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Discussione: Avanti!

  1. #251
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    Predefinito Re: Avanti!

    Una costituente per un moderno partito liberalsocialista


    di Andrea Pinto - "Avanti!", 10 luglio 2018


    Nadia Urbinati intervenendo nel dibattito sulla crisi del PD (“Se la Sinistra dimentica il Socialismo”, La Repubblica del 9 giugno 2018) ha colto finalmente nel segno quando ha stigmatizzato, tra le altre cose, come la carenza identitaria e di proposta politica di tale partito derivi anche dalla scelta deleteria di quanti, anziché ancorare il PD nell’alveo della tradizione socialista, preferirono “consapevolmente” – pur di non dare ragione alla Storia – rimuoverla in nome di un indistinto “democraticismo” dall’incerto avvenire.

    Un’ambiguità identitaria che nemmeno i fondatori hanno mai saputo compiutamente chiarire (salvo aderire opportunisticamente al gruppo parlamentare europeo del Partito Socialista Europeo) e che ha finito per rendere il PD una sorta di “ossimoro politico”, l’incarnazione vivente del celebre adagio montaliano : “Una sola cosa sappiamo: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”.

    Ebbene, se si vuole evitare che la sinistra scompaia definitivamente condannandosi all’irrilevanza, appare più che mai indispensabile ritornare ai fondamentali della politica, ripartendo – per parafrasare Asor Rosa – da alcuni “pilastri di saggezza” il primo dei quali consiste nella rivalutazione di quelle culture politiche la cui improvvida rimozione ha contribuito non poco a realizzare quel deserto ideale che caratterizza l’attuale dibattito politico e nel quale prospera l’incultura sovranista e populista che ha avuto, tuttavia, il merito di far tesoro della regola prima dei tanto bistrattati partiti d’un tempo: il radicamento territoriale e la capacità di ascolto dei bisogni della gente.

    Di qui la necessità di prendere serenamente atto del sostanziale fallimento politico del PD e del suo progetto politico, promuovendo la formazione di una vera costituente per la formazione di un moderno partito liberalsocialista che rappresenta il naturale approdo di una moderna sinistra riformista e liberale. Un partito che si richiami espressamente alla tradizione del socialismo liberale in modo tale che, per una volta, nomina sunt consequentia rerum.

    “Il socialismo – affermava Carlo Rosselli – è liberalismo in azione, è libertà che si fa per la povera gente”. Un partito nuovo che, partendo dalla presa d’atto di quelle che Guido Calogero, con linguaggio quanto mai attuale, definiva le “insufficienze unilaterali del liberalismo e del socialismo” – che la storia e la cronaca di questi ultimi decenni si sono incaricate di dimostrare massimamente sul piano socio-economico – sviluppi un serio programma in nome della “coerente pienezza del liberalsocialismo”.

    Non si tratta, come pure qualcuno potrebbe pensare, di un vetusto ideologismo superato dalla Storia, quanto della necessità di recuperare un po’ di quella “cultura politica” che altro non è se non l’indispensabile corredo di cognizioni intellettuali applicate alla cura della cosa pubblica che nasce dall’esperienza e si consolida attraverso lo studio e l’interazione di conoscenze storiche, politiche, economiche, culturali, sociologiche, applicate al contesto di riferimento, nel tentativo di comprendere e governare i fermenti ed i mutamenti del nostro tempo. Un bagaglio di conoscenze ed esperienze rielaborate e filtrate attraverso i sempiterni valori di giustizia e libertà propri della tradizione politica del socialismo democratico e riformista.

    Da questo punto di vista occorre lavorare ad un programma politico che facendo proprie, in qualche misura, le ragioni e le analisi sottese alla fine delle “grandi illusioni” (Amato – Graziosi “Grandi illusioni” Il Mulino) che hanno condotto il Paese nelle attuali condizioni, porti a nuova sintesi i valori di libertà e giustizia sociale e si faccia finalmente carico di un nuovo “contratto sociale” – per rimanere nella metafora rousseauiana tanto di moda – inteso a riequilibrare le finanze pubbliche ed a ridisegnare un nuovo e selettivo Stato sociale che garantisca solo ed esclusivamente i ceti effettivamente meno abbienti.

    Per fare ciò bisogna ritornare a radicarsi tra la gente con proposte chiare e convincenti rivalutando la forma partito ed opponendosi con forza alle suggestioni ed all’insopportabile vulgata populista di quanti considerano i partiti e le istituzioni rappresentative anziché un “valore” semplicemente un “costo” per la democrazia.

