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Discussione: Avanti!

  1. #21
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    Predefinito Re: Avanti!

    Perché adesso tutti contro Renzi?


    L’articolo di domenica di Eugenio Scalfari su Repubblica, quello di Di Vico sul Corriere, oggi il pezzo di Turani su Carlino-Nazione-Giorno. Nel mezzo le dure parole di Giorgio Squinzi, dopo il venerdì nero e i dati Istat tutti negativi su sviluppo e occupazione. Improvvisamente la grande stampa e la grande industria si è trovata compatta contro Renzi dopo averlo apertamente appoggiato, lodato e vezzeggiato. Questo a me non piace. Per nulla. Diciamo la verità. O i nostri soloni credevano veramente alla bacchetta magica di quello che Scalfari definisce Pifferaio piu o meno magico e allora erano i pifferati, i facili creduloni del miracolo in un mese, gli illusi che bastasse cambiare Letta con Renzi e tutto si sarebbe sistemato. Oppure ci sono forze importanti che improvvisante hanno voltato le spalle al nostro giovane e vulcanico presidente. Tutte insieme e puntando su un nuovo e meno giovane presidente e un nuovo governo.

    Che ci sia una situazione gravissima, e che però non si dovesse pensare che in pochi mesi la si sarebbe potuta ribaltare, era ed è evidente. Che per tentare di uscire dall’imbuto nel quale ci troviamo servissero provvedimenti che ancora non si vedono è altrettanto chiaro. Da mesi Giavazzi, Alesina, lo tesso Turani, ma anche Draghi, sottolineano l’urgenza delle riforme. Soprattutto di quelle fiscali, un provvedimento cioè che abbassi radicalmente le tasse sul lavoro e sulle imprese, solo parzialmente rammendato da tagli di spesa. Oggi è troppo facile ironizzare sulla vendita delle auto blu. Peccato che quando avvenne tutti coloro che oggi si lasciano andare a commenti sarcastici applaudirono compatti. Come a una trovata geniale del nuovo messia antipolitico.
    Il punto fondamentale è dunque il contestuale abbassamento delle tasse e qualche incisivo taglio di spesa pubblica, magari unito al cosiddetto Jobs act, che farà impazzire il sindacati. Inutile aggiungere al facile sarcasmo sulle auto blu anche il supposto taglio di province e del Senato. Si sono tagliati, questo noi lo ricordiamo dall’inizio, solo organi elettivi e i corrispettivi rappresentanti con emolumenti. Robetta. Certo se anche lo Sblocca Italia si rivela un buco nell’acqua, con 3,9 miliardi al posto dei promessi 43, dei quali solo cinquecento milioni disponibili tra adesso e il 2015, non si può che manifestare preoccupazione. Ma il problema semmai è che erano eccessive le promesse di Renzi, più che non deludenti i risultati. Per dirla alla Bersani gli asini non volano. Ed è anche pericoloso creare illusioni che poi diventano devastanti delusioni. Ma il problema è non di trovarsi mai tra gli illusi. L’esperienza ci ha tenuto lontano da questa dimensione dell’anima.
    Adesso però attenderei per emettere quei giudizi così apocalittici dei nostri padroni del vapore. Che Renzi tra settembre e ottobre approvi, non mi stupirei se per decreto, il taglio delle tasse più corposo della nostra storia repubblicana, che ci faccia uscire dalla retorica del 3 per cento, quasi fosse il sacramento di una nuova religione. E si producano tagli nella spesa, tra aziende locali e nazionali da sopprimere, ma mi raccomando non quelle che producono utili, dismissioni di rilievo di patrimoni immobiliari e azionari, revisioni dei centri di spesa, in modo che la fuoriuscita dai vincoli europei sia accompagnata da fondate speranze di rientrarvi al più presto marcando il ritmo di un nuovo sviluppo.
    Leggo che la Markel richiama Draghi alla politica del rigore. Deve stare attenta la cancelliera tedesca, perché la Germania, questo è l’elemento di novità della situazione economica europea, contrariamente alla Spagna, ha frenato il suo sviluppo, tanto che nel secondo trimestre del 2014 il Pil tedesco segna un indice negativo. La questione ucraina, con la chiusura delle importazioni di rilevanti prodotto della Russia, vi ha certo influito. Dovesse esplodere una nuova guerra del gas, non so come andrebbe a finire. Anche la ricca Germania è in Europa e non è l’Europa. Che un più equilibrato e armonico sviluppo dei paesi comunitari possa aiutare anche la Germania dovrebbe essere ormai consapevolezza della signora in giallo (rosso e nero)…

    M.Del Bue

    Perché adesso tutti contro Renzi? | Avanti!
    Il mio stile è vecchio...come la casa di Tiziano a Pieve di Cadore...

    …bisogna uscire dall’egoismo individuale e creare una società per tutti gli italiani, e non per gli italiani più furbi, più forti o più spregiudicati. Ugo La Malfa

  2. #22
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    Predefinito Re: Avanti!

    Gli intellettuali sommersi, affogati o semplicemente assenti?


