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Discussione: 25 aprile

  1. #21
    Rossobruno cattivone
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    Predefinito Re: 25 aprile

    Citazione Originariamente Scritto da Tommaso Visualizza Messaggio

    Non vedo il partito come una specie di squadra di educatori, e ancor meno come parlamentare.
    Secondo me i comunisti devono rifiutare la democrazia in quanto comunità astrattamente libera secondo la concezione post-borghese, cioè la comunità che nega in astratto la condizione di sfruttamento reale del proletariato.

    Cosa si dovrebbe guadagnare in un parlamento, che non si puo guadagnare nella lotta sociale? Visto che vogliamo la dittatura del proletariato tanto vale praticare la dittatura sempre e in ogni luogo, senza perdere energia nella partecipazione alla pagliacciata democratica.

    Quanto alle scuole dobbiamo vedere grande: il rifiuto della dominazione non puo comportare che si lasci l'educazione in mano ad una delle più forte istituzione del vecchio mondo, la scuola appunto.
    Quindi quale alternativa sarebbe perseguibile? Quella dell'azione diretta? Mi sembra che su determinate tematiche tu sia ora vicino all'autonomia e al marxismo libertario. Non voglio offenderti, è solo una constatazione.

    Io , invece, credo anche nella funzione parlamentare del partito. Ovvio che se non è sostenuto da masse in lotta, non potrà combinare assolutamente nulla. Questo deve essere chiaro.
    Ultima modifica di LupoSciolto°; 27-04-14 alle 14:28
    Potere a chi lavora. No Nato. No Ue. No immigrazione di massa. No politically correct.

  2. #22
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    Predefinito Re: 25 aprile

    Citazione Originariamente Scritto da LupoSciolto Visualizza Messaggio
    Quindi quale alternativa sarebbe perseguibile? Quella dell'azione diretta? Mi sembra che su determinate tematiche tu sia ora vicino all'autonomia e al marxismo libertario. Non voglio offenderti, è solo una constatazione.

    Io , invece, credo anche nella funzione parlamentare del partito. Ovvio che se non è sostenuto da masse in lotta, non potrà combinare assolutamente nulla. Questo deve essere chiaro.
    Ma in cosa consiste nel concreto questa "funzione parlamentare"? Discutere col blocco capitalista, per chiedere uno sfruttamento un pò più umano per i lavoratori? una pensione un pò più dignitosa?
    Oppure proporre al voto l'abolizione della proprietà?
    Vogliamo rivendicare? manifestare? continuare a fare politica nel luogo stesso della capitolazione del politico davanti alle potenze dell'economia?

    No, non sono d'accordo.
    Ma non si tratta di saltare dal parlamentarismo all'azione diretta. L'azione diretta è, se non un intervento tempestivo che puo sempre decidersi tra i comunisti, l'altra faccia dell'impotenza parlamentare. L'azione diretta è stata l'ideologia di gruppi tagliati fuori dal movimento storico, di gente che si crede figli dei propri pensieri quando invece siamo noi tutti figli della nostra epoca.

    Secondo me la giusta via consiste nel difondere la critica radicale nei settori della società più interessati a tutte le iniziative che in un modo o nell'altro portano a ridurre il peso del salariato nella nostra vita.
    L'intento sarebbe aggiungere a questa pratica sempre più difusa specie nella middle class una intelligenza della totalità come crisi di un modo di produzione.

    Si deve riconquistare il vocabolario della questione, gli strumenti della critica radicale, la chiara coscienza della problematica storica. Nello stesso movimento cercare quanto si puo di praticare la critica.

    Faccio un esempio: ultimamente sono stato invitato ad una festa in sostegno di abitanti in via di espulsione. Si parlava di una partecipazione in soldi per aiutare: ho rifiutato, ho detto che di soldi non se ne parla proprio, se volete aiuto è gratuito, la solidarietà non si paga, vi porto il mio tempo, la mia energia, quel che possiedo, ma i soldi? cioè se mi chiedi i soldi presupponi che devo scambiare lavoro astratto contro soldi, quindi produrre merce - magari quella che ti vai a comprare con i miei soldi?