    Si tratta di un impegno di lunga lena per affrontare il quale occorre adoperarsi per formare una classe politica che dimostri di avere una statura personale e morale almeno pari a quella che gestì la ricostruzione del nostro Paese creando le premesse del successivo miracolo economico. Una classe dirigente veramente disposta a mettersi in gioco anteponendo il superiore interesse del Paese ai propri destini personali. Diversamente, senza un orizzonte ideale, un chiaro programma ed un’adeguata leadership politica in grado di giustificare le ragioni di un’appartenenza, la sinistra rischia di essere nel panorama politico italiano nemmeno più un’espressione geografica.



    Una costituente per un moderno partito liberalsocialista | Avanti!
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  2. #252
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    Predefinito Re: Avanti!

    Citazione Originariamente Scritto da Frescobaldi Visualizza Messaggio
    Una costituente per un moderno partito liberalsocialista


    di Andrea Pinto - "Avanti!", 10 luglio 2018


    Nadia Urbinati intervenendo nel dibattito sulla crisi del PD (“Se la Sinistra dimentica il Socialismo”, La Repubblica del 9 giugno 2018) ha colto finalmente nel segno quando ha stigmatizzato, tra le altre cose, come la carenza identitaria e di proposta politica di tale partito derivi anche dalla scelta deleteria di quanti, anziché ancorare il PD nell’alveo della tradizione socialista, preferirono “consapevolmente” – pur di non dare ragione alla Storia – rimuoverla in nome di un indistinto “democraticismo” dall’incerto avvenire.

    [COLOR=#373737][FONT=Verdana]Un’ambiguità identitaria che nemmeno i fondatori hanno mai saputo compiutamente chiarire (salvo aderire opportunisticamente al gruppo parlamentare europeo del Partito Socialista Europeo) e che ha finito per rendere il PD una sorta di “ossimoro politico”, l’incarnazione vivente del celebre adagio montaliano : “Una sola cosa sappiamo: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”.
    Da persona che potrebbe tranquillamente riconoscersi in un partito liberale isolata, devo dire che questo articolo cade in errore già da questo primo passaggio, o meglio rimane fermo in un errore tipico del revanscismo reducista dei socialisti: pensare che tutto giri attorno solo al rifiuto dei postcomunisti cattivi di dargli ragione.

    Non è così, non è che il Pd nasce così perché si voleva fare un dispetto ai socialisti: piaccia o non piaccia, in Italia avevamo due forse aderenti al PSE, i Ds ( al 16-17%) e lo Sdi ( all'1-2%), con tanto di richiami al socialismo europeo ben in vista, negli ultimi anni.

    Semplicemente le forze della sinistra socialdemocratica NON avevano questa gran forza, né questo radicamento.

    Il Pd non nasce da un indistinto, e nell'articolo c'è una rimozione volontaria di questo punto: il Pd nasce dalla tradizione socialcomunista e da quella cattolico democratica, oltre che da liberali ed ecologisti... insieme avevano radicamento e consensi con un bacino tra il 30 e il 35%.

    I cattolico-democratici, i liberali, gli ecologisti socialisti non sono, e non vedo perché dovrebbero diventarlo.

    Il programma del Pd poi può evolvere ovviamente, ma la questione dell'identità è altra cosa.

  3. #253
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    Predefinito Re: Avanti!

    Sì all'appello di Cacciari

    di Mauro Del Bue - "Avanti!", 10 agosto 2018


    L’Avanti aderisce immediatamente all’appello di Massimo Cacciari dopo aver sostenuto e ripetuto le stesse cose da settimane. Il Psi aderirà certamente, visto che Riccardo Nencini per primo ha lanciato un’idea analoga. Mi preme sittolineare le seguenti convergenze di analisi e di proposta con quelle registrate dal nostro quotidiano:


    1) L’urgenza di una piattaforma culturale alternativa ai valori prospettati da questo governo, a partire dal tema dei migranti che va affrontato ben sapendo che la questione di fondo più che il tema dei numeri é riferito a quello della loro gestione. Si tratta di rilanciare valori che fanno parte della storia del riformismo italiano e mettere in campo soluzioni pragmatiche e non elaborazioni e comportamenti che rischiano di portare l’Italia all’isolamento in Europa.


    2) Il pericolo che l’infatuazione della rete e della democrazia diretta si esaurisca nella fine della democrazia e nel prevalere autoritario dei pochi capi. Lo abbiamo più volte sottolineato. Chi vuole annullare il principio della rappresentanza finisce per colpire il merito e la competenza e di fronte a una sorta di continui plebisciti nasce una dittatura di una piccola oligarchia che si rivolge direttamente al popolo.


    3) Il rilancio di una dimensione europea che non può essere, come é stato, fonte dei nostri problemi, ma unica occasione della loro soluzione. Forse siamo drammaticamente in ritardo, ma la politica dei vincoli e dei patti di stabilità che concepivano come spesa gli investimenti pubblici è alla base della crisi della solidarietà europea e della nascita e della diffusione di fenomeni vasti di sovranismo antieuropeo.


