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    Predefinito FORMAZIONE - Burke: Riflessioni sulla Rivoluzione francese_8

    Parte 8

    La vostra nuova costituzione è esattamente il rovescio della nostra nei suoi principi; e io sono stupito che qualcuno sogni di trarre da essa alcun esempio da proporre alla Gran Bretagna. Presso di voi la connessione tra l'ultimo dei rappresentanti e il primo degli elettori è piccola e quasi nulla. Il membro che va all'assemblea nazionale non è scelto dal popolo, né verso di esso è responsabile. Si danno tre elezioni prima che egli venga scelto; due procedimenti legali intermedi si frappongono tra lui e l'assemblea primaria, quasi a renderlo, come ho detto, ambasciatore di uno Stato e non rappresentante del popolo nell'ambito dello Stato medesimo.

    Per questo l'intero spirito dell’istituto elettorale è sovvertito e nessun correttivo, quale i vostri mercanti di costituzioni hanno escogitato, può renderlo diverso da quello che è. Il solo tentativo di far questo produrrebbe inevitabilmente una confusione, se è possibile più orrida dell'attuale. Non c'è modo di creare dei legami tra l'elettore originale ed il proprio rappresentante, se non si ricorre all'espediente tortuoso che il candidato possa lasciarsi indurre ad indirizzarsi anzitutto verso gli elettori primari, affinchè questi, secondo le sue istruzioni perentorie (e forse anche qualcosa di più!), possano obbligare i due successivi corpi di elettori a fare una scelta secondo i loro desideri. Ma questo sovvertirebbe evidentemente l'intero piano. Ciò significherebbe rituffarli da capo dentro al tumulto e alla confusione delle elezioni popolari, che essi intendevano evitare mediante gli interposti gradi d'elezione; e vorrebbe dire, a lungo andare, mettere a repentaglio l'intera fortuna dello stato ponendola in balìa di quelli che ne hanno la minor conoscenza e vi hanno il minor interesse. Questo il perpetuo dilemma in cui li hanno gettati i viziosi, deboli e contradditori principi da essi scelti. A meno che il popolo non distrugga questa graduatoria pareggiandola di nuovo, è evidente che essi, in sostanza, non compiono affatto una elezione per l'assemblea; e difatti ciò avviene così poco in apparenza come in realtà.

    Che cosa cerchiamo noi tutti in una elezione? Per poter rispondere ai suoi scopi reali, voi dovete anzitutto possedere i mezzi per conoscere la capacità del vostro candidato; poi dovete avere su di lui qualche potere o in forza d'obbligazione personale o di fiducia. A che scopo questi elettori primari sono favoriti, o piuttosto presi in giro con la parvenza di una elezione? Essi non possono giovarsi in alcun modo della conoscenza del candidato; ne egli ha verso di loro una qualunque obbligazione. Tra tutti i poteri che non sono suscettibili di venire delegati ad altri il più disadatto è quello che si riferisce a una elezione personale. In caso di abuso questo complesso di elettori primari non potrà mai chiamare il rappresentante a rendere conto della sua condotta. Egli è troppo lontano da loro nella catena della rappresentanza. Se egli agisce male, alla fine dei suoi due anni di mandato questo non lo riguarderà per altri due anni. Secondo la nuova costituzione francese, tanto i migliori e più saggi rappresentanti quanto i peggiori vanno confusi insieme in questo Limbus Patrum. Si suppone che le loro navi siano avariate e si mandano in bacino per essere riparate. Chiunque ha servito in un'assemblea è ineleggibile per due anni successivi. Proprio quando questi magistrati cominciano ad impratichirsi delle loro funzioni, essi sono, come spazzacamini, dichiarati inabili ad esercitarle. Cognizione superficiale, nuova, petulante; memoria saltuaria, oziosa, rotta e malata, sarà il fatale carattere di tutti i vostri futuri governanti. La vostra costituzione è guastata da troppe gelosie e non può avere sufficiente equilibrio di senno. Voi considerate così capitale la violazione di fiducia del rappresentante, che non considerate affatto il problema della sua capacità a esercitare la sua funzione.

    Questo intermezzo di purgatorio non è senza qualche utilità per un rappresentante privo di fede, che può essere altrettanto buon agente elettorale quanto cattivo uomo di governo. In questo periodo egli può truccarsi in modo da apparire superiore al più saggio e al più virtuoso. Siccome, in conclusione, tutti i membri di questa costituzione elettiva sono ugualmente transitori ed esistono solo per l'elezione, le persone a cui egli deve rispondere quando sollecita il rinnovamento del mandato, possono non essere più le stesse che l'avevano scelto. Rendere responsabili tutti gli elettori secondari del Comune è ridicolo, impossibile e ingiusto; essi possono a loro volta esser delusi nella loro scelta, così come gli elettori del terzo ordine (quelli del Dipartimento) possono esserlo nella loro. Nel vostro sistema elettorale la responsabilità non può esistere.

    Poiché nella costituzione e natura delle varie nuove repubbliche della Francia non trovo alcun principio di coesione, io mi domando di quale cemento il legislatore può essere! servito, prendendolo da materiali estranei. Non considero le loro associazioni, i loro spettacoli, le loro feste civiche e il loro entusiasmo; essi non sono altro che puri stratagemmi; ma rintracciando il segno reale della loro politica attraverso le loro azioni, credo di poter vedere le combinazioni per mezzo delle quali essi si propongono di tenere insieme queste repubbliche. La prima è la confisca, con l'annesso corso forzoso della carta moneta; la seconda è il supremo potere della città di Parigi; la terza è l'esercito generale dello stato. Di quest'ultima parlerò in seguito, quando verrò a considerare l'esercito come argomento a sé.

    Quanto all'opera della prima, la confisca e la carta moneta considerate solo come espedienti connettivi non posso negare che essendo l’una dipendente dall'altra possano per qualche tempo formare una specie di cemento, se però la matta stravaganza manifestata nel modo di farne uso e nel combinare insieme le parti, non produrrà dei guasti fin dal principio. Ma, ammettendo nel progetto un po' di coerenza e di continuità, mi sembra che dopo un certo tempo la confisca non sarà sufficiente a sostenere l'emissione cartacea; e sono moralmente certo che non lo potrà. Allora, invece di cementare, questo accrescerà infinitamente la disgregazione, il perturbamento e la confusione delle repubbliche confederate, tanto nelle relazioni tra l'una e l'altra, quanto nella composizione interna di ciascuna di esse. Ma se la, confisca riuscisse a sopraffare la carta moneta, il cemento se ne andrà con la circolazione. Nello stesso tempo la sua forza, di coesione sarà molto incerta e si rafforzerà o si indebolirà ad ogni variazione nel credito della carta moneta.

    Una sola cosa è certa in questo progetto ed è un effetto apparentemente collaterale, ma in realtà diretto (io non ne dubito) nella mente di coloro che guidano questi affari; cioè il risultato di produrre un’oligarchia in ciascuna delle repubbliche. Una circolazione cartacea non garantita da riserve monetarie o da pegni, che già ammonta a 44 milioni di valuta inglese, il cui corso forzoso sostituisce la moneta del regno, costituisce ormai tanto la sostanza della rendita quanto lo strumento di tutte le imprese commerciali e civili; per questo, tutto quanto è rimasto di potere, autorità e influenza, in qualunque forma si manifesti, cade nelle mani di coloro che amministrano e dirigono questa circolazione monetaria.

    Noi in Inghilterra sentiamo l'influenza della Banca ; tuttavia essa è soltanto un centro di libera contrattazione. Conosce poco davvero l'influenza del denaro sulle sorti del genere umano chi non vede la forza che deriverà dalla direzione di un interesse pecuniario, che per sua natura e per sua estensione dipende da chi lo tratta assai maggiormente di quanto non accada presso di noi. Ma questa non è puramente una questione di denaro. C'è nel sistema un'altra parte inseparabilmente connessa con la amministrazione del denaro. Essa consiste nel mezzo di appropriarsi a volontà porzioni dei terreni confiscati, impiantando così un processo di cambio continuo della carta in terra e della terra in carta. Quando seguiamo questo processo nei suoi effetti, noi possiamo intuire qualche cosa dell'intensità di forza con cui questo sistema può agire. Con questo mezzo lo spirito di aggiotaggio e di speculazione si riflette sulla stessa massa fondiaria e sì incorpora con quella. Con tal genere di operazioni la proprietà fondiaria si volatilizza, per così dire; essa svolge un'attività innaturale e mostruosa, finendo per gettare nelle mani dei diversi amministratori (principali e subordinati, parigini e provinciali) tutta la forza rappresentativa di questa moneta e forse la decima porzione di tutta la terra di Francia, che avrà così contratto la parte peggiore e più dannosa del male derivante da una circolazione cartacea: cioè la massima incertezza della sua valuta. Essi hanno capovolta la gentilezza che Apollo usò verso la terra di Delo; hanno disperso la loro proprietà, come minuti avanzi di un naufragio, oras et litora circum.

