitali
    Tre regole di base possono proteggerci dalle dittature digitali, anche in un periodo di pestilenza. Prima regola: ogni volta che si raccolgono dati sulle persone — specialmente su quello che accade all’interno dei loro corpi — questi dati dovrebbero essere usati per aiutare queste persone piuttosto che per manipolarle, controllarle o danneggiarle. Il mio medico personale conosce molte cose estremamente personali su di me. Mi sta bene, perché ho fiducia che il medico usi questi dati a mio beneficio. Il mio medico non dovrebbe vendere questi dati a nessuna società commerciale o partito politico. Dovrebbe essere lo stesso per qualsiasi tipo di “autorità di sorveglianza pandemica” che potremmo introdurre. Seconda regola: la sorveglianza deve sempre andare in entrambe le direzioni. Se la sorveglianza va solo dall’alto verso il basso, questa è la strada maestra per la dittatura. Quindi, ogni volta che si aumenta la sorveglianza degli individui, si dovrebbe contemporaneamente aumentare anche il controllo sul governo e sulle grandi aziende. Per esempio, nella crisi attuale i governi stanno distribuendo enormi quantità di denaro. Il processo di assegnazione dei fondi dovrebbe essere reso più trasparente. Come cittadino, voglio vedere facilmente chi riceve cosa e sapere chi ha deciso dove vanno i contributi. Voglio essere sicuro che i soldi vadano alle imprese che ne hanno veramente bisogno piuttosto che a una grande società i cui proprietari sono amici di un ministro. Se il governo dice che è troppo complicato stabilire un tale sistema di monitoraggio nel mezzo di una pandemia, non credeteci. Se non è troppo complicato iniziare a monitorare quello che fate voi — non è troppo complicato nemmeno iniziare a monitorare quello che fa il governo. Terza regola: non permettiamo mai che troppi dati siano concentrati in un solo posto. Neppure durante l’epidemia e neppure quando è finita. Un monopolio dei dati è una ricetta per una dittatura. Quindi, se raccogliamo dati biometrici sulle persone per fermare la pandemia, ciò dovrebbe essere fatto da un’autorità sanitaria indipendente piuttosto che da un’autorità governativa. E i dati risultanti dovrebbero essere tenuti separati da altri silos di dati come quelli degli apparati dello Stato e delle grandi aziende. Certo, ciò creerà ridondanze e inefficienze. Ma l’inefficienza è una necessità, non un bug. Volete prevenire l’ascesa di una dittatura digitale? Mantenete le cose con un piccolo grado di inefficienza.
    i politici
    I successi scientifici e tecnologici senza precedenti del 2020 non hanno risolto la crisi del Covid-19. Hanno trasformato l’epidemia da una calamità naturale in un a sorta di dilemma politico. Quando la peste nera uccise milioni di persone, nessuno si aspettava molto dai re e dagli imperatori. Circa un terzo di tutti gli inglesi morirono durante la prima ondata della peste nera, ma questo non fece perdere il trono al re Edoardo III d’Inghilterra. Era chiaramente al di là del potere dei governanti di fermare l’epidemia, quindi nessuno li incolpava del fallimento. Ma oggi l’umanità ha gli strumenti scientifici per fermare il Covid-19. Diversi paesi, dal Vietnam all’Australia, hanno dimostrato che anche senza un vaccino, gli strumenti disponibili possono fermare l’epidemia. Questi strumenti, tuttavia, hanno un alto prezzo economico e sociale. Possiamo battere il virus — ma non siamo sicuri di essere disposti a pagare il costo della vittoria. Ecco perché le conquiste scientifiche hanno posto un’enorme responsabilità sulle spalle dei politici. Sfortunatamente, troppi politici non sono stati all’altezza di questa responsabilità. Per esempio, i presidenti populisti degli Stati Uniti e del Brasile hanno minimizzato il pericolo, si sono rifiutati di ascoltare gli esperti e hanno invece spacciato teorie cospirative. Non hanno elaborato un solido piano d’azione federale e