Parte 8
La vostra nuova costituzione è esattamente il rovescio della nostra nei suoi principi; e io sono stupito che qualcuno sogni di trarre da essa alcun esempio da proporre alla Gran Bretagna. Presso di voi la connessione tra l'ultimo dei rappresentanti e il primo degli elettori è piccola e quasi nulla. Il membro che va all'assemblea nazionale non è scelto dal popolo, né verso di esso è responsabile. Si danno tre elezioni prima che egli venga scelto; due procedimenti legali intermedi si frappongono tra lui e l'assemblea primaria, quasi a renderlo, come ho detto, ambasciatore di uno Stato e non rappresentante del popolo nell'ambito dello Stato medesimo.
Per questo l'intero spirito dell’istituto elettorale è sovvertito e nessun correttivo, quale i vostri mercanti di costituzioni hanno escogitato, può renderlo diverso da quello che è. Il solo tentativo di far questo produrrebbe inevitabilmente una confusione, se è possibile più orrida dell'attuale. Non c'è modo di creare dei legami tra l'elettore originale ed il proprio rappresentante, se non si ricorre all'espediente tortuoso che il candidato possa lasciarsi indurre ad indirizzarsi anzitutto verso gli elettori primari, affinchè questi, secondo le sue istruzioni perentorie (e forse anche qualcosa di più!), possano obbligare i due successivi corpi di elettori a fare una scelta secondo i loro desideri. Ma questo sovvertirebbe evidentemente l'intero piano. Ciò significherebbe rituffarli da capo dentro al tumulto e alla confusione delle elezioni popolari, che essi intendevano evitare mediante gli interposti gradi d'elezione; e vorrebbe dire, a lungo andare, mettere a repentaglio l'intera fortuna dello stato ponendola in balìa di quelli che ne hanno la minor conoscenza e vi hanno il minor interesse. Questo il perpetuo dilemma in cui li hanno gettati i viziosi, deboli e contradditori principi da essi scelti. A meno che il popolo non distrugga questa graduatoria pareggiandola di nuovo, è evidente che essi, in sostanza, non compiono affatto una elezione per l'assemblea; e difatti ciò avviene così poco in apparenza come in realtà.
Che cosa cerchiamo noi tutti in una elezione? Per poter rispondere ai suoi scopi reali, voi dovete anzitutto possedere i mezzi per conoscere la capacità del vostro candidato; poi dovete avere su di lui qualche potere o in forza d'obbligazione personale o di fiducia. A che scopo questi elettori primari sono favoriti, o piuttosto presi in giro con la parvenza di una elezione? Essi non possono giovarsi in alcun modo della conoscenza del candidato; ne egli ha verso di loro una qualunque obbligazione. Tra tutti i poteri che non sono suscettibili di venire delegati ad altri il più disadatto è quello che si riferisce a una elezione personale. In caso di abuso questo complesso di elettori primari non potrà mai chiamare il rappresentante a rendere conto della sua condotta. Egli è troppo lontano da loro nella catena della rappresentanza. Se egli agisce male, alla fine dei suoi due anni di mandato questo non lo riguarderà per altri due anni. Secondo la nuova costituzione francese, tanto i migliori e più saggi rappresentanti quanto i peggiori vanno confusi insieme in questo Limbus Patrum. Si suppone che le loro navi siano avariate e si mandano in bacino per essere riparate. Chiunque ha servito in un'assemblea è ineleggibile per due anni successivi. Proprio quando questi magistrati cominciano ad impratichirsi delle loro funzioni, essi sono, come spazzacamini, dichiarati inabili ad esercitarle. Cognizione superficiale, nuova, petulante; memoria saltuaria, oziosa, rotta e malata, sarà il fatale carattere di tutti i vostri futuri governanti. La vostra costituzione è guastata da troppe gelosie e non può avere sufficiente equilibrio di senno. Voi considerate così capitale la violazione di fiducia del rappresentante, che non considerate affatto il problema della sua capacità a esercitare la sua funzione.
Questo intermezzo di purgatorio non è senza qualche utilità per un rappresentante privo di fede, che può essere altrettanto buon agente elettorale quanto cattivo uomo di governo. In questo periodo egli può truccarsi in modo da apparire superiore al più saggio e al più virtuoso. Siccome, in conclusione, tutti i membri di questa costituzione elettiva sono ugualmente transitori ed esistono solo per l'elezione, le persone a cui egli deve rispondere quando sollecita il rinnovamento del mandato, possono non essere più le stesse che l'avevano scelto. Rendere responsabili tutti gli elettori secondari del Comune è ridicolo, impossibile e ingiusto; essi possono a loro volta esser delusi nella loro scelta, così come gli elettori del terzo ordine (quelli del Dipartimento) possono esserlo nella loro. Nel vostro sistema elettorale la responsabilità non può esistere.
Poiché nella costituzione e natura delle varie nuove repubbliche della Francia non trovo alcun principio di coesione, io mi domando di quale cemento il legislatore può essere! servito, prendendolo da materiali estranei. Non considero le loro associazioni, i loro spettacoli, le loro feste civiche e il loro entusiasmo; essi non sono altro che puri stratagemmi; ma rintracciando il segno reale della loro politica attraverso le loro azioni, credo di poter vedere le combinazioni per mezzo delle quali essi si propongono di tenere insieme queste repubbliche. La prima è la confisca, con l'annesso corso forzoso della carta moneta; la seconda è il supremo potere della città di Parigi; la terza è l'esercito generale dello stato. Di quest'ultima parlerò in seguito, quando verrò a considerare l'esercito come argomento a sé.
Quanto all'opera della prima, la confisca e la carta moneta considerate solo come espedienti connettivi non posso negare che essendo l’una dipendente dall'altra possano per qualche tempo formare una specie di cemento, se però la matta stravaganza manifestata nel modo di farne uso e nel combinare insieme le parti, non produrrà dei guasti fin dal principio. Ma, ammettendo nel progetto un po' di coerenza e di continuità, mi sembra che dopo un certo tempo la confisca non sarà sufficiente a sostenere l'emissione cartacea; e sono moralmente certo che non lo potrà. Allora, invece di cementare, questo accrescerà infinitamente la disgregazione, il perturbamento e la confusione delle repubbliche confederate, tanto nelle relazioni tra l'una e l'altra, quanto nella composizione interna di ciascuna di esse. Ma se la, confisca riuscisse a sopraffare la carta moneta, il cemento se ne andrà con la circolazione. Nello stesso tempo la sua forza, di coesione sarà molto incerta e si rafforzerà o si indebolirà ad ogni variazione nel credito della carta moneta.
Una sola cosa è certa in questo progetto ed è un effetto apparentemente collaterale, ma in realtà diretto (io non ne dubito) nella mente di coloro che guidano questi affari; cioè il risultato di produrre un’oligarchia in ciascuna delle repubbliche. Una circolazione cartacea non garantita da riserve monetarie o da pegni, che già ammonta a 44 milioni di valuta inglese, il cui corso forzoso sostituisce la moneta del regno, costituisce ormai tanto la sostanza della rendita quanto lo strumento di tutte le imprese commerciali e civili; per questo, tutto quanto è rimasto di potere, autorità e influenza, in qualunque forma si manifesti, cade nelle mani di coloro che amministrano e dirigono questa circolazione monetaria.
Noi in Inghilterra sentiamo l'influenza della Banca ; tuttavia essa è soltanto un centro di libera contrattazione. Conosce poco davvero l'influenza del denaro sulle sorti del genere umano chi non vede la forza che deriverà dalla direzione di un interesse pecuniario, che per sua natura e per sua estensione dipende da chi lo tratta assai maggiormente di quanto non accada presso di noi. Ma questa non è puramente una questione di denaro. C'è nel sistema un'altra parte inseparabilmente connessa con la amministrazione del denaro. Essa consiste nel mezzo di appropriarsi a volontà porzioni dei terreni confiscati, impiantando così un processo di cambio continuo della carta in terra e della terra in carta. Quando seguiamo questo processo nei suoi effetti, noi possiamo intuire qualche cosa dell'intensità di forza con cui questo sistema può agire. Con questo mezzo lo spirito di aggiotaggio e di speculazione si riflette sulla stessa massa fondiaria e sì incorpora con quella. Con tal genere di operazioni la proprietà fondiaria si volatilizza, per così dire; essa svolge un'attività innaturale e mostruosa, finendo per gettare nelle mani dei diversi amministratori (principali e subordinati, parigini e provinciali) tutta la forza rappresentativa di questa moneta e forse la decima porzione di tutta la terra di Francia, che avrà così contratto la parte peggiore e più dannosa del male derivante da una circolazione cartacea: cioè la massima incertezza della sua valuta. Essi hanno capovolta la gentilezza che Apollo usò verso la terra di Delo; hanno disperso la loro proprietà, come minuti avanzi di un naufragio, oras et litora circum.
I nuovi trafficanti, essendo tutti abitualmente degli avventurieri, senza alcuna abitudine fissa nell'osservanza di tradizioni locali, acquisteranno per speculare di nuovo secondo che al mercato della carta o della moneta o dei terreni presenterà dei vantaggi. Per quanto un santo vescovo pensi che l'agricoltura trarrà grande incremento dagli illuminati usurai che compereranno i beni confiscati alla Chiesa, io, che non sono buono ma bensì vecchio agricoltore, con grande umiltà mi prendo licenza di dire a Sua Signoria che l'usura non è protettrice dell'agricoltura; e se la parola illuminato va intesa secondo il nuovo dizionario, come sempre accade nelle vostre nuove scuole, non posso concepire come il fatto di non credere in Dio possa anche minimamente aumentare la capacità e lo zelo di un coltivatore terriero.