    Un tempo li trovavi ovunque; erano chiamati in causa per qualsiasi motivo, anche quando i loro consigli non erano utili a nessuno. Anzi, si facevano chiamare in causa. Chiamavano per essere interrogati, come gl’indovini del passato. Una voce necessaria per evitare pericoli, indicare percorsi, generare opinioni fondate.
    Erano presenti come le istituzioni. Usciti dalla torre d’avorio della cultura accademica, gli intellettuali, animati dalla passione civile erano pronti a sfornare illuminazioni, stigmatizzare comportamenti inadeguati, redarguire su ciò che era lecito o non lecito fare. Soprattutto in materia di democrazia.
    Com’erano belle le sirene della cultura; a guardia di ogni deriva autoritaria. E utili. Scrivevano sulle riviste, già… le riviste. Che meravigliosi strumenti: facevano pensare e sorvegliavano sullo stato di salute della società e della politica. I quotidiani riservavano agli intellettuali gli editoriali o gli articoli di spalla: sempre in prima pagina.
    Ma soprattutto li trovavi seduti sui banchi del parlamento. Ogni partito cercava di farne sfoggio, specie quelli di “sinistra”, come il PCI, che li aveva coltivati come un orto felice: l’orto prezioso della critica.
    Come le piante, erano organici: la linfa del partito.
    Critici soprattutto sugli altri e pronti a colpire con l’arma del sapere.
    Dove sono finiti questi illustri detentori della saggezza pubblica?
    Qualcuno si chiede dove siano finiti i partiti: i buoni committenti della manodopera intellettuale. Quelli di oggi si presentano meglio come industrie politiche o più semplicemente come botteghe del consenso.
    A che serve pensare, riflettere, investigare? È più rapido agire o annunciare di agire. Ecco allora che si fa avanti una figura nuova: il portavoce.
    Non serve un giornalista: era imparentato con la cultura, lavorava in odor di critica. Meglio sostituirlo. Cosa c’è di meglio di un portavoce. Portare la voce di chi decide, o decide di decidere. Un tempo si portavano le borse: stupida deriva della prima repubblica.
    Il portavoce è un professionista della parola (altrui). E poi non occorre che pensi (buona regola per una spending revew culturale). Se pensano in troppi, i costi si alzano.
    E gli intellettuali? Sono tornati nella torre d’avorio dell’accademia? No. Quella è già emigrata all’estero, almeno la migliore.
    Hanno iniziato a protestare e a chiedere conto della loro insignificanza sociale? Neppure.
    Tacciono; portano il silenzio. Non esiste ancora il portasilenzio, ma sembra essere la professione più adatta all’uomo di cultura di oggi. Almeno in Italia.
    Non tutti, per fortuna. Qualcuno si azzarda a rompere il muro di sconfitta nel quale si è rinchiusa gran parte dell’intellighenzia nazionale.
    - Tecnocrate, stai zitto! Si sente rispondere.
    Già il sapere è tecnocratico.
    Perciò ritorna nell’angolo e lascia il posto al portavoce di turno o si affida alla rete e ai suoi maestri. Bisogna comunicare efficacemente! Si diventa portavoce di se stessi tramite la rete. Ottimi i portavoce digitali: sollecitano gli istinti tribali; fanno emozionare e mobilitano affetti nonché indignazione, quasi sempre di breve durata.
    E il dissenso? Quello no: sa di pensiero.
    Sta zitto tecnocrate, con quel voler giudicare.
    Qui ci si emoziona tutti insieme: ascoltiamo cosa dice il portavoce…
    L’intellettuale scende dalla cattedra, lasciata a un parente o giocata come pegno d’amore.
    Sommerso dalla decadenza che ha contribuito a costruire, entra nella penombra, nella zona grigia.
    Magari ha letto Primo Levi e si contenta dell’ignavia di cui ormai vive schiavo: mi perdoneranno – si racconta – favoleggiandosi protagonista di una novella d’appendice postmoderna pubblicata su facebook.
    Sommerso e salvato.
    O forse annegato.
    Cercava il salvagente del partito, ma nessuno getta più nulla in suo soccorso.
    Taci tecnocrate e affoga.
    Morire affogato nel fango postmoderno; che finale loffio!
    Meglio tacere: assenza diplomatica.

    L. Rossi

    Lino Rossi: Gli intellettuali sommersi, affogati o semplicemente assenti? | Avanti!
    Ultima modifica di Frescobaldi; 12-09-14 alle 12:24
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  3. #23
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    Predefinito Re: Avanti!

    Comincia la festa…. dell’Avanti


    Ma si dai, chiamiamola così. Oggi l’Avanti esiste online ed è diventato uno strumento di consultazione e di confronto di un certo rilievo per i socialisti e per tutti i riformisti. Si apre a Marina di Carrara, in un settembre incerto, e in un clima politico pesante, la nostra annuale kermesse. S’inizierà coi vari saluti e stasera con un dibattito al quale parteciperà, con Nencini e Intini, Massimo D’Alema. Mi piace sottolineare due momenti storico-politici della festa ai quali parteciperò personalmente: la rappresentazione teatrale della fuga di Carlo Rosseli ed Emilio Lussu da Lipari, recitato tra gli altri dal nipote di Rosselli, Giacomo, nella giornata di venerdì, e la proiezione del film sulla storia dell’Avanti, concluso da un confronto sul passato e sul presente del nostro giornale con Intini e me, coordinato dal nostro insostituibile capo redattore Carlo Correr.

