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    http://www.totustuus.biz/users/altrastoria/DDonoso.html

    JUAN DONOSO CORTÉS (1809-1853):
    lo studio profondo delle Rivoluzioni

    Juan Donoso Cortés (1) nasce il 6 maggio 1809 a Valle de la Serena, in Estremadura, dove la sua famiglia si è rifugiata a causa dell'invasione napoleonica (1808-1814). Inizia gli studi nella vicina Don Benito, proseguendoli poi a Salamanca (1820), Cáceres (1821) e Sevilla (1823), nella cui Università frequenta i corsi di legge. Fin da giovanissimo mostra una non comune attenzione alle letture di carattere storico (2) le quali, senza trascurare altre discipline, sono tuttavia svolte in un ambiente imbevuto del liberalismo ispirato dalla Rivoluzione francese (1789-1814).

    Nel 1829, avendo un decreto Reale creato il Collegio di Cáceres, è chiamato a ricoprirvi la cattedra di Letteratura e pronunciarvi il discorso d'apertura. L'anno successivo prende moglie, ma resterà vedovo - dopo aver perso la bambina nata dal matrimonio - nel 1835, senza più risposarsi. Nel 1832, trasferitosi a Madrid, scrive la Memoria sobre la Monarquía, che consolida il "golpe" liberale detto de La Granja - col quale Re Fernando VII (1784-1833) aveva abrogato per la seconda volta la secolare legge salica che avrebbe portato al trono suo fratello, il reazionario Don Carlos María Isidro de Borbón (1788-1855) - e gli ottiene un primo incarico al Ministero di Grazia e Giustizia delle Indie. E' il suo primo scritto politico, che lo fa conoscere alla nazione come un liberale moderato.

    Dopo la morte di Fernando VII abbraccia decisamente la causa della regina liberale María Cristina (1806-1878) e, quindi, della di lei figlia Isabel II (1830-1904), cosa che gli ottiene la nomina a segretario del Consiglio dei Ministri, la collaborazione a numerosi periodici e riviste letterarie, l'insegnamento in un corso di Diritto Politico all'Ateneo di Madrid e l'accesso ai più esclusivi salotti letterari della capitale.

    Eletto deputato per Badajoz alle Cortes nel 1836, viste le violenze perpetrate dal precedente governo liberale, aderisce al partito moderato. Di fronte a quegli eccessi e alle rivoluzioni in genere, l'interesse di Donoso per la storia aumenta e, conseguentemente, la sua visione del mondo muta. Così, negli anni successivi, rivede il giudizio sulla Rivoluzione francese - circa la quale scrive che "non è possibile oltrepassarne i deliri" (3) -, i contro-rivoluzionari francesi - De Bonald è autore di "espressioni belle e profonde [...] grandi profezie" (4)- e ad esprimere addirittura un giudizio benevolo verso il Carlismo (5), il movimento politico tradizionalista sorto in opposizione proprio a Fernando VII e María Cristina.

    Nel luglio del 1840, previo permesso del Ministero e delle Cortes, si trasferisce in Francia, dove riceve la regina Maria Cristina quando i moti del settembre la obbligano a uscire dalla Spagna: il Manifiesto che questa indirizza alla nazione da Marsiglia è ispirato, se non redatto, da Donoso, divenutone segretario particolare (6). Nel 1843, torna a Madrid dalla Francia, riannodando la sua vita politica e letteraria; rieletto deputato alle Cortes del 1843 per Badajoz, difende con successo la proclamazione della maggiore età per Isabel II, della quale pure diverrà segretario particolare: il suo prestigio ed influenza nel partito moderato sono ogni volta maggiori, fino ad esserne l'eminenza grigia del periodo (7). Trascorre il 1844 occupato nel progetto di riforma costituzionale - che sfocerà nella Costituzione del 1845 -, in qualità di segretario della Commissione che se ne occupa, redigendola e facendone l'esposizione e difesa alle Cortes. L'anno seguente prende posizione circa il matrimonio di Isabel II, schierandosi a difesa delle decisioni della sovrana e a scapito della dinastia carlista: il 25 ottobre 1846, otto giorni dopo le nozze reali, è creato Visconte del Valle e Marchese di Valdegamas (8).

    Nella primavera del 1847 muore suo fratello Pedro, militante nell'esercito carlista (9), cui Donoso era affezionatissimo, mentre nel 1848 scoppia la rivoluzione di febbraio in Francia: sono fatti che lo inducono a definitivi ripensamenti, espressi nell'Advertencia alla prima edizione delle sue Obras escogidas, che gli valgono l'elezione a Presidente delle sezione di Scienze Morali e Politiche dell'Università di Madrid: "Deciso, d'altra parte, a seguire d'ora in poi nuovi sentieri negli studi sociali e politici, [l'A.] ha creduto che questa raccolta potesse servire a segnare contemporaneamente la fine di un'epoca importantissima della sua vita e l'inizio di un'altra che non lo sarà meno" (10). Con la successiva fuga del Papa a Gaeta e la caduta del Ministro degli esteri della Casa d'Austria, Klemens Fürst von Metternich (1773-1859), giunge l'ora di fare conoscere al mondo il "nuovo" Donoso, che il 4 gennaio 1849 pronuncia alle Cortes un discorso di difesa del gabinetto presieduto da Ramón María Narvaez (1800-1868), nel quale emerge con chiarezza la sua visione della storia e della politica: "Dovunque ho ammirato la deplorevole leggerezza con la quale si discute delle profonde cause delle rivoluzioni (11); a chi sostiene che per evitare le rivoluzioni basta dare "da mangiare agli affamati", risponde: "Questa teoria è contraria, totalmente contraria alla Storia. [...] Le rivoluzioni sono malattie dei popoli ricchi, dei popoli liberi (12). Ben altra è la causa da ricercare: ""E sarete come i ricchi", ecco la formula delle rivoluzioni socialiste contro le classi medie. "E sarete come i nobili", ecco la formula delle rivoluzioni delle classi nobili contro i re. Infine, signori, "e sarete come Dio", ecco la formula della prima ribellione del primo uomo contro Dio" (13). Donoso mette a fuoco la differenza ormai incolmabile tra le sue attuali posizioni e quelle dei progressisti: "Voi credete che la civiltà ed il mondo avanzino, quando invece sia l'una che l'altro retrocedono. Il mondo cammina con passi rapidissimi alla costituzione di un dispotismo, il più gigantesco ed assoluto che sia mai esistito a memoria d'uomo". Questo discorso, noto come Discurso sobre la Dictadura, ha altissima risonanza e si diffonde per tutta l'Europa nelle traduzioni pubblicate dai giornali francesi e tedeschi.

    Il 6 novembre 1848 è nominato ambasciatore a Berlino, dove avrà occasione di incontrare il Re di Prussia Federico Guglielmo IV Hohenzollern (1795-1861). Così commenterà l'esperienza diretta della politica di uno dei maggiori Stati europei: "Senza i moderati la rivoluzione non vivrebbe in nessun posto. I moderati sono stati causa dell'universale rovina e perdizione!" (14).

