Il rallentamento dell`economia di Pechino e la rabbia anti-euro di Atene affondano le Borse.
Alla fine i nodi vengono tutti al pettine. Vale per la Cina e vale per la Grecia. Nel primo caso non ci si poteva aspettare che Pechino fosse sempre in grado di trainare l'economia mondiale con la sua impetuosa crescita. Nel secondo, non si poteva pensare che l'austerità imposta dalla Troika ad Atene non provocasse l'ostilità dei cittadini nei riguardi della Ue e finisse per mettere a rischio la stessa sopravvivenza dell'euro. La deflazione, conseguenza della recessione, è il fantasma che si aggira per il mondo e che non fa dormire sonni tranquilli ai governi e alle imprese. L'economia mondiale è una economia drogata che laddove registra una crescita questo dipende soltanto dall'aumento della spesa pubblica in disavanzo e dall'immissione massiccia di liquidità nel sistema (Stati Uniti e Cina). Due realtà che non possono coesistere in Europa dove i vincoli di bilancio sul disavanzo (il debito come nel caso italiano continua invece a crescere) sono compensati (si fa per dire) dalla montagna di miliardi che la Bce ha versato alle banche dell'Unione per permettergli di coprire i debiti conseguenza di investimenti andati a male e di vere e proprie speculazioni. Una politica che però è servita a ben poco se anche la Germania, dove lo Stato è stato assolutamente generoso verso le banche, sta registrando un tasso di crescita modesto, intorno all'1%. A suscitare l'allarme degli operatori del settore sono state quindi le notizie provenienti da Pechino che aveva abituato fin troppo bene il resto del mondo con tassi di crescita annui tra il 7 e il 10%. E di conseguenza con una domanda interna di beni e di servizi della quale aveva potuto beneficiare l'intera economia globale. Un risultato però che si è basato su livelli salariali bassissimi, su condizioni di lavoro spesso al limite dello schiavismo e sul formarsi di enormi disuguaglianze sociali in seguito al formarsi di una nuova classe di ricchi predominante su una enorme moltitudine di salariati. Una realtà sulla quale il cosiddetto Occidente, sempre pronto a fare del moralismo teleguidato, aveva elegantemente chiuso gli occhi. Gli affari si sa sono gli affari. La Cina compra i nostri prodotti, ti pare che possiamo fare gli schizzinosi. Per cui anche il Dalai Lama non stia troppo a romperci le balle con le sue tirate libertarie e le sue nostalgie sullo Stato teocratico tibetano. Il fatto è che adesso l'economia cinese sta mostrando la poca solidità delle basi della sua crescita economica. Oltre al debito pubblico che, come negli Stati Uniti, ha raggiunto livelli eclatanti e che destabilizza il sistema finanziario, sono adesso le imprese ad avere i sudori freddi. La deflazione interna sta tagliando i loro margini di guadagno tanto che hanno meno soldi a disposizione per investire e per continuare a crescere. Paradossalmente è adesso Pechino ad avere bisogno della domanda estera dei suoi beni e servizi che, a causa della recessione, finisce per essere troppo bassa. In Europa sta emergendo la realtà di una Grecia dove le misure draconiane di austerità della Troika (Fondo monetario, Commissione Europea e Bce) non sono servite né a risanare le finanze pubbliche né a far ripartire l'economia. Né del resto poteva succedere diversamente. La “cura” della tecnocrazia comunitaria è servita soltanto a colonizzare il Paese, ad impoverire ulteriormente i cittadini e a far montare la rabbia diffusa e condivisa contro Bruxelles. L'eventualità di elezioni anticipate fra gennaio e febbraio e il più che probabile successo della sinistra di Tsipras finirebbe per rimettere in forse gli impegni presi con la Troika e potrebbe soprattutto comportare l'uscita dall'Euro. E ancor di più potrebbe avviare un effetto domino tale da travolgere a stessa moneta unica. Troppi sono gli interessi che le banche europee ed internazionali hanno in Grecia per non ipotizzare un simile scenario. I crolli dei listini di borsa sono l'espressione di questa consapevolezza degli ambienti finanziari così sicuri di se stessi da non considerare che alla fine è l'economia reale che muove il mondo e le scelte delle persone e delle imprese.


Cina e Grecia, due bombe ad orologeria | Economia | Rinascita.eu - Quotidiano di Sinistra Nazionale