    I nuovi trafficanti, essendo tutti abitualmente degli avventurieri, senza alcuna abitudine fissa nell'osservanza di tradizioni locali, acquisteranno per speculare di nuovo secondo che al mercato della carta o della moneta o dei terreni presenterà dei vantaggi. Per quanto un santo vescovo pensi che l'agricoltura trarrà grande incremento dagli illuminati usurai che compereranno i beni confiscati alla Chiesa, io, che non sono buono ma bensì vecchio agricoltore, con grande umiltà mi prendo licenza di dire a Sua Signoria che l'usura non è protettrice dell'agricoltura; e se la parola illuminato va intesa secondo il nuovo dizionario, come sempre accade nelle vostre nuove scuole, non posso concepire come il fatto di non credere in Dio possa anche minimamente aumentare la capacità e lo zelo di un coltivatore terriero.

    Diis immortalibus sero disse un antico romano, mentre teneva uno dei manici dell'aratro, di cui la morte teneva l'altro. Anche se voi comporrete una commissione con tutti i direttori delle due accademie, insieme a quelli della Caisse d'Escompt, un vecchio, sperimentato contadino varrà più di loro. Ho avuto informazioni sopra un curioso e interessante ramo dell'economia rurale in una breve conversazione con un vecchio monaco certosino, più che non ne abbia ricevuto da tutti i direttori di banca coi quali ho parlato. Comunque non c'è da temere che gli speculatori di denaro si intromettano nell'economia rurale. Questi signori sono troppo avveduti nel fare i loro calcoli. A tutta prima, forse, la loro tenera e suscettibile immaginazione potrà essere allettata dagli ingenui e disinteressati piaceri della vita pastorale; ma in breve si accorgeranno che l'agricoltura è un commercio molto più faticoso e meno lucrativo di quello che hanno lasciato. Dopo aver fatto il panegirico della vita agreste essi le volteranno le spalle, a guisa di quanto ha già fatto il loro grande precursore e prototipo. Essi, come lui, cominceranno a cantare: Beatus ille — ma quale sarà la fine?

    Haec ubi locutus foenerator Alphius,
    Jam jam futurus rusticus
    Omnem redegit idibus pecuniam
    Quaerit calendis ponere.

    Essi coltiveranno la Caisse d'Eglise sotto il sacro auspicio di questo prelato, e ne trarranno molto maggior profitto che dalle vigne e dai campi di grano. Indirizzeranno le loro capacità secondo le loro abitudini e i loro interessi; e non seguiranno l'aratro quando possono dirigere tesorerie e governare provincie.

    I vostri legislatori, nuovi in ogni cosa, sono assolutamente i primi che abbiano fondato una repubblica sul giuoco e infuso in essa questo spirito quale soffio vitale. Lo scopo supremo di questa politica è di trasformare la Francia, da grande regno a grande tavola da giuoco; di fare dei suoi abitanti una nazione di biscazzieri, di far durare la speculazione quanto la vita stessa, di insinuare lo spirito d'azzardo in tutti gli aspetti dell'esistenza collettiva, e di deviare il complesso delle speranze e dei timori del popolo dalle sue vie naturali verso gli impulsi, le passioni e le superstizioni di quelli che vivono sulla fortuna. Essi proclamano altamente che il loro attuale sistema di repubblica non potrebbe in alcun modo esistere senza questa specie di giuoco sui fondi e che il filo della sua vita è precisamente filato dalla conocchia di queste speculazioni. L'antico uso del giuoco sui fondi era senza dubbio abbastanza funesto; ma riguardava soltanto alcuni separati individui. Anche quando ebbe la sua. maggior diffusione nel Mississipì e nei mari del sud, esso relativamente non interessava che pochi. Quando prende estensione maggiore come nelle lotterie, esso non presenta che un solo scopo; ma quando la legge, che in molte circostanze proibisce il giuoco e in nessuna lo favorisce, quando la legge è pervertita essa stessa al punto di capovolgere la propria natura e la propria linea d'azione e di forzare espressamente i sudditi ad affrontare l'azzardo rovinoso col portare lo spirito e i simboli del giuoco nei più minuti affari e col richiamare attorno ad esso ogni cosa ed ogni persona, allora si è diffusa la più orribile malattia epidemica che mai sia apparsa sulla terra. Da voi un uomo non può, senza speculazione, né guadagnare né comprare il suo pranzo. Ciò ch'egli riceve al mattino non avrà lo stesso valore alla sera. Ciò ch'egli è costretto a ricevere come saldo di un vecchio debito non gli sarà computato nella stessa misura quando pagherà un debito ch'egli stesso ha contratto; né gli sarà valutato così, se egli pagherà in contanti per evitare di contrarre alcun debito.

    L'industria si esaurirà. Le risorse economiche emigreranno dal vostro paese. Non si potrà attuare alcuna forma di previdenza. Chi vorrà lavorare senza conoscere l'ammontare del suo salario? Chi vorrà accumulare senza conoscere il valore di ciò che risparmia? Se voi togliete alle vostre ricchezze di carta il solo vantaggio che esse presentano, cioè l'aggiotaggio, l'accumulazione non dipenderà da previdenza umana, ma da un istinto morboso come quello di una cornacchia.

    La parte veramente malinconica di questa politica la quale tende a trasformare sistematicamente un popolo in una nazione di giocatori è questa: che, per quanto tutti siano forzati a giocare pochi conoscono il giuoco e meno ancora sono quelli in grado di valersi della sua conoscenza. I più devono essere lo zimbello dei meno, che guidano la macchina di queste speculazioni. Quale effetto ciò abbia sulla popolazione rurale, è visibile. Il cittadino può fare i suoi calcoli giorno per giorno, non così gli abitanti della campagna. Quando il contadino porta il suo grano al mercato il magistrato nelle città lo obbliga a prendere gli assegnati alla pari; quando egli va in un negozio col suo denaro, trova che, solo attraversando la strada, esso ha subito un deprezzamento del 7%. Facilmente egli non vorrà più ricorrere a questo mercato. La popolazione della città si irriterà e obbligherà quella della campagna a portare il suo grano. Comincerà allora la resistenza, e gli assassinii di Parigi e S. Denis saranno rinnovati in tutta la Francia.

    Che cosa significa il vuoto favore accordato alla campagna col darle, forse, più della sua parte, secondo la vostra teoria della rappresentanza? Che cosa avete fatto del vero potere fondato sulla circolazione monetaria e terriera? Che cosa avete fatto dei mezzi per il rialzo e il ribasso del valore della libera proprietà di ognuno? Quelli che colle loro operazioni possono deprezzare la proprietà del cittadini francesi del 10% od aumentarne il valore di altrettanto saranno i veri padroni della situazione. Tutto il potere ottenuto mediante questa rivoluzione sarà diviso nelle città tra i borghesi e i ricchi direttori che li guidano. Il gentiluomo campagnuolo, il piccolo proprietario, il contadino, non hanno abitudini, inclinazioni, esperienza che li possano condurre a partecipare alla sola sorgente di potere e di influenza rimasta ormai alla Francia. La stessa natura della vita di campagna, la stessa natura della proprietà terriera, in tutte le occupazioni e in tutti i piaceri che comporta, rende in certo modo impossibili tra la popolazione rurale quelle combinazioni e quelle manovre che sono l'unica via per procurarsi influenza e per esercitarla.