    Di ritorno da Berlino, a Parigi fa conoscenza con colui che diventerà il suo più grande amico, il pubblicista Louis Veuillot (1813-1883), direttore del periodico ultramontano L'Univers. Rientrato a Madrid, il 30 gennaio 1850 Donoso pronuncia alle Cortes un altro grande discorso, noto come Discurso sobre Europa, in cui fa le sue celebri "profezie" sulla futura espansione della Russia e la fine dell'impero inglese. Anche in esso ritorna il tema della Rivoluzione e del socialismo - "la vera causa del male grave e profondo che corrode l'Europa è che è venuta meno l'idea dell'autorità divina e umana" (15) -, rispetto ai quali "il rimedio radicale […] non è che il cattolicesimo, perché questo è l'unica dottrina che sia la contraddizione assoluta di quell'altra" (16). Pubblicato su L'Univers in febbraio, stampata la traduzione in un foglietto (14.000 copie rapidamente esaurite), trascritto in italiano e in tedesco, il discorso fu letto dal Re di Francia, Carlo Luigi Napoleone III (1808-1873), da quello di Prussia, commentato da Friedrich Wilhelm Joseph von Schelling (1775-1854) e da Leopold von Ranke (1795-1886), ed elogiato da Metternich: il nome di Donoso è ancora una volta, per mesi, in primo piano in Europa.

    Nel discorso che pronuncia il 30 dicembre - il cosiddetto Discurso sobre la situación de España - Donoso rompe definitivamente col partito moderato, rivolge una decisiva critica al Governo presieduto da Narvàez (1800-1868) provocandone le immediate dimissioni (17) e si stacca dalla casa regnante rifiutando la carica di Consigliere Reale (18). Il discorso di Donoso contiene una brillante esposizione del ruolo dei corpi intermedi, alveo e barriera dell'essere umano verso lo Stato, e rappresenta l'apice della consapevolezza del proprio ruolo: "Io non rappresento solamente i due o trecento elettori del mio distretto né la nazione solamente […]. Io rappresento la tradizione, per la quale le nazioni sono quello che sono in tutta la durata dei secoli. Se la mia voce, o signori, ha qualche autorità, non è già perché essa è mia, ma perché è la voce dei padri vostri" (19).

    Nel 1851 è ambasciatore a Parigi, dove diverrà intimo del sovrano e futuro imperatore di Francia Luigi Napoleone III, nonché fautore e testimone alle nozze di questi con la cattolica Eugenia María de Montijo, contessa di Teba (1826-1920). Verso la metà dell'anno appare la maggiore delle sue opere, l'Ensayo sobre el catolicismo, el liberalismo y el socialismo (20), pubblicato in contemporanea a Parigi e a Madrid. Il Saggio si apre con un capitolo dal titolo eloquente, "Ogni grande questione politica dipende da una fondamentale questione teologica", ed è un'appassionata ma sistematica esposizione delle ragioni per cui i due principali movimenti politici di allora, il liberalismo e il socialismo, costituiscano una soluzione erronea al necessario ordine tra gli uomini. A tali soluzioni si rivolge la conclusione dell'opera: "Il mondo ha visto e vedrà sempre che ogni qual volta l'uomo fugge dall'ordine per la porta del peccato è costretto poi a rientrarvi per la porta del castigo, questo messaggero di Dio che tutti raggiunge con le sue ambasciate". Il Saggio è fatto bersaglio di aspre critiche da parte dei cattolici liberali di tutta Europa, risolte grazie a un intervento - attribuibile a P. Luigi Taparelli d'Azeglio (1793-1862) - dell'allora autorevole rivista La Civiltà Cattolica, preceduto da una risposta personale di Papa Pio IX (1792-1878).

    Dei suoi scritti posteriori il principale è, forse, la Carta al cardenal Fornari, del luglio 1852, scritta in vista della stesura del Syllabus (21), il Sommario dei principali errori dell'età nostra emanato da Pio IX l'8 dicembre 1864. Nella lettera Donoso attira l'attenzione su "questioni […] che, sebbene teologiche nella loro origine e nella loro essenza, si sono mutate, in virtù di trasformazioni lente e successive, in questioni politiche e sociali" (22). Il suo scopo è dimostrare come, anche da un punto di vista meramente logico e razionale, da "due negazioni supreme: […] che Dio abbia cura delle sue creature e che l'uomo sia concepito nel peccato", derivi "che la vita temporale ci è stata data per elevarci con i nostri propri sforzi, attraverso un progresso indefinito, alle più alte perfezioni; che il mondo […] può e deve essere radicalmente trasformato dall'uomo; che la volontà umana […] non ha bisogno di essere rettificata" (23). Così, "supposto l'immacolato concepimento dell'uomo […] alcuni hanno chiesto a se stessi: perché […] ci devono essere cosa sottratte alla sua [della discussione] sovrana giurisdizione? […] perché la libertà di pensiero, di volere e di operare non deve essere assoluta"? (24). Perciò, "è assolutamente impossibile, quando si è relegata la Chiesa nel santuario e Dio nel cielo, impedire il propagarsi delle rivoluzioni e l'avvento della tirannide" (25). Ma vi è un errore ancora "più grave degli altri per le sue conseguenze: cioè credere, come molti fanno, che questi errori non nascano necessariamente ed inevitabilmente dagli altri" (26). La lettera si conclude con una lucida messa in guardia, utile agli uomini politici di ogni tempo: "la negazione di uno solo degli attributi divini porta il disordine in tutte le sfere e mette in pericolo di morte le società umane" (27).

    Pochi mesi dopo, il 3 marzo 1853, l'ambasciatore di Spagna alla cancelleria più importante d'Europa muore malato, povero - non riusciva più a negare nulla ai bisognosi - e sul suo corpo viene ritrovato un cilicio. Poco prima, rispondendo ad un calunniatore, aveva così tracciato il bilancio della propria vita: "Giammai gli uomini hanno presenziato a così grandi mutamenti e rovesci […].

    Nel vedere tutto ciò ho chiesto a me stesso se tutta questa confusione, e questo sconvolgimento, e questo disordine, non provengano per caso dall'oblio in cui sono caduti quei principi fondamentali del mondo morale, dei quasi è pacifica depositaria ed unica posseditrice la Chiesa di Gesù Cristo. Il mio dubbio si è convertito in certezza nell'osservare che solo la Chiesa […] è feconda di grandi cittadini, che sanno vivere da santi e morire da martiri" (28).

    David Botti
    16 aprile 2000, Festa di S. M. Bernardetta Soubirous

    Per approfondire: Obras Completas, 2 voll., a cura di Carlos Valverde, Biblioteca di Autores Cristianos, Madrid 1970; Saggio sul cattolicesimo, il liberalismo e il socialismo, con una introduzione di Giovanni Allegra, Rusconi, Milano 1972; Il potere cristiano, Morcelliana, Brescia 1964.
    Su Donoso Cortés, cfr. Carl Schmidt, Donoso Cortés interpretato in una prospettiva paneuropea, Adelphi, Milano 1996; Rino Cammilleri, Juan Donoso Cortés. Il padre del Sillabo, Marietti, Genova 1998; Rino Cammilleri, Tesi di laurea, sinora inedita ed ora fruibile in: http://www.totustuus.net/modules.php...=getit&lid=50;.