    4) La necessità di chiudere col passato dei partiti presenti nell’opposizione. Inutile nasconderci. Il Pd non è strumento adeguato ed è difficilmente riformabile. Occorre un soggetto o più soggetti nuovi, credibili, rinnovati, altrimenti l’intesa pentastellata durerà a lungo. Bisogna che si convincano i dirigenti del Pd tutti, non il solo Renzi, a fare un passo indietro. L’esperienza del Pd é nata e si é sviluppata senza identità, senza storia, senza un minimo comun denominatore politico, che non fosse l’ambizione di governare. Non é stata capace di creare entusiasmo, partecipazione, tensione, ma solo divisioni, litigi, scissioni. Va superata al più presto.


    5) La scadenza, ravvicinata, delle elezioni europee impone che il nuovo inizio cominci subito in Italia e si diffonda in Europa. Il rischio, come sottolinea Cacciari, é che il vento di destra, populista e sovranista, s’imponga in tutta Europa annientando qualsiasi possibilità di rilancio di un’unione diversa, fondata sulla solidarietà, sul lavoro, sulla democrazia. Aggiungo che questo pare oggi l’obiettivo dell’amministrazione americana e del presidente russo col quale la sintonia del governo italiano si registra evidente. Occorre il rilancio dell’Europa unita che sappia fronteggiare il vecchio pericoloso, ma paradossalmente convergente, bipolarismo politico ed economico, con l’Asia sempre più protagonista e la Cina divenuta non già il terzo ma ormai il primo dei poli. L’Europa ha due possibilità. O sciogliere qualsiasi rapporto e diventare terra di conquista o rinsaldare un’unione in crisi, affidarsi nuovi poteri sul governo unitario dell’economia, della difesa e della politica estera e darsi un’autonoma e unitaria funzione nel mondo. Noi siamo, ovviamente, per questa seconda soluzione,


    Un appello di Massimo Cacciari:


    La situazione dell’Italia si sta avvitando in una spirale distruttiva. L’alleanza di governo diffonde linguaggi e valori lontani dalla cultura — europea e occidentale — dell’Italia. Le politiche progettate sono lontane da qualsivoglia realismo e gravemente demagogiche. Nella mancanza di una seria opposizione, i linguaggi e le pratiche dei partiti di governo stanno configurando una sorta di pensiero unico, intriso di rancore e risentimento. Il popolo è contrapposto alla casta, con una apologia della Rete e della democrazia diretta che si risolve, come è sempre accaduto, nel potere incontrollato dei pochi, dei capi. L’ossessione per il problema dei migranti, ingigantito oltre ogni limite, gestito con inaccettabile disumanità, acuisce in modi drammatici una crisi dell’Unione europea che potrebbe essere senza ritorno.

    L’Europa è sull’orlo di una drammatica disgregazione, alla quale l’Italia sta dando un pesante contributo, contrario ai suoi stessi interessi. Visegrad nel cuore del Mediterraneo: ogni uomo è un’isola, ed è ormai una drammatica prospettiva la fine della libera circolazione delle persone e la crisi del mercato comune. È diventata perciò urgentissima e indispensabile un’iniziativa che contribuisca a una discussione su questi nodi strategici. In Italia esiste ancora un ampio spettro di opinione pubblica, di interessi sociali, di aree culturali disponibile a discutere questi problemi e a prendere iniziative ormai necessarie. Perché ciò accada è indispensabile individuare, tempestivamente, nuovi strumenti in grado di ridare la parola ai cittadini che la crisi dei partiti e la virulenza del nuovo discorso pubblico ha confinato nella zona grigia del disincanto e della sfiducia, ammutolendoli. Per avviare questo lavoro — né semplice né breve — è indispensabile chiudere con il passato ed aprire nuove strade all’altezza della nuova situazione, con una netta ed evidente discontinuità: rovesciando l’ideologia della società liquida, ponendo al centro la necessità di una nuova strategia per l’Europa, denunciando il pericolo mortale per tutti i paesi di una deriva sovranista, che, in parte, è anche il risultato delle politiche europee fin qui condotte.

    C’è una prossima scadenza, estremamente importante, che spinge a mettersi subito in cammino: sono ormai alle porte le elezioni europee. C’è il rischio che si formi il più vasto schieramento di destra dalla fine della Seconda guerra mondiale. La responsabilità di chi ha un’altra idea di Europa è assai grande. Non c’è un momento da perdere. Tutti coloro che intendono contribuire all’apertura di una discussione pubblica su questi temi, attraverso iniziative e confronti in tutte le sedi possibili, sono invitati aderire.



    Sì all?appello di Cacciari | Avanti!
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  4. #254
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    Predefinito Re: Avanti!