    Ma nelle festa c’è posto per tutti. Il segretario Nencini svolgerà un confronto con Deborah Serracchiani, mentre Marco Di Lello, Lello Di Gioia, Pia Locatelli, Enrico Buemi, Oreste Pastorelli saranno impegnati in altrettanti confronti sui temi del momento e così pure il presidente del Consiglio nazionale Vizzini, il coordinatore Schietroma, gli altri membri della segreteria Crema,
    Craxi, Cefisi, Incarnato, Oliviero, Rometti, Pellegrino, Pisani, Mezzina, Covatta, Serpillo, Bastianelli, poi Chiara Moroni, rientrata nel PSI e Angelo Zubbani. Quest’ultimo, sindaco di Carrara, l’unico comune di medie dimensioni guidato da un socialista, aprirà quest’oggi la festa. Tra gli altri è annunciata anche la presenza di Gianfranco Fini, del vice segretario del Pd Guerini, del ministro Lorenzin, del coordinatore di Forza Italia Toti, di Migliore, Scalfarotto, Fava, Bonafè.
    Il mistero Renzi s’aggira nei padiglioni di Marina di Carrara. Arriverà o no? Che si sia accorto dei socialisti non c’è dubbio. Ha iscritto il suo partito al socialismo europeo, mentre i suoi precessori se lo erano dimenticato. La parola socialista non è per lui una brutta parola. E per di più ha aperto le porte del governo, contrariamente a Letta, alla presenza del segretario del Psi. Se verrà lo accoglieremo con affetto e solidarietà. Non dimenticandoci che se magistrati, giornalisti, sindacati, lo attaccano, be’ non è il primo presidente a cui succede, anzi ha avuto un precedente che non dovrebbe ignorare. E visto che ha inserito il merito nel vocabolario della sinistra, noi gli regaleremo il libro della Conferenza di Rimini del 1982, con dedica di Claudio Martelli. Buona festa a tutti, compagni e amici. Ricordatevi dell’Avanti. E che il tempo ci assista…

    M.Del Bue

    Comincia la festa?. dell?Avanti | Avanti!
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  4. #24
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    Predefinito Re: Avanti!

    RIPARTIRE DAL PSE



    “Alla fine degli anni ’80 sono scomparsi i motivi che hanno tenute divise le due sinistre” (Covatta), ma ci sono ancora due sinistre? Quali sono le forze di sinistra, i socialisti e poi? E cosa significa oggi essere di ‘sinistra’ e cosa è rimasto della lunga battaglia per la supremazia tra socialisti e comunisti? A presentare il dibattito il giornalista del Corriere della Sera, Andrea Garibaldi, che ha esordito scherzando sul suo cognome e sulla figura di Garibaldi nel Fronte Popolare del’48, senza dimenticare la passione di Bettino Craxi per che il generale. Quindi, conclude: “Sono la persona adatta per moderare”.

    Luigi Covatta
    Il primo a intervenire è Luigi Covatta, direttore Mondoperaio che esordisce: “La storia delle due sinistre non mi è nuova”. E ricollegandosi alla battuta del giornalista del Corsera afferma: “Anche fra Mazzini e Garibaldi non c’era molta sintonia. Le due sinistre iniziano con la frattura tra riformisti e rivoluzionari” E precisa: “Ci sono state quattro sinistre in Italia:
    La sinistra comunista che voleva la rivoluzione secondo gli schemi sovietici, quella sinistra che voleva la rivoluzione, la sinistra socialdemocratica e la sinistra cattolica. Queste ultime due proposero un approccio, a cominciare da Amendola che tentò, senza successo, di creare un’unione”. Il direttore di Mondoperaio ha spiegato il diverbio di come la sinistra sia sempre stata divisa tra riformisti e rivoluzionari e questa divisione di fondo è andata avanti fino agli anni 80, cioè “fino alla fine del cosiddetto trentennio glorioso quello in cui le riforme che alimentavano lo Stato del benessere creavano consenso di per sé”. Così si capisce il perché ogni riforma a quei tempi incrementava il consenso a chi lo proponeva,”ma negli anni’80 si creò questo binomio: riforme uguale consenso e riforme uguale innovazione.
    Entrambi sono andati in crisi nella società dei due terzi, cioè di quella parte della popolazione che stava bene ed è sempre stato difficile, sin da allora farne e qualcuna per il terzo”. Oggi al contrario di ieri è andato in crisi il binomio riforme uguale innovazione e si finisce ovviamente con il citare il filosofo Bobbio: “Se i riformisti sono quelli che cambiano, riformisti sono gli altri”.
    Continuando Covatta dice che le “innovazioni sul piano sociale vennero da destra e si pose così il problema di riformare la sinistra”.
    Covatta ha poi ricordato Riccardo Lombardi che “trent’anni fa moriva e negli anni 60 passava per un pericoloso visionario perché invece di concepire le riforme come case, scuole e ospedali, parlava di riforme di struttura – proprio quelle che ci chiede in questi giorni Draghi, Merkel e il finlandese Kattainen che la Merkell ha messo sopra Moscovici”.
    “Bobbio diceva che non basta essere il partito del cambiamento per essere partito di sinsitra”.
    “Ci sono motivi di convinzioni e convenienze che dividono ancora le due sinistre”.