    NOTE

    1 Notizie biografiche tratte da: Sac. Ireneo Daniele, Voce Donoso Cortés, in Enciclopedia Cattolica, vol. IV, Città del Vaticano 1950; Federico Suárez, Voce relativa della Gran Enciclopedía Rialp, Ediciones Rialp, Madrid 1989, vol. VIII; s.a., Voce relativa della Enciclopedía Universal Ilustrada Europeo-Americana, vol. XVIII, Espasa-Calpe, s.d.1984-1986; Carlos Valverde, Introducción a Obras Completas, 2 voll., Biblioteca di Autores Cristianos, Madrid 1970 (solo vol. I); Giovanni Allegra, Introduzione al Saggio sul cattolicesimo, il liberalismo e il socialismo, Rusconi, Milano 1972; RINO CAMMILLERI, Juan Donoso Cortés. Il padre del Sillabo, Marietti, Genova 1998.

    2 Cfr. C. Valverde, op. cit., vol. I, p. 35; Primo Siena, Donoso Cortés, Volpe, Roma 1966, p. 7.

    3 Sulla Revista de Madrid nel 1838: España desde 1834, in Obras completas, op. cit., vol. I, p. 519

    4 Su El Piloto agosto-settembre 1839: Antecedentes para la inteligencia de la cuestión de Oriente, in Obras completas, op. cit., vol. I, p. 693.

    5 Sulla Revista de Madrid nel 1839 lo definisce "in buona fede". Cfr. Proyecto de ley sobre estados excepcionales presentado a las ultimas cortes por el ministerio de diciembre, in Obras completas, op. cit., vol. I, p. 707.

    6 Tornato in Spagna per difendere, durante la reggenza di Baldomero Espartero (1793-1879), gli interessi di María Cristina, specialmente in riferimento alla tutela delle sue figlie, fallito l'incarico scrive una Relación histórica sulle vicissitudini della sua gestione.

    7 Cfr. C. Valverde, op. cit., pp. 47-51.

    8 In ogni caso, e grazie alla continua riflessione sulla storia, la sua visione del mondo è ormai cambiata. Così parlerà di questo periodo al conte di Montalembert (1810-1870): "La mia conversione ai buoni principi si deve, in primo luogo, alla misericordia divina, e poi allo studio profondo delle rivoluzioni"; cfr. Lettera al conte di Montalembert del 26 maggio 1849, in Il potere cristiano, Morcelliana, Brescia 1964, p. 65.

    9 Ho trovato poche notizie su Pedro: l'attributo di "Carlista" è dato come certo da Cristianità, n. 71, marzo 1981; Gabriel Alférez Callejón nella sua Historia del Carlismo, Editorial Actas, Madrid 1995, p. 111.

    10 Cit. in R. Cammilleri, op. cit., p. 76.

    11 Discuso sobre la Dictadura, in Il potere cristiano, op. cit., p. 41.

    12 Ibid., p. 42.

    13 Ibid., p. 43.

    14 Lettera al Conte Raczynski del 13-8-1849, in Obras Completas, vol. II, p. 932 (cit. in Obras completas, vol. I, p. 143).

    15 Discuso sobre la situación general del Europa, in Il potere cristiano, op. cit., p. 89.

    16 Ibid., p. 98.

    17 Cfr. Valverde, op. cit., p. 63.

    18 Cfr. Cammilleri, op. cit., nota a p. 104.

    19 Cit. in Cammilleri, op. cit., p. 104. Ricordo che non ho il vol. II del Valverde.

    20 Edizione italiana citata. Testo originale in spagnolo ora fruibile in: http://www.cervantesvirtual.com/FichaAutor.html?Ref=260

    21 Cfr. Valverde, op. cit., vol. I, p. 73.

    22 Lettera al cardinale Fornari sugli errori del nostro tempo del 19-6-1852, in Il potere cristiano, op. cit., p. 122.

    23 Ibid., p. 123-24.

    24 Ibid., pp. 131-132.

    25 Ibid., p. 128.

    26 Ibid., p. 132.

    27 Ibid., p. 145.

    28 Risposta al signor de Broglie del 15-11-1852, in Il potere cristiano, op. cit., p. 149-150.

    Sto combattendo la Buona Battaglia, sto proseguendo la Corsa, sto tentando di conservare la Fede

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  2. #22
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    http://www.conserv-azione.org/schede...o%20Cortes.htm

    nome Juan
    cognome Donoso Cortes
    periodo 1809-1853

    opera principale Saggio sul cattolicesimo, il liberalismo e il socialismo
    regione Spagne

    --------------------------------------------------------------------------------

    massime del donoso cortès

    Juan Donoso Cortés

    Lo spagnolo Juan Donoso Cortés (1809-1853) è stato uno dei più aspri critici della modernità e, in particolare, dei sui riflessi nell'ambito della teoria e della prassi politiche. In realtà, eg1i, al tempo degli studi universitari condotti a Salarnanca e a Siviglia, aveva maturato idee di stampo liberale e progressista, leggendo le opere di autori come Locke, Condillac; Rousseau e Voltaire. Tuttavia, in breve tempo, il suo liberalisrno si attenuò, finché negli anni 1847-48, in concomitanza con vicende strettamente personaii (la coerente testimonianza di un amico cattolico e la pia morte di un fratello) ed esperienze politiche (le rivoluzioni esplose in tutta Europa, di cui egli poté valutare di persona gli effetti in qualità di ministro plenipotenziario della Spagna a Berlino), si convinse dell'erroneità dette dottrine moderne e dell'unica e piena verità del cattolicesimo Da quel momento, Donoso dedicò tutte le sue energie a denunciare gli errori del pensiero moderno e ad affermare l'insostituibile ruolo del cattolicesimo al fine di preservare l'Europa dal Caos e dalla tirannide. La testimonianza più completa delle sue concezioni, improntate a un rigido tradizionalismo cattolico, è la Lettera da lui inviata nel 1852 al cardinal Fornari che gli aveva chiesto un giudizio sui principali errori filosofici e teologici dell'epoca: tale scritto, che verrà utilizzato da Pio IX al momento della redazione del Sillabo, sì presenta come un testo logicamente rigoroso e assai penetrante, capace di cogliere con grande lucidità i gravi limiti dell'ideologia liberale e di quella socialcomunista che si stavano affermando in Europa.

    Donoso Cortés fu un uomo di successo, deputato, oratore forbito, consigliere di re e regine, diplomatico, filosofo, le sue opere si diffusero rapidamente e interessarono uomini del calibro di Ranke e Schelling. Tutto ciò non lo distolse dall'impegno di vivere profondamente e seriamente la fede cristiana, mediante la preghiera, l'ascesi e la carità, finché la morte lo colse appena quarantaquattrenne a Parigi il 3 maggio del 1853.