Diis immortalibus sero disse un antico romano, mentre teneva uno dei manici dell'aratro, di cui la morte teneva l'altro. Anche se voi comporrete una commissione con tutti i direttori delle due accademie, insieme a quelli della Caisse d'Escompt, un vecchio, sperimentato contadino varrà più di loro. Ho avuto informazioni sopra un curioso e interessante ramo dell'economia rurale in una breve conversazione con un vecchio monaco certosino, più che non ne abbia ricevuto da tutti i direttori di banca coi quali ho parlato. Comunque non c'è da temere che gli speculatori di denaro si intromettano nell'economia rurale. Questi signori sono troppo avveduti nel fare i loro calcoli. A tutta prima, forse, la loro tenera e suscettibile immaginazione potrà essere allettata dagli ingenui e disinteressati piaceri della vita pastorale; ma in breve si accorgeranno che l'agricoltura è un commercio molto più faticoso e meno lucrativo di quello che hanno lasciato. Dopo aver fatto il panegirico della vita agreste essi le volteranno le spalle, a guisa di quanto ha già fatto il loro grande precursore e prototipo. Essi, come lui, cominceranno a cantare: Beatus ille — ma quale sarà la fine?
Haec ubi locutus foenerator Alphius,
Jam jam futurus rusticus
Omnem redegit idibus pecuniam
Quaerit calendis ponere.
Essi coltiveranno la Caisse d'Eglise sotto il sacro auspicio di questo prelato, e ne trarranno molto maggior profitto che dalle vigne e dai campi di grano. Indirizzeranno le loro capacità secondo le loro abitudini e i loro interessi; e non seguiranno l'aratro quando possono dirigere tesorerie e governare provincie.
I vostri legislatori, nuovi in ogni cosa, sono assolutamente i primi che abbiano fondato una repubblica sul giuoco e infuso in essa questo spirito quale soffio vitale. Lo scopo supremo di questa politica è di trasformare la Francia, da grande regno a grande tavola da giuoco; di fare dei suoi abitanti una nazione di biscazzieri, di far durare la speculazione quanto la vita stessa, di insinuare lo spirito d'azzardo in tutti gli aspetti dell'esistenza collettiva, e di deviare il complesso delle speranze e dei timori del popolo dalle sue vie naturali verso gli impulsi, le passioni e le superstizioni di quelli che vivono sulla fortuna. Essi proclamano altamente che il loro attuale sistema di repubblica non potrebbe in alcun modo esistere senza questa specie di giuoco sui fondi e che il filo della sua vita è precisamente filato dalla conocchia di queste speculazioni. L'antico uso del giuoco sui fondi era senza dubbio abbastanza funesto; ma riguardava soltanto alcuni separati individui. Anche quando ebbe la sua. maggior diffusione nel Mississipì e nei mari del sud, esso relativamente non interessava che pochi. Quando prende estensione maggiore come nelle lotterie, esso non presenta che un solo scopo; ma quando la legge, che in molte circostanze proibisce il giuoco e in nessuna lo favorisce, quando la legge è pervertita essa stessa al punto di capovolgere la propria natura e la propria linea d'azione e di forzare espressamente i sudditi ad affrontare l'azzardo rovinoso col portare lo spirito e i simboli del giuoco nei più minuti affari e col richiamare attorno ad esso ogni cosa ed ogni persona, allora si è diffusa la più orribile malattia epidemica che mai sia apparsa sulla terra. Da voi un uomo non può, senza speculazione, né guadagnare né comprare il suo pranzo. Ciò ch'egli riceve al mattino non avrà lo stesso valore alla sera. Ciò ch'egli è costretto a ricevere come saldo di un vecchio debito non gli sarà computato nella stessa misura quando pagherà un debito ch'egli stesso ha contratto; né gli sarà valutato così, se egli pagherà in contanti per evitare di contrarre alcun debito.
L'industria si esaurirà. Le risorse economiche emigreranno dal vostro paese. Non si potrà attuare alcuna forma di previdenza. Chi vorrà lavorare senza conoscere l'ammontare del suo salario? Chi vorrà accumulare senza conoscere il valore di ciò che risparmia? Se voi togliete alle vostre ricchezze di carta il solo vantaggio che esse presentano, cioè l'aggiotaggio, l'accumulazione non dipenderà da previdenza umana, ma da un istinto morboso come quello di una cornacchia.
La parte veramente malinconica di questa politica la quale tende a trasformare sistematicamente un popolo in una nazione di giocatori è questa: che, per quanto tutti siano forzati a giocare pochi conoscono il giuoco e meno ancora sono quelli in grado di valersi della sua conoscenza. I più devono essere lo zimbello dei meno, che guidano la macchina di queste speculazioni. Quale effetto ciò abbia sulla popolazione rurale, è visibile. Il cittadino può fare i suoi calcoli giorno per giorno, non così gli abitanti della campagna. Quando il contadino porta il suo grano al mercato il magistrato nelle città lo obbliga a prendere gli assegnati alla pari; quando egli va in un negozio col suo denaro, trova che, solo attraversando la strada, esso ha subito un deprezzamento del 7%. Facilmente egli non vorrà più ricorrere a questo mercato. La popolazione della città si irriterà e obbligherà quella della campagna a portare il suo grano. Comincerà allora la resistenza, e gli assassinii di Parigi e S. Denis saranno rinnovati in tutta la Francia.
Che cosa significa il vuoto favore accordato alla campagna col darle, forse, più della sua parte, secondo la vostra teoria della rappresentanza? Che cosa avete fatto del vero potere fondato sulla circolazione monetaria e terriera? Che cosa avete fatto dei mezzi per il rialzo e il ribasso del valore della libera proprietà di ognuno? Quelli che colle loro operazioni possono deprezzare la proprietà del cittadini francesi del 10% od aumentarne il valore di altrettanto saranno i veri padroni della situazione. Tutto il potere ottenuto mediante questa rivoluzione sarà diviso nelle città tra i borghesi e i ricchi direttori che li guidano. Il gentiluomo campagnuolo, il piccolo proprietario, il contadino, non hanno abitudini, inclinazioni, esperienza che li possano condurre a partecipare alla sola sorgente di potere e di influenza rimasta ormai alla Francia. La stessa natura della vita di campagna, la stessa natura della proprietà terriera, in tutte le occupazioni e in tutti i piaceri che comporta, rende in certo modo impossibili tra la popolazione rurale quelle combinazioni e quelle manovre che sono l'unica via per procurarsi influenza e per esercitarla.
Modellate questa popolazione con quanta arte e con quanta sapienza vorrete, essa si risolverà sempre nell'individualismo. Tutto quanto tende a organizzarla corporativamente è quasi inefficace nei suoi riguardi. Speranze, timori, paure, gelosie, l'effimera storia che compie la sua funzione e muore in un giorno, tutte queste cose che sono le redini e gli sproni per mezzo dei quali i capi frenano o spingono la mente dei seguaci, sono difficili e quasi impossibili ad adoperarsi in mezzo a una popolazione sparsa. Radunarsi, armarsi, ed agire collettivamente rappresentano altrettante imprese difficili e faticose. I loro sforzi, dove anche presentino un conato iniziale, non possono essere mantenuti. Essi non sanno procedere sistematicamente. Se i gentiluomini di campagna ottengono un'influenza attraverso la pura rendita della loro proprietà, che cosa vale essa rispetto all'influenza di coloro che possono vendere un valore dieci volte più grande e rovinare l'efficienza economica della proprietà col portare il loro bottino a concorrenza di mercato? Se il rurale aspira all'ipoteca, egli ribassa il valore della sua terra e rialza quello degli assegnati.
Egli aumenta il potere del suo nemico proprio con quei mezzi che deve usare per contendere con lui. D'altronde il gentiluomo di campagna, l'ufficiale di mare e di terra, l'uomo di vedute ed abitudini liberali non attaccato a professione alcuna, saranno completamente esclusi dal governo del loro paese come se fossero proscritti per legge. È naturale che nelle città, tutto ciò che cospira contro il gentiluomo di campagna riesca favorevole agli amministratori e ai maneggiatori dell'alta finanza. Nelle città la fusione degli individui avviene naturalmente. Le abitudini dei borghesi, le loro occupazioni, le loro distrazioni, i loro affari, il loro ozio, tutto li mette continuamente a contatto tra essi. Le loro virtù e i loro vizi sono socievoli; essi sono sempre di guarnigione e vanno, incorporati e quasi disciplinati, nelle mani di quelli che intendono impiegarli a fine civile e militare.
Tutte queste considerazioni non lasciano dubbio alcuno nella mia mente che, se questa mostruosa costituzione continua, la Francia sarà interamente governata da agitatori riuniti in corporazioni, da associazione civiche di direttori di assegnati, fiduciari per la vendita dei terreni ecclesiastici, procuratori, agenti, usurai, speculatori e avventurieri, componenti un'ignobile oligarchia fondata sulla distruzione del potere monarchico, della Chiesa, della nobiltà e del popolo. Qui finiscono tutti gli illusori sogni e visioni dell'uguaglianza dei diritti degli uomini. Nella triste palude di questa vile oligarchia si trovano tutti assorbiti, affondati e perduti per sempre.
