di V. Sgarbi

Sarebbe interessante chiarire, attraverso esempi, quale sia il significato di «concorso esterno» e di «pentimento».
Lo dicono due vicende di questi giorni: l’interrogatorio di Antonio Di Pietro a Firenze e l’autocritica di Mara Carfagna al Quirinale.
Prontamente, in un articolo più sdolcinato che sorpreso, Michele Serra si compiace del ravvedimento della Carfagna e della sua riconoscenza per Anna Paola Concia, alla quale la giovane ministra è «grata per l’impegno e la delicatezza che ha speso per farle conoscere la ricchezza del mondo associativo qui presente (...), per averla aiutata a sfondare il muro della diffidenza della quale pensa di essere stata allo stesso tempo vittima e inconsapevole responsabile».
In sostanza, davanti al variegato mondo gay, lesbico, bisessuale, transessuale convocato al Quirinale, la Carfagna riconosce d’aver avuto immotivati pregiudizi.
Serra conclude, con impagabile buonismo: «Grazie, Carfagna e Concia per averci concesso il lusso di scrivere, per una volta, un articolo benevolo e, ancor più rara eccezione, ottimista».

Senza paura del ridicolo, Serra definisce l’intesa politica fra le due donne «tecnicamente omosessuale», con ciò attribuendo al pensiero, e alla sua libertà (talvolta anche di pregiudizio), un sesso.
Ecco illustrato un esempio di pentitismo, di ripudio di un mondo omofobo, irrispettoso, violento, immaginando, in modo molto fantasioso, un mondo omosessuale represso, mortificato, discriminato.
Per questo grande è il merito della Carfagna che si è ribellata a una asserita repressione e a una visione cattolica gretta, meschina e punitiva. Attraverso la Concia ha trovato il Bene.

Certo, vedendo la televisione e leggendo i giornali, frequentando il mondo del cinema e del teatro da molti anni non mi ero reso conto che la situazione fosse così drammatica e la discriminazione così evidente.
Ma adesso tutto è chiaro.
La Chiesa ha sbagliato tutto e la Carfagna si è pentita.
Ecco una tipica espressione di fervido pentitismo.

Passiamo ora al «concorso esterno».
Almeno dal 2004 la stampa internazionale aveva denunciato l’orrore e la speculazione delle iniziative sostenute dall’Unione europea per l’energia pulita. Il settimanale Der Spiegel aveva fatto un’inchiesta molto convincente sull’energia eolica, la più diffusa delle fonti rinnovabili, con evidente devastazione del paesaggio.
Ne abbiamo parlato in molte occasioni, nel corso degli anni, testimonianze illustri, dal presidente emerito francese Giscard d’Estaing a Sarkozy a Rubbia ad associazioni come Italia Nostra, hanno chiarito l’inconsistenza degli effetti benefici, anche per insufficienza della rete per distribuire l’energia e per la sovrabbondante diffusione di torri eoliche indipendentemente dalla loro efficienza e capacità di produrre energia. Preso atto della prevalenza del fenomeno nelle regioni meridionali, in particolare in Puglia e in Sicilia, a molti, e a me per primo, è venuto il sospetto che in questo affare colossale, senza alcun interesse per la tutela del paesaggio, fosse pesantemente coinvolta la criminalità mafiosa.

Nell’arco di poco tempo tutto questo è stato dimostrato e il 6 maggio di quest’anno il settimanale L’espresso ha ripetuto la copertina di Der Spiegel con l’immagine di un paesaggio devastato dalle pale eoliche e il titolo «La mafia del vento».

Numerosi arresti, condanne di personaggi appartenenti a clan mafiosi hanno consolidato questi sospetti.
Nonostante quest’evidenza nelle elezioni regionali del marzo scorso l’Italia dei Valori ha tappezzato l’Italia di manifesti elettorali in cui il volto di Di Pietro era sovrapposto a paesaggi dominati dalle pale eoliche, con evidente compiacimento.
Possibile che un uomo così sospettoso e attento ad ogni refolo di criminalità non si fosse accorto di questo affare così gigantesco e molto più preoccupante che non la discriminazione del mondo omosessuale, dal momento che ha compromesso i paesaggi più belli d’Italia?
Indifferenza o ignoranza?

Resta il fatto che un partito politico ha sostenuto la più vasta impresa di devastazione del paesaggio mai compiuta, mostrando anzi di compiacersi della clamorosa operazione affaristica sotto specie di produzione di energia pulita.
L’Italia dei Valori ha sostenuto, in Molise come in Puglia, la diffusione di questi mostri con incosciente compiacimento. È evidente dunque il «concorso esterno», ma ancora non risulta il pentimento.

Quando riusciremo a leggere un articolo di Michele Serra, preoccupato per un problema reale che è davanti agli occhi di tutti nei luoghi più belli del mondo, da Troia a Lucera, a Poggio, a Castel del Monte come a Marsala, Mazara del Vallo, Salemi, Gibellina e che soltanto io e il sindaco di Gela Crocetta, non illustri rappresentanti dell’antimafia, abbiamo denunciato? Quando vedremo per questa materia, per l’infamia all’articolo 9 della Costituzione, Di Pietro pentito?
O dobbiamo pensare che il superamento dei pregiudizi verso gli omosessuali, e il nobile sentimento della Carfagna, siano più importanti della difesa dell’arte e del paesaggio italiani?

Chiedo all’Italia dei Valori di abbandonare il concorso esterno e di dar prova di pentimento, in nome del valore dell’Italia e della sua violata bellezza.

dalla prima pg. di ilgiornale.it 24 05 2010

saluti