    Donoso Cortés appare dominato da un'unica ansia, quella dì rendere testimonianza alla verità senza cedimenti e accomodamenti, e ciò, più volte, lo spinge a sposare posizioni estreme; ma sicuramente non gli mancano ottime capacità di analisi e di comprensione della realtà, che lo fanno apparire quasi un profeta in grado di prevedere gli sviluppi della storia e della cultura europee incamminate sulla strada dell'ateismo e della secolarizzazione. Seguace di Sant'Agostino, Donoso giudica pessimisticamente la natura umana e critica con durezza l'ottimismo razionalistico che crede nella bontà innata dell'uomo, nella rettitudine degli istinti, nella positiva autosufficienza della ragione, nel progresso illimitato. Al centro delle riflessioni donosiane sta il concetto di ordine divino, considerato il fondamento sia del creato che della Storia; la natura e l'umanità sono sorrette a un complesso di leggi che le governano e il cui sovvertimento è causa dei mali che affliggono il mondo: secondo Donoso, l'erroneità delle ideologie liberali, socialiste e comuniste deriva proprio dal tatto che esse non riconoscono e non rispettano tale ordine, che invece il cattolicesimo accetta e incrementa, affermandosi così come l'unica dottrina autenticamente valida e apportatrice di salvezza.

    Donoso sottolinea il grande valore della libertà umana, che raggiunge la pienezza quando si conforma ai comandi divini mentre si perverte nel momento In cui compie il male: il peccato originale, che per primo alterò l'ordine voluto da Dio, continua a condizionare negativamente i singoli uomini e la storia nella sua interezza; coloro che non si rendono conto di tale drammatica evidenza e che negano la terribile forza del peccato non sono in grado di capire né l'uomo né le vicende storiche che, agli occhi del pensatore spagnolo, sono caratterizzate da un titanico scontro tra bene e male. Figlie del peccato sono le rivoluzioni, che infrangono l'ordine politico, come il peccato infrange l'ordine etico; figlio del bene è l'ordine, che dunque deve essere restaurato perché ciò è nei piani stessi di Dio: "Quest'ordine - scrive Donoso - consiste nella superiorità gerarchica della fede sulla ragione, della grazia sul libero arbitrio, della Provvidenza divina sulla libertà umana, della Chiesa sullo Stato; e, per dirla tutta in una sola volta, nella supremazia di Dio sull'uomo… Solamente nella restaurazione di codesti eterni principi nell'ambito religioso e dell'ordine politico e sociale dipende la salvezza delle società umane… Questi principi non possono essere riattivati se non da chi li conosce, e nessuno li conosce se non la Chiesa cattolica".

    Muovendosi in questo contesto, Donoso difende a spada tratta l'istituto farniliare, la struttura gerarchica della società, il potere e l'autorità che lo esercita, e cerca sempre le profonde motivazioni teologiche che sorreggono queste sue certezze politiche, convinto com'è che gli errori dei moderni derivino dal misconoscimento delle basilari verità religiose predicate dal cattolicesimo.

    Non immune da qualche esagerazione e viziato da un eccesso dì radicalismo, il pensiero di Donoso Cortés trova una chiara giustificazione nella situazione storica in cui si colloca, ovvero quella di un'Europa che si sta scristianizzando e che viene travolta dalle rivoluzioni.

    Innegabili restano peraltro l'autenticità della passione religiosa di Donoso e la sua notevole acutezza nell'analizzare la realtà sociale e politica.

    Ricorda

    "Se nell'ordine fissato inizialmente da Dio risiede ogni bellezza, e se la bellezza, la giustizia e la bontà sono una stessa cosa considerata da diversi punti di vista, ne consegue che al di fuori dell'ordine stabilito da Dio non esiste bontà, né bellezza, né giustizia: e poiché queste tre cose costituiscono il bene supremo, l'ordine che tulle le contiene è il bene supremo. Dato che non esiste alcuna specie di bene al di fuori dell'ordine, ciò che esiste al di fuori dell'ordine non può essere che male, né esiste alcuna specie di male che non consista nel porsi al di fuori dell'ordine; per questo motivo, come l'ordine è il bene supremo, così il disordine è il male per eccellenza".

    (Juan Donoso Cortés, Saggio sul cattolicesimo, li liberalismo e il socialismo, Rusconi, Milano 1972, p. 204).

    Bibliografia

    Juan Donoso Cortés, Saggio sul cattolicesimo, il liberalismo e il socialismo, Rusconi, Milano 1972.

    Juan Donoso Cortés, Il potere cristiano, a cura di Lucrezia Cipriani Panunzio, Morcelliana, Brescia 1964.

    Rino Cammilleri, Juan Donoso Cortés - il Padre del Sillabo, Marietti, Milano 1998.

    ---------------------------------

    Tratto da: Maurizio Schoepflin, in Il Timone - n. 23 Gennaio/Febbraio 2003

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  3. #23
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    Le massime Di Juan Donoso Cortès

    LIBERTà UOMO

    L’uomo è libero perchè è dotato di volontà e d’intelligenza, ma non lo è perfettamente perchè non è dotato ne d’una intelligenza ne d’una volontà perfetta ed infinita.

    Juan Donoso Cortés

    SACRALITà CATTOLICESIMO ATEISMO

    Colui che riconosce in Dio oltre la sovranità costituente anche la sovranità attuale è cattolico; mentre colui che nega in Dio la sovranità attuale e, riconosce in Lui, soltanto la sovranità costituente, è deista; e colui che nega ogni sovranità in Dio perchè ne nega l’esistenza, quegli è ateo.

    Juan Donoso Cortés

    LIBERALISMO SOCIALISMO

    Il liberalismo lotta per dimorare in riposo sul promontorio che si è alzato tra due mari cresciuti ed i cui flutti sommergeranno la sua sommità: fra il cattolicesimo cioè ed il socialismo.

    Juan Donoso Cortés

    LIBERALISMO

    La scuola liberale non dice mai “io affermo” “io nego”, ma invece dice sempre: “io distinguo”.

    Juan Donoso Cortés

    SACRALITà

    I liberali hanno scelto di governare senza popolo e senza Dio.

    Juan Donoso Cortés

    RAZIONALISMO ATEISMO

    Il razionalismo è la contraddizione che riunisce nella sua unità suprema tutte le altre contraddizioni. Infatti, il razionalismo è, al tempo stesso, deismo, panteismo, umanismo, manicheismo, fatalismo, scetticismo, ateismo.

    Juan Donoso Cortés

    SOCIALISMO UOMO PATRIOTTISMO

    I socialisti sono in pratica ciò che essi non vogliono essere in teoria. In teoria, essi sono ancora francesi, italiani, alemanni; in pratica essi sono cittadini del mondo. Insensati! Essi ignorano che non vi è patria dove non vi sono frontiere, e che laddove non vi è patria non vi sono neanche uomini, benchè possano esservi dei socialisti.