    Massimo D’Alema “Lasciamo stare le due sinistre, a me ne basterebbe una”. Una battuta efficace per dipingere una situazione che è sotto gli occhi di tutti. Massimo D’Alema perferisce uscire dal giudizio sul passato e concentrarsi sul futuro e soprattutto su quello che la sinistra oggi può fare in Europa, il vero teatro dell’azione politica che può cambiare le cose. “Non credo che in italia oggi vi siano due sinistre. C’è una sinistra che si riconosce nel Partito socialista europeo”. Le sinistre italiane, spiega D’Alema, quella di matrice comunista, quella socialista e quella cattolica, si sono ritrovate oggi “attraverso un percorso complesso tortuoso nel socialismo europeo. C’è un punto di approdo comune”. C’è ancora una sinistra più radicale che sta fuori, “mi riferisco a SEL – dice – che non è ostile al socialismo europeo. È alla ricerca della possibilità di una confluenza o di una collaborazione”. Dunque la sinistra italiana è oggi nel PSE e da qui tocca ripartire. D’Alema preferisce, partendo dalla riflessione di Covatta sul riformismo, concentrarsi su un’analisi di quanto sta avvenendo, sul fatto che oggi assistiamo al progressivo smantellamento di un secolo di battaglie delle sinistre. “La globalizzazione si è sviluppata sotto il segno del dominio culturale neoliberista che ha teorizzato che bisognava liberarsi della zavorra delle conquiste sociali”. Ha teorizzato “una riduzione del peso dello Stato, delle Istituzioni, dei Partiti – come suggerisce Andrea Garibaldi – per ottenere il dominio dell’economia sulla politica”. È questo per D’Alema il messaggio più forte di questo ultimo ventennio. “Il riformismo di ispirazione socialista è stato fondamentalmente politico, quello neoliberista fondamentalmente antipolitico”. Nella pratica abbiamo oggi il tasso di diseguaglianza sociale è tornato ad essere quello vigente. “Trent’anni fa la distanza tra il manager e l’operaio poteva essere da 1 a 10, oggi se il manager di Luxottica se ne va prende 45 volte quello dell’operaio”. Tocca dunque alla sinistra che “non può riproporre determinate modalità che appartengono alla storia del ‘900, ma deve recuperare alcuni dei suoi valori fondamentali a cominciare da quello distintivo, come diceva Bobbio, la riduzione delle diseguaglianze”. “Una questione cruciale, non solo per ragioni di giustizia sociale, ma perché una diseguaglianza così estrema, non solo punisce il lavoro, ma punisce la produzione stessa”. “Un eccesso di diseguaglianza produce il blocco dei consumi. Siamo in una grande crisi provocata dalla caduta della domanda”. Di positivo c’è però che c’è una riscoperta di certi valori come testimonia, a detta di D’Alema, l’interesse nelle librerie per certi autori. “C’è il ritorno di un pensiero economico alternativo a quello neoliberista. Negli scaffali delle librerie c’è Piketty, Krugmann, Stiglitz, Mazzuccato”. Oggi però se si analizza quanto avvenuto con le elezioni, vediamo che anche al fianco dell’emergere delle destre xenofobe e antieuropee, è venuto “alla luce il malessere dell’Europa” e anche se i conservatori hanno perso voti, “la Merkel ha vinto il dopo elezioni”; “tutti i vertici europei sono stati occupati dal partito popolare e questo perché “lei ha una visione europea”. “Io vedo invece con dispiacere che il socialismo ha una somma di ‘visioni nazionali’. La Merkel non si è preoccupata di piazzare delle personalità tedesche, ma europpe perché lei è consapevole di avere oggi una leadership europea”. È di questo insomma che bisogna essere consapevoli, che la battaglia è europea che “se l’Europa non torna a investire nell’educazione, nella ricerca, se non colpisce la rendita finanziaria, noi non usciremo dalla crisi. Questa è la sfida della sinistra europea oggi”.

    Carlo Vizzini
    “E’ importante che lo Stato riparta” esordisce il senatore Carlo Vizzini “ siamo in un modello colosseo dove c’è gente che sta male e si fa scorrere il sangue per mostrare qualcuno che sta peggio di loro”.
    Ci vuole uno sforzo per abbattere il debito pubblico, abbiamo perso 20 anni di tempo ma Renzi ha fatto un primo passo, è riuscito a portare il Pd nel Pes, Partito del Socialismo europeo”.
    Il senatore ha ricordato però che “20 anni fa questa mossa era già stata fatta, io Craxi e Occhetto partimmo tutti e tre per l’internazionale socialista, nell’autunno del 92 c’era già un partito dei socialisti europei” E ha continuato: “Fu un errore dei socialdemocratici non creare un governo con tutte le forze di sinistra unita. Concordammo per la carica di presidente a Gino Giugni, poi ci fu l’attentato a Falcone e così facemmo tutti un passo indietro”.
    Ripartendo dalle sinistre ha detto: “Ci sono voluti vent’anni per riuscire a stare insieme, c’è stato un fiorire di partiti che si chiamavano con nomi di fiori piante e animale, un caso unico in tutta Europa”.
    “Si chiama sinistra riformista e democratica ed è questa la sinistra che vogliamo che deve portare fuori il paese dalle secche” e riprendendo Saragat afferma “non c’è giustizia sociale senza libertà e viceversa” poi riprende Covatta sostenendo che sbaglia a non contestualizzare le riforme sociali che si volevano negli anni 60. E tornando ai nostri giorni afferma:“Non solo l’economia ha governato al posto della politica, ma la finanza ha governato al posto dell’economia”. E conclude: “Ci vogliono scelte coraggiose”.