hanno sabotato i tentativi delle autorità statali e municipali per fermare l’epidemia. La negligenza e l’irresponsabilità delle amministrazioni Trump e Bolsonaro hanno portato centinaia di migliaia di morti evitabili. Nel Regno Unito, all’inizio il governo è stato più preoccupato della Brexit che del Covid-19. Per tutte le sue politiche isolazioniste, l’amministrazione Johnson non è riuscita a isolare la Gran Bretagna dall’unica cosa che contava davvero: il virus. Anche il mio paese d’origine, Israele, ha sofferto di cattiva gestione politica. Come nel caso di Taiwan, Nuova Zelanda e Cipro, Israele è in effetti un “paese isola”, con confini chiusi e un solo cancello d’ingresso principale — l’aeroporto Ben Gurion. Tuttavia, al culmine della pandemia, il governo Netanyahu ha permesso ai viaggiatori di passare attraverso l’aeroporto senza quarantena o persino senza un adeguato screening e ha trascurato di far rispettare le proprie politiche di blocco. Sia Israele che il Regno Unito sono stati successivamente in prima linea nel distribuire i vaccini, ma i loro primi errori di valutazione sono costati cari. In Gran Bretagna, la pandemia ha causato la morte di 120.000 persone, collocandola al sesto posto nel mondo per tasso medio di mortalità. Nel frattempo, Israele ha il settimo più alto tasso medio di casi confermati e, per contrastare il disastro, ha fatto ricorso a un accordo “vaccini contro dati” con la società americana Pfizer. Pfizer ha accettato di fornire a Israele abbastanza vaccini per l’intera popolazione, in cambio di enormi quantità di dati preziosi, sollevando preoccupazioni sulla privacy e il monopolio dei dati e dimostrando che i dati dei cittadini sono ora uno dei beni pubblici più preziosi. Mentre alcuni paesi si sono comportati molto meglio, l’umanità nel suo complesso non è riuscita finora a contenere la pandemia, o a concepire un piano globale per sconfiggere il virus. Nei primi mesi del 2020 sono stati a guardare un incidente al rallentatore. La comunicazione moderna ha reso possibile per le persone di tutto il mondo vedere in tempo reale le immagini prima da Wuhan, poi dall’Italia, poi da sempre più paesi — ma nessuna leadership globale è emersa per fermare la catastrofe dal travolgere il mondo. Gli strumenti ci sono stati, ma troppo spesso è mancata la saggezza politica.
    la coalizione tra gli scienziati e la secessione tra i politici
    Una ragione del divario tra il successo scientifico e il fallimento politico è che mentre gli scienziati cooperavano a livello globale, i politici tendevano a litigare. Lavorando sotto molta pressione e grande incertezza sui risultati, gli scienziati di tutto il mondo condividevano liberamente le informazioni e facevano affidamento sulle scoperte e le intuizioni degli altri. Molti importanti progetti di ricerca sono stati condotti da team internazionali. Per esempio, uno studio chiave, che ha dimostrato l’efficacia delle misure di blocco, è stato condotto congiuntamente da ricercatori di nove istituzioni — una nel Regno Unito, tre in Cina e cinque negli Stati Uniti. Al contrario, i politici non sono riusciti a formare un’alleanza internazionale contro il virus e a concordare un piano globale. Le due principali superpotenze mondiali, gli Stati Uniti e la Cina, si sono accusate a vicenda di nascondere informazioni vitali, di diffondere disinformazione e teorie cospirative e persino di diffondere deliberatamente il virus. Numerosi altri paesi hanno volutamente falsificato o nascosto i dati sul progresso della pandemia. La mancanza di cooperazione globale si manifesta non solo in queste guerre di informazione, ma ancora di più nei conflitti per accaparrarsi le scarse forniture mediche. Mentre ci sono stati molti casi di collaborazione e generosità, nessun tentativo serio è stato fatto per mettere in comune tutte le risorse disponibili, razionalizzare la produzione globale e