Per quanto l'occhio umano non possa percepirlo, si è tentati di pensare che qualche grave peccato della Francia abbia indignato il cielo, che giudicò necessario punirla sottoponendola a una dominazione vile e ingloriosa in cui nessun conforto o compenso può essere trovato, neppure in quei falsi splendori che aleggiando altrove attorno alla tirannide impediscono agli uomini di sentirsi disonorati, anche durante la loro oppressione. Devo confessare che sono preso da una certa tristezza non scevra d'indignazione nel vedere la condotta di quei pochi uomini, già di alto rango e pur sempre di grande carattere, che, ingannati da nomi appariscenti, si sono impegnati in un'impresa assai più profonda di quanto non comporti la loro capacità intellettuale ; uomini che hanno prestato la loro bella riputazione e l'autorità dei loro nomi altosonanti alle manovre di individui coi quali non avrebbero dovuto aver nulla da fare ed hanno così contribuito con le loro stesse virtù alla rovina della patria.
Questo sia detto per ciò che si riferisce al primo elemento della pretesa cementazione.
Il secondo elemento usato per cementare la loro nuova repubblica è la superiorità della città di Parigi: e questo, lo ammetto, è fortemente congiunto con l'altro principio amalgamante, che è quello della circolazione cartacea e della confisca. In questa parte del progetto noi dobbiamo cercare le cause della distruzione di tutti gli antichi legami tra le provincie e le giurisdizioni ecclesiastiche e secolari e la dissoluzione di tutte le antiche combinazioni di cose, come dobbiamo cercare in ciò le cause della formazione di un così gran numero di repubbliche reciprocamente disgregate. Il potere della città di Parigi è evidentemente una grande risorsa in tutta la loro politica. Attraverso al potere della città di Parigi, diventata ora il centro e il fuoco delle speculazioni, i capi di questa fazione dirigono o meglio comandano l'intero governo legislativo ed esecutivo. D'altronde tutto dev'essere fatto per consolidare l'autorità di questa città sulle forza enorme, completamente sproporzionata alla altre repubbliche. Parigi è compatta; essa ha una forza enorme, completamente sproporzionata alla forza di qualsiasi altra repubblica; e questa forza è riunita e condensata in un circolo angusto. Parigi ha una naturale e facile connessione tra le sue parti, che non può venire influenzata da alcun progetto di costituzione geometrica, né ha per codesta città molta importanza il fatto che la proporzione della sua rappresentanza sia maggiore o minore, poiché è sua l'intera retata di pesci. Le altre divisioni del regno essendo state separate e ridotte in pezzi e private di tutti i loro abituali mezzi d'unione, anche in linea di principio non possono, almeno per qualche tempo, unirsi contro Parigi. Nulla doveva esser lasciato ai membri subordinati se non debolezza, disunione e confusione. A consolidare questa parte del piano, l'assemblea è venuta recentemente nella determinazione che nemmeno due delle repubbliche debbano avere lo stesso comandante in capo.
A chi veda le cose nel loro insieme la preponderanza di Parigi così costituita apparirà un elemento di debolezza generale. È suo vanto aver adottato una politica geometrizzante; che tutti i principi di amministrazione locale saranno aboliti (i che le popolazioni cesseranno di chiamarsi Guasconi, Piccardi, Brettoni, Normanni, per non esser più che Francesi con una sola patria, un solo cuore, una sola assemblea. Ma anziché essere tutti francesi, è più probabile che gli abitanti di quella terra resteranno in breve senza patria. Nessuno rimase mai attaccato con un senso d'orgoglio patrio, di preferenza nativa o di vera affezione, a una determinazione territoriale misurata come una superficie geometrica, né potrà mai gloriarsi di appartenere allo scacchiere N. 71 o a qualunque altra divisione del genere. I nostri affetti civili hanno principio nella famiglia. Nessuno che sia freddo come parente sarà zelante come cittadino. Passiamo in seguito alle relazioni coi vicini e alle amicizie abituali nella provincia. Queste sono come alberghi e luoghi di sosta. Tali divisioni del nostro paese, derivando da una formazione spontanea ed abitudinaria e non da improvvisa imposizione dell'autorità, sono come tante piccole immagini della grande patria in cui il cuore trova qualche cosa che intimamente lo appaga. L'amore al tutto non è ucciso da questa parzialità subordinata. Forse questa è una specie di avviamento graduale ed essenziale a quei sentimenti più alti e più vasti, grazie ai quali soltanto l'uomo può giungere a interessarsi della prosperità di un regno così esteso come la Francia con lo stesso amore che egli porrebbe agli interessi propri. In tutto questo territorio, come nei vecchi nomi delle provincie, i cittadini sono attaccati ai vecchi pregiudizi e alle istintive abitudini, non alle proprietà geometriche della sua configurazione. Il predominio e il potere della città di Parigi terranno certamente insieme queste provincie finché essi dureranno. Ma, per le ragioni che ho già dato, io penso che non dureranno a lungo.
Passando dai principi che determinarono la creazione e l'amalgama civile di questa costituzione all'esame dell'Assemblea Nazionale, che deve apparire e agire come sovrana, noi vediamo un organismo provvisto di tutti i poteri e non sottoposto ad alcun controllo esterno. Vediamo un organismo senza leggi fondamentali, senza massime stabilite, senza norme disciplinari di procedura, in cui nulla può coordinarsi saldamente a un qualunque sistema. L'idea del potere è sempre attinta agli estremi della competenza legislativa e i casi di ordinaria amministrazione vengono trattati come casi eccezionali della più urgente necessità. La futura assemblea sarà, per molti riguardi, come l'attuale; ma per il sistema delle nuove elezioni e la tendenza della nuova circolazione essa sarà liberata anche da quel minimo di controllo interno che ancora esiste per virtù di una minoranza scelta in origine da svariati interessi e che ancora conserva qualche cosa del loro spirito. La prossima assemblea sarà, se possibile, peggiore dell'attuale. Questa, distruggendo e alterando ogni cosa, lascerà ai suoi successori apparentemente più nulla da fare in senso democratico. Dall'emulazione e dall'esempio coloro saranno spinti alle più ardite e assurde imprese. E ridicolo supporre che un'assemblea simile possa sedere in perfetta tranquillità.
I vostri legislatori che a tutto arrivano, nella loro fretta di far tutto in una volta, hanno dimenticato una cosa che mi pare essenziale e che credo non sia mai stata omessa precedentemente, in teoria o in pratica, da nessun organizzatore di regimi repubblicani. Essi hanno dimenticato di costituire un Senato o qualche cosa che abbia tale natura e carattere. Mai, prima d'ora, si era sentito di un corpo politico, composto di un'assemblea legislativa coi suoi ufficiali esecutivi, che non fosse accompagnata da un tale consesso e priva di elementi costituzionali a cui gli stati esteri potessero far capo nei loro rapporti e a cui il popolo potesse rivolgersi nelle ordinarie funzioni di governo; qualche cosa che potesse dare direzione e solidità, salvare almeno la coerenza nella linea di condotta dello Stato. Un organismo quale i Re tenevano generalmente a scopi consultivi. Una monarchia può esistere senza di esso, ma esso sembra far parte della vera essenza di un governo repubblicano. È una specie di medio proporzionale tra il supremo potere esercitato dal popolo o dai suoi immediati rappresentanti e il potere semplicemente esecutivo. Di questo non vi sono tracce nella vostra costituzione ; e non avendo provveduto ad alcunché di simile i vostri Soloni e i vostri Numa hanno, ancor più che in altro, rivelata, una sovrana incapacità.
Consideriamo ora quanto essi hanno fatto per la formazione di un potere esecutivo. Per questo hanno scelto un re degradato. Questo loro primo funzionario esecutivo dev'essere una macchina senza alcuna specie di libertà in materia deliberativa, in qualunque atto della sua funzione. Al più, egli non è che un mezzo per trasmettere all'assemblea nazionale ciò che ad essa può importare di sapere. Se egli fosse stato l'unico mezzo, il suo potere non sarebbe stato senza importanza, quantunque infinitamente pericoloso per quelli che avessero scelto di esercitarlo. Ma i rapporti pubblici e la notizia dei fatti possono giungere all'assemblea con uguale autenticità attraverso qualunque altro mezzo. D'altra parte, quanto ai mezzi per dare un indirizzo alle deliberazioni mediante l'esposizione di un relatore autorizzato, questo ufficio di informazioni è nullo.
Consideriamo il progetto francese di un potere esecutivo naturalmente suddiviso in due rami, civile e politico. Nel primo bisogna osservare che, secondo la nuova costituzione, la parte più alta della giurisdizione, in ciascuna delle sue suddivisioni, non è concentrata nel re. Il re in Francia non è la fonte della giustizia. Né il giudice di tribunale, né quello d'appello sono nominati da lui. Egli non propone i candidati né può negare la sua approvazione alla scelta. Non è nemmeno il pubblico accusatore. Egli serve solamente come notaio per autenticare la scelta dei giudici nei vari distretti. Deve eseguire le loro sentenze per mezzo dei suoi funzionari. Se consideriamo la vera natura della sua autorità, egli ci appare nulla più che un capo di subalterni d'infimo rango: sergenti dei mazzieri, poliziotti, carcerieri e boia. È impossibile mettere qualche cosa, come suoi dirsi, di regale in una situazione più degradante. Sarebbe stato mille volte meglio per la dignità di questo disgraziato principe ch'egli non avesse avuto niente a che fare con l'amministrazione della giustizia, menomato com'egli è di tutto quanto c'è di venerabile, di tutto quanto c'è di consolante in questa funzione. Senza il potere di iniziare alcun processo, senza quello di sospendere, di mitigare, di perdonare. Quanto di più vile e di più odioso esiste nella amministrazione della giustizia è gettato su di lui. Non per nulla l'assemblea si è data tanta pena per togliere a certe funzioni la loro impronta; perché essa aveva deciso di mettere la persona ch'era stata il suo re, in una situazione che soltanto superasse di grado quella di carnefice, pure essendovi quasi equiparata per analogia di funzione. Non è più possibile che il re di Francia, situato com'è ora, possa rispettarsi ed esser rispettato.