    Ugo Intini C’è un punto sui cui Intini si trova facilmente d’accordo con D’Alerma. “La finanza spazia libera nel mondo. Ha ragione D’Alema bisogna partire dall’Europa”. Comunque, per quanto riguarda il passato, Intini ricorda che “ci sono sempre state due sinistre e il Psi storicamente è stato ambiguo. Craxi in un congresso agli inizi degli anni ’80, disse ‘io sono un nenniano, il mio mito è stato Nenni, ma oggi devo dire che Nenni aveva torto e Saragat invece ragione”. “Non voglio però più parlare del passato, ma del futuro. Il passato va ricordato solo a chi ha meno di 40 anni perché sappia che cosa è stata la politica con la P maiuscola”. “Parlando del futuro e del presente, non dobbiamno parlare di due sinistre, ma domandarci se ci sia una sinistra. Anzi, se ci sia una politica, una politica vera”. “E se ne può dubitare ed esser pessimisti vedendo cosa è siccesso. Le destre i conservatori, per decenni, hanno teorizzato lo Stato minimo. Meno ce n’è, dicevano, meglio è. Reagan diceva ‘biosogna affamare la bestia’. Dopo l’89 i grandi gruppi economici, la grande finanza, hanno teorizzato la ‘politica minima’.’Meno ce n’è – pensano – meglio è’. Hanno puntato ad affamare e ridurre al minimo la politica, non solo lo Stato”. “La destra ha vinto nella sostanza. Oggi abbiamao la politica minima. La privatizzazione della politica. Il potere finanziario ha sostituito la politica”. “Il liberismo sfrenato ha portato a una catastrofe globale, quella del 2007, peggio di una guerra mondiale”. “L’economista Piketty ha dimostrato come oggi ci si avvii a un livello di diseguaglianza sociale come quello del ’900. Anzi peggio, perché i padroni di una volta almeno erano patrioti e rischiavano i loro soldi. E si sparavano un colpo in testa quando fallivano. Oggi hanno inventato la publicizzazione delle perdite e la privatizzione dei profitti”. Quella che ci propongono è l’etica del gatto e della volpe”. Dunque, conclude Intini, “solo un’Europa unita può contare. L’Europa ha un’anima, ha una politica da proporre. Noi abbiamo inventato il welfare state. O i valori che stanno dietro allo stato sociale si estendono a tutto il mondo, penso alla Cina e all’India, e così questi Paesi diventeranno meno competitivi oppure saremo noi ad adeguarci a condizioni più arretrate, combattendo la nostra partita su salari più bassi e meno garanzie”. Però “abbiamo bisogno di leader che guidino, non che seguano i sondaggi. Lo diceva già Turati nel 1896 che ci volevano gli Stati Uniti d’Europa e poi del mondo”.

    Massimo D’Alema
    Riprende la parola Massimo D’Alema chiamato a rispondere dal giornalista Garibaldi sulle contraddizioni nella sinistra di Renzi.
    “Se noi facciamo surgelare la sinistra, la sinistra che c’è, difficilmente ne risorgerà un’altra”. E su Renzi afferma: “Renzi non rappresenta un’altra sinistra o un’altra cosa. Io penso che ci sia l’impronta di un tipo di politica di tipo personale, a cui il pd aveva sempre resistito”.
    E l’ex esponente del Pci-Pds-Ds, si augura: “Agli annunci ora seguano i fatti”. E ha aggiunto: “Il governo gode di una particolare posizione di privilegio perché non esiste un’opposizione vera se non fuori dal sistema come il m5s”. E sulle riforme spiega: “I cambiamenti devono essere discussi, sono attesi da lungo tempo” e spiega: “Gli 80 euro sono un piccolo passo, ma sono nella direzione giusta”. L’ex presidente del Consiglio ha poi augurato una riforma della giustizia e ha precisato: “Ora il cantiere che si è aperto è quello dei cambiamenti necessari”. E sulle divergenze nel suo partito dice, mi piacerebbe “un Partito Democratico non solo di nome, ma anche di fatto”


    Carlo Vizzini
    “Siamo di fronte a una sfida mortale. Non vedo un Renzi bis o altro. Anche Berlusconi si guarda bene dal provocare la caduta del governo”. “Ho visto – ricorda Vizzini che nella precedente legislatura è stato presidente della Commissione delle Affari Costituzionali – tutti quelli che remavano contro le riforme nella passata legislatura e oggi sono alacremente a lavoro per risolvere i problemi. Per una ragione: il governo di allora, quello di Monti, si teneva fuori mentre Renzi ha detto, ‘ o si fa questo o si va a votare’”.
    “Non è giusto dire che ‘ con le riforme non si cava la pasta’. Tutti una serie di rimedi non attuati hanno mandato in tilt la democrazia”. Ma quali riforme vanno fatte? “È inutile abolire le province finché non si riformano le Regioni” il vero buco nero delle finanze pubbliche. “Siccome però il sistema attuale dei partiti è poggiato sulle Regioni, bisogna allora vedere se poi questa lavoro di riforma davvero si farà”.


    Ugo Intini
    Intini ha concluso ripartendo dal Psi e dall’adesione del Pd al Pse sostenendo che “è stata importante, ma è mancato il dibattito ed è per questo che il mio piccolo partito non indulge alle mode. E’ un partito che ha radici, storie, una lunga storia e ha un ruolo e un valore, non siamo mai passati dalla lotta di classe a quella delle classi di età”.
    E sull’attuale governo ha affermato: “Manca l’opposizione, noi abbiamo delle grandi coalizioni, ma per ipocrisia non lo si dice, su questo bisogna ragionarci, in Europa esistono delle grandi coalizioni”. “Esiste la rappresentatività della democrazia, contano le persone e i numeri e i voti contano” e porta come esempio ciò che accade con il referendum della Scozia.

    Ripartire dal PSE | Avanti!
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    Predefinito Re: Avanti!