    Dopo la festa. Sintesi, riflessioni, obiettivi



    Sono stati tre giorni intensi di dibattiti con ospiti di rilievo intenti a discutere dei problemi dell’Italia. Dell’Italia malata e colpita al cuore dal populismo e sovranismo che l’hanno conquistata. Tento di mettere in fila i concetti chiari usciti dal confronto casertano (non finirò mai di ringraziare i socialisti di Caserta per l’impegno e lo spirito di sacrificio dimostrati).


    1) Credo abbiano ragione Pierferdinando Casini e Fabrizio Cicchitto quando sottolineano il carattere pericoloso e nel contempo popolare dell’alleanza gialloverde, ma soprattutto del vertiginoso aumento di consensi di Salvini. E credo sia anche giusto considerare entrambe le forze di governo come avversarie del fronte o alleanza o concentrazione repubblicana o riformista. Senza eccezioni, improbabili scorpori e future perniciose alleanze.


    2) Ritengo sia parimenti giusto richiamare il fatto, lo hanno dichiarato lo stesso Casini, ma anche Pizzolante e Caldoro, che la situazione é profondamente mutata rispetto anche al 4 marzo. Inesistenti, o ridotti all’osso sono ormai partiti che si ritenevano ancora protagonisti. Parlo di Forza Italia, di Fratelli d’Italia, di LeU, ma anche del Pd, del quale il suo presidente si augura oggi lo scioglimento. Non esiste più il centro-sinistra e non esiste più il centro-destra. In questa situazione occorre far nascere l’alba di un nuovo mondo. Occorrono esploratori, capitani coraggiosi, credibili navigatori in un mare in tempesta.


    3) Nell’area riformista un occhio va tenuto sul Pd o su quel che ne scaturirà. E’ incredibile l’amara previsione di Gentiloni, confessata a Nencini, secondo il quale il congresso qualcuno intende celebrarlo dopo le europee. Per scioglierlo, rinnovarlo, rilanciarlo, non ci sono tempi lunghi. I tempi lunghi portano al suicidio. A mio giudizio se il Pd sceglie il suicidio é giusto che coloro che non intendono gettarsi nel pozzo legati e affratellati da analogo destino, scelgano un’altra via e decidano loro quale orizzonte indicare a tutti i riformisti.


    4) I temi del rilancio sono quelli trattati dai nostri dibattiti: in primis quello dell’immigrazione e della sicurezza sui quali De Luca ha focosamente richiamato tutta l’area dell’attuale opposizione e in particolare il suo partito. Bisogna riconoscere che Marco Minniti, nostro graditissimo ospite, ha analizzato con correttezza il problema. Oggi non c’è un’emergenza e Salvini non affronta la questione della sicurezza e della paura per risolverle. Il leader leghista sfrutta a suo favore questi sentimenti con show di maniera, ma gli sbarchi sono diminuiti gia da gennaio e oggi il ministro degli Interni mette nel suo sacco anche i risultati di Minniti che in sei mesi ha diminuito gli sbarchi di oltre l’80 per cento. Forse a proposito di diritto d’autore l’ex ministro potrebbe intentare una causa al suo successore. Occorre una grande campagna di informazione e di sensibilizzazione, non negando ma anzi riconoscendo gli errori compiuti nella cattiva gestione del fenomeno.


    5) Si é parlato di Europa e di lavoro. E’ il secondo grande tema che abbiamo di fronte. L’Europa solo monetaria, l’Europa dei vincoli e delle sanzioni ha prodotto il populismo e il sovranismo, malattie infantili di un continente politico non ancora nato. Giustamente Maurizio Turco, ma anche la nostra Pia Locatelli, hanno sottolineato l’urgenza della nascita degli Stati uniti d’Europa, dell’Europa federale, con un governo e una politica estera ed economica uniche. E’ questo, e non lo spirito antieuropeo, quello che va sviluppato e perseguito come obiettivo utile. Il sovranismo, o nazionalismo, non produce solidarietà tra gli stati, ma solo egoismo e sfide. Ne è la prova l’asse tra Orban e Salvini (Cicchitto e Casini hanno duramente criticato Forza Italia per il voto contro le sanzioni al governo ungherese). Italia e il gruppo di Visegrad sono oggi su posizioni opposte attorno alla revisione di Dublino e alle quote. Le forze socialiste europee, quelle liberali e popolari devono unirsi in occasione delle prossime elezioni europee per tentare di arginare le forze nazionaliste e reazionarie. Ma nel contempo devono seriamente e concretamente lavorare per liberare gli investimenti nei paesi in cui il lavoro, soprattutto per i giovani, é diventato una chimera.