Esaminiamo questo nuovo funzionario esecutivo dal lato del suo potere politico, in quanto agisce sotto gli ordini dell'assemblea nazionale. Rendere esecutive le leggi è funzione regale; far eseguire gli ordini non è da re. Tuttavia una funzione politica esecutiva, per quanto esclusivamente tale, eppure sempre una carica di grande fiducia. È infatti una mansione che fa molto affidamento sul suo fedele e diligente disimpegno tanto da parte della persona che vi presiede quanto da tutti coloro che ne dipendono. I mezzi per adempiere questo dovere dovrebbero esser fissati in via regolamentare e si dovrebbero statuire disposizioni generali per tutte le circostanze relative all'esercizio della funzione. Questa dovrebbe esser circondata di dignità, di autorità e di considerazione, nonché circonfusa di un'aureola gloriosa. Il potere esecutivo implica la necessità di una sufficiente energia d'azione. I compiti del potere non saranno adempiuti con l'impotenza. Che sorta di persona può essere un re che deve comandare i servizi esecutivi e non ha mezzo alcuno per ricompensarli? Non con un ufficio permanente, non con una concessione territoriale, non con una pensione di cinquanta sterline all'anno, non con il pili inutile e il più piccolo dei titoli. Il re in Francia non è la fonte degli onori, più ch'egli non sia quella della giustizia. Tutte le ricompense, tutte le distinzioni sono in altre mani. Quelli che servono il re non possono esser mossi da altri naturali motivi che dalla paura; paura di qualunque cosa, fuorché del proprio padrone. Le sue mansioni di coercizione interna sono così odiose come quelle che esercita nel campo della giustizia. Se vi sono sussidi da concedere a qualche municipalità è l'assemblea che li da. Se si devono mandare truppe per ridurre le municipalità all'obbedienza è il re che deve fare eseguire l'ordine; e, in ogni occasione egli deve macchiarsi del sangue del suo popolo. Egli non ha diritto di veto, bensì il suo nome e la sua autorità devono servire a rendere coercitiva l'esecuzione di ogni crudele decreto.
E non basta: dovrà concorrere al macello di coloro che tenteranno di liberarlo dalla sua prigionia o mostreranno il minimo attaccamento alla persona o alla sua antica autorità.
La magistratura esecutiva dovrebbe essere costituita in modo che coloro che la compongono siano disposti ad amare e venerare quelli a cui sono obbligati ad obbedire. Una trascuratezza voluta, o peggio, un'obbedienza letterale, ma perversa, e maligna, può produrre la rovina della deliberazione più saggia. La legge tenterà invano di prevenire o di reprimere queste trascuratezze studiate o questo zelo fraudolento. Rendere gli uomini zelanti non è di competenza della legge. I re, anche quando sono dei veri re, possono e devono tollerare la libertà di quelli che sono alle loro dirette dipendenze. Essi possono anche, senza diminuirsi, tollerare persino l'autorità di quegl'individui, se ciò favorisce il loro servizio. Luigi XIII odiava mortalmente il Cardinale di Richelieu; eppure il fatto ch'egli lo sostenne contro i suoi rivali fu la fonte di tutta la gloria del suo regno e la solida base del suo trono stesso. Luigi XIV, quando salì al trono, non amava il Cardinale Mazarino; ma, nel proprio interesse, lo lasciò al potere. Vecchio, egli detestava il Louvois, ma per anni lo sopportò poiché fedelmente serviva la sua grandezza. Quando Giorgio II introdusse il Pitt, che non gli era certo simpatico, nel suo consiglio, nulla fece che apparisse umiliante per la saggezza di un sovrano. Ma questi ministri scelti dall'interesse, non dall'affezione, agirono nel nome e per. la fiducia dei re; e non come loro padroni dichiarati, costituzionali ed evidenti. Credo impossibile che qualunque re, una volta vinto il primo terrore, possa sinceramente infondere vivacità e vigore in provvedimenti ch'egli sa dettati da persone le quali, egli deve esserne convinto, sono al massimo grado mal disposte verso di lui. Potranno dei ministri che servono un tale re (o in qualunque altro modo lo si voglia chiamare) con un'apparenza appena decente di rispetto, obbedire di cuore agli ordini di coloro che, solo l'altro giorno, in suo nome, avevano mandato alla Bastiglia? Obbediranno agli ordini di quelli che essi pensavano di trattare con indulgenza, proprio mentre esercitavano verso di loro una dispotica giustizia, ed ai quali, colla prigione, ritenevano di aver provvisto un asilo? Se voi vi aspettate una simile obbedienza, insieme alle altre vostre innovazioni e miglioramenti dovrete fare una rivoluzione nella natura e provvedere a una nuova costituzione per l'anima umana. Altrimenti il vostro governo supremo non sarà in armonia col vostro sistema esecutivo. Vi sono dei casi in cui non si può far a meno di nomi e di astrazioni. Voi potete chiamare nazione una mezza dozzina di capi che noi abbiamo dei motivi per temere e per odiare. Non avrete raggiunto altro scopo se non quello di renderli ancor più temibili e odiosi.
Se si fosse pensato giustificabile e conveniente fare una tale rivoluzione con quei mezzi e con quelle persone, come voi avete fatto la vostra, sarebbe stato più saggio portare a compimento l'impresa del 5 e del 6 ottobre. Il nuovo ufficiale esecutivo avrebbe allora dovuto la sua posizione a coloro che erano stati suoi creatori, così come suoi padroni. Ed egli potrebbe essere in una società a delinquere, legato dall'interesse e (se nel delitto possono sussistere virtù) anche dalla gratitudine, trovandosi costretto a servire coloro che l'avevano elevato a un posto di grandi guadagni, di lussuosi favori: perché più ancora egli avrebbe ricevuto da coloro, che certamente . non avrebbero posto dei limiti a una creatura da loro stessi elevata come invece hanno fatto con un rivale sottomesso.
Un re, messo nella condizione dell'attuale, se è talmente istupidito dalle disgrazie da considerare come un premio e un privilegio, e non come una necessità della vita, il mangiare e il dormire senza preoccuparsi del proprio oliere e della gloria, non sarà mai adatto all'ufficio che occupa. Ma, se egli gente come gli uomini comunemente sentono, deve capire che in un ufficio così posto, egli non avrà mai né fama né riputazione. Egli non avrà generosi motivi che possano incitarlo all'azione. Nel migliore dei casi la sua condotta sarà passiva e difensiva. Al popolo minuto un posto simile potrà parere onorifico. Ma giungere ad esso provenendo dal basso od esservi abbassato provenendo dall'alto sono cose differenti e che provocano opposti sentimenti. Nomina egli in realtà i ministri? Essi avranno della simpatia per lui. Gli sono essi imposti? Tutte le relazioni tra questi e il re nominale saranno di reciproca reazione. In tutti gli altri paesi la carica di ministro di stato è della più alta dignità. In Francia essa è piena di pericoli e non suscettibile di gloria. E tuttavia, pur nella loro nullità, questi ministri avranno dei rivali, poiché la bassa ambizione esiste nel mondo e il desiderio di un miserabile salario è incentivo all'avidità di corte vedute. A questi oppositori dei ministri in carica è reso possibile dalla vostra costituzione attaccarli nelle parti vitali, laddove essi non hanno altro mezzo per difendersi contro gli attacchi se non quello di costituirsi sotto la veste abbietta di criminali in stato d'accusa. I ministri di Stato in Francia sono le uniche persone nel paese che non abbiano parte nei consigli razionali. Quali ministri! Quali consigli! Quale nazione: "Ma — si controbbietta — sono responsabili!". Ben piccolo vantaggio si può ottenere dalla responsabilità. L'elevazione spirituale che si può derivare dalla paura non ha mai reso gloriosa una nazione. La responsabilità previene i delitti. Essa rende pericoloso ogni attentato contro le leggi. Ma nessuno, salvo gli idioti, può pensare che essa serva d'incentivo a un servizio attivo e zelante. Si deve affidare il comando di una guerra ad un nomo che ne aborrisce il principio medesimo, che con ogni suo sforzo inteso a farla riuscire rafforza il potere di quelli medesimi dai quali egli è oppresso? Vorranno gli stati stranieri trattare seriamente con uno che non ha prerogative di pace o di guerra; che non ha neppure un solo voto per se stesso o per i suoi ministri o per chiunque sul quale possa esercitare dell'influenza? Una situazione di disprezzo non è adatta per un principe: meglio liberarsene subito.
So che si dirà che tali disposizioni nella corte e nel governo esecutivo dureranno solo per questa generazione e che il re è stato tenuto a dichiarare che il Delfino sarà educato conformemente alla sua posizione. Se questo dovesse realmente avvenire, egli non avrà educazione di sorta. Sarà allevato ancor peggio di un monarca assoluto. Se saprà leggere, ed anche se sarà analfabeta, qualche genio buono o cattivo gli dirà che i suoi antenati furono dei re. Da allora il suo scopo sarà di affermarsi e vendicare i suoi genitori. Voi direte che questo non è il suo dovere. Può darsi; ma è un fatto conforme a Natura e mentre aizzate la Natura stessa contro di voi, non agite saggiamente facendo fidanza sul principio etico del Dovere. In questo futile programma politico, lo stato nutre nel suo seno, per il presente, una fonte di debolezza, di perplessità, di antagonismo, di inefficienza, di decadenza; e prepara gli strumenti per la sua rovina finale. In breve, io nulla vedo nella forza esecutiva (non posso chiamarla autorità) che abbia anche solo l’apparenza del vigore e che abbia, sia pure in minimo grado, la giusta corrispondenza o la relazione d'armonia con il supremo potere, cori come ora esiste o come è progettato per il governo futuro.