    Modellate questa popolazione con quanta arte e con quanta sapienza vorrete, essa si risolverà sempre nell'individualismo. Tutto quanto tende a organizzarla corporativamente è quasi inefficace nei suoi riguardi. Speranze, timori, paure, gelosie, l'effimera storia che compie la sua funzione e muore in un giorno, tutte queste cose che sono le redini e gli sproni per mezzo dei quali i capi frenano o spingono la mente dei seguaci, sono difficili e quasi impossibili ad adoperarsi in mezzo a una popolazione sparsa. Radunarsi, armarsi, ed agire collettivamente rappresentano altrettante imprese difficili e faticose. I loro sforzi, dove anche presentino un conato iniziale, non possono essere mantenuti. Essi non sanno procedere sistematicamente. Se i gentiluomini di campagna ottengono un'influenza attraverso la pura rendita della loro proprietà, che cosa vale essa rispetto all'influenza di coloro che possono vendere un valore dieci volte più grande e rovinare l'efficienza economica della proprietà col portare il loro bottino a concorrenza di mercato? Se il rurale aspira all'ipoteca, egli ribassa il valore della sua terra e rialza quello degli assegnati.

    Egli aumenta il potere del suo nemico proprio con quei mezzi che deve usare per contendere con lui. D'altronde il gentiluomo di campagna, l'ufficiale di mare e di terra, l'uomo di vedute ed abitudini liberali non attaccato a professione alcuna, saranno completamente esclusi dal governo del loro paese come se fossero proscritti per legge. È naturale che nelle città, tutto ciò che cospira contro il gentiluomo di campagna riesca favorevole agli amministratori e ai maneggiatori dell'alta finanza. Nelle città la fusione degli individui avviene naturalmente. Le abitudini dei borghesi, le loro occupazioni, le loro distrazioni, i loro affari, il loro ozio, tutto li mette continuamente a contatto tra essi. Le loro virtù e i loro vizi sono socievoli; essi sono sempre di guarnigione e vanno, incorporati e quasi disciplinati, nelle mani di quelli che intendono impiegarli a fine civile e militare.

    Tutte queste considerazioni non lasciano dubbio alcuno nella mia mente che, se questa mostruosa costituzione continua, la Francia sarà interamente governata da agitatori riuniti in corporazioni, da associazione civiche di direttori di assegnati, fiduciari per la vendita dei terreni ecclesiastici, procuratori, agenti, usurai, speculatori e avventurieri, componenti un'ignobile oligarchia fondata sulla distruzione del potere monarchico, della Chiesa, della nobiltà e del popolo. Qui finiscono tutti gli illusori sogni e visioni dell'uguaglianza dei diritti degli uomini. Nella triste palude di questa vile oligarchia si trovano tutti assorbiti, affondati e perduti per sempre.

    Per quanto l'occhio umano non possa percepirlo, si è tentati di pensare che qualche grave peccato della Francia abbia indignato il cielo, che giudicò necessario punirla sottoponendola a una dominazione vile e ingloriosa in cui nessun conforto o compenso può essere trovato, neppure in quei falsi splendori che aleggiando altrove attorno alla tirannide impediscono agli uomini di sentirsi disonorati, anche durante la loro oppressione. Devo confessare che sono preso da una certa tristezza non scevra d'indignazione nel vedere la condotta di quei pochi uomini, già di alto rango e pur sempre di grande carattere, che, ingannati da nomi appariscenti, si sono impegnati in un'impresa assai più profonda di quanto non comporti la loro capacità intellettuale ; uomini che hanno prestato la loro bella riputazione e l'autorità dei loro nomi altosonanti alle manovre di individui coi quali non avrebbero dovuto aver nulla da fare ed hanno così contribuito con le loro stesse virtù alla rovina della patria.

    Questo sia detto per ciò che si riferisce al primo elemento della pretesa cementazione.

    Il secondo elemento usato per cementare la loro nuova repubblica è la superiorità della città di Parigi: e questo, lo ammetto, è fortemente congiunto con l'altro principio amalgamante, che è quello della circolazione cartacea e della confisca. In questa parte del progetto noi dobbiamo cercare le cause della distruzione di tutti gli antichi legami tra le provincie e le giurisdizioni ecclesiastiche e secolari e la dissoluzione di tutte le antiche combinazioni di cose, come dobbiamo cercare in ciò le cause della formazione di un così gran numero di repubbliche reciprocamente disgregate. Il potere della città di Parigi è evidentemente una grande risorsa in tutta la loro politica. Attraverso al potere della città di Parigi, diventata ora il centro e il fuoco delle speculazioni, i capi di questa fazione dirigono o meglio comandano l'intero governo legislativo ed esecutivo. D'altronde tutto dev'essere fatto per consolidare l'autorità di questa città sulle forza enorme, completamente sproporzionata alla altre repubbliche. Parigi è compatta; essa ha una forza enorme, completamente sproporzionata alla forza di qualsiasi altra repubblica; e questa forza è riunita e condensata in un circolo angusto. Parigi ha una naturale e facile connessione tra le sue parti, che non può venire influenzata da alcun progetto di costituzione geometrica, né ha per codesta città molta importanza il fatto che la proporzione della sua rappresentanza sia maggiore o minore, poiché è sua l'intera retata di pesci. Le altre divisioni del regno essendo state separate e ridotte in pezzi e private di tutti i loro abituali mezzi d'unione, anche in linea di principio non possono, almeno per qualche tempo, unirsi contro Parigi. Nulla doveva esser lasciato ai membri subordinati se non debolezza, disunione e confusione. A consolidare questa parte del piano, l'assemblea è venuta recentemente nella determinazione che nemmeno due delle repubbliche debbano avere lo stesso comandante in capo.

    A chi veda le cose nel loro insieme la preponderanza di Parigi così costituita apparirà un elemento di debolezza generale. È suo vanto aver adottato una politica geometrizzante; che tutti i principi di amministrazione locale saranno aboliti (i che le popolazioni cesseranno di chiamarsi Guasconi, Piccardi, Brettoni, Normanni, per non esser più che Francesi con una sola patria, un solo cuore, una sola assemblea. Ma anziché essere tutti francesi, è più probabile che gli abitanti di quella terra resteranno in breve senza patria. Nessuno rimase mai attaccato con un senso d'orgoglio patrio, di preferenza nativa o di vera affezione, a una determinazione territoriale misurata come una superficie geometrica, né potrà mai gloriarsi di appartenere allo scacchiere N. 71 o a qualunque altra divisione del genere. I nostri affetti civili hanno principio nella famiglia. Nessuno che sia freddo come parente sarà zelante come cittadino. Passiamo in seguito alle relazioni coi vicini e alle amicizie abituali nella provincia. Queste sono come alberghi e luoghi di sosta. Tali divisioni del nostro paese, derivando da una formazione spontanea ed abitudinaria e non da improvvisa imposizione dell'autorità, sono come tante piccole immagini della grande patria in cui il cuore trova qualche cosa che intimamente lo appaga. L'amore al tutto non è ucciso da questa parzialità subordinata. Forse questa è una specie di avviamento graduale ed essenziale a quei sentimenti più alti e più vasti, grazie ai quali soltanto l'uomo può giungere a interessarsi della prosperità di un regno così esteso come la Francia con lo stesso amore che egli porrebbe agli interessi propri. In tutto questo territorio, come nei vecchi nomi delle provincie, i cittadini sono attaccati ai vecchi pregiudizi e alle istintive abitudini, non alle proprietà geometriche della sua configurazione. Il predominio e il potere della città di Parigi terranno certamente insieme queste provincie finché essi dureranno. Ma, per le ragioni che ho già dato, io penso che non dureranno a lungo.

    Passando dai principi che determinarono la creazione e l'amalgama civile di questa costituzione all'esame dell'Assemblea Nazionale, che deve apparire e agire come sovrana, noi vediamo un organismo provvisto di tutti i poteri e non sottoposto ad alcun controllo esterno. Vediamo un organismo senza leggi fondamentali, senza massime stabilite, senza norme disciplinari di procedura, in cui nulla può coordinarsi saldamente a un qualunque sistema. L'idea del potere è sempre attinta agli estremi della competenza legislativa e i casi di ordinaria amministrazione vengono trattati come casi eccezionali della più urgente necessità. La futura assemblea sarà, per molti riguardi, come l'attuale; ma per il sistema delle nuove elezioni e la tendenza della nuova circolazione essa sarà liberata anche da quel minimo di controllo interno che ancora esiste per virtù di una minoranza scelta in origine da svariati interessi e che ancora conserva qualche cosa del loro spirito. La prossima assemblea sarà, se possibile, peggiore dell'attuale. Questa, distruggendo e alterando ogni cosa, lascerà ai suoi successori apparentemente più nulla da fare in senso democratico. Dall'emulazione e dall'esempio coloro saranno spinti alle più ardite e assurde imprese. E ridicolo supporre che un'assemblea simile possa sedere in perfetta tranquillità.