    Ormai quasi nessuno sa che la merce come forma egemonica è storicamente specifica. Specificare la nostra storia, mostrare quali sono i movimenti di fondo che ne producono la contraddizione, mostrare l'utopia non come negazione del principio di realtà ma come genesi già operante nella realtà, ecco tutto questo lo possiamo e dobbiamo fare.

    Si va quindi a formare un nucleo di coscienza, che poco a poco si struttura in modo da affrontare l'ostilità sempre più forte del vecchio mondo che non vuole morire.
    Tutti gli impiegati del mondo hanno immaginato queste cose e le hanno sconfessate e adesso sono gli impiegati.
    Pavese

  3. #23
    Rossobruno cattivone
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    Predefinito Re: 25 aprile

    Citazione Originariamente Scritto da Tommaso Visualizza Messaggio
    Ma in cosa consiste nel concreto questa "funzione parlamentare"? Discutere col blocco capitalista, per chiedere uno sfruttamento un pò più umano per i lavoratori? una pensione un pò più dignitosa?
    Oppure proporre al voto l'abolizione della proprietà?
    Vogliamo rivendicare? manifestare? continuare a fare politica nel luogo stesso della capitolazione del politico davanti alle potenze dell'economia?

    No, non sono d'accordo.
    Ma non si tratta di saltare dal parlamentarismo all'azione diretta. L'azione diretta è, se non un intervento tempestivo che puo sempre decidersi tra i comunisti, l'altra faccia dell'impotenza parlamentare. L'azione diretta è stata l'ideologia di gruppi tagliati fuori dal movimento storico, di gente che si crede figli dei propri pensieri quando invece siamo noi tutti figli della nostra epoca.

    Secondo me la giusta via consiste nel difondere la critica radicale nei settori della società più interessati a tutte le iniziative che in un modo o nell'altro portano a ridurre il peso del salariato nella nostra vita.
    L'intento sarebbe aggiungere a questa pratica sempre più difusa specie nella middle class una intelligenza della totalità come crisi di un modo di produzione.

    Si deve riconquistare il vocabolario della questione, gli strumenti della critica radicale, la chiara coscienza della problematica storica. Nello stesso movimento cercare quanto si puo di praticare la critica.

    Faccio un esempio: ultimamente sono stato invitato ad una festa in sostegno di abitanti in via di espulsione. Si parlava di una partecipazione in soldi per aiutare: ho rifiutato, ho detto che di soldi non se ne parla proprio, se volete aiuto è gratuito, la solidarietà non si paga, vi porto il mio tempo, la mia energia, quel che possiedo, ma i soldi? cioè se mi chiedi i soldi presupponi che devo scambiare lavoro astratto contro soldi, quindi produrre merce - magari quella che ti vai a comprare con i miei soldi?

    Ormai quasi nessuno sa che la merce come forma egemonica è storicamente specifica. Specificare la nostra storia, mostrare quali sono i movimenti di fondo che ne producono la contraddizione, mostrare l'utopia non come negazione del principio di realtà ma come genesi già operante nella realtà, ecco tutto questo lo possiamo e dobbiamo fare.

    Si va quindi a formare un nucleo di coscienza, che poco a poco si struttura in modo da affrontare l'ostilità sempre più forte del vecchio mondo che non vuole morire.
    E' inevitabile che un gruppo politico parlamentare , il partito appunto, rappresenti a livello istituzionale quello che accade nelle
    piazze. Compito del partito è dare legittimità politica e sostegno attivo a quelle lotte. Ma, ripeto, senza gruppi di persone realmente in conflitto con il sistema produttivo capitalistico anche il partito avrà poco senso.