Voi avete fissato con un sistema economico altrettanto pervertito quanto quello politico, due istituzioni di governo; una reale, una fittizia. Entrambe mantenute con grande dispendio; ma la fittizia, io penso, con dispendio anche maggiore. Una macchina come quest'ultima non vale il grasso delle sue ruote. La spesa è esorbitante, e né l'apparenza estrinseca né l'utilità intrinseca né valgono la decima parte. Ma — si obbietta ancora — io non rendo giustizia ai meriti dei legislatori! non concedo nulla, come dovrei, alla necessità! Il loro progetto di forza esecutiva non l'hanno scelto loro. Questo apparato bisognava conservarlo. Il popolo non avrebbe acconsentito a separarsene! Giusto: io vi comprendo. Voi, non ostante le vostre grandiose teorie a cui vorreste che cielo e terra s'inchinassero, sapete come conformarvi alla natura e alle circostanze delle cose. Ma dal momento che siete stati costretti a conformarvi così alle circostanze, avreste dovuto spingere più oltre la vostra sottomissione e rendere quello, di cui eravate obbligati a servirvi, uno strumento adatto e utile al suo scopo. Ciò era in vostro potere. Per esempio, tra le molte altre cose, era in vostro potere di lasciare al re il diritto di guerra e di pace. Come! — direte — Lasciare al magistrato esecutivo la più pericolosa di tutte le prerogative? Io non ne conosco alcuna più pericolosa, né alcuna che più di questa fosse necessario affidare a lui. Non dico che tale prerogativa dovesse essere affidata al vostro re, a meno ch'egli godesse insieme di altri privilegi ausiliari che ora non ha più. Ma se egli li avesse posseduti, per arrischiati che fossero, indubbiamente sarebbero sorti da siffatta costituzione vantaggi tali da compensare ampiamente il rischio. Non c'è altro mezzo per impedire alle varie potenze d'Europa di intrigare separatamente e personalmente coi membri della vostra assemblea, di immischiarsi in tutto quanto vi riguarda e di fomentare nel cuore del vostro paese la più pericolosa di tutte le discordie: quella provocata dalla azione interessata di potenze straniere. Da questo, che è il peggiore dei mali, grazie a Dio noi siamo ancora salvi. La vostra abilità, se ne avete, sarebbe ben impiegata nell'escogitare indiretti correttivi e controlli su questo pericoloso privilegio. Se a voi non piacevano quelli che in Inghilterra abbiamo scelto, i vostri capi avrebbero potuto esercitare le loro attività in modo migliore. Se fosse necessario documentare per via di esempi le conseguenze di un governo esecutivo, qual è quello che presso di voi agisce, nel maneggio dei grandi affari, vi potrei Indirizzare ai recenti rapporti del De Moutmorin all'assemblea nazionale; e a tutti gli altri procedimenti relativi alle controversie tra la Gran Bretagna e la Spagna. Ma l'indicarvi una documentazione del genere sarebbe trattare con poco riguardo la vostra capacità intellettuale.
Sento che le persone chiamate ministri hanno espresso l'intenzione di dare le loro dimissioni. Sono piuttosto stupito che non l'abbiano fatto da molto tempo. Io non sarei stato nella situazione in cui essi sono stati in questi dodici mesi scorsi. Essi, ne sono certo, bene auguravano alla Rivoluzione. Ma lasciamo andare questo; non potevano, situati com'erano in posto eminente, sebbene si trattasse di una eminente umiliazione, non essere i primi a vedere tutti insieme e a sentire, ciascuno nel proprio dicastero, i mali prodotti da quella rivoluzione. In ogni passo ch'essi facevano o tolleravano si facesse, devono aver sentito la diminuita posizione della, loro patria e la loro totale incapacità a servirla. Ministri come quelli si trovano in una specie di servitù subordinata, in cui prima d'essi non fu mai visto nessun uomo. Senza la confidenza del sovrano, a cui furono imposti, o dell'assemblea, che li impose a lui, tutte le funzioni nobili del loro ufficio sono esercitate da comitati dell'assemblea, senza alcun riguardo alla loro ufficiale o personale autorità. Essi devono eseguire senza potere; sono responsabili senza discrezione; devono deliberare senza scelta. Nella loro imbrogliata situazione, sotto due sovrani, senza alcuna influenza su nessuno dei due, devono agire in modo tale che significa (In realtà, comunque essi lo intendano) tradire un po' l'uno un po' l'altro, e tradire sempre se stessi. Tale è stata la loro posizione; tale sarà la posizione di quelli che loro succederanno. Io ho molto rispetto e auguro molto bene al Necker. Gli sono obbligato per le sue gentilezze e quando i suoi nemici l'hanno cacciato da Versaille? ho pensato che il suo esilio meritasse le più serie congratulazioni — “sed multae urbes et pubblica vota vicerunt”. — Egli siede ora sulle rovine delle finanze e della monarchia di Francia.
Molto più ancora potrebbe essere osservato sulla strana costituzione del ramo esecutivo del nuovo governo; ma la stanchezza pone limite alla discussione di argomenti che sarebbero in sé inesauribili.
Altrettanto poco genio e capacità io riesco a trovare nella riforma dell'ordinamento giudiziario proposta dall'assemblea nazionale. Secondo i loro metodi invariabili, gli organizzatori della vostra costituzione hanno incominciato con la completa abolizione dei parlamenti. Queste venerabili istituzioni, come tutta la rimanente struttura del vecchio governo, avevano bisogno di riforme anche se non vi fosse stato alcun cambiamento nella monarchia. Esse ne richiedevano ancor più per adattarsi al sistema di una libera costituzione. Ma nella loro struttura c'erano dei particolari, e non pochi, che per la loro saggezza meritavano approvazione. Esse possedevano un valore intrinseco ed eccellente: erano indipendenti. La qualità più dubbia, inerente al loro ufficio, quella di essere i seggi vendibili, contribuiva tuttavia a questa indipendenza di carattere. Duravano a vita. Davvero si potrebbe dire che si trasmettevano per eredità. Distribuiti dal monarca, erano considerati presso che fuori del suo potere. Gli sforzi più risoluti di quell'autorità contro di essi non facevano che mostrare di più la loro radicale indipendenza. Formavano organismi politici permanenti, costituiti per resistere contro le innovazioni arbitrarle; e, per la loro costituzione corporativa, e per la maggior parte delle loro disposizioni, essi erano giustamente considerati tali da aggiungere sicurezza e stabilità alle leggi. Sono stati un afillo sicuro per queste leggi attraverso tutte le vicissitudini che hanno rivoluzionato tendenza ed opinioni. Hanno salvato questo sacro deposito della patria durante il regno di principi assoluti e le lotte di partiti dispotici, mantenendo viva la memoria della costituzione.
Cosicché furono la grande garanzia della proprietà privata, che, si può dire, quando la libertà individuale non esisteva, era di fatto così ben guardata in Francia come in ogni altro paese. Qualunque sia il supremo potere dello Stato, esso dovrebbe costituire quanto più è possibile la autorità giudiziaria in modo che sia affatto indipendente, non solo, ma possa equilibrarne le funzioni per contrappeso. Essa dovrebbe garantire l'esercizio Imparziale della giustizia contro ogni prevaricazione dell'esecutivo. Dovrebbe fare della sua giurisdizione qualche cosa di esterno allo stato.
Questi parlamenti hanno fornito, non certo il migliore, ma tuttavia qualche considerevole correttivo agli eccessi e ai difetti della monarchia. Una tale giurisdizione indipendente era dieci volte più necessaria quando la democrazia diventò il potere assoluto del paese. In codesta costituzione i giudici elettivi, transitori e locali come voi avete stabilito, con l'esercitare le loro funzioni subordinate in una ristretta società saranno il peggiore di tutti i tribunali. In essi sarà inutile cercare qualche apparenza di giustizia verso gli stranieri, verso i ricchi sottomessi, verso la minoranza dei partiti sconfitti, verso tutti coloro che nelle elezioni hanno sostenuto candidati non riusciti. Sarà impossibile preservare i nuovi tribunali dalle contaminazioni della peggiore faziosità. Noi sappiamo per esperienza che tutte le combinazioni di scrutinio segreto sono espedienti vani e fanciulleschi quando si tratti di impedire il broglio elettorale. Quando pure esse riescano nel modo migliore al loro scopo di tenere il segreto, generano sospetti, e questa è una causa di parzialità ancor più dannosa.
Se il parlamento fosse stato conservato invece di esser disciolto con un cambiamento così rovinoso per la nazione, avrebbe potuto servire, nella nuova repubblica, torse non precisamente agli stessi (non intendo fare un esatto parallelo) ma quasi agli stessi scopi della corte e del senato dell’Areopago in Atene; cioè come misura e correttivo ai mali di una capricciosa e ingiusta democrazia. Tutti sanno che quei tribunale era il gran sostegno dello stato; tutti sanno con quanta cura esso era mantenuto e da quanto religioso rispetto reso sacro. Il parlamento non era completamente libero dai partiti, lo ammetto; ma questo male era esteriore e accidentale e non intaccava la costituzione intrinseca, come lo sarà nella vostra nuova combinazione di legislature elettive per uno spazio di sei anni. Parecchi inglesi lodano l'abolizione dei vecchi tribunali, quasi supponendo che decidessero tutto con la frode e la corruzione. Ma essi avevano sostenuto la prova tanto in regime monarchico quanto in repubblicano. La corte era ben disposta a provare la corruzione di questi corpi quando vennero disciolti nel 1771. E coloro che li avevano sciolti di nuovo avrebbero fatto lo stesso se avessero potuto; ma, essendo entrambe le inchieste risultate d'esito negativo, io concludo che fatti di grave corruzione dovevano essersi prodotti ben raramente.