    6) Gentiloni, nel dibattito col nostro Riccardo Nencini, ha rivolto l’auspicio che il nuovo inizio dell’area riformista coinvolga direttamente anche i socialisti. Lo ringraziamo, ma di questo coinvolgimento ci sentiamo già partecipi. Con Ugo Intini e poi con Acquaviva, Covatta, Bobo Craxi, abbiamo ricordato gli anni felici del Psi e dell’Italia. Bisognerebbe ritornare a quel binomio indissolubile. Quello di una diretta conseguenza tra il lancio di un nuovo soggetto politico e il livello di benessere di una nazione. Alla prova dei fatti oggi è chi fino a ieri ha approfittato della protesta e del disagio. Oggi deve mantenere fede alle tante promesse. Vedremo, tutto in Italia, vedasi il Pd renziano, é velocamemte logorabile e bio degradabile.


    7) Infine la nostra idea di presentarci all’appuntamento con un ‘area più ampia del solo Psi. Stefano Caldoro si è dichiarato disponibile a una Confederazione dei socialisti e dei riformisti, che può essere aperta anche ai radicali pannelliani, a singoli soggetti del mondo riformista, laico e cattolico. L’Avanti giocherà un ruolo in questa aggregazione. Come sempre. Come ha tentato di fare prima e durante la sua festa.


    M. Del Bue



    Dopo la festa. Sintesi, riflessioni, obiettivi | Avanti!
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  5. #255
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    Predefinito Re: Avanti!

    Commiato

    di Mauro Del Bue

    Non ho intenzione di fare polemica come mio ultimo atto da direttore dell’Avanti. Dopo otto anni, e non sono pochi, ho presentato al segretario del Psi una lettera di dimissioni. Ereditavo un quotidiano semi clandestino, con molti redattori, parecchio costoso, senza una precisa identità politica. Ho messo nel lavoro il meglio di me stesso. Ho fatto il mio lavoro con passione e spero con competenza. L’ho fatto gratuitamente.

    Adesso l’Avanti è un giornale con migliaia di contatti quotidiani, in perfetto equilibrio finanziario, sorretto da due soli bravi e generosi miei collaboratori, per di più sottopagati. A loro due auguro innanzitutto buon lavoro. So che si impegneranno al massimo anche senza di me. Saluto poi tutti coloro che non hanno fatto mancare la loro collaborazione al giornale, e sono stati tanti, non solo nell’area socialista che non si esprime nel solo Psi, interlocutori a noi vicini politicamente, da Salvatore Sechi al povero Mauro Mellini, da Angelo Santoro a Giancarla Codrignani, da Aldo Forbice a tutti coloro che senza pretendere nulla hanno voluto scrivere sul nostro giornale perché onorati di farlo sotto un titolo che rappresenta una storia gloriosa. Oggi é un giorno speciale. Il 19 gennaio é un anniversario commovente per il mondo socialista. Quello della dipartita di un grande leader politico socialista e di un prestigioso uomo di stato. E proprio oggi ci ha dato l’addio un’altra grande personalità politica che all’unità socialista credeva fin dal 1989. Dedico alla memoria di Bettino Craxi e al ricordo di Emanuele Macaluso questo mio ultimo editoriale.

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    Predefinito Re: Avanti!

    Emanuele Macaluso e le ragioni del socialismo


    di Luigi Covatta

    Emanuele Macaluso lo conobbi il 9 maggio 1978. Avevo chiesto di vederlo perché in un suo articolo c’era qualche apertura alle nostre posizioni sul sequestro Moro. Ma l’incontro durò pochi minuti. Subito dopo le presentazioni gli arrivò una telefonata che lo avvisava del ritrovamento del cadavere di Moro in via Caetani. Per me quell’episodio rimase una metafora dell’incombente crisi della politica, che ormai si trovava sempre in ritardo sui fatti.

    Poi, dal 1983 al 1994, fummo colleghi in Senato: e ricordo bene come – con Napoleone Colaianni. Gerardo Chiaromonte, Maurizio Ferrara ed altri della vecchia guardia – reagì alla fine del comunismo senza pentimenti postumi ma con la ferma intenzione di rivendicare comunque le ragioni del socialismo. E “Le ragioni del socialismo” si chiamò appunto il mensile che fondò con Rino Formica nel 1996, proprio quando la sinistra pensava di aver risolto il problema ricorrendo ad un “papa straniero” come Romano Prodi.
    Per molti di noi (fra cui Luciano Cafagna, Alberto Benzoni, Antonio Landolfi) le riunioni mensili di quella redazione rappresentarono l’ultimo legame che ci restava con la cultura politica: E non nascondo che quando nel 2009 mi venne offerta l’occasione di dirigere la nuova serie di Mondoperaio fu a quel precedente che cercai di ispirarmi.


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  7. #257
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    Predefinito Re: Avanti!