    I vostri legislatori che a tutto arrivano, nella loro fretta di far tutto in una volta, hanno dimenticato una cosa che mi pare essenziale e che credo non sia mai stata omessa precedentemente, in teoria o in pratica, da nessun organizzatore di regimi repubblicani. Essi hanno dimenticato di costituire un Senato o qualche cosa che abbia tale natura e carattere. Mai, prima d'ora, si era sentito di un corpo politico, composto di un'assemblea legislativa coi suoi ufficiali esecutivi, che non fosse accompagnata da un tale consesso e priva di elementi costituzionali a cui gli stati esteri potessero far capo nei loro rapporti e a cui il popolo potesse rivolgersi nelle ordinarie funzioni di governo; qualche cosa che potesse dare direzione e solidità, salvare almeno la coerenza nella linea di condotta dello Stato. Un organismo quale i Re tenevano generalmente a scopi consultivi. Una monarchia può esistere senza di esso, ma esso sembra far parte della vera essenza di un governo repubblicano. È una specie di medio proporzionale tra il supremo potere esercitato dal popolo o dai suoi immediati rappresentanti e il potere semplicemente esecutivo. Di questo non vi sono tracce nella vostra costituzione ; e non avendo provveduto ad alcunché di simile i vostri Soloni e i vostri Numa hanno, ancor più che in altro, rivelata, una sovrana incapacità.

    Consideriamo ora quanto essi hanno fatto per la formazione di un potere esecutivo. Per questo hanno scelto un re degradato. Questo loro primo funzionario esecutivo dev'essere una macchina senza alcuna specie di libertà in materia deliberativa, in qualunque atto della sua funzione. Al più, egli non è che un mezzo per trasmettere all'assemblea nazionale ciò che ad essa può importare di sapere. Se egli fosse stato l'unico mezzo, il suo potere non sarebbe stato senza importanza, quantunque infinitamente pericoloso per quelli che avessero scelto di esercitarlo. Ma i rapporti pubblici e la notizia dei fatti possono giungere all'assemblea con uguale autenticità attraverso qualunque altro mezzo. D'altra parte, quanto ai mezzi per dare un indirizzo alle deliberazioni mediante l'esposizione di un relatore autorizzato, questo ufficio di informazioni è nullo.

    Consideriamo il progetto francese di un potere esecutivo naturalmente suddiviso in due rami, civile e politico. Nel primo bisogna osservare che, secondo la nuova costituzione, la parte più alta della giurisdizione, in ciascuna delle sue suddivisioni, non è concentrata nel re. Il re in Francia non è la fonte della giustizia. Né il giudice di tribunale, né quello d'appello sono nominati da lui. Egli non propone i candidati né può negare la sua approvazione alla scelta. Non è nemmeno il pubblico accusatore. Egli serve solamente come notaio per autenticare la scelta dei giudici nei vari distretti. Deve eseguire le loro sentenze per mezzo dei suoi funzionari. Se consideriamo la vera natura della sua autorità, egli ci appare nulla più che un capo di subalterni d'infimo rango: sergenti dei mazzieri, poliziotti, carcerieri e boia. È impossibile mettere qualche cosa, come suoi dirsi, di regale in una situazione più degradante. Sarebbe stato mille volte meglio per la dignità di questo disgraziato principe ch'egli non avesse avuto niente a che fare con l'amministrazione della giustizia, menomato com'egli è di tutto quanto c'è di venerabile, di tutto quanto c'è di consolante in questa funzione. Senza il potere di iniziare alcun processo, senza quello di sospendere, di mitigare, di perdonare. Quanto di più vile e di più odioso esiste nella amministrazione della giustizia è gettato su di lui. Non per nulla l'assemblea si è data tanta pena per togliere a certe funzioni la loro impronta; perché essa aveva deciso di mettere la persona ch'era stata il suo re, in una situazione che soltanto superasse di grado quella di carnefice, pure essendovi quasi equiparata per analogia di funzione. Non è più possibile che il re di Francia, situato com'è ora, possa rispettarsi ed esser rispettato.

    Esaminiamo questo nuovo funzionario esecutivo dal lato del suo potere politico, in quanto agisce sotto gli ordini dell'assemblea nazionale. Rendere esecutive le leggi è funzione regale; far eseguire gli ordini non è da re. Tuttavia una funzione politica esecutiva, per quanto esclusivamente tale, eppure sempre una carica di grande fiducia. È infatti una mansione che fa molto affidamento sul suo fedele e diligente disimpegno tanto da parte della persona che vi presiede quanto da tutti coloro che ne dipendono. I mezzi per adempiere questo dovere dovrebbero esser fissati in via regolamentare e si dovrebbero statuire disposizioni generali per tutte le circostanze relative all'esercizio della funzione. Questa dovrebbe esser circondata di dignità, di autorità e di considerazione, nonché circonfusa di un'aureola gloriosa. Il potere esecutivo implica la necessità di una sufficiente energia d'azione. I compiti del potere non saranno adempiuti con l'impotenza. Che sorta di persona può essere un re che deve comandare i servizi esecutivi e non ha mezzo alcuno per ricompensarli? Non con un ufficio permanente, non con una concessione territoriale, non con una pensione di cinquanta sterline all'anno, non con il pili inutile e il più piccolo dei titoli. Il re in Francia non è la fonte degli onori, più ch'egli non sia quella della giustizia. Tutte le ricompense, tutte le distinzioni sono in altre mani. Quelli che servono il re non possono esser mossi da altri naturali motivi che dalla paura; paura di qualunque cosa, fuorché del proprio padrone. Le sue mansioni di coercizione interna sono così odiose come quelle che esercita nel campo della giustizia. Se vi sono sussidi da concedere a qualche municipalità è l'assemblea che li da. Se si devono mandare truppe per ridurre le municipalità all'obbedienza è il re che deve fare eseguire l'ordine; e, in ogni occasione egli deve macchiarsi del sangue del suo popolo. Egli non ha diritto di veto, bensì il suo nome e la sua autorità devono servire a rendere coercitiva l'esecuzione di ogni crudele decreto.

    E non basta: dovrà concorrere al macello di coloro che tenteranno di liberarlo dalla sua prigionia o mostreranno il minimo attaccamento alla persona o alla sua antica autorità.