    Juan Donoso Cortés

    ORDINE RIVOLUZIONE COSTITUZIONE

    Che tutte le cose siano in un ordine perfetto, è tanto necessario che l’uomo, pur disordinando tutto, non può concepire il disordine. Ecco perchè ogni rivoluzionario che rovescia le antiche istituzioni, le rovescia come assurde e perturbatrici, ne sostituisce delle altre di sua propria invenzione e sostituendole afferma che queste costituiscono un ordine eccellente.

    Juan Donoso Cortés

    SACRALITà TRADIZIONE

    Rimasto l’uomo senza Dio, rimane il suddito senza re, il figlio senza padre.

    Juan Donoso Cortés

    AUTORITà PASSIONI

    Il cattolicismo consacrò l’autorità e santificò l’obbedienza; e santificando l’una e consacrando l’altra condannò l’orgoglio nelle sue peggiori manifestazioni: per impedire così la cupidigia di potere e l’istinto di ribellione.

    Juan Donoso Cortés

    RIVOLUZIONE RICCHEZZA LIBERTà

    Le rivoluzioni sono infermità dei popoli ricchi e liberi.

    Juan Donoso Cortés

    RAZIONALISMO UOMO MORALE

    Le teorie razionaliste condannano ogni riforma morale dell’uomo come inutile ed insensata.

    Juan Donoso Cortés

    CATTOLICISMO LIBERALISMO SOCIALISMO

    Il cattolicismo, umanamente considerato, non è grande se non perchè è l’assieme di tutte le affermazioni possibili. Il liberalismo ed il socialismo sono deboli perchè essi riuniscono delle affermazioni cattoliche e delle negazioni razionaliste;e, perciò, anzichè essere scuole contraddittorie al cattolicesimo, esse non sono che scuole dissidenti.

    Juan Donoso Cortés

    PESSIMISMO ANTROPOLOGICO LIBERALISMO SOCIALISMO

    Consistendo il bene supremo, per gli uni e per gli altri, in un supremo rovescio che deve effettuarsi nelle regioni politiche secondo i liberali e nelle regioni sociali secondo i socialisti, gli uni e gli altri si accordano sulla bontà sostanziale ed intrinseca dell’uomo che deve essere l’agente intelligente e libero di questo sovvertimento.

    Juan Donoso Cortés

    PESSIMISMO ANTROPOLOGICO RIVOLUZIONE

    Se l’uomo in sè è assolutamente buono, produce, fuori di sè, con le sue rivoluzioni il bene assoluto.

    Juan Donoso Cortés
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  4. #24
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    Questo ve lo consiglio, è un ottimo autore e una bellissima storia

    http://www.libreriadelsanto.it/libri...cristiano.html

    Come sono ridiventato cristianodi Guillebaud Jean-Claude

    Tipo Libro
    Titolo Come sono ridiventato cristiano
    Autore Guillebaud Jean-Claude
    Traduttore Del Nero C.
    Editore Lindau Edizioni
    EAN 9788871807669
    Prezzo 14,00 € (Richiedi preventivo per numerosi pezzi)
    Pagine 141
    Data 2008
    Collana I pellicani
    Disponibilità immediata

    Jean-Claude Guillebaud, laico, intellettuale di sinistra, già ateo convinto, racconta la sua "conversione" al cristianesimo: un fatto di testa, una scelta razionale, culturale innanzitutto. E proprio per questo importante in questi nostri anni nei quali l'Europa scristianizzata, dopo aver conosciuto il fallimento delle ideologie e la diffusione dell'Islam, sembra aver smarrito la propria identità, divenendo preda di un edonismo che mostra la corda e di un relativismo cinico e disperato.

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  5. #25
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    http://www.radicicristiane.it/libro....tato-cristiano

    Come sono ridiventato cristiano
    JEAN-CLAUDE GUILLEBAUD - Lindau, pp. 142, € 14

    Tre famosi giornalisti e tre diverse storie di conversione: da un’altra religione, l’islam (Magdi Allam); dall’ateismo “scientifico” e militante (Jean-Claude Guillebaud); dal cattolicesimo vissuto pigramente (Carlo Nesti). In tutti e tre i casi, la scoperta (o riscoperta) di Cristo porta ad una vita nuova. La storia più nota è quella di Magdi Allam, che ha assunto come nome da convertito quello di Cristiano, per rendere il più esplicita possibile la propria nuova convinzione. Il famoso giornalista, battezzato dal Santo Padre durante le cerimonie pasquali dell’anno scorso, ha poi scoperto come il nome che si era scelto era appartenuto ad un monaco cistercense, che nel XIII secolo divenne il primo vescovo della Prussia e che si batté per l’evangelizzazione della sua gente, senza però rinunciare all’idea che questa non dovesse essere forzata, talvolta in contrasto con le pressioni dei cavalieri dell’Ordine Teutonico. «Esattamente l’opposto dell’islam – sottolinea Allam – che non si preoccupa della qualità libertaria della conversione e considera il proselitismo come una crescita quantitativa degli aderenti. Invece, anch’io come San Cristiano credo profondamente nel sodalizio tra la testimonianza della fede e la libertà di scelta. Ciò mi affascina e mi ha convinto della verità del cristianesimo, a cui ho aderito volontariamente e responsabilmente». Eppure in Italia ci sono molti che seguono il percorso opposto ad Allam, aderendo all’islam dopo aver abbandonato il cattolicesimo: si parla di circa 10.000 nostri connazionali, la maggior parte dei quali ha fatto tale scelta per venire incontro ai desideri della moglie musulmana, cui la legge islamica impone un marito musulmano affinché i figli, concepiti come proprietà del padre, siano obbligatoriamente educati nella fede islamica. «È del tutto evidente che si tratta di conversioni ipocrite e fasulle. Come è radicalmente diverso l’approccio del cristianesimo! Ai catecumeni è infatti normalmente prescritto un lungo percorso spirituale, affinché possano avere la certezza della nuova fede cristiana». Questa è una delle tante differenze tra una «religione del libro» quale l’islam (e non solo), come aveva spiegato ad Allam monsignor Fisichella duranti gli incontri per i battezzandi, e la nostra «religione della testimonianza viva di Gesù», tra il “dio incartato” rappresentato dal Corano e la bellezza del Dio vivente, Gesù. Mentre in Italia il vicedirettore del Corriere superava l’islam, in Francia un altro noto giornalista, Jean-Claude Guillebaud, corrispondente del laicista Le Monde, abbandonava l’ateismo per aprirsi alla fede cristiana. La sua testimonianza è interessante proprio perché viene da uno dei maitre-à-penser della sinistra laicista, atea ed anticlericale francese. «Non sono affatto sicuro di essere diventato un “buon cristiano” – scrive umilmente l’autore – ma credo profondamente che il messaggio evangelico conservi un valore fondamentale per gli uomini del nostro tempo, compresi coloro che non credono in Dio». Magari si tratta di parole che appariranno scontate a chi è già credente, ma che comunque scuotono le “sicurezze” di chi fa dell’ateismo e dell’agnosticismo l’unico credo accettabile. E dall’ateismo militante veniamo ad un terzo caso, molto diffuso nel nostro Paese, che riguarda chi, pur continuando professarsi cattolico, in realtà si comporta in maniera non diversa dall’agnostico. È il caso di Carlo Nesti, noto giornalista sportivo, che negli ultimi anni è tornato ad una fede profonda, vissuta non solo formalmente, ma intensamente. Sostituire lo psicologo con un sacerdote, con la preghiera, con la lettura del Vangelo sono i suoi semplici, ma validissimi consigli. Il profondo vuoto esistenziale di Nesti – nonostante il suo indiscutibile successo lavorativo – è stato colmato nell’unica maniera possibile, curato non con i palliativi tanto amati dai nostri contemporanei (per i quali il direttore spirituale è stato sostituito dallo psicanalista o dallo psicologo), ma con il “semplice” ritorno alla spiritualità che la vita moderna tende a relegare in secondo piano (si possono perdere ore ed ore davanti alla televisione, ma non si hanno mai quindici minuti per recitare un rosario…). Tre libri diversi, con tre testimonianze diverse, ma altrettanto importanti, per riprendere la coscienza della necessità di una vera religiosità nella vita quotidiana.