    L’Avanti! ieri, oggi e domani

    Un grande giornale che non solo è stato parte della storia dell’Italia, ma l’ha in parte anche fatta annoverando tra i suoi direttori esponenti di primo piano della politica, influenzando la cultura e l’economia. L’Avanti! oggi non più cartaceo ma sul web, così come è avvenuto con l’Unità e con altri quotidiani in Italia e all’estero. L’ Avanti! al centro di un dibattito, moderato da Carlo Correr, con il direttore attuale Mauro Del Bue e quello dal 1981 al 1988, Ugo Intini. Due giornalisti socialisti, ma anche due appassionati studiosi di storia, soprattutto di quella della sinistra. Il dibattito sullo storico quotidiano socialista è stato preceduto dalla proiezione di uno spezzone del documentario “Avanti! Un quotidiano, un’epoca’” (qui il video), basato sul libro scritto da Intini. Ma cosa vuol dire fare oggi un quotidiano come l’ Avanti! alla luce di ciò che ha rappresentato e soprattutto nel contesto di una situazione che negli ultimi venti anni è profondamente mutata con la progressiva scomparsa dei grandi partiti di massa, il proliferare dei partiti personali, basati essenzialmente sulla figura del leader, il progressivo indebolimento della stampa a vantaggio del web? Mauro Del Bue
    Per il direttore dell’Avantionline, questo giornale è l’unico strumento che si ha di questa storia, la nostra storia quella del socialismo, che è nato prima dell’Unità ed è morto prima dell’Unità, ma che al suo funerale non ha avuto così tanta gente a rimpiangerlo come è stato per il quotidiano fondato da Gramsci. Del Bue cita alcune cifre sui lettori per dare un’idea delle buone condizioni in cui oggi si trova il giornale rispetto a un anno fa, quando gli venne affidata dal partito la direzione.
    “Oggi abbiamo dei giornali che vivono dei contributi dello Stato, che noi non prendiamo, senza avere neppure dei lettori, e ciò dimostra che non basta avere idee buone e originali se non sono conformi al regime mediatico. L’Avanti! è un giornale davvero indipendente, è un giornale socialista che fa informazione. Molti chiedono di tornare alla carta, così da avere delle gratificazioni che non hai online, ma noi andiamo “Avanti”, portando avanti un dibattito che non si può avere se non online. La nostra è una grande e luminosa storia, quella del Socialismo italiano, e rappresentiamo linfa vitale del socialismo italiano. Voglio fare due proposte che la nostra si chiami d’ora in poi ‘Festa dell’Avanti!’‘ e poi nelle tessere del Partito siano previsti anche dei soldi per contribuire al giornale.
    Ugo Intini
    Quando c’erano i partiti e la politica, i giornali di partito servivano a elaborare la politica del Partito, erano dei forum.
    Nenni sosteneva che “il partito è una segretaria e l’Avanti!” e una volta i leader politici erano spesso dei grandi giornalisti, ora con la tv sono tutti dei grandi leader mediatici.
    Non essere di carta per questo giornale è un handicap perché ha molti lettori anziani; lo spirito dell’Avanti! è però sempre lo stesso e nel suo secolo di storia ha sempre mantenuto una sua personalità, libera, schietta e fuori dal coro.
    Nell’Avanti si è incrociata tutta la storia italiana: da una costola è nato il comunismo, poi ha portato avanti il socialismo, con tutte le sue correnti e un’altra costola ha dato via al fascismo. Per questo parlare di Avanti! è ripercorrere tutta la storia d’Italia.
    Mauro Del Bue
    Verrà il tempo in cui saranno rottamati anche i rottamatori, ma senza partiti non può esistere una democrazia. L’esempio è il Pd che era rimasto l’unico partito non tradizionale, non riuscendo lui a trasformare gli altri in partiti tradizionali si è trasformato lui in partito personale. O i partiti ritrovano la politica partecipata o si continua con queste insoddisfazioni fuori dai partiti. Oggi il ventennio del dramma socialista non si è normalizzato, occorre che l’energia costruttiva prenda il posto di quella distruttiva.
    Ugo Intini
    il nostro partito è piccolissimo, ma con grande valore, non si è mai adeguato alle mode per questo è sopravvissuto.
    Le radici sono importanti come il innovamento generazionale, anche Craxi lo sapeva, per questo per quanto abbia rappresentato all’epoca un rinnovamento non ha mai perso le radici e aveva come esempio Nenni che rispettava. Oggi il problema non è di tornare ai partiti ma di fare politica, chi ha meno di 40 anni non sa cosa sia un partito o la politica, un effetto vent’anni di diseducazione e di analfabetismo politico, roba da Paese sottosviluppato che abbiamo però solo in Italia.
    Il liberismo ha vinto e ha spiazzato tutti grazie alla delegittimazione politica, oggi la politica minima ha vinto.

    Redazione Avanti!

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  6. #26
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    Predefinito Re: Avanti!

    Dopo la festa


    Una festa riuscita quella di Carrara, anzi di Marina di Carrara, nel cuore dei locali della fiera, vicino al mare. Nel piazzale interno era situato un enorme palco, con file di sedie dinnanzi, in fondo un bar e ristorante. In mezzo qualche stand di libri e intorno bandiere rosse, oggi così poco di moda. La festa è stata un lungo, continuo dibattito senza sosta. Dal mattino alla notte. E con ospiti eccellenti e quasi tutti presenti. Da non credere. Poco più in là campeggiava una scritta dedicata all’ex presiedente della Camera: “Fini antifascista all’abbuffata socialista”, col simbolo di Ordine nuovo. In effetti Gianfranco Fini non è mancato e ha voluto sottolineare la necessità di cambiare quella legge, che pure porta anche il suo nome, almeno nella parte del riconoscimento della cittadinanza ai bambini nati in Italia.