    La magistratura esecutiva dovrebbe essere costituita in modo che coloro che la compongono siano disposti ad amare e venerare quelli a cui sono obbligati ad obbedire. Una trascuratezza voluta, o peggio, un'obbedienza letterale, ma perversa, e maligna, può produrre la rovina della deliberazione più saggia. La legge tenterà invano di prevenire o di reprimere queste trascuratezze studiate o questo zelo fraudolento. Rendere gli uomini zelanti non è di competenza della legge. I re, anche quando sono dei veri re, possono e devono tollerare la libertà di quelli che sono alle loro dirette dipendenze. Essi possono anche, senza diminuirsi, tollerare persino l'autorità di quegl'individui, se ciò favorisce il loro servizio. Luigi XIII odiava mortalmente il Cardinale di Richelieu; eppure il fatto ch'egli lo sostenne contro i suoi rivali fu la fonte di tutta la gloria del suo regno e la solida base del suo trono stesso. Luigi XIV, quando salì al trono, non amava il Cardinale Mazarino; ma, nel proprio interesse, lo lasciò al potere. Vecchio, egli detestava il Louvois, ma per anni lo sopportò poiché fedelmente serviva la sua grandezza. Quando Giorgio II introdusse il Pitt, che non gli era certo simpatico, nel suo consiglio, nulla fece che apparisse umiliante per la saggezza di un sovrano. Ma questi ministri scelti dall'interesse, non dall'affezione, agirono nel nome e per. la fiducia dei re; e non come loro padroni dichiarati, costituzionali ed evidenti. Credo impossibile che qualunque re, una volta vinto il primo terrore, possa sinceramente infondere vivacità e vigore in provvedimenti ch'egli sa dettati da persone le quali, egli deve esserne convinto, sono al massimo grado mal disposte verso di lui. Potranno dei ministri che servono un tale re (o in qualunque altro modo lo si voglia chiamare) con un'apparenza appena decente di rispetto, obbedire di cuore agli ordini di coloro che, solo l'altro giorno, in suo nome, avevano mandato alla Bastiglia? Obbediranno agli ordini di quelli che essi pensavano di trattare con indulgenza, proprio mentre esercitavano verso di loro una dispotica giustizia, ed ai quali, colla prigione, ritenevano di aver provvisto un asilo? Se voi vi aspettate una simile obbedienza, insieme alle altre vostre innovazioni e miglioramenti dovrete fare una rivoluzione nella natura e provvedere a una nuova costituzione per l'anima umana. Altrimenti il vostro governo supremo non sarà in armonia col vostro sistema esecutivo. Vi sono dei casi in cui non si può far a meno di nomi e di astrazioni. Voi potete chiamare nazione una mezza dozzina di capi che noi abbiamo dei motivi per temere e per odiare. Non avrete raggiunto altro scopo se non quello di renderli ancor più temibili e odiosi.
    Se si fosse pensato giustificabile e conveniente fare una tale rivoluzione con quei mezzi e con quelle persone, come voi avete fatto la vostra, sarebbe stato più saggio portare a compimento l'impresa del 5 e del 6 ottobre. Il nuovo ufficiale esecutivo avrebbe allora dovuto la sua posizione a coloro che erano stati suoi creatori, così come suoi padroni. Ed egli potrebbe essere in una società a delinquere, legato dall'interesse e (se nel delitto possono sussistere virtù) anche dalla gratitudine, trovandosi costretto a servire coloro che l'avevano elevato a un posto di grandi guadagni, di lussuosi favori: perché più ancora egli avrebbe ricevuto da coloro, che certamente . non avrebbero posto dei limiti a una creatura da loro stessi elevata come invece hanno fatto con un rivale sottomesso.

    Un re, messo nella condizione dell'attuale, se è talmente istupidito dalle disgrazie da considerare come un premio e un privilegio, e non come una necessità della vita, il mangiare e il dormire senza preoccuparsi del proprio oliere e della gloria, non sarà mai adatto all'ufficio che occupa. Ma, se egli gente come gli uomini comunemente sentono, deve capire che in un ufficio così posto, egli non avrà mai né fama né riputazione. Egli non avrà generosi motivi che possano incitarlo all'azione. Nel migliore dei casi la sua condotta sarà passiva e difensiva. Al popolo minuto un posto simile potrà parere onorifico. Ma giungere ad esso provenendo dal basso od esservi abbassato provenendo dall'alto sono cose differenti e che provocano opposti sentimenti. Nomina egli in realtà i ministri? Essi avranno della simpatia per lui. Gli sono essi imposti? Tutte le relazioni tra questi e il re nominale saranno di reciproca reazione. In tutti gli altri paesi la carica di ministro di stato è della più alta dignità. In Francia essa è piena di pericoli e non suscettibile di gloria. E tuttavia, pur nella loro nullità, questi ministri avranno dei rivali, poiché la bassa ambizione esiste nel mondo e il desiderio di un miserabile salario è incentivo all'avidità di corte vedute. A questi oppositori dei ministri in carica è reso possibile dalla vostra costituzione attaccarli nelle parti vitali, laddove essi non hanno altro mezzo per difendersi contro gli attacchi se non quello di costituirsi sotto la veste abbietta di criminali in stato d'accusa. I ministri di Stato in Francia sono le uniche persone nel paese che non abbiano parte nei consigli razionali. Quali ministri! Quali consigli! Quale nazione: "Ma — si controbbietta — sono responsabili!". Ben piccolo vantaggio si può ottenere dalla responsabilità. L'elevazione spirituale che si può derivare dalla paura non ha mai reso gloriosa una nazione. La responsabilità previene i delitti. Essa rende pericoloso ogni attentato contro le leggi. Ma nessuno, salvo gli idioti, può pensare che essa serva d'incentivo a un servizio attivo e zelante. Si deve affidare il comando di una guerra ad un nomo che ne aborrisce il principio medesimo, che con ogni suo sforzo inteso a farla riuscire rafforza il potere di quelli medesimi dai quali egli è oppresso? Vorranno gli stati stranieri trattare seriamente con uno che non ha prerogative di pace o di guerra; che non ha neppure un solo voto per se stesso o per i suoi ministri o per chiunque sul quale possa esercitare dell'influenza? Una situazione di disprezzo non è adatta per un principe: meglio liberarsene subito.

    So che si dirà che tali disposizioni nella corte e nel governo esecutivo dureranno solo per questa generazione e che il re è stato tenuto a dichiarare che il Delfino sarà educato conformemente alla sua posizione. Se questo dovesse realmente avvenire, egli non avrà educazione di sorta. Sarà allevato ancor peggio di un monarca assoluto. Se saprà leggere, ed anche se sarà analfabeta, qualche genio buono o cattivo gli dirà che i suoi antenati furono dei re. Da allora il suo scopo sarà di affermarsi e vendicare i suoi genitori. Voi direte che questo non è il suo dovere. Può darsi; ma è un fatto conforme a Natura e mentre aizzate la Natura stessa contro di voi, non agite saggiamente facendo fidanza sul principio etico del Dovere. In questo futile programma politico, lo stato nutre nel suo seno, per il presente, una fonte di debolezza, di perplessità, di antagonismo, di inefficienza, di decadenza; e prepara gli strumenti per la sua rovina finale. In breve, io nulla vedo nella forza esecutiva (non posso chiamarla autorità) che abbia anche solo l’apparenza del vigore e che abbia, sia pure in minimo grado, la giusta corrispondenza o la relazione d'armonia con il supremo potere, cori come ora esiste o come è progettato per il governo futuro.

    Voi avete fissato con un sistema economico altrettanto pervertito quanto quello politico, due istituzioni di governo; una reale, una fittizia. Entrambe mantenute con grande dispendio; ma la fittizia, io penso, con dispendio anche maggiore. Una macchina come quest'ultima non vale il grasso delle sue ruote. La spesa è esorbitante, e né l'apparenza estrinseca né l'utilità intrinseca né valgono la decima parte. Ma — si obbietta ancora — io non rendo giustizia ai meriti dei legislatori! non concedo nulla, come dovrei, alla necessità! Il loro progetto di forza esecutiva non l'hanno scelto loro. Questo apparato bisognava conservarlo. Il popolo non avrebbe acconsentito a separarsene! Giusto: io vi comprendo. Voi, non ostante le vostre grandiose teorie a cui vorreste che cielo e terra s'inchinassero, sapete come conformarvi alla natura e alle circostanze delle cose. Ma dal momento che siete stati costretti a conformarvi così alle circostanze, avreste dovuto spingere più oltre la vostra sottomissione e rendere quello, di cui eravate obbligati a servirvi, uno strumento adatto e utile al suo scopo. Ciò era in vostro potere. Per esempio, tra le molte altre cose, era in vostro potere di lasciare al re il diritto di guerra e di pace. Come! — direte — Lasciare al magistrato esecutivo la più pericolosa di tutte le prerogative? Io non ne conosco alcuna più pericolosa, né alcuna che più di questa fosse necessario affidare a lui. Non dico che tale prerogativa dovesse essere affidata al vostro re, a meno ch'egli godesse insieme di altri privilegi ausiliari che ora non ha più. Ma se egli li avesse posseduti, per arrischiati che fossero, indubbiamente sarebbero sorti da siffatta costituzione vantaggi tali da compensare ampiamente il rischio. Non c'è altro mezzo per impedire alle varie potenze d'Europa di intrigare separatamente e personalmente coi membri della vostra assemblea, di immischiarsi in tutto quanto vi riguarda e di fomentare nel cuore del vostro paese la più pericolosa di tutte le discordie: quella provocata dalla azione interessata di potenze straniere. Da questo, che è il peggiore dei mali, grazie a Dio noi siamo ancora salvi. La vostra abilità, se ne avete, sarebbe ben impiegata nell'escogitare indiretti correttivi e controlli su questo pericoloso privilegio. Se a voi non piacevano quelli che in Inghilterra abbiamo scelto, i vostri capi avrebbero potuto esercitare le loro attività in modo migliore. Se fosse necessario documentare per via di esempi le conseguenze di un governo esecutivo, qual è quello che presso di voi agisce, nel maneggio dei grandi affari, vi potrei Indirizzare ai recenti rapporti del De Moutmorin all'assemblea nazionale; e a tutti gli altri procedimenti relativi alle controversie tra la Gran Bretagna e la Spagna. Ma l'indicarvi una documentazione del genere sarebbe trattare con poco riguardo la vostra capacità intellettuale.