Sarebbe stato prudente conservare insieme al parlamento, il suo antico potere di ratifica e di censura, almeno su tutti i decreti dell'assemblea nazionale, come si faceva ai tempi della monarchia. Sarebbe stato un mezzo per adattare gli occasionali decreti della democrazia a qualcuno dei prìncipi di generale giurisprudenza. Vizio delle vecchie democrazie, da annoverarsi tra le cause della loro rovina, fu il loro modo di governare, come voi fate, per mezzo di decreti occasionali, psephismata. Questo sistema urta ben presto contro il valore e la coerenza delle leggi; abolisce il rispetto del popolo verso di esse; e finisce col distruggerle completamente.
Il conferire la facoltà di censurare — (che ai tempi della monarchia esisteva nel parlamento di Parigi), — alla persona del vostro principale ufficiale esecutivo, che a dispetto del senso comune voi perseverate a chiamare re, è il culmine dell'assurdo. Voi non dovreste mai tollerare dei rimproveri da chi deve eseguire. Questo si chiama non capire né il potere legislativo, né l'esecutivo; né l'autorità, né l'obbedienza. La persona che chiamate re dovrebbe non avere questo potere oppure averne di più.
La vostra attuale organizzazione è strettamente giudiziaria. Invece di imitare la vostra monarchia e far sedere i vostri giudici su un piano di indipendenza, è vostro scopo di ridurli alla più cieca obbedienza. Così come avete cambiato tutto, voi avete inventato nuovi principi di ordini. Prima, nominate dei giudici che, suppongo, devono decidere in conformità alla legge, e poi lasciate loro capire che, una volta o l'altra, essi avranno da decidere secondo qualche legge data da voi. Qualunque studio essi abbiano fatto, se pure ne hanno fatto qualcuno, sarà inutile. Ma per completare questi studi essi dovranno giurare di obbedire a tutti i regolamenti, gli ordini e le istruzioni che riceveranno di quando in quando dall'assemblea nazionale. Se accettano, l'assemblea non lascerà ad essi posto per la legge. Essi diventano completi e pericolosi strumenti nelle mani del potere governante che, a metà di una causa o durante l'istruzione di essa, può cambiare interamente la norma della decisione. Se questi ordini dell'assemblea nazionale si trovano a essere contrari alla volontà del popolo che sceglie localmente i giudici, ne nascerà una confusione, terribile al solo pensarvi. Perché i giudici devono il loro posto alle autorità locali; e i comandi, ai quali hanno giurato di obbedire, provengono da coloro che non ebbero parte alcuna nella loro nomina. Nello stesso tempo essi hanno l'esempio della corte dello Chatelet per incoraggiarli e guidarli nell'esercizio delle loro funzioni. Questo tribunale giudica i criminali inviati dall'assemblea nazionale, o mandati ad esso per altre vie di delazione. I giudici siedono sotto buona scorta per salvaguardare la loro propria vita. Non sanno in nome di quale legge giudicano, né per quale autorità agiscono, né da chi dipendono. Si suppone che siano talvolta obbligati a condannare a rischio della loro vita. Ciò non è forse certo né può essere accertato; ma quando assolvono sappiamo che essi hanno veduto le persone da loro liberate, impiccate alla porta del loro tribunale con perfetta impunità di chi le impiccò.
Infatti l'assemblea promise che codesto tribunale avrebbe costituito un organismo legale sbrigativo, semplice, chiaro e così via. Ciò vuol dire che con le sue leggi sbrigative essa lascia molto alla discrezione del giudice, mentre ha rifiutato clamorosamente l'autorità di tutte le competenze che potrebbero rendere la discrezione dei giudici (cosa pericolosa al massimo) meritevole dell'appellativo di salutare discrezione.
È curioso osservare che i corpi amministrativi sono sottratti con cura alla giurisdizione di questi nuovi tribunali. Vale a dire sono sottratte al potere delle leggi quelle persone che dovrebbero essere le più interamente sottomesse ad esse. Quelli che detengono un mandato di fiducia per l’amministrazione delle finanze pubbliche dovrebbero essere, tra tutti, i più strettamente attaccati al loro dovere. Si sarebbe potuto credere che una delle vostre prime cure, — se non volevate che questi corpi amministrativi divenissero dei veri stati indipendenti e sovrani, — avrebbe dovuto esser quella di costituire un tribunale solenne, come erano i vostri antichi parlamentari, o come il King’s Bench presso di noi, dove tutti i funzionari corporati potrebbero ottenere protezione nel legale esercizio delle loro funzioni, e dove sarebbero repressi gli abusi di potere. Ma la causa dell'esenzione è chiara. Godesti corpi amministrativi sono il grande strumento di cui gli attuali capi si valgono nella loro marcia all'oligarchia traverso la democrazia. Essi dovevano perciò esser posti al disopra della legge. Si dirà che i tribunali legali da voi costituiti sono insufficienti a reprimerli. Lo sono, senza dubbio.
Essi sono disadatti a ogni funzione ragionevole. Si dirà pure che i corpi amministrativi sono responsabili verso l'assemblea generale. Questo, io temo, è parlare senza aver abbastanza considerata la natura di quell'assemblea o di questi organi. Tuttavia l'essere soggetto al capriccio di quell'assemblea non è essere soggetto alla legge, né per protezione, né per forza.
Questa sistemazione dei giudici, com’è ancora, richiede qualche cosa per essere completa. Dev'essere coronata da un nuovo tribunale. Questo sarà una grandiosa giurisdizione statale e dovrà giudicare di delitti commessi contro la nazione, cioè contro il potere dell'assemblea. Pare che si abbia in vista qualche cosa della natura dell'alta Corte di Giustizia, eretta in Inghilterra al tempo della grande usurpazione. Poiché non è stata ancor definita questa parte del progetto, è impossibile farsi di esso un giusto giudizio. Tuttavia, se non si avrà gran cura di formarlo con spirito affatto differente da quello che guidò i vostri legislatori nei loro procedimenti relativi alle offese contro lo stato, questo tribunale subordinato alla loro inquisizione, il Comitato delle ricerche, estinguerà le ultime scintille di libertà in Francia e stabilirà la più terribile e assoluta tirannia che una nazione abbia mai conosciuta. Se desiderano dare a questo tribunale una qualunque apparenza di libertà e di giustizia, non devono, a loro piacere, avocare ad esso o mandargli le cause relative ai membri dell'Assemblea. Essi devono anche trasferire la sede di quel tribunale dalla repubblica di Parigi (21).
Forse che nella costituzione del vostro esercito è stata dimostrata maggior saggezza di quanta se ne possa scoprire nei vostro piano d'ordinamento della giustizia? Un'efficace organizzazione di questo ramo è ancor più difficile e richiede la più grande abilità e attenzione, non solo per la sua grande importanza ma altresì in quanto esso è il terzo principio coesivo nel nuovo corpo di repubbliche che voi chiamate la nazione francese. Veramente non è facile profetizzare che cosa sarà infine questo esercito. Voi ne avete votato uno molto numeroso e con buone paghe, almeno pienamente adeguate ai vostri apparenti mezzi di pagamento. Ma qual è il principio della sua disciplina? A chi dovrà ubbidire? Voi avete preso il lupo per le orecchie ed io immagino la vostra gioia per la felice posizione in cui avete scelto di mettervi e in cui avete buoni argomenti per una libera decisione relativa a quell'esercito o a qualunque altra cosa…
Il ministro e segretario di stato per la guerra è il De la Tour du Pin. Questo signore, come i suoi colleghi in amministrazione, è il più zelante assertore della rivoluzione e un ardente ammiratore della nuova costituzione che ebbe origine da quell'evento. La sua esposizione dei patti relativi al militarismo in Francia è importante, non solo per la sua ufficiale e personale autorità, ma perché dimostra affatto chiaramente l'attuale condizione dell'esercito in Francia e perché fa luce sui principi che guidano l'assemblea nell'amministrazione di questo critico affare.
Ciò può metterci in grado di giudicare fino a che punto può essere utile nel nostro paese di imitare la condotta della Francia intorno all'ordinamento dell'esercito.
Il 4 dello scorso giugno il De la Tour du Pin dà una relazione delle condizioni del suo dicastero, così come si trova sotto l'egida dell'assemblea nazionale. Nessuno è informato meglio di lui, nessuno può dirne meglio. Rivolgendosi all'assemblea nazionale, egli dice: "Sua Maestà mi manda oggi a informarvi dei sempre nuovi disordini di cui ogni giorno riceve le più inquietanti notizie. L'esercito (le corps militaire) minaccia di cadere nella più turbolenta anarchia. Interi reggimenti hanno osato violare improvvisamente il rispetto dovuto alle leggi, al re, all'ordine stabilito dai vostri decreti e ai giuramenti prestati con la più imponente solennità. Obbligato dal mio dovere ad informarvi di questi eccessi, lo faccio col cuore che sanguina, se penso chi sono quelli che li hanno commessi. Coloro contro cui non è in mio potere di reprimere i più dolorosi rimproveri sono una parte di quelle stesse truppe che, fino ad ora, erano state così piene di onore e di lealtà, e con le quali per cinquant'anni ho vissuto da camerata e da amico.
