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  1. #21
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    Predefinito Re: letteratura subapostolica ( thread di sola lettura)

    3. CODICE VATICANO GR. 807
    e PETROBURGENSE CESAREO GR. 94 *
    [1, 1] Dopo l'ascensione, i beati apostoli di nostro Signore Gesù Cristo erano radunati a Gerusalemme allorché, in mezzo a loro, s'alzò il beato Pietro e disse: "Uomini chiamati e scelti dalla Parola di Dio, fatti suoi discepoli dalla sua sapienza, ricordate bene che, compiuti prodigi, segni, e meraviglie in virtù del suo potere, ci ha ordinato che, dopo aver ricevuto lo Spirito santo, ci disperdessimo per tutto il mondo a predicare la penitenza e la remissione dei peccati a quanti crederanno al suo santo nome.
    [2] Su ognuno di noi è discesa ormai la potenza derivante dal cielo ed è stato versato su di noi il dono dello Spirito santo, per mezzo di una buona parola siamo stati incoronati con l'arma della pietà e con la grazia del nostro padrone, Dio e salvatore nostro Gesù Cristo manifestatosi abbondantemente su di noi. Ci è lecito, dunque, indugiare e temporeggiare prima di mettere mano all'opera per la quale egli ci ha chiamato e ci ha scelto?".
    [2, 1] S'alzarono allora, e gettarono le sorti per vedere dove ognuno doveva andare e quale popolo avere: a Pietro toccò quelli della circoncisione; a Giacomo e Giovanni, l'Oriente; a Filippo le città della Samaria e dell'Asia; a Bartolomeo, Albanopoli; a Matteo, la Partia e la città di Mirmenide; a Tomaso la grande Armenia e l'India; a Lebeo e a Taddeo, la Beronicide; a Simone Cananeo, la Barbaria; dopo tutti gli altri, Andrea ebbe in sorte la Bitinia, la Lacedemonia e l'Acaia.
    [3, 1] Si dispersero, dunque, tutti nelle varie regioni della terra, e l'apostolo Andrea cominciò a percorrere la Bitinia insegnando alla folla la Parola di Dio.
    Di qui passò a Patrasso, nell'Acaia. Quando entrò in città, si diffuse la voce che uno straniero era entrato in città non portando altro che il nome di un uomo Gesù, in virtù del quale operava segni e prodigi grandi: guariva i malati, scacciava i demoni, risuscitava i morti, purificava i lebbrosi e curava ogni dolore.
    [2] A questa notizia, il proconsole Lesbio si turbò e disse: "E' un mago, un truffatore! Non bisogna che gli diate retta! E' agli dèi che dobbiamo domandare i benefici!". E cercava di prenderlo e ucciderlo.
    [4, 1] Di notte, un angelo del Signore apparve al proconsole e, con molta autorità e severe minacce, gli disse: "Che male ti è derivato da quello straniero che gli tendi tranelli e vuoi ingannare il Dio che annunzia? Ecco ora che la mano del suo Signore è contro di te: resterai paralitico fino a quando, per mezzo suo, non conoscerai la verità".
    Scomparso l'angelo, egli rimase afono. Ma poco dopo si riprese, chiamò i soldati suoi aiutanti e, tra le lacrime, disse loro: "Abbiate pietà di me! Presto, cercate in città quell'uomo straniero, chiamato Andrea, che annunzia un Dio straniero. Per mezzo suo potrò conoscere la verità".
    [2] Essi cercarono presto il beato Andrea apostolo e quando lo trovarono lo condussero dal proconsole. Appena lo vide, il proconsole cadde ai suoi piedi e lo supplicò dicendo: "Uomo di Dio, straniero conoscitore di un Dio straniero, abbi pietà di un uomo errante, di un uomo alieno dalla verità, di un uomo morso dai pungoli dei peccati, di un uomo che conosce molti dèi falsi e ignora l'unico vero Dio. Io supplico il Dio che è in te: porgimi la mano della salvezza, aprimi le porte della conoscenza, fa' risplendere per me la luce della giustizia!".
    [5, 1] Il beato apostolo commosso e in lacrime per le parole dell'orante, alzò i suoi occhi al cielo e, posta la mano destra su tutto il di lui corpo, disse: "Mio Dio Gesù Cristo, prima ignorato dal mondo, ma ora manifestato per mezzo nostro, Figlio del Dio della Parola, anteriore a tutti e presente in tutti, tocca il tuo servo e guarisci lo strumento che ti sei preparato affinché anch'egli sia tra i tuoi uomini e annunzi la tua efficace potenza". E presolo per la mano destra, lo rialzò.
    [2] Alzatosi, ringraziava riconoscente il Signore, dicendo "Uomo straniero, è proprio vero che questo Dio non domanda n‚ ore, n‚ giorni, n‚ tempi. Perciò io sono tuo con tutta la mia casa: credo in colui che ti ha mandato da noi!". Andrea gli rispose: "Giacché hai creduto con grande fede a colui che mi ha mandato, sarai ripieno di una maggiore conoscenza".
    [6, 1] Tutta la città si rallegrava per la salvezza del proconsole e dai dintorni venivano folle recando ammalati da varie infermità. Egli pregava per loro, invocava il nome del Signore Gesù Cristo, imponeva su di loro le mani e li guariva tutti.
    Tutti gli abitanti della città furono presi da stupore e gridavano: "Grande è la potenza del Dio straniero! Grande è il Dio annunziato dallo straniero Andrea! Da oggi cominciamo a distruggere i nostri idoli scolpiti, ad abbattere i loro boschetti, a respingere la conoscenza idolatrica degli idoli falsi e dei demoni. Riconosciamo invece il vero Dio annunziato da Andrea; grande è il Dio di Andrea!".
    [2] Tutti insieme si gettarono sui templi, fecero a pezzi gli idoli, li abbatterono, li annientarono, li pestarono, li distrussero e li bruciarono al grido: "Sia nominato soltanto il Dio di Andrea".
    Il proconsole Lesbio era lieto del grido della folla e gioiva delle azioni del popolo.
    [7, 1] Molto tempo dopo, allorché la parola del beato Andrea e il suo annunzio senza difficoltà s'erano fatta strada presso tutti, Cesare diede a Lesbio un successore allontanandolo dal potere. Quando ricevette l'ordine di Cesare, Lesbio se ne rallegrò. Andò dal beato Andrea e gli disse:
    [2] "Ora che mi sono svestito della vana gloria, che ho deposto lo splendore del mondo e mi sono liberato dalle sollecitudini della vita, crederò di più nel Signore. Accoglimi come compagno, uomo di Dio. Accoglimi come un fedele che parla e testimonia fedelmente davanti a tutti gli uomini quanto concerne il comune salvatore Cristo". Lasciato il pretorio, andò dunque con Andrea.
    [8, 1] In questo periodo, l'apostolo Andrea ebbe una visione. Gli parve di avere davanti Cristo salvatore che gli diceva:
    "Andrea, poni il tuo spirito su Lesbio e rendilo partecipe della tua grazia; prendi poi la tua croce e seguimi. A Patrasso, infatti, sta per giungere colui che ti allontanerà dal mondo".
    Destatosi, l'apostolo raccontò la visione ai presenti, e rimase in attesa del compimento della parola.
    [2] Ed ecco che una persona si presentò davanti all'apostolo e gli disse: "Egeate, al quale è affidata la carica di proconsole, mandato da Cesare e sobillato da nemici malevoli, è giunto nelle regioni dell'Acaia. Gli hanno, infatti, manifestato che hai sterminato gli dèi della città, che hai demolito i loro templi, tagliato i loro boschetti, e li hai indotti ad adorare un tale crocifisso. Ha quindi mandato sicari ad arrestarti".
    Il beato Andrea cadde in ginocchio e disse: "O Dio verace che ci manifesti le cose future, o mio padrone, concedimi di resistere con coraggio alle insidie dell'avversario Egeate".
    [9, 1] Stava ancora pregando quando i sicari erano già alla porta: i mandati di Egeate misero in subLuglio la casa ove era ospitato il beato apostolo. Afferrarono Antifane, ospite del servo di Dio, e lo scossero con forza dicendo: "Accogliendo uno straniero mago, seduttore, empio e distruttore di templi non gli hai offerto soltanto l'ospitalità, ma hai eliminato gli idoli dalla nostra città. Da' dunque una lezione allo straniero e consegnaci il servo del crocifisso, il cui nome è Andrea. Ne ha, infatti, bisogno Egeate, il grande e illustre proconsole".
    [2] A quell'atto di forza, tutta la città si radunò subito alle porte di Antifane gridando e dicendo: "Cesare ha mandato il proconsole per tenere lontani i malvagi e premiare i buoni. Per quale motivo Egeate cerca il servo di Dio? Vogliamo saperlo! Andrea, infatti, apostolo del Dio straniero, è divenuto per noi padre, maestro e medico!".
    [10, 1] A questo grido, temendo che la folla della città eliminasse i messi dell'abominevole Egeate, il beato apostolo uscì di casa in mezzo a loro e, con la mano, fece cenno di tacere.
    Stando su di un luogo elevato, era in procinto di aprire bocca,
    quando tutt'insieme gridarono: "Grande è il Dio dell'uomo
    straniero! Per mezzo del suo servo, egli passò beneficando tutti
    gli ossessi".
    [2] E Andrea disse: "Fratelli chiamati dalla Parola e scelti dal suo nome, la grazia non sta soltanto nel fatto che voi crediate in colui che mi ha mandato, ma anche nella vostra morte per lui. Desistete dunque dal tumultuare, affinché non dobbiamo poi renderne conto come colpevoli di sedizione e come aizzatori di lotte, e non come cittadini pii. Lasciate che vada da Egeate. Perdonate quelli che mi arrestano. Quando sarò morto, vi mostrerò ancora più chiaramente la via della risurrezione".
    Calmata così la folla, si consegnò ai sicari. Fiere, e non uomini, trovarono e rapirono, come lupi, l'agnello tenero e buono e lo portarono all'abominevolissimo Egeate.
    [11, 1] Alla vista del beato Andrea, Egeate disse: "Uomo straniero al luogo, ai costumi e al nostro sangue, dì come ti sei fidato di entrare nei domini di Cesare e distruggere l'augusta religione dei nostri dèi? Hai inoltre ordinato a tutta l'Acaia di seguire un crocifisso e così, senza spada, hai conquistato tutta la città di Patrasso!".
    [12, 1] Il beato Andrea stese la mano e disse: "Bene, bene! E' il mio buon Dio a condurmi a te. In lui confido, per mezzo di lui è stata precipitata nell'abisso la schiera dei demoni, la falange dei vostri dèi se n'è andata in fumo e, come vedi, i vostri idoli non sono più nulla. Considera il fatto, o proconsole, e deducine le conseguenze a proposito del mio Dio. Comprendi la rovina dei vostri dèi e glorifica il mio Dio. Egli è l'onnipotente Dio Parola che esiste prima di tutti i secoli, che dal Padre ha ricevuto autorità e dominio per giudicare vivi e morti.
    [2] Egli è Dio per propria virtù, prese un corpo e venne nel mondo, scelse noi apostoli e ci diede l'autorità di percorrere tra tutte le genti per annunziare, nel suo nome, la penitenza e la remissione dei peccati affinché l'umanità respinga l'idolatria nemica di Dio e conosca il solo e unico Dio, l'adori e renda culto soltanto a lui. Perché egli ha mandato qui anche te: se ascolti e crederai in lui, sarai salvo, ma se resti incredulo sarai condannato con i tuoi cosiddetti dèi".
    [13, 1] Ma Egeate, immondo, si turò le orecchie come un aspide, non volendo udire il vero saggio, e disse: "O pazzo inventore di un nome straniero, godi dei miei doni!". Lo fece flagellare e ordinò che fosse crocifisso.
    Quando uscì il beato apostolo, disse: "Sei buono, Gesù Cristo, avendoci munito con la tua arma e incoronato con la tua grazia. Accoglimi ormai nei tuoi eterni tabernacoli, concedimi riposo dalle mie gravi fatiche, sii il mio sollievo e sciogli il mio corpo affinché la mia anima danzi con gli angeli e ti canti inni".
    [2] Allorché egli giunse alla croce, tutto il popolo gridava: "Ingiusta è la sentenza di Egeate! Ha condannato alla croce uno straniero che non fece nulla di male. O sentenza ingiusta! Elimina pure di mezzo noi, proconsole, che abbiamo commesso molti peccati, ma non il giusto!".
    [14, 1] Quando giunse sul luogo, visto il legno piantato, abbandonò tutti, si avvicinò alla croce e le disse ad alta voce: "Salve, croce! Salve! So bene che sei a riposo, sei stanca perché è da tempo che sei stata piantata e mi aspetti. Sono venuto a te e ti sento mia! Sono venuto da te che mi hai desiderato e voglio far conoscere il mistero per cui sei stata piantata. Sei stata piantata nel mondo per dare consistenza alle cose instabili: una tua parte è rivolta al cielo per annunziare l'uomo Parola; una tua parte si stende a destra e a sinistra per sbaragliare la tremenda potenza nemica e fare convergere il mondo nell'unità; una parte di te è piantata in terra per raccogliere insieme alle celesti, le cose terrestri e quelle dell'Ade.
    [2] O croce, invenzione salvifica dell'Altissimo! O croce, trofeo vittorioso di Cristo contro i nemici! O Croce, piantata sulla terra e portante frutto nei cieli! O nome della croce comprendente ogni cosa! Salve, o croce, che incatenasti tutto il mondo! Salve forma intelligente che formò la tua forma informe! Salve punizione occulta che colpisce terribilmente la natura della conoscenza politeista e scaccia dall'umanità il suo inventore! Salve, o croce, che svestisti il padrone, fruttificasti il ladro, chiamasti l'apostolo a penitenza, e non disdegnasti di accogliere anche noi.
    [3] Ma fino a quando seguiterò a parlare senza abbracciarti per essere vivificato nella croce e uscire dalla vita con una morte comune per mezzo della croce? E voi ministri, partecipate alla mia gioia, e voi inservienti di Egeate adempite la volontà di tutti e due legando l'agnello al supplizio, l'uomo al demiurgo, l'anima al salvatore"
    [15, 1] Mentre proferiva queste parole gli si avvicinarono i sicari, lo legarono mani e piedi ma non lo inchiodarono: questo appunto era l'ordine di Egeate, che voleva tormentarlo lasciandolo appeso e farlo mangiare vivo dai cani notturni.
    [2] Ma dopo quattro giorni e quattro notti, il volto dell'apostolo non si abbassò, la voce non si stancò, le membra non perdettero vigore: egli non si lamentò e non pianse, tanto che tutta la folla lo benediceva, glorificava Dio che assiste e fortifica quanti sperano in lui.
    [16, 1] Udito che ancora era vivo, Egeate se ne meravigliò e corse da lui. Ed allorché l'apostolo lo vide davanti a s‚, gli disse a gran voce: "Perché, Egeate, sei venuto da chi non ti appartiene? Perché guardi chi è appeso? Perché ti meravigli di chi è legato? Salva l'anima tua! Credi in Cristo che mi ha mandato. Alza gli occhi e vedi Gesù, luce beata. Semplifica l'egemonia della tua anima e accogli la conoscenza della prima Parola. Deponi l'ignoranza e non avvilire i tuoi ragionamenti. Non rovinare i tuoi simili, non privarli dei beni, non rischiare la condanna con la disobbedienza, non cadere sotto il serpente affinché non ti rapisca, come un leone. Si addolcisca la vita sul legno! Credi nel crocifisso!
    [2] La croce è bella! E', infatti, vivificatrice! Bello è colui che è appeso sulla croce! E', infatti, sterminatore dei demoni, è redentore delle anime, è rimuneratore dei lottatori! Ma perché dico queste cose? Vieni da me, Cristo! Manda libero il servo, guarito il malato, immortale il mortale, incorruttibile il corruttibile, sciolto colui che è legato, celeste colui che è terrestre, affinché, per mezzo mio, si salvino i credenti e anch'io sarò testimonio della tua vera divinità".
    [17, 1] Così dicendo e glorificando ancora il Signore, con ringraziamento, rese lo spirito, mentre tutti stupivano e gridavano: "Grande è il Dio di Andrea! Il Dio dello straniero è l'unico! Il Dio dei cristiani è buono! Salvaci tutti, Cristo, come hai salvato Andrea che ha operato in te"
    [18, 1] Dopo l'esodo dell'apostolo, la moglie di Egeate andò dalla croce insieme a Stratocle e sciolsero i resti dell'apostolo, e li deposero con molta cura fuori della città. Lei poi passò alla sequela di Cristo e si separò da Egeate a causa della sua condotta e della sua anima bestiale Si diede a una vita casta, serena e beata per amore di Cristo e restò insieme ai fratelli.
    [2] Egeate, con i rimorsi nell'anima e la coscienza afflitta, una notte s'alzò e si buttò giù da una grande altezza: e così, contuso e lacero, finì la vita.
    Stratocle, fratello di Egeate, prese il suo patrimonio, lo vendette e ne diede l'intero provento ai poveri, aspettando anch'egli il regno dei cieli.
    [19, 1] Il santo apostolo fu martirizzato il 6 del mese di perit, secondo gli Asiatici, il 30 del mese di novembre, secondo i Romani, regnante nostro Signore Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.
    (Gv 3, 20-21)
    Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio

  2. #22
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    Predefinito Re: letteratura subapostolica ( thread di sola lettura)

    4. CODICE VATICANO GR. 808
    [1, 1] Parole di Andrea in carcere. "...in voi non c'è altro che fiacchezza? Non vi siete ancora convinti che non potete più resistere alla sua benevolenza? Rallegriamoci con noi stessi e siamo ossequienti per la abbondante comunione che abbiamo con lui. Diciamo a noi stessi: Benedetta la nostra stirpe! Da chi è amata? Benedetta la nostra esistenza! Da chi ha ricevuto misericordia? Noi che siamo stati riconosciuti da una così grande altezza, non siamo stati gettati al suolo, non apparteniamo al tempo per essere poi dissolti dal tempo, non siamo un congegno del movimento fatto per esser poi distrutto da se stesso, n‚ la nostra nascita è terrena e quindi peritura.
    [2] Noi apparteniamo dunque alla grandezza alla quale aspiriamo, siamo sua proprietà; apparteniamo a colui che ha pietà di noi. Apparteniamo al migliore e perciò ci asteniamo da quanto è perverso. Apparteniamo al bene e per suo amore respingiamo quanto è vergognoso, al giusto per mezzo del quale respingiamo l'ingiusto, al misericordioso per mezzo del quale respingiamo il crudele, al salvatore per mezzo del quale abbiamo conosciuto il distruttore, alla luce per mezzo della quale abbiamo bandito le tenebre, all'Uno per mezzo del quale abbiamo allontanato il molteplice, al celeste per mezzo del quale abbiamo imparato a conoscere il terreno, al permanente per mezzo del quale abbiamo visto il transeunte.
    [3] Se desideriamo offrire un degno ringraziamento al Dio che ha avuto misericordia di noi oppure esprimergli la nostra gioiosa fiducia oppure presentargli un inno di lode oppure glorificarlo, è perché siamo stati riconosciuti da lui".
    [2, 1] Dopo aver parlato così ai fratelli, li congedò affinché ognuno andasse a casa sua, dicendo loro: "Voi non sarete mai abbandonati da me, voi che siete servi di Cristo a causa dell'amore che è in lui, n‚ io sarò nuovamente abbandonato da voi a causa della sua intercessione". Ed ognuno si diresse a casa propria.
    [2] Proposta di Egeate a Massimilla. Tra loro regnò la gioia per molti giorni durante i quali Egeate omise di proseguire la sua accusa contro l'apostolo. Ognuno di loro fu allora confermato nella speranza nel Signore e si riunivano senza timore nella prigione insieme a Massimilla, Efidama e gli altri, difesi dalla protezione e dalla grazia del Signore.
    [3, 1] Un giorno Egeate mentre stava rendendo giustizia, si ricordò della causa di Andrea, e come preso da pazzia abbandonò la causa che aveva tra le mani, s'alzò dalla sedia curule, e corse subito al pretorio per abbracciare e lusingare Massimilla. Massimilla, appena tornata dalla prigione, aveva varcato la soglia di casa prima di lui. Entrato, egli le disse:
    [4, 1] "I tuoi genitori, Massimilla, mi ritennero degno di essere tuo consorte e ti diedero in moglie a me prescindendo dalla ricchezza, dalla stirpe e dalla gloria e badarono esclusivamente alla buona disposizione della mia anima. Tralasciando molte cose che volevo rimproverarti, sia a proposito di quanto ho sopportato dai tuoi genitori, sia a proposito di quanto tu hai sopportato da me in tutta la nostra vita, sono venuto dal tribunale per sapere da te, ragionevolmente, soltanto questa cosa! Se tu sarai quella che eri un tempo e se tu vivrai con me nel modo che noi sappiamo, dormirai con me, condurrai con me una vita matrimoniale e mi genererai figli, nei tuoi riguardi io mi comporterò bene in ogni cosa; più ancora, libererò lo straniero che ho rinchiuso in prigione.
    [2] Ma se tu non vuoi, io non ti farò mai nulla di male: invero, non lo potrei neppure; ma torturerò ancora di più colui che tu ami più di me. Ed ora, Massimilla, rifletti quale delle due cose tu preferisci, e dammi una risposta domani. Io sono pienamente disposto a ogni evenienza". Detto ciò uscì.
    [5, 1] Insegnamento di Andrea. Massimilla, però, alla solita ora, andò con Efidama da Andrea, pose le mani di lui sul suo viso, le baciò e cominciò a riferirgli integralmente le condizioni di Egeate.
    Andrea le rispose: "So, Massimilla, figlia mia, che tu sei spinta a resistere a tutta la seduzione del rapporto matrimoniale, desiderosa di allontanarti da un genere di vita disdicevole e contaminato. Questo appunto occupa da tempo la mia mente; ma ora desidero testimoniare qual è la mia intenzione. Ti scongiuro, Massimilla, non lo fare. Non dare ascolto alle minacce di Egeate, non darti vinta alle sue parole, non temere i suoi disdicevoli disegni, non cadere vittima delle sue lusinghe, non cedere ai suoi impuri discorsi, resisti a tutti i tormenti guardando a noi per breve tempo e vedrai che sarà colpito da una paralisi totale, si infiacchirà e abbandonerà te e tutti i tuoi congiunti.
    Quanto io stimavo necessario dirti mi è sfuggito: io infatti non mi adagerò fino a quando non avrò portato a compimento l'opera vista, che si avvererà per mezzo tuo.
    [2] Vedo che veramente in te si compie il pentimento di Eva, e in me il ritorno di Adamo. Ciò che essa subì inconsciamente tu ora, con il ritorno, lo porti a lieto fine, e quanto subì l'intelligenza, da essa avvilita ed espulsa, io raddrizzo con te, che sei cosciente di essere innalzata. Tu hai riparato le sue deficienze, senza essere succube come lei; e rifugiandomi in Dio, io ho reso perfetto quanto in lui era imperfezione. Lei fu disobbediente, tu hai obbedito; io fuggo ciò a cui egli acconsentì; noi siamo coscienti di ciò in cui essi si illusero. E', infatti, stabilito, che ognuno corregga i propri errori.
    [6, 1] Ho parlato come ho parlato, ma potrei anche aggiungere ciò che segue:
    Felice te, o natura, che sei stata salvata perché sei stata forte e non ti sei nascosta!
    Felice te, o anima, che gridi ad alta voce quanto hai patito, e ritorni in te stessa!
    Felice te, o uomo, che riconosci ciò che non è tuo e aspiri a ciò che è tuo!
    Felice te, che ascolti quanto è detto perché sei più grande delle cose pensate o dette!
    [2] Riconosci che tu sei più potente delle cose che sembra ti sorpassino, più bello di quelli che ti gettarono nell'ignominia, di quelli che ti portarono in prigione. Comprendendo, o uomo, tutto ciò in te stesso, e cioè che tu sei immateriale, santo, luce, affine a colui che non è generato, che sei ragionevole, celeste, limpido, puro, al di sopra della carne, al di sopra del mondo, al di sopra dei capi, al di sopra delle potestà, sui quali tu stai in tutta verità, allora tu comprendi la tua condizione e ricevi quella piena comprensione per la quale tu eccelli: vedendo il tuo volto nel tuo essere, spezza tutte le catene (non parlo solamente di quelle che sono in relazione con la tua origine, ma anche di quelle che sono al di sopra dell'origine per le quali abbiamo coniato nomi straordinariamente grandi) e brama ardentemente di vedere colui che ti è rivelato, colui che non è generato, colui che, con piena fiducia, tu solo conoscerai presto.
    [7, 1] E' in riferimento a te, Massimilla, che ho detto queste cose: le cose espresse ti colpiscano con la loro forza. Come Adamo morì in Eva perché le acconsentì, così io ora vivo in te che segui il comandamento di Dio e ti consolidi nella natura del tuo essere. Non curarti, Massimilla, delle minacce di Egeate, sapendo che abbiamo un Dio che ha misericordia di noi. Non ti smuovano le sue vuote parole: rimani casta.
    [2] Egli mi punisca pure non solo con il tormento delle catene, ma mi getti pure alle bestie, mi bruci nel fuoco o mi precipiti da un dirupo. Che importa? Non c'è che questo solo corpo: ne faccia pure ciò che vuole, giacché egli gli è affine.
    [8, 1] Ti rivolgo la parola ancora una volta, Massimilla: ti dico di non concederti a Egeate, resisti alle sue insidie. Tanto più, Massimilla, che in una visione ho visto il Signore che mi diceva: "Andrea, il diavolo, padre di Egeate, ti libererà dalla tua prigionia". Tu, dunque, d'ora in poi, mantienti casta e pura, santa, incontaminata, onesta, lontana dall'adulterio, dissenziente dalle parole dei nostri nemici, sciolta, integra, senza lacrime, illesa, incrollabile nella tempesta, indivisa, libera da contaminazioni e senza simpatia verso le opere di Caino.
    [2] Se tu, Massimilla, non ti arrenderai a tutto ciò che è contrario a questo, anch'io approderò al riposo, costretto così ad abbandonare questa vita per te, cioè per me. Ma se io fossi cacciato via di qui, io che, forse, per mezzo tuo posso giovare ad altri che mi sono affini, e tu ti lasciassi persuadere dalle parole di Egeate e dalle lusinghe del serpente, suo padre, tanto da ritornare alle tue opere precedenti, sappi ch'io sarò punito per te fino a quando tu riconosca che ho rinunciato alla vita per amore di un'anima che non ne era degna.
    [9, 1] Supplico, dunque, l'uomo saggio, che è in te, di perseverare nella giusta visione intellettuale. Ti supplico di preservare l'invisibile intelligenza che è in te. Ti prego di amare Gesù Cristo e non lasciarti andare verso ciò che è basso. Aiuta anche me che ti chiamo in aiuto come uomo, affinché io diventi perfetto. Aiuta anche me affinché tu conosca la tua vera natura. Soffri della mia stessa sofferenza per conoscere ciò ch'io patisco e sfuggire alla sofferenza.