    Sento che le persone chiamate ministri hanno espresso l'intenzione di dare le loro dimissioni. Sono piuttosto stupito che non l'abbiano fatto da molto tempo. Io non sarei stato nella situazione in cui essi sono stati in questi dodici mesi scorsi. Essi, ne sono certo, bene auguravano alla Rivoluzione. Ma lasciamo andare questo; non potevano, situati com'erano in posto eminente, sebbene si trattasse di una eminente umiliazione, non essere i primi a vedere tutti insieme e a sentire, ciascuno nel proprio dicastero, i mali prodotti da quella rivoluzione. In ogni passo ch'essi facevano o tolleravano si facesse, devono aver sentito la diminuita posizione della, loro patria e la loro totale incapacità a servirla. Ministri come quelli si trovano in una specie di servitù subordinata, in cui prima d'essi non fu mai visto nessun uomo. Senza la confidenza del sovrano, a cui furono imposti, o dell'assemblea, che li impose a lui, tutte le funzioni nobili del loro ufficio sono esercitate da comitati dell'assemblea, senza alcun riguardo alla loro ufficiale o personale autorità. Essi devono eseguire senza potere; sono responsabili senza discrezione; devono deliberare senza scelta. Nella loro imbrogliata situazione, sotto due sovrani, senza alcuna influenza su nessuno dei due, devono agire in modo tale che significa (In realtà, comunque essi lo intendano) tradire un po' l'uno un po' l'altro, e tradire sempre se stessi. Tale è stata la loro posizione; tale sarà la posizione di quelli che loro succederanno. Io ho molto rispetto e auguro molto bene al Necker. Gli sono obbligato per le sue gentilezze e quando i suoi nemici l'hanno cacciato da Versaille? ho pensato che il suo esilio meritasse le più serie congratulazioni — “sed multae urbes et pubblica vota vicerunt”. — Egli siede ora sulle rovine delle finanze e della monarchia di Francia.

    Molto più ancora potrebbe essere osservato sulla strana costituzione del ramo esecutivo del nuovo governo; ma la stanchezza pone limite alla discussione di argomenti che sarebbero in sé inesauribili.

    Altrettanto poco genio e capacità io riesco a trovare nella riforma dell'ordinamento giudiziario proposta dall'assemblea nazionale. Secondo i loro metodi invariabili, gli organizzatori della vostra costituzione hanno incominciato con la completa abolizione dei parlamenti. Queste venerabili istituzioni, come tutta la rimanente struttura del vecchio governo, avevano bisogno di riforme anche se non vi fosse stato alcun cambiamento nella monarchia. Esse ne richiedevano ancor più per adattarsi al sistema di una libera costituzione. Ma nella loro struttura c'erano dei particolari, e non pochi, che per la loro saggezza meritavano approvazione. Esse possedevano un valore intrinseco ed eccellente: erano indipendenti. La qualità più dubbia, inerente al loro ufficio, quella di essere i seggi vendibili, contribuiva tuttavia a questa indipendenza di carattere. Duravano a vita. Davvero si potrebbe dire che si trasmettevano per eredità. Distribuiti dal monarca, erano considerati presso che fuori del suo potere. Gli sforzi più risoluti di quell'autorità contro di essi non facevano che mostrare di più la loro radicale indipendenza. Formavano organismi politici permanenti, costituiti per resistere contro le innovazioni arbitrarle; e, per la loro costituzione corporativa, e per la maggior parte delle loro disposizioni, essi erano giustamente considerati tali da aggiungere sicurezza e stabilità alle leggi. Sono stati un afillo sicuro per queste leggi attraverso tutte le vicissitudini che hanno rivoluzionato tendenza ed opinioni. Hanno salvato questo sacro deposito della patria durante il regno di principi assoluti e le lotte di partiti dispotici, mantenendo viva la memoria della costituzione.

    Cosicché furono la grande garanzia della proprietà privata, che, si può dire, quando la libertà individuale non esisteva, era di fatto così ben guardata in Francia come in ogni altro paese. Qualunque sia il supremo potere dello Stato, esso dovrebbe costituire quanto più è possibile la autorità giudiziaria in modo che sia affatto indipendente, non solo, ma possa equilibrarne le funzioni per contrappeso. Essa dovrebbe garantire l'esercizio Imparziale della giustizia contro ogni prevaricazione dell'esecutivo. Dovrebbe fare della sua giurisdizione qualche cosa di esterno allo stato.

    Questi parlamenti hanno fornito, non certo il migliore, ma tuttavia qualche considerevole correttivo agli eccessi e ai difetti della monarchia. Una tale giurisdizione indipendente era dieci volte più necessaria quando la democrazia diventò il potere assoluto del paese. In codesta costituzione i giudici elettivi, transitori e locali come voi avete stabilito, con l'esercitare le loro funzioni subordinate in una ristretta società saranno il peggiore di tutti i tribunali. In essi sarà inutile cercare qualche apparenza di giustizia verso gli stranieri, verso i ricchi sottomessi, verso la minoranza dei partiti sconfitti, verso tutti coloro che nelle elezioni hanno sostenuto candidati non riusciti. Sarà impossibile preservare i nuovi tribunali dalle contaminazioni della peggiore faziosità. Noi sappiamo per esperienza che tutte le combinazioni di scrutinio segreto sono espedienti vani e fanciulleschi quando si tratti di impedire il broglio elettorale. Quando pure esse riescano nel modo migliore al loro scopo di tenere il segreto, generano sospetti, e questa è una causa di parzialità ancor più dannosa.

    Se il parlamento fosse stato conservato invece di esser disciolto con un cambiamento così rovinoso per la nazione, avrebbe potuto servire, nella nuova repubblica, torse non precisamente agli stessi (non intendo fare un esatto parallelo) ma quasi agli stessi scopi della corte e del senato dell’Areopago in Atene; cioè come misura e correttivo ai mali di una capricciosa e ingiusta democrazia. Tutti sanno che quei tribunale era il gran sostegno dello stato; tutti sanno con quanta cura esso era mantenuto e da quanto religioso rispetto reso sacro. Il parlamento non era completamente libero dai partiti, lo ammetto; ma questo male era esteriore e accidentale e non intaccava la costituzione intrinseca, come lo sarà nella vostra nuova combinazione di legislature elettive per uno spazio di sei anni. Parecchi inglesi lodano l'abolizione dei vecchi tribunali, quasi supponendo che decidessero tutto con la frode e la corruzione. Ma essi avevano sostenuto la prova tanto in regime monarchico quanto in repubblicano. La corte era ben disposta a provare la corruzione di questi corpi quando vennero disciolti nel 1771. E coloro che li avevano sciolti di nuovo avrebbero fatto lo stesso se avessero potuto; ma, essendo entrambe le inchieste risultate d'esito negativo, io concludo che fatti di grave corruzione dovevano essersi prodotti ben raramente.

    Sarebbe stato prudente conservare insieme al parlamento, il suo antico potere di ratifica e di censura, almeno su tutti i decreti dell'assemblea nazionale, come si faceva ai tempi della monarchia. Sarebbe stato un mezzo per adattare gli occasionali decreti della democrazia a qualcuno dei prìncipi di generale giurisprudenza. Vizio delle vecchie democrazie, da annoverarsi tra le cause della loro rovina, fu il loro modo di governare, come voi fate, per mezzo di decreti occasionali, psephismata. Questo sistema urta ben presto contro il valore e la coerenza delle leggi; abolisce il rispetto del popolo verso di esse; e finisce col distruggerle completamente.

    Il conferire la facoltà di censurare — (che ai tempi della monarchia esisteva nel parlamento di Parigi), — alla persona del vostro principale ufficiale esecutivo, che a dispetto del senso comune voi perseverate a chiamare re, è il culmine dell'assurdo. Voi non dovreste mai tollerare dei rimproveri da chi deve eseguire. Questo si chiama non capire né il potere legislativo, né l'esecutivo; né l'autorità, né l'obbedienza. La persona che chiamate re dovrebbe non avere questo potere oppure averne di più.