    Nel dibattito al quale anch’io ho partecipato Chalib, il deputato del Pd, ha precisato che lo ius soli sarà temperato dalla condizione richiesta di almeno cinque anni di permanenza in Italia dei genitori, che devono avere la cittadinanza. Nel dibattito, a cui ha partecipato, con Intini, Covatta e Vizzini, anche Massimo D’Alema, due battute d’antan del fondatore dei Diesse. Sull’ingresso del Pd di Renzi nel socialismo europeo, D’Alema ha precisato che lui non ne era mai uscito, e poi qualche affondo ironico sul patto Renzi-Berlusconi sulle riforme istituzionali, con il ricordo della bicamerale: “Io pensavo di trovare i consensi in Parlamento, una visione ottocentesca…”. Sulla politica europea qualche accento di Aguilar, già ministro del governo Zapatero, contro la politica di unità nazionale con chiaro riferimento alla Germania, dove la sinistra perderebbe la sua identità e con essa anche le elezioni. Avrei voluto però ricordargli che anche Zapatero, pur governando da solo, le elezioni purtroppo le ha perse.
    Poi il confronto a cui ha partecipato il coordinatore di Forza Italia Toti e soprattuto il dibattito tra Nencini, Debora Serracchiani, il ministro della giustizia Orlando. Una sola riflessione sulla riforma della giustizia. Orlando e Renzi non scherzino con la magistratura, sempre pronta a reagire, vedasi i casi dell’Emilia. Se fanno solo graffi, vedasi la questione delle ferie e delle pensioni, oltre ai tetti sugli stipendi, cioè se useranno il temperino per incidere di qua e di là, affrontando solo questioni di pancia sulle quali Renzi è maestro, rischieranno di essere travolti. Diano il colpo. E riformino la struttura della giustizia, con la separazione delle carriere e il doppio Csm. E vinceranno la partita. Qualche volta a dar retta ai socialisti ci si prende…

    M.Del Bue

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  7. #27
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    Predefinito Re: Avanti!

    Riccardo Lombardi, l’Italia che voleva era
    più giusta e più onesta




    Riccardo Lombardi, che tra l’altro è stato anche direttore dell’Avanti!, moriva trent’anni fa. Nell’occasione si sono svolti numerosi convegni – ieri anche quello di Mondoperaio – sono stati scritti articoli commemorativi e oggi la Camera dei deputati lo ha ricordato con un intervento di Pia Locatelli a fine seduta. “Trent’anni fa moriva a Roma Riccardo Lombardi. Un socialista. Un padre della Patria. Antifascista, membro della resistenza, primo prefetto di Milano dopo la liberazione, deputato ininterrottamente dal 1948 al 1983. Uno dei grandi uomini politici che contribuirono alla rinascita del Paese, che fece del riformismo il centro della sua vita e che di quella stagione di riforme fu protagonista: nazionalizzazione delle fonti energetiche, statuto dei lavoratori, scuola media unica, e soprattutto politica della programmazione. Lombardi era onesto, moralmente, intellettualmente, nel suo profondo rigore politico ed intellettuale, nel suo costante anticonformismo ed antidogmatismo. Un’onestà che lo ha portato ad avere ragione nei momenti salienti della storia della sinistra e del socialismo. Ebbe ragione nel ’48 quando si oppose al Fronte Popolare, nel ’56 contro Togliatti per i fatti d’Ungheria, agli inizi degli anni ’60 quando concepì la politica del primo centro-sinistra, capendo che nel mondo cattolico stava crescendo una sinistra aperta ad un grande disegno riformatore. Quando gli chiesero che cosa avesse imparato dalla vita, Riccardo Lombardi rispose: “ad essere onesto”.
    È questo che oggi ci manca: la sua onestà, il suo culto della dignità della persona umana. Ci manca l’Italia come avrebbe potuto essere”.

    Redazione Avanti!

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  8. #28
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    Predefinito Re: Avanti!

    La guerriglia e le elezioni


    Sia chiara una cosa. Se Renzi vuole chiudere sulla legge elettorale è perché pensa anche alle elezioni. O meglio, vuole avere in saccoccia questa possibilità. È vero che a Berlusconi pare abbia assicurato il contrario, ma Renzi è capace anche di dire bugie. Nessuno si occupa di legge elettorale se pensa di votare dopo quattro anni. E mentre l’Italia deve approvare leggi sul lavoro, sul fisco, sulla burocrazia, sulla spesa. Che senso ha?

    Ma allarghiamo il quadro per capire meglio. Dentro il Pd la minoranza lancia segnali di guerra sul Jobs act con Bersani che sfida Renzi con dichiarazioni di fuoco. E mette bastoni nell’ingranaggio dell’accordo Renzi-Berlusconi sulla elezione dei due candidati alla Corte e sui giudici del Csm. Un assurdo e pericoloso pasticcio che giustamente ha fatto inviperire il capo dello Stato. Come potrà reggere il governo e fino a quando, se una parte cospicua dei parlamentari è schierata sulle posizioni dell’ex segretario del partito? Aggiungiamo il conflitto attorno alla legge sulla giustizia, che ha fatto reagire i magistrati. Come interpretare gli avvisi di garanzia in Emilia-Romagna in piene primarie e sopratutto quest’ultima, piuttosto clamorosa perché ipotizza un reato ben più grave, quello di bancarotta fraudolenta, per il papà di Matteo Renzi?
    Noi conosciamo bene il modo col quale l’area più politicizzata della magistratura si comporta. Non vorremmo che questi fossero avvertimenti a chi si accinge a fare una riforma che non piace all’Associazione dei magistrati, almeno sulla questione delle ferie. Se quarantacinque giorni vi sembran troppi provate voi a lavorar…. E più in generale non piace quel che il presidente del Consiglio dice sui magistrati. È troppo simile a quel che sostiene Berlusconi. Fossimo in Renzi, guerra per guerra, aggiungeremmo anche divisione delle carriere e doppio Csm. Ma non vorremmo provocare altri e ben più clamorosi problemi al suo governo, al suo partito e alla sua famiglia. Aggiungiamo la guerra dei sindacati, almeno della Cgil e della Fiom che lanciano, per essere originali, l’idea di uno sciopero generale.
    Certo Renzi potrebbe prendere atto di tutto questo, del pericolo di impantanarsi in un percorso che potrebbe rivelarsi o improduttivo o troppo impopolare e puntare alle elezioni che ancora lo vedrebbero vincente. Oggi, domani chissà. Quello che non mi è chiaro è l’interesse a forzare la mano della minoranza del Pd. Adesso è forte e ben rappresentata. Con le elezioni rischia se non di sparire, quanto meno di indebolirsi fortemente. Se i bersaniani intendono mettere in difficoltà Renzi non devono portarlo alle elezioni troppo presto. Quindi dovranno stare bene attenti a non tirare troppo la corda. Con la corda ci si può anche impiccare…

    M.Del Bue

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  9. #29
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    Predefinito Re: Avanti!