    [2] Contempla ciò ch'io contemplo e diventerai cieca per quello che vedi. Contempla ciò che è necessario e non vedere ciò che non è necessario. Ascolta ciò ch'io dico, e respingi ciò che tu hai ascoltato.
    [10, 1] Queste cose le ho dette a te e ad ognuno che ascolta, se vuole ascoltare.
    Ma tu, Stratocle - disse rivolto a lui - perché sei così depresso con molte lacrime, e sospiri così forte? Perché sei così scoraggiato? Perché sei così addolorato e triste? Tu conosci le cose dette e sai perché ti prego di essere disposto come un mio figlio. Comprendi a chi erano rivolte le mie parole?
    [2] Ognuna di esse è penetrata fermamente nel tuo intelletto? Ti ha toccato nella tua parte intellettuale? Ho in te uno che mi ascolta? Trovo in te me stesso? C'è in te uno che parla nel quale io riconosco me stesso? Ama egli colui che parla in me e desidera avere comunione con lui? Vuole egli essere unito a lui? Ha egli premura di essere suo amico?
    [3] Trova egli in lui un po' di riposo? Ha egli un luogo ove posare il capo? C'è quivi qualcosa che gli sia contrario? C'è qualcosa che sia indignato con lui, che gli resista, che lo odi, che fugga da lui, che sia selvaggio, che si ritiri, che torni indietro, che se ne vada, che sia oppresso, che combatta, che parli con altri, che si lasci adulare dagli altri, che concordi con altri?
    [4] Vi è forse qualcosa che lo molesti? C'è forse qualcuno che mi è estraneo? Un avversario, uno che infranga la pace, un nemico, un ingannatore, uno stregone, uno storto, un corrotto, uno scaltro, un misantropo, un nemico della parola, uno simile ai tiranni, un millantatore, un superbo, un pazzo, un affine del serpente, un'arma del diavolo, un amico del fuoco, uno che appartiene alle tenebre?
    C'è in te, Stratocle, qualcuno che non possa sopportare le mie parole? Chi è costui? Rispondi: parlo, forse, inutilmente? Ho parlato, forse, inutilmente? L'uomo che è in te, Stratocle, e che ora piange nuovamente, dice di no".
    [11, 1] Andrea afferrò la mano di Stratocle, e disse: "Ho colui ch'io amavo! Riposerò in colui che aspettavo! Il fatto che tu sospiri e piangi senza alcun freno, per me è segno che ho già trovato il riposo, che non ho pronunciato invano queste parole che mi sono affini".
    [12, 1] Stratocle gli rispose: "Non credere, beatissimo Andrea, che ci sia qualcos'altro che mi affligga all'infuori di te. Giacché le parole che escono da te sono come scintille di fuoco scagliate verso di me, e ognuna mi colpisce veramente e mi infiamma La parte della mia anima che è incline a quanto io ascolto è tormentata nel presentimento della vicina afflizione. Tu, infatti, te ne vai ed io so bene che lo fai nel modo giusto.
    Ma quando io cercherò poi la tua cura e il tuo affetto, dove e presso di chi li troverò?
    [2] Ho ricevuto i semi delle parole di salvezza, tu ne sei stato il seminatore, ma affinché essi germoglino e crescano non ho bisogno di altro che di te, beatissimo Andrea.
    Che cos'altro ho da dirti se non questo? Ho bisogno di molta misericordia e dell'aiuto che viene da te, per diventare degno del seme ricevuto da te, che si svilupperà perpetuamente o crescerà visibilmente soltanto se tu lo vuoi e se preghi per lui e per tutto me stesso".
    [13, 1] Andrea gli rispose: "Questo, figlio mio, è quanto anch'io ho visto in te. Glorifico il mio Signore perché la mia opinione su di te non è andata errata, bensì conosceva quanto affermavo.
    [2] Sappiate che domani Egeate mi consegnerà affinché io sia crocifisso. Massimilla, ancella del Signore, susciterà le ire del nemico che è in lui e al quale egli appartiene, non acconsentendo a quanto è per lei odioso e penserà di consolarsi volgendosi contro di me".
    [14, 1] Mentre l'apostolo diceva queste cose, Massimilla non era là. Ascoltate le parole con le quali le aveva risposto, ne era rimasta impressionata; ed essendosi, anzi, trasformata in ciò che le parole le avevano manifestato, si recò nel pretorio con animo deciso e forte. Aveva detto addio a tutta la vita della carne. Allorché Egeate le presentò la stessa domanda sulla quale le aveva dato da riflettere, se cioè voleva riprendere i rapporti coniugali, lei rifiutò.
    [2] Da allora in poi egli pensò all'uccisione di Andrea e meditava quale morte gli avrebbe inflitto. E quando fra tutti i generi, si decise per la morte in croce, uscì con i suoi amici per mangiare. Massimilla, invece, preceduta dal Signore nelle sembianze di Andrea, ritornò in prigione insieme a Efidama.
    Siccome era convenuta là una grande folla di fratelli, lei lo trovò mentre pronunciava queste parole.
    [15, 1] "Fratelli, dal Signore sono stato inviato quale apostolo in queste regioni, delle quali il Signore mi reputò degno, non per insegnare ad alcuno, ma per ricordare ad ogni uomo affine alle parole che vive tra mali transeunti, deliziandosi nelle sue nocive illusioni. E' per questo ch'io vi ho sempre esortato a fuggirle, vi ho incoraggiato a tendere verso le cose durevoli e a fuggire da tutto ciò che è transitorio. Vedete bene che nessuno è stabile, ma che tutte le cose, e gli stessi modi umani di pensare e di agire, sono facilmente mutevoli.
    [2] Questo accade perché l'anima non è esercitata, si smarrisce nella natura e conserva gli allettamenti del suo errore. Considero perciò beati coloro che sono diventati obbedienti alle parole annunziate e attraverso di esse vedono i misteri della loro propria natura, per amore della quale sono state costruite tutte le cose.
    [16, 1] Vi ingiungo perciò, figli carissimi, di edificarvi saldamente sul fondamento stabile che vi è stato posto e contro il quale non prevarrà la malevolenza di alcuno. Ponete le vostre radici su questo fondamento: siate costanti, ricordando quanto avete visto e quanto è avvenuto allorché io camminavo con tutti voi.
    [2] Avete visto che per mezzo mio sono accadute opere alle quali non potete negare fede, e si sono realizzati segni davanti ai quali grida la stessa natura muta. Vi ho comunicato parole che vi prego di ricevere come esse stesse esigono.
    Siate, dunque, costanti, carissimi, in tutto ciò che avete visto e udito, e del quale siete stati partecipi. E Dio, nel quale avete creduto, avrà misericordia di voi; vi porrà davanti a s‚ come persone gradite e vi darà riposo per tutti i secoli.
    [17, 1] Per quello che mi accadrà non lasciatevi turbare considerando come un evento insolito e straordinario il fatto che il servo di Dio, colui al quale Dio stesso ha dato molto, sia nelle opere che nelle parole, venga strappato con la forza a questa vita terrena da un uomo malvagio. Non solo, infatti, questo accadrà a me, ma anche a tutti coloro che lo hanno amato, che hanno creduto in lui e l'hanno confessato. Il diavolo, sfrontatissimo, armerà contro di essi i suoi figli affinché diventino esecutori dei suoi disegni, ma non avrà quanto desidera.
    [2] Vi dirò ora il motivo per cui egli ordisce queste cose. Fin dall'inizio di tutte le cose e, se così si può dire, da quando colui che non ha principio è disceso a sottoporsi al principio che è sotto di lui, il nemico che è contrario alla pace, allontana da lui (Dio) colui che in realtà non gli appartiene, ma è soltanto un debole: ancora non ha raggiunto la illuminazione totale e non è ancora capace di conoscere se stesso. Siccome anch'egli non lo conosce, ha bisogno di essere da lui combattuto. Credendo di possederlo e di dominarlo per sempre, egli (il nemico) gli si è contrapposto così tanto da fare della sua inimicizia una specie di amicizia. Suggerendogli i suoi propri pensieri, spesso li rappresenta come piacevoli e allettanti ritenendo di poterlo così dominare interamente. Apertamente egli non si mostra come un nemico, finge invece un'amicizia degna di lui.
    [18, 1] Protrasse così a lungo la sua opera che egli dimenticò di riconoscerla; lui però la conosceva bene. A motivo dei suoi doni egli non era considerato come nemico.
    Ma quando risplendette il mistero della grazia, quando apparve la volontà del riposo eterno, quando fu mostrata la luce della Parola e fu evidente che la stirpe di coloro che erano salvati doveva combattere contro molti piaceri, per la bontà di colui che è misericordioso, il nemico fu disprezzato e deriso a causa dei suoi doni, in virtù dei quali sembrava che trionfasse sull'uomo.
    Iniziò allora a preparare la sua controffensiva con odio, ostilità e arroganza; egli prosegue così senza distogliersi da noi fino a quando non giudica di averci separato da Dio.
    [2] Prima di questo il nostro nemico era spensierato: ci offriva un'amicizia degna di lui e non supponeva neppure che noi, da lui ingannati, ce ne potessimo allontanare. Ma quando risplendette l'economia della salvezza, la sua ostilità divenne non dico più forte, ma più aperta, in quanto egli fece apparire quella parte della sua natura che era nascosta e che riteneva di poter celare: manifestò così quello che è.
    [3] Perciò, fratelli, conoscendo quanto accadrà, siamo vigili, non svogliati, alieni da ogni comportamento superbo, e la nostra anima non porti quelle impronte che sono sue e non nostre.
    Interamente sollevati da tutta la Parola attendiamo lietamente la fine, fuggiamo da colui che d'ora in poi si mostra quale egli è, da colui che perverte la nostra natura contro il nostro...".
    (Gv 3, 20-21)
    Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio

  3. #23
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    5. PAPIRO COPTO DI UTRECHT *
    [1, 1] (9, 1-36)... l'apostolo. Ma allorché Andrea, apostolo di Cristo, udì che, per causa sua, avevano arrestato quelli della città, si levò, uscì fuori in mezzo alla strada e disse ai fratelli che non c'era alcun motivo per dissimulare qualcosa.
    [2] Mentre l'apostolo stava proferendo queste parole, era presente un giovane, uno dei quattro soldati, nel cui corpo si nascondeva un demone. Quando il giovane fu davanti all'apostolo, il demone gridò, dicendo: "Che cosa ti ho fatto, Variano, per mandarmi da quest'uomo timorato di Dio?". Non appena il giovane disse questo, il demone lo gettò a terra: restò sconvolto e sbavava. Ma i suoi camerati lo afferrarono e lo trattennero in piedi.
    [3] Andrea ebbe, allora, compassione del giovane e disse ai soldati suoi camerati: "Vi vergognate di affrontarmi perché vedete che la vostra natura vi rimprovera? Perché asportate il prezzo sicché egli non può appellarsi al re e ricevere aiuto per poter combattere contro il demone nascosto nelle sue membra? Egli non soltanto si appella, ma parla la lingua del palazzo: il suo re l'ascolterà ben presto. Infatti, l'odo dire: "Che cosa ti ho fatto, Variano, per mandarmi da quest'uomo timorato di Dio?"...".
    [2, 1] (10, 1-37) "...contro di me. Giacché questa cosa che ho fatto non l'ho compiuta da me, bensì ci sono stato costretto. Ora ti narrerò tutto il significato della faccenda. Questo giovane dal corpo tormentato, ha una sorella vergine, abile combattente e lottatrice. Vi assicuro che, per merito della sua purezza, delle sue preghiere ed elemosine, è vicina a Dio.
    [2] Ora, per dirla in breve, presso la sua casa abitava un grande mago ed ecco quanto accadde un giorno: alla sera la vergine salì sul tetto a pregare, il giovane mago la vide mentre pregava e Semmath entrò in lui istigandolo a combattere contro questa abile lottatrice. Il mago disse tra s‚: "Ho passato vent'anni sotto la guida del mio maestro fino a quando imparai l'arte! Eccomi dunque ora all'inizio della mia arte. Se non sarò più forte di questa vergine, sarò proprio un buono a nulla".
    [3] Il giovane mago invocò dall'alto le grandi potenze contro la vergine indirizzandole contro di lei. Quando i demoni giunsero per tentarla o persuaderla, si comportarono come suo fratello; picchiarono alla porta e, pensando che si trattasse del fratello, lei si alzò e andò ad aprire la porta; ma prima lei fece una lunga preghiera sicché i demoni divennero come... e fuggirono... Piccolo".
    [3, 1] (13, 1-25) "La vergine piangeva presso Erucia. Ma Erucia disse alla vergine: "Perché piangi? Non sapevo che saresti venuta qui... ora queste potenze ti perseguitano per metterti alla prova... Tu piangi e la tristezza...
    [2]... Se però adesso tu piangi tuo fratello... con lui, domani io gli invierò l'apostolo Andrea affinché lo guarisca. E non soltanto affinché lo guarisca, ma farò in modo che egli prenda la cintura del palazzo"".
    [3] Dopo che il demone disse questo, l'apostolo gli domandò: "Come hai potuto conoscere i misteri nascosti dell'Altissimo? Allorché un soldato viene scacciato dal palazzo non gli è più concesso di conoscere i misteri del palazzo: e come potrà conoscere i misteri nascosti dell'Altissimo?". Il demone gli rispose...
    [4, 1] (14, 1-43) "Perché non dovresti tremare menzionando i misteri dell'Altissimo? Io tremo in tutte le mie membra e glorifico colui che riceve, colui che viene per le anime dei santi.
    O combattenti virtuosi, non avete combattuto inutilmente: ecco che l'arbitro vi sta preparando una corona che non appassirà mai.
    [2] O guerrieri, non inutilmente avete preso le armi e gli scudi, non inutilmente avete sopportato guerre: il re ha preparato il palazzo per voi.
    O vergini, non inutilmente avete conservato la purezza, non inutilmente avete perseverato nelle preghiere mentre le vostre lampade bruciavano fino a mezzanotte, fino a quando vi raggiunse questa voce: "Alzatevi, andate incontro allo sposo"".
    [3] Dopo aver detto questo, l'apostolo si volse al demone e gli disse: "Ora è tempo che tu ti allontani da questo giovane affinché egli prenda la cintura del palazzo celeste".
    Il demone rispose all'apostolo: "Uomo di Dio, in verità, a causa delle sacre mani di sua sorella, io non gli ho spezzato alcun membro. Ma ora me ne andrò via da questo giovane, sebbene non abbia leso minimamente le sue membra". Ciò detto, il demone andò via dal giovane. Dopo che egli... il giovane... si tolse l'uniforme
    [5, 1] (15, 1-29) militare e la depose davanti agli occhi dell'apostolo, dicendo: "Uomo di Dio, ho speso venti monete per acquistare questa uniforme terrena, ma ora voglio vendere tutto quello che ho per acquistare l'abito del vostro Dio".
    [2] I suoi camerati gli dissero: "Misero giovanotto! Se tu rinneghi l'uniforme del re, sarai punito". Ma il giovane rispose loro: "Sono veramente un misero a motivo dei miei precedenti peccati! Fosse vero ch'io sia punito soltanto per il fatto che ho rinnegato l'uniforme del re, e non sia invece punito per avere io disprezzato l'uniforme del re immortale dei secoli. Voi ignoranti, non vedete che razza di uomo è questo? Nella sua mano non v'è alcuna spada n‚ alcuna arma da guerra, e tuttavia questi grandi prodigi sono compiuti da lui".