Quale incomprensibile spirito di delirio e delusione le ha improvvisamente sviate? Mentre voi lavorate instancabilmente a stabilire l'uniformità nell'impero e a modellare il tutto in un corpo coerente e consistente, mentre la Francia impara da voi il rispetto dovuto dalle leggi ai diritti dell'uomo e, insieme, quello dovuto dai cittadini alle leggi, l'amministrazione dell'esercito mostra niente altro che disordine e confusione. Io noto in più di un corpo che i legami della disciplina sono rilassati o rotti; le più inaudite pretese confessate direttamente e apertamente; gli ordinamenti senza forza; i capi senza autorità; la cassa militare e le insegne portate via; la stessa autorità del re (risum teneatis) resa oggetto di provocazioni smargiasse; gli ufficiali disprezzati, degradati, minacciati, cacciati via e alcuni di essi, prigionieri dei loro corpi, conducono una vita precaria in mezzo al disgusto e all’umiliazione. Per colmare la misura di tutti questi orrori, ai comandanti di guarnigione è stata tagliata la gola sotto gli occhi e quasi nelle braccia dei propri soldati.
Questi mali sono grandi; ma non sono le peggiori conseguenze che possono derivare da una simile insurrezione militare. Presto o tardi essi possono minacciare la stessa nazione. La natura delle circostanze richiede che l'esercito non debba agire che come strumento. Il momento in cui erigendosi a corpo deliberativo esso agirà secondo le sue proprie decisioni, il governo, qualunque esso sia, degenererà immediatamente in una democrazia militare; specie di mostro politico che ha finito sempre per divorare quelli che l'hanno creato.
Dopo tutto questo, chi non sarà impressionato dalle adunanze irregolari e dai comitati turbolenti, costituiti in qualche reggimento da semplici soldati e sottotenenti, all'insaputa dei loro superiori e persino contro gli ordini dell'autorità; per quanto la presenza e la partecipazione di quei superiori non potrebbe ugualmente dare dell'autorità a tali mostruose assemblee democratiche (comices)?"
Non occorre aggiungere molto a questa pittura completa; tanto completa quanto lo permette la tela; ma che, come temo, non prende in pieno la natura e la complessità del disordine di codesta democrazia militare che — il ministro della guerra giustamente e saggiamente osserva — dovrebbe essere, dovunque essa esiste, una fedele organizzazione dello stato, sotto qualunque titolo formale essa vada. Che, per quanto egli informi l'assemblea che la parte più considerevole dell'esercito non ha rinnegata la sua obbedienza ma è ancora fedele al dovere, tuttavia quei viaggiatori che hanno viste le truppe nelle migliori condizioni di condotta, osservarono in esse piuttosto l'assenza di uno spirito di rivolta che resistenza di uno spirito di disciplina.
Non posso a meno di fermarmi un momento a riflettere sulle espressioni di sorpresa usate da questo ministro circa gli eccessi di cui riferisce. A lui l'allontanamento delle truppe dai loro antichi principi di lealtà e di onore sembra quasi inconcepibile. Certamente coloro ai quali egli si rivolge ne conoscono fin troppo le cause. Essi conoscono le dottrine da loro predicate, i decreti che furono emanati al riguardo, le pratiche da loro svolte. I soldati ricordano il 6 di ottobre; ricordano la Guardia Francese. Non hanno dimenticato come sono stati presi i castelli del re a Parigi e a Marsiglia.
Che i governatori di entrambe le città sono stati impunemente assassinati, è un fatto che non è uscito dalla loro mente. Non dimenticano i principi dell'uguaglianza degli uomini così ostentatamente e laboriosamente stabiliti. Non possono chiudere gli occhi davanti alla degradazione dell'intera nobiltà francese e all'abolizione della stessa idea di gentiluomo. La completa abolizione dei titoli e delle distinzioni non è loro passata inosservata. Ma il De la Tour du Pin è stupito della loro slealtà, dal momento che i dottori dell'assemblea hanno loro insegnato contemporaneamente il rispetto dovuto alle leggi. È facile giudicare quale dei due insegnamenti verosimilmente seguiranno uomini con le armi in mano. Quanto all'autorità del re possiamo imparare dal ministro stesso — se pure ogni prova su tale oggetto non è del tutto superflua, — che essa non è tenuta in maggior considerazione da quelle truppe di quanto non lo sia da tutti gli altri.
— "Il re — egli dice — ha ripetuto fino alla sazietà i suoi ordini per mettere un fine a questi eccessi; ma in un momento di crisi così terribile il vostro concorso (cioè quello dell'Assemblea) è diventato assolutamente indispensabile per evitare i mali che minacciano lo stato. Voi unite alla forza del potere legislativo, quella dell'opinione pubblica, ancor più importante". E ciò per essere certi che l'esercito non può avere opinione alcuna circa il potere o l'autorità del re. Forse il soldato ha imparato in questo tempo che la stessa assemblea non gode di una libertà molto superiore a quella del re.
Bisogna ora vedere che cosa si è proposto di fare in quella necessità, una delle più gravi che si possano verificare in uno stato. Il ministro fa appello all'assemblea perché si adorni di tutta la sua terribilità e chiami a raccolta la sua maestà. Egli chiede che i gravi e severi principi enunciati dell'assemblea stessa diano vigore alla proclamazione del re. Dopo ciò noi avremmo dovuto aspettarci di vedere all'opera i tribunali civili e militari con l'abolizione di qualche corpo, la decimazione di altri e tutti i terribili mezzi dettati in questi casi dalla necessità per arrestare il progredire del più terribile di tutti i mali; specialmente ci si poteva aspettare una seria inchiesta sull'assassinio dei comandanti compiuto alla presenza dei loro stessi soldati. Invece non una parola di questo né di qualche cosa di simile. Dopo essersi sentiti dire che le soldatesche calpestavano i decreti dell'assemblea promulgati dal re, l'assemblea emana nuovi decreti e autorizza il re a nuovi proclami. Dopo che il segretario al dicastero della guerra ha stabilito che i reggimenti non hanno tenuto conto di giuramenti pretés avec la plus imposante solemnité — essi propongono — che cosa? Altri giuramenti. Rinnovano decreti e proclami via via che ne sperimentano l'insufficienza, come moltiplicano i giuramenti quanto più fanno apparire deboli nella mente degli uomini le sanzioni della religione. Io spero che pratici riassunti degli eccellenti sermoni di Voltaire, d'Alembert, Diderot e Helvetius sull'immortalità dell'anima, su una speciale Provvidenza che sovraintende e su uno stato futuro di premio e di pena, siano stati mandati ai soldati all'atto dei loro giuramenti civici. Di questo non ho dubbio, come so che un certo genere di letture forma parte considerevole dei loro esercizi militari, e che essi sono abbondantemente forniti di fogli polemici come di cartucce.
A prevenire i danni derivanti da cospirazioni, adunanze irregolari, comitati sediziosi e mostruose assemblee democratiche (comitia comices) dei soldati, e tutti i disordini derivanti dall'ozio, dalla lussuria, dalla dissipazione e dalla insubordinazione, credo siano stati usati i più strabilianti mezzi che mai gli uomini abbiano visto, pur tra tutte le invenzioni di questa feconda epoca. Nientemeno che questo: — II re ha promulgato direttamente, in circolari a tutti i reggimenti, la sua volontà e il suo incoraggiamento a che i vari corpi si riuniscano ai circoli e alle associazioni delle varie municipalità e si mescolino ad essi nelle feste e nei civici trattenimenti. Questa allegra disciplina deve servire, pare, per addolcire la ferocia dei loro animi, per conciliarli con i loro compagni d'altra specie e per assorbire in una associazione più generale le particolari cospirazioni.
Io posso facilmente credere che questo rimedio sarà stato caro ai soldati, così come li descrive il De la Tour du Pin; e che, pur essendo ribelli in altro modo, ai saranno doverosamente sottomessi a questi reali proclami. Ma io mi domando se tutti questi civici giuramenti, queste riunioni in circoli, queste feste li avranno disposti, più di quanto lo siano adesso, a obbedire ai loro ufficiali o insegnato loro meglio a sottomettersi alle austere regole della disciplina militare. Questo li renderà ammirabili cittadini alla moda di Francia, ma non altrettanto buoni soldati secondo la moda universale. Un dubbio potrà sorgere, se tali conversazioni da fine tavola saranno di molto giovamento per conferire loro quel carattere di puri strumenti che (giusta l'osservazione di quell'ufficiale veterano e uomo di stato) dev'essere il carattere precipuo di un esercito, secondo la natura intrinseca delle cose.
Riguardo alla verosimiglianza di questo perfezionamento nella disciplina per mezzo delle libere conversazioni con le festose società municipali, così ufficialmente incoraggiate dalla reale autorità, noi possiamo giudicare dalle condizioni delle stesse municipalità, rese note dal ministro della guerra nel suo discorso. Egli nutre buone sperante sul successo dei suoi sforzi per il presente ristabilimento dell'ordine, grazie alle buone disposizioni di certi reggimenti, ma non vede chiaro nel futuro. Quanto a prevenire il ritorno della confusione, l'amministrazione (egli dice) non può su questo punto essere responsabile davanti a voi finché le municipalità si arrogheranno sopra le truppe un'autorità che secondo le vostre istituzioni sarebbe totalmente riservata al monarca. Voi avete fissato i limiti dell'autorità militare e di quella municipale, avete collegata l'azione da voi permessa alla seconda nulla prima, al diritto di requisizione; ma né la lettera né lo spirito dei vostri decreti autorizzarono mai i semplici membri di queste municipalità a sospendere gli ufficiali, a giudicarli, a dare ordini ai soldati, a cacciarli dai posti loro assegnati come guardia, a fermarli nelle loro marce ordinate dal re, o, in una parola, a rendere le truppe schiave del capriccio di ciascuna città, fosse pure città sede di mercato, attraverso la quale esse avessero a passare.