    EM.MA


    L’accusa a me rivolta è essere stato filosocialista. Ed è vero. Infatti, per me l’unità della sinistra è stata una bussola che ho sempre seguito. Sono stato in rapporti amichevoli con Pietro Nenni. L’altro segretario del Psi, Francesco De Martino, quando l’università di Napoli festeggiò i suoi 70 anni, per ricordare un maestro del diritto romano, fui io invitato a parlare sul suo impegno politico, accanto a quello di studioso. Sono stato amico affettuoso di Giacomo Mancini e parlai io ai suoi funerali.
    Sono stato amico di Giuseppe Saragat con cui feci spesso lunghe passeggiata in Valle d’Aosta quando mi raccontava le vicende che lo spinsero a firmare l’ultimo patto di unità d’azione con i comunisti negli anni del fascismo. Sono molto amico di Rino Formica. Non ho mai incontrato e parlato con Bettino Craxi (come ricordò lui stesso in un’intervista rilasciata per un libretto a Paola Sacchi). E non perché ero direttore de l’Unità quando c’era Berlinguer segretario e polemizzavo con lui. In verità, non ci fu mai occasione per parlarci e, a ben pensarci oggi, mi dispiace.

    (Emanuele Macaluso)


    La Redazione dell’Avanti saluta il compagno socialista con uno dei suoi corsivi “EM.MA”


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  8. #258
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    Predefinito Re: Avanti!

    1921 – Scissione di Livorno. Tra analisi e prospettiva: ancora oggi la scelta è il riformismo