    La vostra attuale organizzazione è strettamente giudiziaria. Invece di imitare la vostra monarchia e far sedere i vostri giudici su un piano di indipendenza, è vostro scopo di ridurli alla più cieca obbedienza. Così come avete cambiato tutto, voi avete inventato nuovi principi di ordini. Prima, nominate dei giudici che, suppongo, devono decidere in conformità alla legge, e poi lasciate loro capire che, una volta o l'altra, essi avranno da decidere secondo qualche legge data da voi. Qualunque studio essi abbiano fatto, se pure ne hanno fatto qualcuno, sarà inutile. Ma per completare questi studi essi dovranno giurare di obbedire a tutti i regolamenti, gli ordini e le istruzioni che riceveranno di quando in quando dall'assemblea nazionale. Se accettano, l'assemblea non lascerà ad essi posto per la legge. Essi diventano completi e pericolosi strumenti nelle mani del potere governante che, a metà di una causa o durante l'istruzione di essa, può cambiare interamente la norma della decisione. Se questi ordini dell'assemblea nazionale si trovano a essere contrari alla volontà del popolo che sceglie localmente i giudici, ne nascerà una confusione, terribile al solo pensarvi. Perché i giudici devono il loro posto alle autorità locali; e i comandi, ai quali hanno giurato di obbedire, provengono da coloro che non ebbero parte alcuna nella loro nomina. Nello stesso tempo essi hanno l'esempio della corte dello Chatelet per incoraggiarli e guidarli nell'esercizio delle loro funzioni. Questo tribunale giudica i criminali inviati dall'assemblea nazionale, o mandati ad esso per altre vie di delazione. I giudici siedono sotto buona scorta per salvaguardare la loro propria vita. Non sanno in nome di quale legge giudicano, né per quale autorità agiscono, né da chi dipendono. Si suppone che siano talvolta obbligati a condannare a rischio della loro vita. Ciò non è forse certo né può essere accertato; ma quando assolvono sappiamo che essi hanno veduto le persone da loro liberate, impiccate alla porta del loro tribunale con perfetta impunità di chi le impiccò.

    Infatti l'assemblea promise che codesto tribunale avrebbe costituito un organismo legale sbrigativo, semplice, chiaro e così via. Ciò vuol dire che con le sue leggi sbrigative essa lascia molto alla discrezione del giudice, mentre ha rifiutato clamorosamente l'autorità di tutte le competenze che potrebbero rendere la discrezione dei giudici (cosa pericolosa al massimo) meritevole dell'appellativo di salutare discrezione.

    È curioso osservare che i corpi amministrativi sono sottratti con cura alla giurisdizione di questi nuovi tribunali. Vale a dire sono sottratte al potere delle leggi quelle persone che dovrebbero essere le più interamente sottomesse ad esse. Quelli che detengono un mandato di fiducia per l’amministrazione delle finanze pubbliche dovrebbero essere, tra tutti, i più strettamente attaccati al loro dovere. Si sarebbe potuto credere che una delle vostre prime cure, — se non volevate che questi corpi amministrativi divenissero dei veri stati indipendenti e sovrani, — avrebbe dovuto esser quella di costituire un tribunale solenne, come erano i vostri antichi parlamentari, o come il King’s Bench presso di noi, dove tutti i funzionari corporati potrebbero ottenere protezione nel legale esercizio delle loro funzioni, e dove sarebbero repressi gli abusi di potere. Ma la causa dell'esenzione è chiara. Godesti corpi amministrativi sono il grande strumento di cui gli attuali capi si valgono nella loro marcia all'oligarchia traverso la democrazia. Essi dovevano perciò esser posti al disopra della legge. Si dirà che i tribunali legali da voi costituiti sono insufficienti a reprimerli. Lo sono, senza dubbio.

    Essi sono disadatti a ogni funzione ragionevole. Si dirà pure che i corpi amministrativi sono responsabili verso l'assemblea generale. Questo, io temo, è parlare senza aver abbastanza considerata la natura di quell'assemblea o di questi organi. Tuttavia l'essere soggetto al capriccio di quell'assemblea non è essere soggetto alla legge, né per protezione, né per forza.

    Questa sistemazione dei giudici, com’è ancora, richiede qualche cosa per essere completa. Dev'essere coronata da un nuovo tribunale. Questo sarà una grandiosa giurisdizione statale e dovrà giudicare di delitti commessi contro la nazione, cioè contro il potere dell'assemblea. Pare che si abbia in vista qualche cosa della natura dell'alta Corte di Giustizia, eretta in Inghilterra al tempo della grande usurpazione. Poiché non è stata ancor definita questa parte del progetto, è impossibile farsi di esso un giusto giudizio. Tuttavia, se non si avrà gran cura di formarlo con spirito affatto differente da quello che guidò i vostri legislatori nei loro procedimenti relativi alle offese contro lo stato, questo tribunale subordinato alla loro inquisizione, il Comitato delle ricerche, estinguerà le ultime scintille di libertà in Francia e stabilirà la più terribile e assoluta tirannia che una nazione abbia mai conosciuta. Se desiderano dare a questo tribunale una qualunque apparenza di libertà e di giustizia, non devono, a loro piacere, avocare ad esso o mandargli le cause relative ai membri dell'Assemblea. Essi devono anche trasferire la sede di quel tribunale dalla repubblica di Parigi (21).

    Forse che nella costituzione del vostro esercito è stata dimostrata maggior saggezza di quanta se ne possa scoprire nei vostro piano d'ordinamento della giustizia? Un'efficace organizzazione di questo ramo è ancor più difficile e richiede la più grande abilità e attenzione, non solo per la sua grande importanza ma altresì in quanto esso è il terzo principio coesivo nel nuovo corpo di repubbliche che voi chiamate la nazione francese. Veramente non è facile profetizzare che cosa sarà infine questo esercito. Voi ne avete votato uno molto numeroso e con buone paghe, almeno pienamente adeguate ai vostri apparenti mezzi di pagamento. Ma qual è il principio della sua disciplina? A chi dovrà ubbidire? Voi avete preso il lupo per le orecchie ed io immagino la vostra gioia per la felice posizione in cui avete scelto di mettervi e in cui avete buoni argomenti per una libera decisione relativa a quell'esercito o a qualunque altra cosa…

    Il ministro e segretario di stato per la guerra è il De la Tour du Pin. Questo signore, come i suoi colleghi in amministrazione, è il più zelante assertore della rivoluzione e un ardente ammiratore della nuova costituzione che ebbe origine da quell'evento. La sua esposizione dei patti relativi al militarismo in Francia è importante, non solo per la sua ufficiale e personale autorità, ma perché dimostra affatto chiaramente l'attuale condizione dell'esercito in Francia e perché fa luce sui principi che guidano l'assemblea nell'amministrazione di questo critico affare.

    Ciò può metterci in grado di giudicare fino a che punto può essere utile nel nostro paese di imitare la condotta della Francia intorno all'ordinamento dell'esercito.

    Il 4 dello scorso giugno il De la Tour du Pin dà una relazione delle condizioni del suo dicastero, così come si trova sotto l'egida dell'assemblea nazionale. Nessuno è informato meglio di lui, nessuno può dirne meglio. Rivolgendosi all'assemblea nazionale, egli dice: "Sua Maestà mi manda oggi a informarvi dei sempre nuovi disordini di cui ogni giorno riceve le più inquietanti notizie. L'esercito (le corps militaire) minaccia di cadere nella più turbolenta anarchia. Interi reggimenti hanno osato violare improvvisamente il rispetto dovuto alle leggi, al re, all'ordine stabilito dai vostri decreti e ai giuramenti prestati con la più imponente solennità. Obbligato dal mio dovere ad informarvi di questi eccessi, lo faccio col cuore che sanguina, se penso chi sono quelli che li hanno commessi. Coloro contro cui non è in mio potere di reprimere i più dolorosi rimproveri sono una parte di quelle stesse truppe che, fino ad ora, erano state così piene di onore e di lealtà, e con le quali per cinquant'anni ho vissuto da camerata e da amico.