Tale il carattere e la disposizione della società municipale che deve riformare le soldatesche, ricondurle all'osservanza dei veri principi dì subordinazione militare e renderle come macchine nelle mani del supremo potere del paese! Tali i mali delle truppe francesi! Tale la loro cura! E come l'esercito, così la marina. Le municipalità eludono gli ordini dell'assemblea; e i marinai, a loro volta, eludono gli ordini delle municipalità. Di tutto cuore io commisero la condizione di un rispettabile servitore del pubblico, com'è questo ministro della guerra, il quale si trova obbligato nella sua vecchiaia a brindare alla salute dell'assemblea bevendo nelle sue civiche coppe e a prendere parte con la sua testa canuta a tutte le più fantastiche stravaganze commesse da quei giovani politicanti. Simili avventure politiche non possono intonarsi con i criteri e i punti di vista di un uomo che ha vissuto cinquanta anni in mezzo all'esperienza del mondo. Esse assomigliano piuttosto a quelle che si possono aspettare dai grandi arrivisti della politica, i quali avanzano saltando gli scalini della loro carriera pubblica ed hanno una grande sicumera ed una fanatica presunzione dì infallibilità su tutto e su tutti. È appunto uno dei loro dottori che ha creduto utile, tra grandi applausi e grandi ovazioni, esortare l’assemblea perché non dia retta ai vecchi e a nessuna persona che si valga della propria esperienza. Io suppongo che tutti i ministri di stato debbano apprezzare e seguire questa massima, abiurando completamente l'errore e l'eresia di guidarsi secondo i dettami dell'esperienza e dell'osservazione. Ognuno ha i suoi gusti. Ma a me pare che, se non potessi raggiungere la saggezza, vorrei almeno conservare qualche cosa della rigida e definitiva dignità dell'età. Questi signori trafficano in rigenerazione; ma a nessunissimo prezzo io offrirci le mie anchilosate membra per essere rigenerato da loro; né comincerei nella mia avanzata, critica età a strillare nei loro nuovi accenti o a balbettare in una seconda culla i suoni elementari della loro barbara metafisica (22). "Si isti mihi largiantur ut repuerescam, et in eorum cunis vagiam, valde recusem!"
L'imbecillità del puerile e pedantesco sistema che essi chiamano costituzione, considerato in una sua parte determinata, non può essere messa in chiaro senza che vi si scopra tutta l'insufficienza e il danno che può derivarne per le altre parti con le quali venga a contatto, o che abbiano anche la più remota relazione con la prima. Voi non potete proporre un rimedio per l’incompetenza della corona senza rendere palese la debolezza dell’assemblea. Voi non potete deliberare sulla confusione dell’esercito di stato, senza scoprire i peggiori disordini delle municipalità armate. L'anarchia militare fomenta quella, civile; quella civile tradisce l’anarchia militare.
Io desidero che tutti esaminino con cura l'eloquente discorso (che tale caso è) del De la Tour du Pin. Egli attribuisce la salvezza delle municipalità al buon contegno di parte delle truppe. Queste truppe dovevano preservare la parte più ben disposta di quelle municipalità, che fu confessato essere la più debole, dal saccheggio duella parte male intenzionata, che era la più forte. Ma le municipalità ostentano una sovranità e vogliono comandare a quelle truppe che sono necessario alla loro protezione. Difatti esse devono o comandarle o pregarle. Le municipalità, per necessità di cose e per i poteri repubblicani ottenuti, devono nelle loro relazioni coi militari, essere i padroni o i servitori o gli alleati, o tutto questo successivamente o insieme, alla rinfusa, secondo le circostanze. Quale altro potere potrà contrapporsi all’esercito se non la municipalità — e viceversa? Per salvare la concordia dove l'autorità è finita, andando alla cieca sulle conseguenze, l'assemblea tenta di curare le malattie con le malattie stesse; ed essa spera di salvarsi da una democrazia puramente militare, corrompendola nell'interesse degli affari municipali.
Se i soldati incominceranno a immischiarsi per qualche tempo in circoli municipali, partiti e associazioni, un'affinità elettiva li condurrà verso la parte più bassa e disperata; ed essi vi porteranno le loro abitudini, i loro affetti e le loro simpatie. Le cospirazioni militari alle quali si cerca di rimediare con le civiche associazioni ; le municipalità ribelli, che devono essere ridotte all'obbedienza col fornire loro i mezzi di corrompere quello stesso esercito dello stato che deve mantenere l'ordine in mezzo a loro; tutte queste chimere di una mostruosa e taumaturgica politica aggraveranno la confusione dalla quale sono sorte. Scorrerà del sangue, e lo farà scorrere la mancanza di senso comune dimostrata nell'organizzazione di tutti cedesti sistemi di forza; e in tutte le loro specie di autorità civili e giudiziarie. I disordini potranno essere composti per un certo tempo e in certi luoghi; ma scoppieranno in altri, perché il male è radicale e intrinseco. Tutto questo piano di mescolare soldati ammutinati con cittadini sediziosi indebolirà sempre più la comunione militare dei soldati coi loro ufficiali, così come aggiungerà alla turbolenza degli artigiani e dei contadini l'audacia rivoltosa dei militari. Per garantire un vero esercito l'ufficiale dovrebbe essere primo e ultimo agli occhi del soldato; primo e ultimo nella sua attenzione, osservanza e stima. Dovrebbero esservi ufficiali, sembra, le cui principali qualità siano la moderazione e la pazienza. Essi devono trattare le loro truppe con la tattica elettorale. Devono comportarsi come candidati, non come comandanti. Ma siccome con tali mezzi il potere può occasionalmente trovarsi nelle loro mani, l'autorità da cui essi devono venire nominati assume grande importanza.
Non si capisce che cosa voi possiate fare in via definitiva ; e non è poi di così gran momento, finché la relazione strana e contraddittoria tra il vostro esercito e tutte le parti della vostra repubblica, così come l'intricata relazione di queste parti tra loro e con il tutto, rimangono quelle che sono. Voi, a quanto pare, avete dato la nomina provvisoria degli ufficiali in prima istanza al re, con la riserva dell'approvazione da parte dell'Assemblea. Quelli che hanno interesse a procacciarsi qualche vantaggio sono estremamente sagaci nello scoprire la vera sede del potere. Essi si accorgeranno presto che coloro ai quali compete un illimitata possibilità di veto, in realtà detengono il potere di assegnazione delle cariche. Gli ufficiali devono perciò ricorrere per i loro intrighi a quell'assemblea, come alla sola via certa per la promozione. Ma d'altra parte, data la vostra nuova costituzione, è ancora presso la Corte che essi devono iniziare la loro procedura.
Questa doppia trafila di brighe intese al procacciamento della camera militare mi sembra una combinazione così bene adatta, come se fosse stata studiata a bella posta onde promuovere nell'assemblea stessa partiti inerenti a questo vasto patronato militare; e, in seguito, avvelenare il corpo degli ufficiali con partiti di natura estremamente pericolosa per la sicurezza, del governo, qualunque ne sia la forma, e tale da distruggere l'efficienza dell'esercito stesso. Quegli ufficiali che perdono la promozione sulla quale facevano assegnamento da parte della corona, diventeranno di un partito opposto a quello dell'Assemblea che ha respinto le loro richieste, e promuoveranno il malcontento nel cuore dell’esercito contro il governo.
D'altra parte quegli ufficiali, che avendo ottenuto dall'Assemblea dei favori si sentono obbligati verso la corona solo in via subordinata, laddove sentono di dovere tutto all'Assemblea, prenderanno in odio l'autorità che si oppone alla loro carriera senza però riuscire a ritardare la loro promozione. Se, per evitare questi mali, voi non vorrete seguire altra regola, nel concedere il comando o la promozione, che l'anzianità, voi non avrete che un esercito formale; e nello stesso tempo esso diventerà più indipendente e sempre più una repubblica militare. Non l'esercito, ma il re, costituirà in tal caso l'istrumento. Un re non può essere spodestato a metà. Se non è tutto nel comando dell'esercito, egli è niente. Qual è il risultato pratico di un potere messo nominalmente a capo di un esercito, se per questo esercito esso non è oggetto di gratitudine o di timore? Una tale nullità non serve per il maneggio di un oggetto, tra tutti il più delicato, qual è il supremo comando delle forze armate. Queste devono essere trattenute (dato che le loro inclinazioni le conducono a quel che è richiesto dai loro bisogni) da una reale, vigorosa, effettiva, decisa, personale autorità. La stessa autorità dell'Assemblea soffre passando per un tramite così debilitante qual è quello che si è scelto. L'esercito non si curerà più a lungo di un'Assemblea che agisce attraverso un organo dalla falsa apparenza e di evanescente realtà. Non vorrà prestare seria obbedienza ad un prigioniero; e ugualmente disprezzerà un re fastoso o s'impietosirà per un re prigioniero. Questi rapporti tra l'esercito e la corona diventeranno, se non sbaglio, un serio dilemma nella vostra politica.
(continua)