    In quest'ottica va inquadrata la fallimentare esperienza di Rifondazione Comunista. Prima va diffusa la cultura del conflitto di classe, una cultura tipicamente comunista, e solo dopo che essa sarà assimilata e accettata dalle masse di sfruttati si potrà procedere al lancio di un soggetto elettorale.


    D'altro canto il parlamento, una volta esautorato il potere borghese, potrà servire come rappresentanza nazionale dei vari
    consigli dei lavoratori. Non intendo mica la rinascita della democrazia borghese e della truffa del pluripartitismo.

    Questa "tattica" è stata saggiamente adoperata da Sinistra Popolare di Marco Rizzo. Diffondere la cultura del conflitto di classe, radicarsi tra le masse degli sfruttati e solo in un secondo tempo considerare l'opzione elettoralistica.

    L'importante, ripeto, è battagliare sia nei luoghi dello sfruttamento che nelle istituzioni.
    Ultima modifica di LupoSciolto°; 28-04-14 alle 12:04
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  4. #24
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    Predefinito Re: 25 aprile

    Citazione Originariamente Scritto da LupoSciolto Visualizza Messaggio
    Compito del partito è dare legittimità politica e sostegno attivo a quelle lotte. Ma, ripeto, senza gruppi di persone realmente in conflitto con il sistema produttivo capitalistico anche il partito avrà poco senso.
    Quindi la legittimità politica nasce dallo stesso conflitto, non è che "scende" dall'alto delle istituzioni borghesi verso il basso popolo dei lavoratori (occupati o meno).
    Tutti gli impiegati del mondo hanno immaginato queste cose e le hanno sconfessate e adesso sono gli impiegati.
    Pavese

  5. #25
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    Predefinito Re: 25 aprile

    Citazione Originariamente Scritto da Tommaso Visualizza Messaggio
    Quindi la legittimità politica nasce dallo stesso conflitto, non è che "scende" dall'alto delle istituzioni borghesi verso il basso popolo dei lavoratori (occupati o meno).
    Certo.
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  6. #26
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    Predefinito Re: 25 aprile

    Citazione Originariamente Scritto da Tommaso Visualizza Messaggio
    Sono d'accordo, ma allora questa "prassi quotidiana" si svolge secondo quali modalità? Ci vuole il partito o è una cosa che nasce in modo spontaneo? Si deve da subito teorizzare la necessaria amministrazione di "intere nazioni" (Lupo) oppure declassare la problematica considerandola astratta e affrontare solo la questione pratica locale?

    Il punto infatti è critico, nella misura in cui il complesso di produzione capitalistico ha conseguito secondo la logica di profitto un estremo grado di complessità. L'intelligenza critica dell'insieme di questo complesso richiede forse come strumento necessario un organizzazione separata dalla prassi quotidiana strettamente intesa: il partito.

    Ecco perché malgrado il pericolo burocratico sono sempre difensore della forma-partito.
    Nel partito quindi si potrebbe inoltre già elaborare, sotto forma embrionale, quella prassi nuova destinata in seguito a diventare la prassi sociale generale. Il partito cioè inteso non solo come movimento definito in opposizione al vecchio mondo nella teoria, ma anche come comunismo vivo dove già da oggi si realizza un nuovo rapporto sociale tra i comunisti.

    Cioè mettere insieme l'esperienza dei comuni con quella dei partiti decaduti sia nella pagliacciata democratica che nella deviazione lottarmatista.
    OSservazione da un miliardo di dollari più gli interessi.
    Personalmente posso concepire un partito nel senso di "partes", ma non un partito politico che concorra alle elezioni, non oggi almeno. Io ho a suo tempo teorizzato un movimento di pensiero enormemente strutturato che concepisca un comitato, responsabile della formulazione di programmi e strategie di largo respiro, e poi le sue declinazioni nella società, tutte collegate a mo' di rete: un sindacato, cooperative di lavoro, un giornale, una casa editrice, un proprio circuito monetario accettato dai movimentisti (es. moneta alternativa), magari proprie cd Transition Town (non amo gli inglesismi, è solo che si tratta di un fenomeno nato in ambito anglofono) autogovernate.