    (RC n. 42 - Marzo 2009)
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  6. #26
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    Un altro noto convertito è Kiko Arguello

    http://it.wikipedia.org/wiki/Kiko_Arg%C3%BCello

    Francisco (Kiko) José Gómez Argüello Wirtz (León, 9 gennaio 1939) è un pittore spagnolo.

    Kiko ArgüelloAssieme a Carmen Hernández e Padre Mario Pezzi, è l'iniziatore del Cammino Neocatecumenale, itinerario di formazione cattolica e di evangelizzazione.

    Crisi e conversione
    In gioventù intraprese con successo la carriera di pittore vincendo anche un premio nazionale. In seguito ad una crisi esistenziale (che lo portò dall'ateismo e dall'esistenzialismo al cristianesimo) e sotto l'influenza del Concilio Vaticano II, intraprese un cammino personale di conversione, prima attraverso i Cursillos de Cristianidad (di cui fu anche catechista) ed in seguito ispirato dall'esperienza di Charles de Foucauld, di cui conobbe i piccoli fratelli.

    Le origini del Cammino
    Nei primi anni Sessanta Kiko ebbe una visione della Madonna.[1] In Italia viene invitato da don Dino Torreggiani, fondatore dei Servi della Chiesa e nello stesso anno inizia nella parrocchia dei Martiri Canadesi a Roma il Cammino.[2]

    Kiko e il Cammino oggi
    Successivamente, dopo un periodo di vita tra gli emarginati delle baraccopoli di Palomeras Altas (alla periferia di Madrid), dove incontrerà Carmen Hernández, l'allora venticinquenne Kiko avvia un'esperienza di evangelizzazione che prenderà, solo negli anni Settanta, il nome di Cammino neocatecumenale. Le prime comunità del Cammino (che nel 1990 papa Giovanni Paolo II definì "itinerario di formazione cattolica valida per la società e i tempi odierni") si formarono a Madrid ed a Roma, estendendosi successivamente in quasi tutto il mondo (attualmente è presente in oltre 900 diocesi del mondo, con circa 17.500 comunità in 6.000 parrocchie). Attualmente gli aderenti al Cammino Neocatecumenale sarebbero circa 900.000 in tutto il mondo, di cui circa 250.000 in Italia.

    Architettura, dipinti e liturgie
    Kiko Argüello ha ripreso l'attività pittorica, dopo averla abbandonata per porla al servizio dell'evangelizzazione, ed essa ha avuto un profondo cambiamento di stile e di argomento. Attualmente la sua opera è essenzialmente di arte sacra e spesso si richiama a modelli protocristiani o bizantini. Alcune delle opere iconografiche di Kiko Argüello sono presso la parrocchia dei Ss. Martiri Canadesi a Roma, la cattedrale dell'Almudena a Madrid (Spagna), la parrocchia di San Bartolomeo in Tuto, presso Scandicci (FI), la parrocchia di Santa Francesca Cabrini a Roma, la parrocchia della Trinità a Piacenza, la parrocchia di S. Giovanni Battista a Perugia, la parrocchia di S. Massimiliano Kolbe a Roma (settore est), consacrata il 26 aprile 2009.

    La nuova estetica, in cui le sue opere si inseriscono, si realizza nell'attenzione per la bellezza estetica degli ambienti liturgici e comunitari (chiese, sale parrocchiali, seminari, ecc...), curati nei minimi dettagli, che sono, secondo la visione di Kiko, come un servizio d'amore per i lontani, gli ultimi, i più poveri. Si trova un riscontro nelle sue opere dove, secondo la tradizione iconografica, la prospettiva è capovolta affinché l'osservatore si trovi ad essere testimone e partecipe dei misteri cristiani ivi rappresentati che nel qui ed oggi della nostra vita intendono realizzarsi facendoci partecipi della beatitudine eterna.

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  7. #27
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    http://it.wikipedia.org/wiki/Magdi_Allam

    Magdi Cristiano[1] Allam (arabo: مَجْدِي علام, Maǧdī ʿAllām; Il Cairo, 22 aprile 1952) è uno scrittore e politico egiziano naturalizzato italiano

    Biografia

    L'infanzia e il trasferimento in Italia [modifica]
    Per volontà della madre Safeya, che lavorava come baby sitter per una famiglia italiana, i Caccia, studiò presso il collegio cattolico delle suore comboniane al Cairo[2].
    Dal 1962 fino al 1970 studiò in un collegio salesiano guidato da Don Carlo Moroni. Imparò la lingua italiana e acquistò familiarità con la cultura italiana e occidentale e la religione cattolica (che tuttavia allora non abbracciò[3]).
    A vent'anni emigra in Italia per proseguire gli studi; si iscrive all'università a Roma[4].

    Allam, che aveva avuto già due figli da un'unione precedente (Sofia di 28 anni e Alessandro di 24), ha avuto un altro figlio, Davide, da sua moglie, Valentina Colombo, traduttrice di opere di letteratura araba, con cui è sposato civilmente dal 22 aprile 2007.[5][6].

    L'attività giornalistica in Italia
    È laureato in sociologia all'Università La Sapienza di Roma e si occupa di tematiche legate al Vicino Oriente e ai rapporti tra questo e l'Occidente.
    Dopo avere collaborato con i quotidiani Il Manifesto e La Repubblica, è entrato al Corriere della Sera (il primo articolo è datato 3 settembre 2003), di cui è stato - fino al 30 novembre 2008 - editorialista e vicedirettore ad personam (cioè senza incarichi di responsabilità sulla linea politica del giornale).