    6. FRAMMENTO COPTO
    DELLA BODLEIAN LIBRARY *
    [1, 1] ... uomo ... per vedermi.
    Allora Gesù disse ad
    Andrea: "Vieni
    con me, Andrea! Il tuo nome
    è fuoco. Tu sei benedetto
    tra gli uomini".
    Rispose Andrea
    e domandò al Salvatore:
    "Permettimi di parlare!".
    Egli gli rispose:
    "Parla, Andrea,
    stabile colonna". Andrea
    rispose e disse:
    "Quant'è vero che vive
    Dio tuo Padre,
    [2] io ho abbandonato la casa di mio padre e di mia madre, e, quant'è vero che vive la mia anima, più non vi sono entrato e n‚ ho più visto il volto di mio padre e di mia madre, il volto dei miei figli e di mia moglie. Ho portato invece la mia croce ogni giorno seguendoti
    dal mattino alla sera e non l'ho mai posata".
    Gesù gli rispose e disse: "Io lo so, Andrea...
    [3] ...uno, che è piccolo, come uno di noi che siamo sotto il tuo nome. Non ho due mantelli desiderato per me. Questo mantello che è su di me...".
    (Gv 3, 20-21)
    Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio

  4. #24
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    Predefinito Re: letteratura subapostolica ( thread di sola lettura)