    di Aldo Repeti

    Il 21 gennaio ricorrerà il centenario del congresso di Livorno del 1921, con la scissione del PSI e la nascita del PCI.
    L’occasione è (sarebbe) propizia per una seria riflessione sulle ragioni che portarono a quell’evento e le conseguenze che ne derivarono ed hanno contraddistinto le vicende della intera sinistra lungo il ventesimo secolo fino ai giorni nostri.
    Innegabilmente si accavalleranno celebrazioni evocative all’insegna di esperienze personali e dell’afflato che ha contraddistinto una comunità di uomini e donne che si sono spese, impegnate e sacrificate per l’ideologia comunista.
    Celebrazioni, che dovranno essere, dunque, all’insegna del rispetto dovuto ad una forza politica che ha contribuito alla costruzione della Repubblica italiana e che ha rappresentato una parte molto significativa della sinistra italiana.
    Una storia che ha significato un complesso di valori profondi, come tutti quelli che hanno definito la nostra storia breve e contraddistinto storie politiche diverse, eppure significative, nella costruzione delle nostre istituzioni.
    Ma non sarebbe una vera occasione, se limitassimo la ricorrenza ad un esercizio esclusivamente retorico, privo di una analisi oggettiva e critica.
    L’occasione deve porci nella necessità di affrontare torti e ragioni che ancora oggi, ed a maggior ragione col senno dell’esperienza, dovrebbero e potrebbero indicarci il percorso per una sinistra che vuol proporsi come forza di governo, costruendo una visione di prospettiva per il nostro Paese.
    L’analisi storica ci dice senza infingimenti, che il quadro sociale del ‘19-20 è caratterizzato fortemente da uno squadrismo crescente, con la sfida fascista portata da Trieste fino alla Puglia alle organizzazioni del movimento operaio, con le Camere del Lavoro incendiate, con i municipi socialisti decapitati, perché sindaci ed assessori costretti alle dimissioni a seguito di “visite” notturne. Sarà dell’agosto del 1922 poi, l’esempio che toccherà da vicino la nostra città, quando il segretario locale del fascio e Costanzo Ciano si rivolsero al sindaco socialista ed al deputato socialista: “Sindaco Mondolfi, Onorevole Modigliani, sono le ore 12, alle due di oggi dovrete avere abbandonato Livorno, in caso contrario vi impiccheremo in piazza. Ci siamo intesi?”.
    Ebbene in questo quadro, la sinistra allora operò animata da una visione quasi romantica e messianica della Rivoluzione Russa, fino alla fondazione del partito comunista avvenuta proprio quando il movimento stava in riflusso e lo squadrismo invece stava crescendo. Una visione acritica di accettazione fideistica dei diktat di Mosca con i suoi 21 punti irrinunciabili.
    L’evocazione della “violenza proletaria”, della conquista armi alla mano del potere da parte dell’avanguardia bolscevica, accentuava lo smottamento di pezzi dello Stato, della borghesia, del ceto medio, sulla linea della “reazione preventiva” di tipo fascista e squadrista.
    Massimalisti e comunisti unitari non avevano compreso ciò che stava accadendo, tanto che, mentre si stava preparando la marcia su Roma, erano quasi tutti a Mosca a contendersi l’investitura di Lenin che pretendeva l’espulsione di Turati e dei riformisti e, sprezzante, disse loro riferendosi a Mussolini: «Vi siete fatti sfuggire l’unico capace di farla, la Rivoluzione».
    Nei lunghi ed intensi giorni del Congresso di Livorno, nonostante aspri e profondi confronti, mai emerse come sostanziale il concetto di libertà. Una assenza che fa comprendere come questo non fosse valutato come elemento dirimente per la rivoluzione bolscevica e la reazione in Italia.
    A Livorno la sinistra corre a passi svelti verso la più grande delle divisioni senza accorgersi del momento di massimo pericolo per il Paese.
    E’ questo il clima in cui si consuma a sinistra l’irrisolto scontro fra riformismo e massimalismo, come fosse una condanna del destino. A sinistra, pur accomunati dal lavoro come baricentro, emerge l’incapacità di una sintesi, di suscitare una cultura unitaria, un progetto politico conseguente ed egemone.
    Turati ribadì a Livorno in quel congresso del 1921, il valore del riformismo e del gradualismo come metodo, di fronte a un mito, quello della Rivoluzione russa e del “culto della violenza” eretto a prassi e dottrina politica, destinato prima o poi a svanire come tutte le illusioni.
    La posizione di Turati si differenziava nella valutazione dei processi che avrebbero condotto a maturazione la società socialista. Una differenza radicale che condusse i riformisti, molto tardi nella Storia, ad avere ragione e gli scissionisti che generarono il Partito Comunista Italiano, ad avere torto.
    Le sue solenni considerazioni rimangono scolpite come una delle più grandi profezie della Storia politica italiana:
    “E quando avrete fatto il Partito Comunista Italiano, quando avrete impiantato i Soviet in Italia, se vorrete fare qualcosa che sia rivoluzionaria per davvero, che rimanga come elemento di civiltà nuova, voi sarete forzati, a vostro dispetto, perché siete onesti, a percorrere la via dei socialtraditori, e questo lo dovrete fare perché questo è il socialismo che è solo immortale, che è solo quello che veramente rimane di vitale in tutte queste nostre beghe e diatribe…”.
    Come detto in apertura le analisi della storia dovrebbero e potrebbero indicarci il percorso per una sinistra che vuol proporsi come forza di governo, costruendo una visione di prospettiva per il nostro Paese.
    La politica da allora si è trasformata ed in teoria potremmo assumere che la stagione delle divisioni nel campo della sinistra siano tramontate. Ovvero potremmo affermare che la scissione di Livorno appartiene al passato.
    Ma l’analisi oggettiva non può prescindere dal fatto che lo strappo dal comunismo mondiale, avvenne un minuto dopo e non un minuto prima che si concretizzasse la drammatica fine dell’impero sovietico. Che sulle sue ceneri nasce un’esperienza politica che sceglie di non chiamarsi socialista.
    Un passaggio in cui ci si limitò a cancellare le proprie insegne, ma non venne mai sanata concretamente la frattura consumatasi. Non vi fu cioè l’evoluzione naturale, ovvero il ricongiungimento formale e sostanziale nell’alveo del Socialismo italiano. Non si volle operare un necessario, logico e storicamente corretto superamento e revisionismo della scissione comunista di Livorno.
    Ma oggi, come allora e nonostante tutto, davanti alla sinistra tutta, si pongono ancora questioni di metodo nella lotta politica.
    Di interpretazione dei modelli di società, a maggior ragione in una società globalizzata e che oggi mostra molte debolezze e ritardi rispetto allo tsunami rappresentato dall’impatto del virus Covid-19 ed in cui sembrano tornare di moda le mitologie dei primi del secolo scorso, anche con l’imperversare del populismo.
    La vicenda pandemica ha messo in piena luce l’arretratezza delle strutture politiche, sociali e culturali del nostro Paese. Da qui la necessità di una nuova interpretazione del modello di società per le prossime generazioni. Di costruire una visione di prospettiva che delinei le forme di sviluppo che correggano le distorsioni della globalizzazione ed in cui rilanciare concretamente i valori ancora attuali del socialismo. Tenendo ferma la capacità di creare ricchezza senza dimenticare la massa crescente e disperata degli ultimi.
    Ma tenendo anche presente che l’espansione produttiva degli anni ha modificato sensibilmente la struttura sociale ed i riferimenti storici della sinistra, intesi come configurazione di una classe esclusiva. Oggi essere riformisti significa dare alle nuove generazioni un punto di riferimento credibile e solido, una visone ed una prospettiva.
    Rigenerare, a fronte delle sfide dell’oggi, l’obiettivo di cambiare i rapporti di forza tra i deboli e i forti. Comprendendo quale è la frontiera vera su cui costruire un impegno a tutela di chi non è garantito nel lavoro e non solo. Attraverso un cammino progressivo, graduale, faticoso e lento, ma sempre animato dalla volontà di cambiare nel profondo gli equilibri e le strutture. Esercitare una forza di regolazione, di contrasto alle forme più disumane prodotte dalla pura logica del mercato e del profitto. Ancora oggi: libertà, diritti, solidarietà, merito, lavoro, sociale e, importante sempre più, conoscenza.
    La storia ed il futuro è il Socialismo umanitario. Ancora Turati:
    “Il socialismo è l’espressione ideale dell’evoluzione dello strumento tecnico; è lo sforzo di adeguare le condizioni politiche della vita sociale alle necessità materialistiche del momento storico. In questo senso, e in doppio senso, il socialismo è scientifico: in quanto sorge dalla coscienza storica, e quindi scientifica, dell’evoluzione; e in quanto chiama la scienza a proprio servizio”
    Il metodo riformista, oggi come allora, mostra la propria attualità e per questo, superare le ragioni di quella scissione, significa comprendere quell’errore e lavorare col metodo per una società più giusta, più libera, solidale e moderna, libera dai pregiudizi e dalle scorie del passato irrisolto. Noi nel nostro piccolo continueremo ad esserci e confrontarci con quanti lo ritengono ancora un percorso attuale.
    La speranza è che si concretizzi quanto riportato sulla tessera preparata dalla componente dei socialisti rimasti nel PSI nel 1921: una donna che ricuce una bandiera rossa proprio sopra il sole, la falce ed il martello. Comincia a riparare lo strappo storico di Livorno. Una lacerazione profonda, una “dannazione” per la sinistra, un grande rattoppo che ancora non è finito, ma per la quale, volendo, ci sono tutte le condizioni!