    Giornalista di fama nazionale, Magdi Allam è considerato da una parte del mondo politico e culturale italiano come uno dei partecipanti più influenti e più in vista al dibattito italiano sul rapporto tra Occidente e mondo arabo, criticato invece da un'altra parte di quello stesso mondo. All'argomento Allam ha dedicato diversi libri e interventi nell'ambito dei principali talk-show televisivi. Le sue posizioni, molto vicine a quelle dei critici più severi del mondo islamico (dura condanna di numerose associazioni islamiche da lui ritenute estremiste, proposta del divieto di costruire nuove moschee,[7] elaborate teorie riguardanti asseriti rapporti occulti tra moschee e gruppi terroristici che ne avrebbero in alcuni casi anche finanziato la costruzione[8]) gli hanno procurato critiche ma anche consensi dall'opinione pubblica[senza fonte] oltre che da opinionisti e politici italiani.

    I suoi ammiratori lo citavano spesso come modello di musulmano moderato e di arabo perfettamente integrato nel mondo, nella cultura e nel sistema di valori propri dell'Occidente[9]; per i suoi detrattori si tratta invece di un personaggio inattendibile che diffonde odio e sospetti, riportando notizie non documentate, non verificate o addirittura deliberatamente false[10].

    Nel 2006, Allam ha vinto, congiuntamente a tre altri giornalisti, il premio giornalistico Dan David, istituito dall'omonima fondazione israeliana in onore di un imprenditore israeliano[11]. Il premio, dotato di 1 milione di dollari, gli è stato assegnato per "il suo incessante lavoro mirante a favorire la comprensione e la tolleranza fra le culture".[12]

    Il 30 novembre 2008 Magdi Allam abbandona il giornalismo per dedicarsi all'attività politica.

    La conversione al Cattolicesimo
    Il 22 marzo 2008, durante la Veglia pasquale, ha ricevuto il Battesimo, la Cresima e l’Eucaristia in San Pietro da papa Benedetto XVI, abbandonando l'Islam del quale ha detto: "al di là della contingenza che registra il sopravvento del fenomeno degli estremisti e del terrorismo islamico a livello mondiale, la radice del male è insita in un islam che è fisiologicamente violento e storicamente conflittuale".[13]

    A riguardo di Benedetto XVI ha dichiarato:

    « Indubbiamente l’incontro più straordinario e significativo nella decisione di convertirmi è stato quello con il Papa Benedetto XVI, che ho ammirato e difeso da musulmano per la sua maestria nel porre il legame indissolubile tra fede e ragione come fondamento dell’autentica religione e della civiltà umana, e a cui aderisco pienamente da cristiano per ispirarmi di nuova luce nel compimento della missione che Dio mi ha riservato. »
    (Magdi Allam. Lettera al Corriere della Sera, 23 marzo 2008[14].)

    Con la conversione ha preso il nome di Cristiano. Già nel libro Grazie Gesù ha preso l'abitudine di firmarsi come Magdi Cristiano Allam.

    Padrino del giornalista è stato Maurizio Lupi, membro di Comunione e Liberazione e deputato di Forza Italia[15].

    Yahya Sergio Yahe Pallavicini, vicepresidente dell'organizzazione islamica italiana della CorEiS, ha dichiarato all'ANSA di rispettare la scelta di Allam, pur avanzando qualche "perplessità" per il momento e il luogo «di così grande valore simbolico» scelto per la conversione: «Se Allam realmente è stato spinto da una forte ispirazione spirituale, forse sarebbe stato meglio procedere con delicatezza, magari con un prete a Viterbo, dove egli vive».[16]

    L'UCOII, associazione islamica con la quale Allam ha sempre fortemente polemizzato (v. oltre), ha anch'essa dichiarato per bocca del suo portavoce, l’imam ‘Izz al-Din al-Zir, di rispettare la scelta di Allam: «L'importante è che ogni persona viva la sua religiosità in modo pacifico e rispettando le altre religioni».[17]

    La creazione di un nuovo partito
    Il 30 novembre 2008 Magdi Allam annuncia la fondazione del partito Protagonisti per l'Europa Cristiana. In un'intervista al Corriere della Sera Allam dichiara di aver creato questo nuovo soggetto politico per la tutela e l'affermazione in politica delle radici cristiane dell'Europa[18]. Constatando di avere poco seguito (nel marzo del 2009 il partito contava appena 500 iscritti), Allam sigla un accordo con l'UDC in virtù del quale viene candidato indipendente, capolista per il Nord-Ovest alle Elezioni europee del 2009.

    Opere

    Vincere la paura
    In Vincere la paura Magdi Allam ha portato testimonianze della sua vita sotto scorta, assegnatagli dal Ministero dell'Interno italiano a seguito delle minacce che avrebbe ricevuto da parte della dirigenza di Ḥamās per via delle critiche ripetute mosse da Allam medesimo al terrorismo suicida palestinese.[19] Nello stesso libro, Allam ha inoltre accusato Roberto Piccardo, ex-segretario dell'UCOII, di averlo segnalato ad Ḥamās ai fini di farne decretare la condanna a morte, di complicità nei sequestri in Iraq nonché di «fomentare odii e incitare alla morte». A seguito della pubblicazione del libro, Piccardo ha sporto querela contro Allam.[20]

    Io amo l'Italia. Ma gli Italiani la amano?
    Nel suo libro Io amo l'Italia. Ma gli Italiani la amano? Allam scrive di come l'UCOII e la IADL (Islamic Anti-Defamation League[21]) avrebbero assoldato un "plotone di esecuzione" composto da estremisti di destra e di sinistra con la finalità di assassinarlo e di "spargere veleni sulla [sua] credibilità ed onorabilità": questo per dare esecuzione al già citato mandato ad uccidere che sarebbe stato emesso dalla dirigenza di Ḥamās nei suoi confronti. Osserva tuttavia il sen. Luigi Malabarba (PRC) che «non risultano aperti procedimenti penali a carico dell'Ucoii [22] o della Iadl, tanto meno per l'istigazione all'omicidio del sig. Magdi Allam», e che lo stesso Ministro dell'Interno che ha assegnato la scorta ad Allam ha ritenuto di «nominare l'Ucoii nella Consulta per l'Islam in Italia»[23].