assicurare un’equa distribuzione delle forniture. In particolare, il “nazionalismo dei vaccini” crea un nuovo tipo di disuguaglianza globale tra i paesi che sono in grado di vaccinare la loro popolazione e quelli che non lo sono. È triste vedere che molti non riescano a capire un fatto semplice di questa pandemia: finché il virus continua a diffondersi ovunque, nessun paese può sentirsi veramente al sicuro. Supponiamo che Israele o il Regno Unito riescano a sradicare il virus all’interno dei loro confini, ma il virus continui a diffondersi tra centinaia di milioni di persone in India, Brasile o Sudafrica. Una nuova mutazione in qualche remota città brasiliana potrebbe rendere il vaccino inefficace, e provocare una nuova ondata di infezione. Nell’attuale emergenza, gli appelli al mero altruismo probabilmente non prevarranno sugli interessi nazionali. Tuttavia, nell’attuale emergenza, la cooperazione globale non è altruismo. È essenziale per garantire l’interesse nazionale.
    un antivirus per il mondo
    Le discussioni su ciò che è successo nel 2020 si riverbereranno per molti anni. Ma le persone di tutti gli schieramenti politici dovrebbero essere d’accordo su almeno tre lezioni principali. Prima lezione: dobbiamo salvaguardare la nostra infrastruttura digitale. È stata la nostra salvezza durante questa pandemia, ma potrebbe presto essere la fonte di un disastro ancora peggiore. Seconda lezione: ogni paese dovrebbe investire di più nel suo sistema sanitario pubblico. Questo sembra ovvio, ma i politici e gli elettori a volte riescono a ignorare la lezione più ovvia. Terza lezione: dovremmo stabilire un potente sistema globale per monitorare e prevenire le pandemie. Nella secolare guerra tra esseri umani e agenti patogeni, la linea del fronte passa attraverso il corpo di ogni singolo essere umano. Se questa linea viene violata in qualsiasi parte del pianeta, tutti sono in pericolo. Anche le persone più ricche dei paesi più sviluppati hanno un interesse personale a proteggere le persone più povere dei paesi meno sviluppati. Se un nuovo virus salta da un pipistrello a un umano in un povero villaggio in qualche giungla remota, entro pochi giorni quel virus può fare una passeggiata a Wall Street. Lo scheletro di un tale sistema globale anti-pestilenze esiste già nella forma dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e di diverse altre istituzioni. Ma i bilanci che sostengono questo sistema sono magri e non hanno quasi nessuna potestà politica. Abbiamo bisogno di dare a questo sistema un po’ di peso politico e molto più denaro, in modo che non sia interamente dipendente dai capricci dei politici nazionalisti. Come ho detto prima, credo che tecnici non eletti non dovrebbero prendere decisioni politiche cruciali. Questo ruolo dovrebbe rimanere appannaggio dei politici. Ma un qualche tipo di autorità sanitaria globale indipendente sarebbe la piattaforma ideale per compilare i dati medici, monitorare i potenziali pericoli, lanciare allarmi e dirigere la ricerca e lo sviluppo. Molte persone temono che il Covid-19 segni l’inizio di un’ondata di nuove pandemie. Ma se le lezioni di cui sopra vengono attuate, lo shock del Covid-19 potrebbe effettivamente portare ad una diminuzione delle pandemie. L’umanità non può prevenire la comparsa di nuovi agenti patogeni. Questo è un processo evolutivo naturale che va avanti da miliardi di anni, e continuerà anche in futuro. Ma oggi l’umanità ha le conoscenze e gli strumenti necessari per impedire che un nuovo patogeno si diffonda e diventi una pandemia. Se il Covid-19 continuerà comunque a diffondersi nel 2021 e a uccidere milioni di persone, o se una pandemia ancora più mortale colpirà l’umanità nel 2030, non sarà né una calamità naturale incontrollabile né una punizione di Dio.
    Sarà un fallimento umano e più precisamente politico.
    fonte : the financial time 27/28 febbraio 2021