    Aldo Repeti
    Direzione Nazionale PSI
    Segretario Provinciale PSI Livorno


    1921 - Scissione di Livorno. Tra analisi e prospettiva: ancora oggi la scelta è il riformismo - Avanti
    Il mio stile è vecchio...come la casa di Tiziano a Pieve di Cadore...

    …bisogna uscire dall’egoismo individuale e creare una società per tutti gli italiani, e non per gli italiani più furbi, più forti o più spregiudicati. Ugo La Malfa

  9. #259
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    Predefinito Re: Avanti!

    Conte socialista? No…..

    Mauro Del Bue del 9 Novembre 2021



    L’incubo notturno del movimento ieri di Grillo, e oggi solo formalmente di Conte, che mostrava questa allegra brigata di voltagabbana nel Pes si sta trasformando in realtà? Sotto la regia del vate Goffredo prima Di Maio e poi Conte hanno confermato l’idea.
    I Cinque stelle, quali poi, perché Di Battista non sarà della partita e i dissensi sulla votazione del presidente del Gruppo parlamentare testimoniano quanto poco conti Conte, vorrebbero aderire al gruppo parlamentare europeo socialista, e forse anche al Pes. Per Conte un governo con Salvini o uno col Pd sono la stessa cosa. Non gli importa, dopo essersi orgogliosamente definito populista nel discorso sulla fiducia al suo governo di centro-destra e progressista in quello sulla fiducia del suo opposto, adesso doversi definire socialista. Ieri era con Farage e oggi vorrebbe essere col Pse. Il passo double é la sua specialità. Parafrasando un detto di Churcill potrebbe perfino sostenere: “Non sono io che cambio idea, sono gli altri”. Come quell’automobilista che procedeva sicuro sulla carreggiata opposta convinto che fossero gli altri ad andare contro mano. “Definisciti socialista solo in Europa, però”, gli avrà consigliato Goffredo, “perché il Pd in Italia si definisce democratico”. Ebbene si definirà anche lui democratico. Cosa gli costa? Populista, progressista, di centro-destra e di centro-sinistra, socialista, democratico. Come Fregoli. Un vestito vale l’alto. Non so se valga ancora il gradimento dei membri nazionali come valeva per l’adesione all’Internazionale socialista. Ma nel caso costoro intendessero aderire anche al Pes, visto che il nostro piccolo partito paga regolarmente la sua quota, penso che il nostro Psi sia doveroso dica la sua. La storia del socialismo europeo é segnata da personaggi di immenso valore quali Brandt, Mitterand, Gonzales, Soares, Papandreu e i nostri Nenni e Craxi. Con questa storia e con questa identità l’indifferenza di Conte (forse manco li conosce costoro) é uno schiaffo rumoroso. Socialisti si può diventarlo. Anche da vecchi. Ma facendo i conti col passato. Non posso assistere a un’epoca in cui si diventa tutto e il suo contrario. E che la tradizione italiana del socialismo di Turati, Nenni, Saragat e Craxi finisca nelle mani di Di Maio. Ne ho viste tante. Le ho viste, quasi, tutte. Mi si risparmi almeno questa.

    https://www.avantionline.it/conte-socialista-no/
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  10. #260
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    Predefinito Re: Avanti!

    c'e' un qualche piddiota che mi sa spiegare perche franceschini e' considerato un'intellettuale ?? fosse vero non oso immaginere che capre sono gli altri piddioti
    ciao ciao

 

 
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