    Viva Israele
    Nel suo libro Viva Israele, Allam, oltre a celebrare la sacralità della vita, con tutti i valori ad essa connessi, critica in modo veemente alcuni noti studiosi della realtà arabo-islamica contemporanea, primo fra tutti il prof. Massimo Campanini[24] dell'Università degli studi di Napoli "L'Orientale". Allam accusa Campanini di antisemitismo, di minimizzare colpevolmente il "pericolo islamista" - un abito mentale tipico, secondo Allàm, della grande maggioranza dei docenti universitari italiani - e di sottovalutare, nei suoi libri, editi da prestigiose case editrici italiane e anche straniere, il ruolo dei Fratelli Musulmani nella realizzazione di atti di violenza di stampo fondamentalista nel mondo. Tale accusa completa un coerente lungo tragitto di Magdi Allam ostile al mondo universitario dell'orientalismo italiano[25] che, nel corso del 2007, aveva ad esempio già condannato con la massima severità dalle pagine de Il Corriere della Sera l'antica e prestigiosa Università degli Studi di Napoli "L'Orientale", specializzato sulle culture extra-europee - nonché la Georgetown University di Washington D.C., rinomata università cattolica statunitense - per aver invitato tra gli altri relatori (fra cui Tariq Ramadan) un personaggio quale Rashid Ghannushi - in esilio a Londra dove egli esprime le sue tesi senza censura alcuna e senza che siano state mai registrate reazioni di sdegno nell'opinione pubblica britannica - per il convengo internazionale Giving Voice to Muslim Democrats tenutosi a Napoli. Ghannushi, a causa di questo articolo, declinò l'invito, asserendo di non sentirsi garantito nella libera espressione delle sue idee.[26]

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  8. #28
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    Forse non tutti sanno che Italo Svevo è stato anch'egli un convertito al cattolicesimo

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  9. #29
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    Altri due famosi convertiti, Friedrich Von Schlegel e Alessandro Manzoni (e questo anche se qualcuno pensasse ancora che i cristiani siano "cretini")



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  10. #30
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    http://www.santiebeati.it/dettaglio/25100

    San Giosafat Kuncewycz Vescovo e martire

    12 novembre

    Wolodymyr in Volynia (Ucraina), 1580 - Vitesbk, Bielorussia, 12 novembre 1623

    Nasce a Wolodymyr in Volynia (Ucraina) nel 1580 e viene ricordato come il simbolo di una Russia ferita dalle lotte tra ortodossi e uniati. La diocesi di Polock si trovava in Rutenia, regione che dalla Russia era passata in parte sotto il dominio del Re di Polonia, Sigismondo III. La fede dei Polacchi era quella cattolica romana; in Rutenia invece, come nel resto della Russia, i fedeli aderivano alla Chiesa greco-ortodossa. Si tentò allora un'unione della Chiesa greca con quella latina. Si mantennero cioè i riti e i sacerdoti ortodossi, ma si ristabilì la comunione con Roma. Questa Chiesa, detta «uniate», incontrò l'approvazione del Re di Polonia e del Papa Clemente VIII. Gli ortodossi, però, accusavano di tradimento gli uniati, che non erano ben accetti nemmeno dai cattolici di rito latino. Giovanni Kuncevitz, che prese il nome di Giosafat, fu il grande difensore della Chiesa uniate. A vent'anni era entrato tra i monaci basiliani. Monaco, priore, abate e finalmente arcivescovo di Polock, intraprese una riforma dei costumi monastici della regione rutena, migliorando così la Chiesa uniate. Ma a causa del suo operato nel 1623 un gruppo di ortodossi lo assalì e lo uccise a colpi di spada e di moschetto. (Avvenire)

    Patronato: Ecumenisti

    Emblema: Bastone pastorale, Palma

    Martirologio Romano: Memoria della passione di san Giosafat (Giovanni) Kuncewicz, vescovo di Polotzk e martire, che spinse con costante zelo il suo gregge all’unità cattolica, coltivò con amorevole devozione il rito bizantino-slavo e, a Vitebsk in Bielorussia, a quel tempo sotto la giurisdizione polacca, crudelmente assalito in un tumulto dalla folla a lui avversa, morì per l’unità della Chiesa e per la verità cattolica.

    Si chiamò Giosafat un antico Re di Giuda, e dal suo nome fu chiamata una valle, forse quella del Cedron, presso Gerusalemme. Secondo uno dei Profeti della Bibbia, la Valle di Giosafat doveva diventare teatro dell'ultimo atto della storia del mondo, cioè del Giudizio Finale.
    Ecco perché tutti conoscono l'espressione " Valle di Giosafat ", per indicare il luogo dell'ultimo giudizio, mentre meno noto è il Santo che ripete nel Calendario della Chiesa il nome dell'antico Re di Giuda, e che visse pochi secoli fa, morendo per la fede nel 1623.
    Nella dimensione geografica del nuovo e veramente universale calendario, San Giosafat rappresenta la Russia, dove il Santo oggi ricordato fu Vescovo e mori martire per la fede.
    La diocesi di Polock, retta dal Vescovo San Giosafat, si trovava in Rutenia, regione che, dalla Russia, era passata in parte sotto il dominio del Re di Polonia, Sigismondo III. La religione dei Polacchi era quella cattolica romana; in Rutenia invece, come nel resto della Russia, i fedeli aderivano alla Chiesa scismatica Greco-ortodossa.
    Si tentò allora una unione della Chiesa greca con quella latina. Si mantennero cioè i riti e i sacerdoti ortodossi, ma si ristabilì la comunione con Roma. Questa Chiesa, detta " Uniate ", incontrò l'approvazione del Re di Polonia e del Papa Clemente VIII, che vi vide un primo passo verso la composizione dello Scisma d'Oriente.
    Fu però anche molto avversata, sia per interessi privati, sia per ignoranza, sia per settarismo. Gli scismatici ortodossi accusavano di tradimento gli uniati, che si erano riconciliati con Roma; i cattolici, d'altra parte, disprezzavano le lunghe e complicate cerimonie orientali e l'ignoranza dei " popi " di origine russa. Giovanni Kuncevitz, che in religione prese il nome di Giosafat, fu il grande difensore della Chiesa Uniate. A vent'anni era entrato tra i monaci basiliani, ma nell'antico Ordine orientale portò le nuove idee e le direttive d'azione dei Gesuiti, pattuglia avanzata del Cattolicesimo nei paesi europei minacciati dall'eresia.
    Monaco, priore, Abate e finalmente Arcivescovo di Polock, intraprese una salutare riforma dei costumi monastici della regione rutena, migliorando così la Chiesa uniate. La sua predicazione fruttò numerosissime conversioni e gli valse il titolo di " rapitore di anime ".
    " Voi - diceva Giosafat a questi avversari -voi mi odiate a morte, mentre io vi porto tutti nel cuore, e sarei ben lieto di morire per voi ". Furono parole profetiche. Alleandosi ai poteri civili, e approfittando di un periodo di torbidi politici in Polonia, gli scismatici penetrarono nell'abitazione del Vescovo, per ucciderlo a colpi di spada e di moschetto. Poi il suo cadavere nudo fu gettato nel fiume Duna.
    Quella morte sembrò segnare il fragile destino della Chiesa Uniate. Invece ne segnò il definitivo consolidamento, per la commozione che destò nei Polacchi, le molte conversioni che ne seguirono, e il nuovo più diretto interesse che Roma portò alla situazione dei fedeli ruteni.
    Assai presto, Giosafat venne dichiarato Beato, poi, nel secolo scorso, Santo. Oggi la Chiesa l'onora come Martire non soltanto della comunità rutena, cattolica di rito greco, ma dello spirito stesso dell'unione tra Chiese sorelle e fratelli separati ancora attuale, anzi ancor più attuale oggi che al tempo del vescovo San Giosafat.

    Fonte: Archivio Parrocchia





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