  7. #2917
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    Predefinito Re: Genetica, razza e differenze

    https://www.google.it/url?sa=t&source=web&rct=j&url=https://www.maurizioblondet.it/possiamo-progettare-nuovi-organismi-col-cad/&ved=2ahUKEwiJrtLe8q_vAhWLGewKHZnSAvYQke8DMBF6BAgy EBE&usg=AOvVaw00xVUx6DdMTDmWbdL5EaWy
    articoletto piuttosto antiscientifico. inoltre dubito assai che col CAD si possano fare certe cose.

  8. #2918
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    Predefinito Re: Genetica, razza e differenze

    L'articolo è interessante nella parte finale sui vaccini.
    Infatti l'ho riportato anche là.

  9. #2919
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    Predefinito Re: Genetica, razza e differenze

    Ancient Sequencing Studies Provide Look at Early Modern Human Populations in Europe
    Apr 07, 2021 | staff reporter
    NEW YORK – Teams led by investigators at the Max Planck Institute for the Science of Human History have identified now-extinct modern humans that belong to genetic lineages that are distinct from those described in the past.

    For a study published in Nature Ecology and Evolution on Wednesday, researchers at Max Planck and other centers in Europe presented findings from genome sequencing analysis of ancient remains from a woman dubbed the Zlatý kůň individual, whose skull was found in a Czechian cave in 1950.




    Using a combination of targeted enrichment sequencing and shotgun sequencing, they generated genome-wide SNP data that made it possible to compare Zlatý kůň to other present-day and ancient individuals, including 45,000-year-old sequences from the Ust'-Ihsam individual, the oldest modern human sequenced so far. Together, these and other data suggested the woman belonged to a genetic lineage that did not contribute ancestry to present-day populations in Europe or Asia.

    "It seems that she belonged to a group of people that are not closer to any particular out-of-African population," co-first author Kay Prüfer, a researcher affiliated with the Max Planck Institute for the Science of Human History and the Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, explained in an email.

    Though it remains unclear why this modern human lineage disappeared, he and his colleagues speculated that they may have been victims to the climactic fall out that wiped out some early modern human and Neanderthal populations following a volcanic eruption in Italy around 39,000 years ago.

    The proportion of Neanderthal ancestry detected in the Zlatý kůň genome was on par with that found in other ancient hunter-gatherer populations, the team reported. But the continuous Neanderthal sequences tended to be longer than those found in other ancient modern humans, eclipsing those found in the Ust'-Isham individual.

    Although the sample appeared to be contaminated and difficult to date with conventional approaches, the researchers noted that collagen sequences put the individual at at least 34,000 years old, while insights from the admixed Neanderthal sequences suggest she died much earlier.

    "Assuming a common Neanderthal admixture event, these results suggest that Zlatý kůň is of approximately the same age as the [approximately] 45,000-year-old Ust'-Isham individual or up to a few hundred years older," Prüfer and his co-authors wrote, noting that the current results "could make Zlatý kůň the oldest European individual with a largely preserved skull."

    In a related paper in Nature on Wednesday, Max Planck's Svante Pääbo and colleagues shared findings from a genome-wide sequence study focused on three ancient individuals from an excavated cave in Bulgaria, whose remains appeared to be span around 42,600 to 45,900 years old.

    The Bulgarian individuals, who the authors called "the earliest Late Pleistocene modern humans known to have been recovered in Europe so far," came from a site with artefacts linked to an Initial Upper Paleolithic population.

    Based on genome-wide SNP profiles gleaned from sequences for half a dozen specimens collected from the cave, the team uncovered alleles that are shared with those found in some current populations in East Asia, Central Asia, and the Americas, with fewer shared alleles turning up in populations found in western Eurasia today.

    Again, the Neanderthal sequences documented in the ancient Bulgarian individuals appeared to be relatively long, the researchers reported, and pointed to even more recent Neanderthal mixing than that found in the Zlatý kůň individual — likely within the just six or seven generations.

    More broadly, data from that set of ancient genomes suggested that "several distinct modern human populations existed during the early Upper Paleolithic in Eurasia."

    Together with findings from his team's study of the Zlatý kůň individual, Prüfer said results generated from the Bulgarian remains hint that at least two modern human populations inhabited Europe in the time before 45,000 years ago. He noted that "we'll need more analysis to figure out how and if they are in any way related."

 

 
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