    Questa struttura arriverà a generare una vera e propria contro-società: la comunità, appunto. E tale comunità sarà il soggetto storico che, negando il consenso al sistema, lo farà crollare proprio perché nessuno risponderà più alle sue regole.

    E' qualcosa di mai tentato e mai riuscito e per questo sarà la prima e vera Rivoluzione.
    Questo è il mio caposaldo. Da qui non mi schiodo.

  7. #27
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    Predefinito Re: 25 aprile

    Molto interessante.
    Potere a chi lavora. No Nato. No Ue. No immigrazione di massa. No politically correct.

  8. #28
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    Predefinito Re: 25 aprile

    Citazione Originariamente Scritto da Simone.org Visualizza Messaggio
    (...)

    E tale comunità sarà il soggetto storico che, negando il consenso al sistema, lo farà crollare proprio perché nessuno risponderà più alle sue regole.

    E' qualcosa di mai tentato e mai riuscito e per questo sarà la prima e vera Rivoluzione.
    Sono d'accordo, anche se qualcosa in questo senso secondo me è stato tentato. Nel fondo l'Autonomia, se si lascia da parte la retorica modernista e libertaria che ne era un limite di origine piccolo-borghese nato dall'antagonismo con la struttura del PCI ormai già in decadenza teorica, l'Autonomia dicevo si è pensata come contro-società.
    Tutti gli impiegati del mondo hanno immaginato queste cose e le hanno sconfessate e adesso sono gli impiegati.
    Pavese

  9. #29
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    Predefinito Re: 25 aprile

    Citazione Originariamente Scritto da Tommaso Visualizza Messaggio
    Sono d'accordo, anche se qualcosa in questo senso secondo me è stato tentato. Nel fondo l'Autonomia, se si lascia da parte la retorica modernista e libertaria che ne era un limite di origine piccolo-borghese nato dall'antagonismo con la struttura del PCI ormai già in decadenza teorica, l'Autonomia dicevo si è pensata come contro-società.
    E siccome noi non buttiamo il bambino con l'acqua sporca, ne prendiamo buona nota :-)
    Questo è il mio caposaldo. Da qui non mi schiodo.

  10. #30
    Rossobruno cattivone
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    Predefinito Re: 25 aprile