    1. ATTI DI PAOLO E TECLA * ( con le Beatitudini di Paolo)
    [1] Paolo a Iconio. Allorché Paolo, fuggito da Antiochia, saliva a Iconio, aveva come compagni di viaggio Demas ed Ermogene, il calderaio, i quali pieni di ipocrisia adulavano Paolo facendo mostra di volergli bene.
    Paolo, non vedendo altro che la bontà di Cristo non nutriva verso di loro alcun sospetto, anzi dimostrava molto affetto, spiegava e rendeva ad essi gradite tutte le parole del Signore, sull'insegnamento e sull'interpretazione del vangelo, sulla nascita e sulla risurrezione del prediletto, narrando parola per parola tutte le grandezze di Cristo, come gli erano state rivelate.
    [2] Un uomo, di nome Onesiforo, avendo udito che Paolo si avvicinava a Iconio, uscì per andargli incontro con i suoi figli Simia e Zerro e con la moglie Lettra per offrirgli ospitalità. Era stato Tito, infatti, a descrivergli l'aspetto di Paolo, non conoscendolo egli fisicamente, ma solo spiritualmente.
    [3] Egli percorreva la via regia che conduce a Listra, si fermava ad attenderlo e osservava attentamente i passanti in base alla descrizione di Tito. Scorse Paolo che stava venendo: era un uomo di bassa statura, la testa calva, le gambe arcuate, il corpo vigoroso, le sopracciglia congiunte, il naso alquanto sporgente, pieno di amabilità; a volte infatti aveva le sembianze di un uomo, a volte l'aspetto di un angelo.
    [4] Quando vide Onesiforo, Paolo sorrise. Onesiforo gli disse: "Salve, ministro di Dio benedetto!". Ed egli a lui: "La grazia sia con te e con la tua famiglia!". Ma Demas ed Ermogene, ingelositi, divennero ancora più ipocriti, tanto che Demas esclamò: "Noi non siamo forse del Benedetto, che tu non ci hai salutati allo stesso modo?". Onesiforo rispose: "Non vedo in voi alcun frutto di giustizia. Se tuttavia anche voi siete dei loro, venite a casa mia e ristoratevi".
    [5] Quando Paolo entrò nella casa di Onesiforo, ci fu una gioia grande: le ginocchia si piegarono, fu spezzato il pane e fu annunciata la parola di Dio sulla continenza e sulla risurrezione. Paolo diceva:
    "Beati i puri di cuore, poiché essi vedranno Dio.
    Beati quelli che custodiscono casta la carne, poiché essi diverranno tempio di Dio.
    Beati i continenti, perché Dio si intratterrà con essi.
    Beati quelli che hanno rinunziato a questo mondo, poiché essi saranno graditi a Dio.
    Beati coloro che hanno la moglie come se non l'avessero, poiché essi erediteranno Dio.
    Beati quelli che hanno il timore di Dio, poiché essi saranno angeli di Dio.
    [6] Beati quelli che temono le parole di Dio, poiché essi saranno consolati.
    Beati quelli che accolgono la sapienza di Gesù Cristo, poiché essi saranno chiamati figli dell'Altissimo.
    Beati quelli che hanno custodito il battesimo, poiché essi troveranno riposo presso il Padre e il Figlio.
    Beati quelli che hanno la conoscenza di Gesù Cristo, perché essi saranno nella luce.
    Beati quelli che si sono liberati dell'aspetto esteriore del mondo per amore di Dio, poiché essi giudicheranno gli angeli e saranno benedetti alla destra del Padre.
    Beati i misericordiosi, poiché essi troveranno misericordia e non vedranno l'amaro giorno del giudizio.
    Beati i corpi delle vergini, poiché essi saranno graditi a Dio e non perderanno la ricompensa della loro castità: la parola del Padre sarà infatti per essi opera di salvezza nel giorno del suo Figlio ed avranno riposo nei secoli dei secoli".
    [7] Tecla, Paolo e Tamiri. Mentre Paolo parlava così in mezzo all'adunanza nella casa di Onesiforo, seduta alla finestra della casa vicina, la vergine Tecla, la cui madre si chiamava Teoclia, fidanzata ad un uomo di nome Tamiri, ascoltava giorno e notte il discorrere di Paolo sulla castità: non si allontanava mai dalla finestra, ma, sostenuta dalla fede, vi restava con gioia inesprimibile. Vedendo inoltre che molte donne e vergini entravano da Paolo, bramava di poter essere anch'essa degna di stare al cospetto di Paolo e ascoltare la parola di Cristo: non aveva mai visto infatti le sembianze di Paolo, ma aveva udito soltanto la sua parola.
    [8] Siccome lei non si allontanava mai dalla finestra, sua madre mandò a cercare Tamiri. Questi giunse pieno di gioia, come se dovesse già prenderla in sposa.
    Tamiri disse dunque a Teoclia: "Dov'è la mia Tecla?". Teoclia gli rispose: "Ho da dirti qualcosa di nuovo, Tamiri. Sono infatti tre giorni e tre notti che Tecla non si alza dalla finestra, né per mangiare, né per bere, ma come attratta dalla gioia è tutta presa da uno straniero che ammaestra con parole menzognere e seduttrici, ed io sono stupita che una vergine così modesta si lasci turbare in modo così penoso.
    [9] Quest'uomo, Tamiri, sconvolge tutta la città di Iconio, e anche la tua Tecla. Poiché a tutte le donne e ai giovani che vanno da lui, egli insegna: "E' necessario temere l'unico Dio e vivere in castità". Anche mia figlia, incatenata come un ragno alla finestra dalle sue parole è sotto l'influsso di un desiderio nuovo e di una passione spaventosa; la fanciulla attratta dalle sue parole, non si lascia distogliere. Avvicinati dunque a lei e rivolgile la parola: lei infatti ti è promessa!".
    [10] Pieno di amore per lei ma anche timoroso per la sua estasi, Tamiri si avvicinò e le disse: "Tecla, mia promessa sposa, perché resti seduta così? Quale passione ti trattiene in questa estasi? Volgiti al tuo Tamiri e vergognati!". Anche sua madre ripeteva la stessa cosa: "Figlia, perché te ne stai seduta così con gli occhi bassi, non rispondi nulla e sei fuori di te?". Essi piangevano amaramente: Tamiri per la donna perduta, Teoclia per la perdita della figlia, le serve per la perdita della padrona. In quella casa grande era dunque la confusione e l'amarezza. Durante tutto ciò, Tecla non si voltò, ma seguitava ad essere attratta dalla parola di Paolo.
    [11] Tamiri, nel mentre, era uscito per la strada e osservava quanti entravano e uscivano da Paolo. Vide due uomini che lottavano acerbamente tra di loro e disse a essi: "Uomini, ditemi chi siete e chi è quel seduttore, dentro, presso di voi, ingannatore di giovani e di vergini affinché non si sposino, ma restino come sono. Prometto di darvi molto denaro purché mi parliate di lui. Io, infatti, sono il primo della città".
    [12] Demas ed Ermogene gli risposero: "Chi sia costui, non lo sappiamo. E' certo che allontana i giovani dalle donne e le vergini dagli uomini, dicendo: "Se non vi conserverete puri e lungi dal contaminare la vostra carne, se non la manterrete casta, non vi sarà per voi alcuna risurrezione".
    [13] Tamiri disse loro: "Venite, uomini, a casa mia e ristoratevi con me!". Andarono così a un ricchissimo banchetto con molto vino, una quantità di dovizie e una splendida tavola. Pieno di passione per Tecla, che egli amava e voleva sposare, li fece bere, e mentre mangiavano Tamiri domandò loro: "Ditemi, uomini, qual è la sua dottrina, affinché anch'io la conosca. Non piccola è infatti la mia angoscia per Tecla a causa del suo amore per questo straniero, ond'io rischio di essere privato del matrimonio".
    [14] Demas ed Ermogene risposero: "Conducilo davanti al governatore Castelio, sotto l'accusa che egli seduce la gente con il nuovo insegnamento dei cristiani e tu avrai Tecla in moglie. Noi ti insegniamo la risurrezione, che egli preannuncia: essa si è già avverata nei nostri figli e noi risorgiamo mediante la conoscenza del vero Dio".
    [15] Dopo aver udito ciò, Tamiri fu pieno di gelosia e di collera. E fattosi giorno, andò in casa di Onesiforo con arconti, funzionari e una numerosa folla di popolani armata di bastoni e disse a Paolo: "Hai rovinato la città di Iconio e la mia promessa sposa, tanto che ella non mi vuole più: orsù, andiamo dal governatore Castelio!". Tutta la folla gridava: "Fa' fuori il mago! Ha rovinato infatti tutte le nostre donne!". E tutta la gente era d'accordo con lui.
    [16] Paolo davanti al proconsole. Tamiri, giunto davanti al tribunale prese a gridare a gran voce: "Proconsole, non sappiamo donde viene costui, che induce le vergini a non sposarsi. Esponga ora davanti a te il motivo per cui insegna queste cose". Demas ed Ermogene dissero a Tamiri: "Dì che è cristiano e così lo rovinerai". Ma il governatore seguì il proprio consiglio, e chiamato a sé Paolo, gli domandò: "Chi sei tu? Che cosa insegni? Non è infatti leggera l'accusa che adducono contro di te".
    [17] Paolo alzò la voce e rispose: "Poiché oggi debbo rendere ragione di ciò che insegno, ascolta, governatore! Il Dio vivo, il Dio della vendetta, il Dio geloso, il Dio che non ha bisogno di nulla e desidera la salvezza degli uomini, mi ha mandato affinché io li strappi dalla perdizione e dalla contaminazione, dal piacere e dalla morte, affinché più non pecchino. Per questo Dio ha mandato il suo proprio Figlio, che è appunto colui che io predico, ad insegnare agli uomini la speranza in lui, che fu il solo ad avere pietà del mondo traviato, affinché gli uomini non siano più sotto la condanna, abbiano invece la fede e il timore di Dio, conoscano la santità e amino la verità. Se dunque insegno ciò che mi è stato rivelato da Dio, in che cosa sono ingiusto, proconsole?". Il governatore, udito ciò, ordinò che Paolo fosse incatenato e condotto in prigione, per poterlo ascoltare fino a fondo a tempo opportuno.
    [18] Tecla in prigione da Paolo. Nella notte Tecla si tolse i braccialetti, li diede al custode, il quale le aprì la porta di ingresso alla prigione; offrì al carceriere uno specchio d'argento ed entrò da Paolo: sedutasi ai suoi piedi ascoltava le grandezze di Dio. Paolo non temeva nulla e si comportava con la franchezza di Dio. Baciando le sue catene, la fede di lei aumentava.
    [19] I suoi parenti e Tamiri non trovando Tecla e, pensando che si fosse perduta, la cercavano per le strade, quando uno schiavo, compagno del custode rivelò che era uscita durante la notte. Interrogarono allora il custode il quale manifestò loro che era andata a trovare il prigioniero in carcere. Essi seguirono questa indicazione e la trovarono incatenata, per così dire, dall'amore.
    Usciti di assembrarono la folla e rivelarono l'accaduto al governatore.
    [20] Questi ordinò di condurre Paolo davanti al tribunale. Frattanto Tecla si raggomitolava nel luogo ove Paolo, seduto nella prigione, l'ammaestrava. Il governatore ordinò che fosse condotta anche lei davanti al tribunale: ed ella partì felice, piena di gioia. Mentre Paolo era condotto per la seconda volta, la folla gridava ancora più forte: "E' un mago! Toglilo di mezzo!". Tuttavia il governatore ascoltava con piacere Paolo che parlava delle opere sante. In seguito, dopo aver radunato il suo consiglio, fece chiamare Tecla e le disse: "Perché non ti sposi con Tamiri, secondo la legge dei cittadini di Iconio?". Ma lei teneva gli occhi fissi su Paolo. Siccome non rispondeva, sua madre Teoclia esclamò: "Brucia questa iniqua! Brucia questa nemica del matrimonio in mezzo al teatro, affinché tutte le donne, ammaestrate da costui, ne abbiano spavento".
    (Gv 3, 20-21)
    Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio

  5. #25
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    Predefinito Re: letteratura subapostolica ( thread di sola lettura)

    [21] Tecla condannata al rogo. Il governatore pur soffrendone violentemente, fece flagellare Paolo, lo scacciò dalla città e condannò Tecla a essere bruciata. Poi il governatore si alzò subito e andò al teatro; anche tutta la folla era andata a contemplare lo spettacolo. Ma, come un agnello nel deserto alza lo sguardo verso il pastore, così Tecla cercava Paolo; e rimirando tra la folla, vide il Signore seduto, nelle sembianze di Paolo, e disse: "Quasi che io fossi incapace di resistere, Paolo è venuto a osservarmi!". E mentre lei era tutta protesa verso di lui, egli salì in cielo.
    [22] Nel mentre, i giovani e le vergini portavano legna e paglia per bruciare Tecla; ma quando lei fu introdotta nuda, il governatore scoppiò in lacrime, stupito dalla sua forza. Gli aguzzini sistemarono la legna e le ordinarono di salire sul rogo. Lei si mise in forma di croce, salì ed essi vi appiccarono il fuoco. Ma, nonostante divampasse una grande fiamma, il fuoco non la toccò: Dio infatti, commosso, causò un fragore sotterraneo, mentre, dall'alto, una nube carica di pioggia e di grandine oscurò il teatro e vi rovesciò tutto il suo contenuto. Molti si trovarono in gran pericolo e perirono, mentre il fuoco si spense e Tecla fu salva.
    [23] Tecla ancora da Paolo. Paolo, e con lui Onesiforo, sua moglie e i figli digiunavano in un sepolcro aperto lungo la strada che va da Iconio a Dafne. Dopo essere rimasti alcuni giorni digiuni, i ragazzi dissero a Paolo: "Abbiamo fame". Ma non avevano nulla per comprare il pane; Onesiforo infatti, con tutta la sua famiglia, aveva abbandonato le cose del mondo per seguire Paolo. Paolo allora si tolse il mantello e disse: "Su, figlio, va', compra parecchi pani e portali". Mentre il ragazzo comperava, vide Tecla, la sua vicina; si stupì e le disse: "Tecla, dove vai?". Lei rispose: "Salvata dal fuoco, cerco Paolo". E il ragazzo a lei: "Vieni, ti conduco da lui. Egli infatti è angosciato per te, prega e digiuna ormai da sei giorni".
    [24] Giunta al sepolcro, mentre Paolo pregava inginocchiato: "Padre di Cristo, che il fuoco non tocchi Tecla! Assistila, perché è tua", in piedi, dietro di lui, gridò: "Padre, che hai fatto il cielo e la terra, Padre di Gesù Cristo, tuo Figlio diletto, ti benedico di avermi salvata dal fuoco affinché potessi vedere Paolo".
    Paolo si alzò e appena la vide, esclamò: "Dio che conosci i cuori, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, ti benedico, perché ti affrettasti ad ascoltare ed esaudire la mia domanda".
    [25] Dentro il sepolcro molto era l'amore: Paolo, Onesiforo e tutti erano pieni di gioia. Avevano cinque pani, legumi, acqua e sale, e si rallegravano delle opere sante di Cristo.
    E Tecla disse a Paolo: "Mi faccio tagliare i capelli e ti accompagnerò ovunque tu vada". Ma egli rispose: "I tempi sono cattivi e tu sei graziosa. Ti potrebbe arrivare un'altra prova, peggiore della prima alla quale tu non potresti resistere, mostrandoti codarda". E Tecla a lui: "Dammi soltanto il sigillo in Cristo e non mi toccherà prova alcuna". Paolo le rispose "Abbi pazienza, Tecla, riceverai l'acqua".
    [26] Tecla condannata alle fiere. Paolo inviò Onesiforo e tutta la sua famiglia a Iconio e, presa con sé Tecla, andò in Antiochia.
    Appena giunti in Antiochia, alla vista di Tecla, un siro, di nome Alessandro, uno dei primi della città, se ne invaghì e cercava di conquistarsi Paolo con denaro e doni. Ma Paolo gli disse: "Non conosco la donna di cui parli, non è mia"
    Ma essendo molto potente, egli la abbracciò sulla strada; ma essa, non sopportando questa cosa, cercava Paolo e gridava amaramente: "Non fare violenza a una straniera, non fare violenza a una serva di Dio! Sono una delle prime di Iconio e sono stata scacciata dalla città, perché non ho voluto sposare Tamiri".
    Afferrò poi il mantello di Alessandro lo lacerò e gli tolse la corona dal capo, rendendolo ridicolo.
    [27] Ma egli, sia perché era innamorato, sia perché aveva subito l'onta di quanto era accaduto, la trasse dal governatore. Lei confessò ogni cosa ed egli la condannò alle fiere.
    Le donne della città divennero furiose e gridavano davanti al tribunale: "Sentenza malvagia! Sentenza empia!". Tecla domandò al governatore di restare inviolata fino alla lotta contro le fiere.
    Una donna ricca, di nome Trifena, la cui figlia era morta, la prese in custodia e l'ebbe come conforto.
    [28] Quando furono fatte sfilare le bestie, Tecla fu legata a una feroce leonessa; la regina Trifena l'accompagnava. La leonessa però leccò i piedi di Tecla che era seduta su di essa, mentre tutta la folla era fuori di sé. Il motivo della condanna era su di un'iscrizione: "Rea di sacrilegio".
    Donne e bambini presero a gridare nuovamente: "Quali empietà, o Dio, si commettono in questa città".
    Dopo questa sfilata, Trifena la prese nuovamente con sé, poiché sua figlia Falconilla, che era morta, le aveva detto in sogno: "Al mio posto, madre, prenderai Tecla, straniera abbandonata, affinché preghi per me ed io possa passare nel luogo dei giusti".
    [29] Dopo la sfilata, Trifena l'accolse dunque, sia perché era addolorata che il giorno appresso dovesse combattere con le fiere, sia perché l'amava molto come la figlia Falconilla, e le disse: "Tecla, mia seconda figlia, vieni, prega per mia figlia affinché viva nell'eternità. Questo infatti è quanto ho visto in sogno".
    Tecla non indugiò ed elevò la voce dicendo: "Dio dei cieli, Figlio dell'Altissimo, concedile quanto desidera, che cioè sua figlia Falconilla viva nell'eternità". All'udire queste parole, Trifena era desolata al pensiero che tanta bellezza stava per essere gettata alle fiere.
    [30] Al sorgere del giorno, Alessandro venne a prelevarla - era lui infatti che offriva i giochi al circo - dicendo: "Il governatore è seduto e il popolo tumultua contro di noi, dammi la condannata alle fiere, affinché la conduca via". Ma Trifena si mise a gridare tanto da farlo fuggire; diceva: "Il lutto per la mia Falconilla si abbatte per la seconda volta sulla mia casa! Non c'è alcuno che mi aiuti! Non un figlio, essendo lei morta, non un parente, essendo io vedova. Il Dio di mia figlia Tecla, soccorra Tecla!".
    [31] Il governatore però mandò soldati a prendere Tecla. Trifena tuttavia non l'abbandonò. La prese per mano e la condusse, dicendo: "Ho condotto alla tomba mia figlia Falconilla, e conduco te, Tecla, a combattere contro le fiere"
    Tecla allora pianse amaramente e, sospirando verso il Signore, disse: "Signore, Dio nel quale io credo e nel quale mi sono rifugiata, che mi hai strappato al fuoco, ricompensa Trifena per la pietà che mi ha usato e per avermi conservata pura".
    [32] Si udì un tumulto, le fiere ruggivano, il popolo e le donne sedute insieme gridavano, l'uno: "Fate entrare la sacrilega!", le altre invece: "Perisca la città a causa di questa iniquità! Uccidi tutte noi proconsole! E' uno spettacolo atroce, una sentenza malvagia!".
    [33] Tecla, tolta dalle mani di Trifena, fu spogliata e, rivestita di una corta sottana, fu gettata nello stadio, lanciando contro di lei leoni e orsi. Allora una feroce leonessa andò a gettarsi ai suoi piedi, mentre la folla delle donne lanciava alte grida. Un'orsa si lanciò contro di lei, ma la leonessa si precipitò contro l'orsa e la sbranò.
    Un leone, ammaestrato nella lotta contro l'uomo e appartenente ad Alessandro, si lanciò contro di lei, ma si precipitò anche la leonessa, lottò contro di lui e morirono insieme. Il dolore delle donne divenne ancora più grande, poiché era morta la leonessa che la proteggeva.
    [34] Introdussero allora molte fiere, ma lei stava sempre in piedi con le mani stese in preghiera. Ma quand'ebbe finito la preghiera, si voltò, vide una grande fossa piena d'acqua e disse: "Ora è tempo ch'io mi lavi"; e vi si gettò dentro con le parole: "Nel nome di Gesù Cristo io mi battezzo nell'ultimo giorno". A questa vista le donne e tutta la moltitudine esclamarono: "Non ti gettare nell'acqua!". Tanto che anche il governatore versava lacrime al pensiero che tanta bellezza fosse divorata dalle foche.
    Essa dunque si gettò in acqua nel nome di Gesù Cristo e le foche, alla vista dello splendore di un lampo, galleggiarono morte alla superficie. Attorno a lei si stese una nube di fuoco, tanto che né le fiere potevano toccarla, né poteva essere mirata la sua nudità.
    [35] Quando furono lanciate fiere ancora più feroci, le donne ripresero a urlare: alcune gettarono foglie, altre nardo, altre cassia ed altre balsamo, sicché si formò una grande varietà di profumi, e le fiere lanciate, quasi attanagliate dal sonno, non la toccarono.
    Alessandro disse allora al governatore: "Ho dei tori terribilmente feroci; attacchiamo a essi la condannata alle fiere". Malvolentieri il governatore acconsentì, dicendo: "Fa' ciò che tu vuoi". Fu allora legata per i piedi tra i tori e, per renderli più furiosi e perché l'ammazzassero, furono posti ferri roventi sugli organi genitali. Essi balzarono in avanti, ma la fiamma che ardeva tutt'intorno bruciò le funi e lei rimase come se non fosse stata legata.
    [36] In piedi, all'ingresso dell'arena, a quella vista, Trifena svenne tanto che le ancelle che l'accompagnavano dissero: "La regina Trifena è morta". Il governatore allora intimò la fine e tutta la città rimase nell'angoscia. Alessandro cadde ai piedi del governatore e disse: "Abbi pietà di me e della città! Libera la condannata alle fiere, affinché non perisca anche la città. Se Cesare, infatti, avrà notizia di queste cose, subito manderà in rovina noi e la città, essendo morta all'ingresso dell'arena la regina Trifena, sua parente".
    [37] Il governatore allora chiamò di mezzo alle fiere Tecla e le disse: "Chi sei tu? E che cosa hai attorno a te, che neppure una fiera ti ha toccato?". Lei rispose: "Sono un'ancella del Dio vivo.
    Quanto è attorno a me è l'aver io creduto nel Figlio, oggetto della compiacenza divina: per mezzo suo neppure una delle fiere mi ha toccata. Lui solo infatti è la via della salvezza e la base della vita immortale. Egli è il rifugio di coloro che sono sbattuti dalla tempesta, il ristoro dei tribolati, il riparo dei disperati. In una parola: chi in lui non crede, non vivrà, ma morrà per l'eternità".
    [38] Udito ciò, il governatore ordinò che fossero portati dei vestiti e le disse: "Indossa questi abiti". Lei rispose: "Colui che mi ha vestito quando ero nuda in mezzo alle fiere, costui mi rivestirà con la salvezza nel giorno del giudizio". Prese gli abiti e li indossò.
    Il governatore emise allora subito un decreto in questi termini: "Tecla, pia ancella di Dio, io vi lascio libera".
    Le donne allora gridarono tutte a gran voce e quasi con un'unica bocca diedero lode a Dio dicendo: "Vi è un solo Dio, quello che salvò Tecla". Questo grido scosse tutta intera la città.
    [39] Informata della lieta notizia, Trifena le andò incontro con una folla, abbracciò Tecla e disse: "Ora credo che i morti risorgono! Ora credo che mia figlia vive! Entra da me e ti faccio erede di tutte le mie sostanze".
    Tecla entrò dunque da lei, si ristorò in casa sua per otto giorni insegnandole la parola di Dio. Lei credette e così la maggioranza delle sue ancelle e grande fu la gioia di quella casa.
    (Gv 3, 20-21)
    Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio

  6. #26
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    Predefinito Re: letteratura subapostolica ( thread di sola lettura)

    [40] Tecla a Mira da Paolo. Ma Tecla desiderava ardentemente Paolo. Lo cercava inviando persone ovunque, e le fu riferito che era a Mira. Prese allora con sé dei giovani e delle giovani, si cinse i fianchi, cucì la tunica trasformandola in un mantello secondo la foggia degli uomini, e andò a Mira ove trovò Paolo che predicava la parola di Dio e gli si avvicinò.
    Quando Paolo vide lei e la folla che l'accompagnava si stupì pensando che la minacciasse qualche altra prova. Ma lei comprese e gli disse: "Ho ricevuto il lavacro, Paolo! Colui infatti che ti diede energia per il vangelo, a me diede l'energia per il lavacro".
    [41] Presala per mano, Paolo la condusse in casa di Ermia: udì da lei ogni cosa e ne fu molto stupito. I presenti ne furono corroborati e pregarono per Trifena. Poi Tecla si alzò e disse a Paolo: "Vado a Iconio". Paolo le rispose: "Va' e insegna la parola di Dio".
    Trifena inviò poi molte vesti e dell'oro, di modo che ne pohé lasciare anche a Paolo per il servizio dei poveri.
    [42] Tecla dalla madre. Essa dunque andò a Iconio ed entrata in casa di Onesiforo, si gettò a terra, ove Paolo soleva sedere insegnando le parole di Dio, e pianse dicendo: "Mio Dio, e Dio di questa casa ove brillò per me la luce, Gesù Cristo, Figlio di Dio, mio aiuto nella prigione, aiuto davanti ai governatori, aiuto nel fuoco, aiuto tra le fiere! Tu sei Dio, a te la gloria per l'eternità. Amen".
    [43] Trovò che Tamiri era morto, ma sua madre viveva ancora: la fece chiamare e le disse: "Teoclia, madre mia, puoi tu credere che il Signore vive nei cieli? Se tu desideri ricchezze, il Signore te le darà per mezzo mio, se desideri la tua figlia, eccomi presso di te". Resa questa testimonianza, partì per Seleucia e, dopo aver illuminato molti per mezzo della parola di Dio, si addormentò in un dolce sonno.
    (Gv 3, 20-21)
    Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio

  7. #27
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    Predefinito Re: letteratura subapostolica ( thread di sola lettura)

    Bravo Haxel, complimenti ottima idea!
    Preferisco di no.

  8. #28
    de-elmettizzato.
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    Predefinito Re: letteratura subapostolica ( thread di sola lettura)

    Se ad Haxel va bene, aggiungerei , visto che sono molto importanti le raccolte epistolari di S.Ignazio (I secolo)

    Lettera agli Efesini

    http://digilander.libero.it/domingo7...ioSmirnesi.htm

    Policarpo di Smirne (I sec)

    Policarpo di Smirne: Lettera ai Filippesi

    I frammenti di Papia di Ierapoli.

    Papia di Gerapoli: Frammenti - Monastero Virtuale: Un'oasi di spiritualità cattolica nell'immenso mare del web

    La lettera a Diogneto

    La Lettera a Diogneto - Monastero Virtuale: Un'oasi di spiritualità cattolica nell'immenso mare del web


    Importante testimonianza di san Ignazio e San Policarpo( dei frammenti)

    http://www.teologiamarche.it/public/File/ANTOLOGIA2.pdf
    Ultima modifica di Haxel; 05-01-18 alle 11:34
    Preferisco di no.

  9. #29
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    Predefinito Re: letteratura subapostolica ( thread di sola lettura)

    Citazione Originariamente Scritto da Miles Visualizza Messaggio
    Se ad Haxel va bene, aggiungerei , visto che sono molto importanti le raccolte epistolari di S.Ignazio (I secolo)

    Lettera agli Efesini

    Policarpo di Smirne (I sec)

    Policarpo di Smirne: Lettera ai Filippesi

    I frammenti di Papia di Ierapoli.

    Papia di Gerapoli: Frammenti - Monastero Virtuale: Un'oasi di spiritualità cattolica nell'immenso mare del web

    La lettera a Diogneto

    La Lettera a Diogneto - Monastero Virtuale: Un'oasi di spiritualità cattolica nell'immenso mare del web
    ricordati sempre di citare il periodo in cui sono scritti

    importante questo

    http://www.ambrogiovilla.it/wp-conte.../40ORE2010.pdf
    Ultima modifica di Haxel; 05-01-18 alle 11:36
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    Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio

  10. #30
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