    Il nostro piccolo Psi tra nostalgici e dogmatici


    Per una volta voglio parlar male di noi. Lo faccio con tutto l’amore che porto per la nostra famiglia, per la nostra tradizione, per il nostro ormai ridotto popolo. Leggo e rispondo a tutti i commenti che vengono inseriti sull’Avanti, su Facebook, anche su Twitter. E parlo con coloro che la pensano diversamente da me. Mi arrabbio solo con chi offende. Non ne ha alcun diritto. Ho ricavato, anche alla luce dei miei articoli sul Jobs act, dove non propongo, così come non lo presuppone il testo conosciuto della legge delega sull’argomento, la cancellazione dell’articolo 18, ma la riscrittura dell’ordinamento sulle garanzie dei lavoratori tutti, quelli oggi tutelati e quelli, la maggioranza, non tutelati, l’impressione che oltre ai nostalgici coesistano anche i dogmatici.

    Parlo spesso della nostra storia. Parlo di Turati, di Matteotti, di Rosselli, di Saragat, di Nenni, di Craxi. Penso che la storia del riformismo socialista e del socialismo liberale sia ancora attuale. Contesto con tutta la mia forza il paradosso italiano. Che consiste nell’avere salvato e addirittura esaltato la storia di chi ha perso, i comunisti, cancellando quella di chi ha vinto, i socialisti. E’ successo anche recentemente con l’Unità di Gramsci e con i ricordi di Berlinguer, dimenticando i nostri. È un’amnesia politica quella italiana. Dovuta a cattiva coscienza. Si sono salvati in questi vent’anni i figli di Berlinguer e sono stati azzoppati, se non ammazzati, i figli (politici) di Craxi.
    Però dissento dai compagni che pensano di fare delle nostalgia una politica. La politica la si fa parlando dei problemi degli altri, non dei nostri. Parlando più del futuro che del passato. E prendendo atto anche di ciò che non piace se non si ha la forza di trasformarlo. È evidente che oggi non si può pensare di rifondare il vecchio Psi solo perché noi lo desideriamo. In questi vent’anni è stato tentato di tutto. Se siamo rimasti in un gruppo ristretto non è tanto colpa dei gruppi dirigenti di questo ventennio (che di colpe ne hanno), ma del fatto che la funzione storica del Psi è finita col maggioritario e che due partiti hanno occupato lo spazio tradizionale di una forza socialista e liberale, com’era appunto il vecchio PSI almeno negli anni ottanta e primi novanta.
    Da un lato il Pds/Ds/Pd, che ha svolto le funzioni di un partito socialista, dall’altro Forza Italia che ha assunto i caratteri di una forza liberale. Per la verità si potrebbe obiettare che l’uno non è mai stato socialista e l’altro non è mai stato liberale. Ma questo è un giudizio per specialisti più che per elettori. Oggi esiste questo grumo socialista coerente e presente in Parlamento che non va frustrato con nuove scudisciate e accidiose polemiche, o sostituto con improbabili raduni di vecchie glorie. Ma aiutato a vivere meglio, semmai ad essere più incisivo, più coraggioso, più battagliero. Un gruppo, un avamposto, un seme gettato nel futuro.
    Poi esistono i dogmatici, quelli che si sono avvicinati più recentemente in nome del socialismo o che hanno subito una sorta di trasformazione chimica. Erano stati nel vecchio Psi, magari sulle posizioni di Craxi, e oggi, anche per rivalsa nei confronti del Pd, son divenuti vetero socialisti, nel senso più deteriore della parola. Cioè settari, chiusi, quasi religiosamente propulsori e difensori di una fede che ci fa ritornare addirittura ai primordi. Se parliamo del mercato del lavoro non si sono accorti del vertice di Lisbona del Pse e della formula della flex security, non si sono accorti del fatto che la Costituente socialista ha ispirato la propria azione a Marco Biagi, non si sono accorti che il Psi ha appoggiato il modello di Pietro Ichino e lo ha invitato ad esporlo al suo congresso costitutivo.
    Forse leggono poco, studiano poco. O semplicemente sono attratti dalle parole. Io credo che un socialista italiano sia un antidogmatico per eccellenza, un laico e un riformista che guarda alle cose e non a cosa c’è dietro. Uno che si aggiorna e cambia. Che non processa le intenzioni ma i risultati. Di crociate non ne abbiamo mai promosse. Fatele se credete, ma non dichiaratevi socialisti riformisti. E revisionisti, una qualifica che non è solo il contrario di dogmatici, ma anche di conservatori.

    M.Del Bue

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  10. #30
    ___La Causa del Popolo___
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    Predefinito Re: Avanti!

    "Se parliamo del mercato del lavoro non si sono accorti del vertice di Lisbona del Pse e della formula della flex security, non si sono accorti del fatto che la Costituente socialista ha ispirato la propria azione a Marco Biagi, non si sono accorti che il Psi ha appoggiato il modello di Pietro Ichino e lo ha invitato ad esporlo al suo congresso costitutivo."

    costituente """socialista"""?...marco biagi?...pietro ichino?....
    oddioddioddio
    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
    "Solo i ricchi possono permettersi il lusso di non avere Patria."- Ledesma Ramos
    "O siamo un Popolo rivoluzionario o cesseremo di essere un popolo libero" - Niekisch

 

 
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