    25 aprile e dintorni

    Filippo BovoLe grandi ricorrenze vanno sempre ricordate. Vale per il 17 marzo, giorno dell’Unità d’Italia, o per il 4 novembre, anniversario della vittoria nella Prima Guerra Mondiale nonché Festa delle Forze Armate, o ancora per il 25 aprile, giorno in cui si celebrano la Liberazione dal nazi – fascismo e la Resistenza. Guai a non ricordarsi di certe giornate, che compongono l’identità d’un paese e d’un popolo. Ma è opportuno utilizzare questi anniversari anche per esercitarsi in una riflessione sui fatti storici che essi sono chiamati a commemorare, a maggior ragione se consideriamo che dopo tutti questi anni certi avvenimenti hanno ormai conosciuto una certa decantazione e possono essere perciò soppesati con quella freddezza che a caldo non sarebbe altrimenti stata possibile.
    Ben vengano quindi le polemiche e le puntualizzazioni su cosa realmente fu l’Unità d’Italia, quando ricorre il 17 marzo, poiché per un secolo e mezzo essa fu presentata attraverso le lenti deformanti d’una storiografia a senso unico, volta ad alimentare una linea ufficiale che pure già ben prima d’oggi grandi personalità come Nitti o Gramsci avevano sbugiardato. Oppure ben vengano i distinguo e i pistolotti sulla vittoria nella Prima Guerra Mondiale, la cui partecipazione da parte del Regno d’Italia fu per decenni presentata come un’eroica impresa patriottica con cui venne idealmente concluso il Risorgimento quando in realtà essa fu anche un’atroce carneficina nonché l’espediente con cui Vittorio Emanuele III cercò d’imporre fallimentariamente all’Italia un regime autoritario attraverso il suo fiduciario Cadorna.
    E, del pari, ben vengano anche le precisazioni e le controanalisi sul 25 aprile, quantunque tacciate (spesso anche a ragione) di “revisionismo”, perchè ad ogni modo contribuiscono a portare la Liberazione fuori da quel recinto ideale ed ideologico nel quale s’è voluto rinchiuderla praticamente dal 1945 sino ad oggi. Chi segue e conosce le posizioni politiche ed ufficiali di “Stato e Potenza”, saprà bene che esso non potrà mai tentare di riabilitare, neanche lontanamente, coloro che nel 1945 vennero sconfitti dai Partigiani e dalle Forze Alleate. La Germania nazista e i suoi vari collaborazionisti sparsi per l’Europa, tra i quali figurano anche i fascisti repubblicani di Salò, era un nemico da eliminare e da sconfiggere tanto sul fronte sovietico quanto su quello italiano. Tuttavia il 25 aprile ha portato all’Italia solo una Liberazione a metà: il paese s’è affrancato dal nazi – fascismo ma è piombato quindi sotto un’altra dominazione, quella dei “liberatori”, in primo luogo gli Alleati.
    Oggi l’Italia è un paese in cui ci sono ben 113 basi della NATO e degli USA. Gli Alleati sono sbarcati in Italia nel 1943 per non andarvi più via. Anzi, v’hanno saldamente messo radici, non solo in termini militari, disseminando lo Stivale di proprie basi, ma anche infiltrandosi capillarmente nella politica e nell’economia nazionali. Si pensi alla storia della Prima Repubblica, intrisa di stragi, trame golpiste e complotti dai contorni assai oscuri, ma in cui sempre si ravvede la fortissima influenza statunitense. Più passa il tempo e più l’Italia acquista connotazioni sudamericane, nel senso del Sud America che fu, quello che veniva definito “il cortile di casa degli Stati Uniti”, e non di quello che è oggi, ovvero il continente che lentamente e faticosamente riemerge riappropriandosi della propria sovranità. Perchè il punto è proprio quello: l’Italia non è una nazione sovrana. Non lo è più da quando lo Stato si polverizzò, nel 1943, lasciando un vuoto pneumatico che tedeschi prima ed americani poi colmarono mettendoci del loro. La storia dell’Italia dal 1945 ad oggi è quella d’uno Stato satellite, non d’uno Stato sovrano.
    I Partigiani combatterono una lotta che fece loro onore, in questo eguagliati dai loro omologhi del resto d’Europa, dalla Francia all’Unione Sovietica. Una lotta di cui la politica italiana, ovvero la politica d’uno Stato satellite, s’è poi appropriata allo scopo di darsi una legittimazione. E che venne ampiamente strumentalizzata da tanti italiani che da un giorno all’altro da fascisti divennero antifascisti (come non ricordare i famosi “partigiani dell’ultima ora”), in nome d’un opportunismo politico e non che nel nostro paese usiamo bonariamente mascherare dietro ai motti “tengo famiglia” e “bisogna portare a casa la pagnotta”.
    Di fronte ad un simile scenario (le 113 basi NATO, la classe dirigente, non solo politica, vergognosamente asservita all’Impero d’oltre Oceano, al costo anche di svilire sempre più il paese anche dal punto di vista economico) verrebbe da dire che all’Italia serva proprio una seconda Liberazione.

    FONTE: 25 aprile e dintorni - Stato & Potenza
    Potere a chi lavora. No Nato. No Ue. No immigrazione di massa. No politically correct.

 

 
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