    Quale incomprensibile spirito di delirio e delusione le ha improvvisamente sviate? Mentre voi lavorate instancabilmente a stabilire l'uniformità nell'impero e a modellare il tutto in un corpo coerente e consistente, mentre la Francia impara da voi il rispetto dovuto dalle leggi ai diritti dell'uomo e, insieme, quello dovuto dai cittadini alle leggi, l'amministrazione dell'esercito mostra niente altro che disordine e confusione. Io noto in più di un corpo che i legami della disciplina sono rilassati o rotti; le più inaudite pretese confessate direttamente e apertamente; gli ordinamenti senza forza; i capi senza autorità; la cassa militare e le insegne portate via; la stessa autorità del re (risum teneatis) resa oggetto di provocazioni smargiasse; gli ufficiali disprezzati, degradati, minacciati, cacciati via e alcuni di essi, prigionieri dei loro corpi, conducono una vita precaria in mezzo al disgusto e all’umiliazione. Per colmare la misura di tutti questi orrori, ai comandanti di guarnigione è stata tagliata la gola sotto gli occhi e quasi nelle braccia dei propri soldati.

    Questi mali sono grandi; ma non sono le peggiori conseguenze che possono derivare da una simile insurrezione militare. Presto o tardi essi possono minacciare la stessa nazione. La natura delle circostanze richiede che l'esercito non debba agire che come strumento. Il momento in cui erigendosi a corpo deliberativo esso agirà secondo le sue proprie decisioni, il governo, qualunque esso sia, degenererà immediatamente in una democrazia militare; specie di mostro politico che ha finito sempre per divorare quelli che l'hanno creato.

    Dopo tutto questo, chi non sarà impressionato dalle adunanze irregolari e dai comitati turbolenti, costituiti in qualche reggimento da semplici soldati e sottotenenti, all'insaputa dei loro superiori e persino contro gli ordini dell'autorità; per quanto la presenza e la partecipazione di quei superiori non potrebbe ugualmente dare dell'autorità a tali mostruose assemblee democratiche (comices)?"

    Non occorre aggiungere molto a questa pittura completa; tanto completa quanto lo permette la tela; ma che, come temo, non prende in pieno la natura e la complessità del disordine di codesta democrazia militare che — il ministro della guerra giustamente e saggiamente osserva — dovrebbe essere, dovunque essa esiste, una fedele organizzazione dello stato, sotto qualunque titolo formale essa vada. Che, per quanto egli informi l'assemblea che la parte più considerevole dell'esercito non ha rinnegata la sua obbedienza ma è ancora fedele al dovere, tuttavia quei viaggiatori che hanno viste le truppe nelle migliori condizioni di condotta, osservarono in esse piuttosto l'assenza di uno spirito di rivolta che resistenza di uno spirito di disciplina.

    Non posso a meno di fermarmi un momento a riflettere sulle espressioni di sorpresa usate da questo ministro circa gli eccessi di cui riferisce. A lui l'allontanamento delle truppe dai loro antichi principi di lealtà e di onore sembra quasi inconcepibile. Certamente coloro ai quali egli si rivolge ne conoscono fin troppo le cause. Essi conoscono le dottrine da loro predicate, i decreti che furono emanati al riguardo, le pratiche da loro svolte. I soldati ricordano il 6 di ottobre; ricordano la Guardia Francese. Non hanno dimenticato come sono stati presi i castelli del re a Parigi e a Marsiglia.

    Che i governatori di entrambe le città sono stati impunemente assassinati, è un fatto che non è uscito dalla loro mente. Non dimenticano i principi dell'uguaglianza degli uomini così ostentatamente e laboriosamente stabiliti. Non possono chiudere gli occhi davanti alla degradazione dell'intera nobiltà francese e all'abolizione della stessa idea di gentiluomo. La completa abolizione dei titoli e delle distinzioni non è loro passata inosservata. Ma il De la Tour du Pin è stupito della loro slealtà, dal momento che i dottori dell'assemblea hanno loro insegnato contemporaneamente il rispetto dovuto alle leggi. È facile giudicare quale dei due insegnamenti verosimilmente seguiranno uomini con le armi in mano. Quanto all'autorità del re possiamo imparare dal ministro stesso — se pure ogni prova su tale oggetto non è del tutto superflua, — che essa non è tenuta in maggior considerazione da quelle truppe di quanto non lo sia da tutti gli altri.

    — "Il re — egli dice — ha ripetuto fino alla sazietà i suoi ordini per mettere un fine a questi eccessi; ma in un momento di crisi così terribile il vostro concorso (cioè quello dell'Assemblea) è diventato assolutamente indispensabile per evitare i mali che minacciano lo stato. Voi unite alla forza del potere legislativo, quella dell'opinione pubblica, ancor più importante". E ciò per essere certi che l'esercito non può avere opinione alcuna circa il potere o l'autorità del re. Forse il soldato ha imparato in questo tempo che la stessa assemblea non gode di una libertà molto superiore a quella del re.

    Bisogna ora vedere che cosa si è proposto di fare in quella necessità, una delle più gravi che si possano verificare in uno stato. Il ministro fa appello all'assemblea perché si adorni di tutta la sua terribilità e chiami a raccolta la sua maestà. Egli chiede che i gravi e severi principi enunciati dell'assemblea stessa diano vigore alla proclamazione del re. Dopo ciò noi avremmo dovuto aspettarci di vedere all'opera i tribunali civili e militari con l'abolizione di qualche corpo, la decimazione di altri e tutti i terribili mezzi dettati in questi casi dalla necessità per arrestare il progredire del più terribile di tutti i mali; specialmente ci si poteva aspettare una seria inchiesta sull'assassinio dei comandanti compiuto alla presenza dei loro stessi soldati. Invece non una parola di questo né di qualche cosa di simile. Dopo essersi sentiti dire che le soldatesche calpestavano i decreti dell'assemblea promulgati dal re, l'assemblea emana nuovi decreti e autorizza il re a nuovi proclami. Dopo che il segretario al dicastero della guerra ha stabilito che i reggimenti non hanno tenuto conto di giuramenti pretés avec la plus imposante solemnité — essi propongono — che cosa? Altri giuramenti. Rinnovano decreti e proclami via via che ne sperimentano l'insufficienza, come moltiplicano i giuramenti quanto più fanno apparire deboli nella mente degli uomini le sanzioni della religione. Io spero che pratici riassunti degli eccellenti sermoni di Voltaire, d'Alembert, Diderot e Helvetius sull'immortalità dell'anima, su una speciale Provvidenza che sovraintende e su uno stato futuro di premio e di pena, siano stati mandati ai soldati all'atto dei loro giuramenti civici. Di questo non ho dubbio, come so che un certo genere di letture forma parte considerevole dei loro esercizi militari, e che essi sono abbondantemente forniti di fogli polemici come di cartucce.

    A prevenire i danni derivanti da cospirazioni, adunanze irregolari, comitati sediziosi e mostruose assemblee democratiche (comitia comices) dei soldati, e tutti i disordini derivanti dall'ozio, dalla lussuria, dalla dissipazione e dalla insubordinazione, credo siano stati usati i più strabilianti mezzi che mai gli uomini abbiano visto, pur tra tutte le invenzioni di questa feconda epoca. Nientemeno che questo: — II re ha promulgato direttamente, in circolari a tutti i reggimenti, la sua volontà e il suo incoraggiamento a che i vari corpi si riuniscano ai circoli e alle associazioni delle varie municipalità e si mescolino ad essi nelle feste e nei civici trattenimenti. Questa allegra disciplina deve servire, pare, per addolcire la ferocia dei loro animi, per conciliarli con i loro compagni d'altra specie e per assorbire in una associazione più generale le particolari cospirazioni.

    Io posso facilmente credere che questo rimedio sarà stato caro ai soldati, così come li descrive il De la Tour du Pin; e che, pur essendo ribelli in altro modo, ai saranno doverosamente sottomessi a questi reali proclami. Ma io mi domando se tutti questi civici giuramenti, queste riunioni in circoli, queste feste li avranno disposti, più di quanto lo siano adesso, a obbedire ai loro ufficiali o insegnato loro meglio a sottomettersi alle austere regole della disciplina militare. Questo li renderà ammirabili cittadini alla moda di Francia, ma non altrettanto buoni soldati secondo la moda universale. Un dubbio potrà sorgere, se tali conversazioni da fine tavola saranno di molto giovamento per conferire loro quel carattere di puri strumenti che (giusta l'osservazione di quell'ufficiale veterano e uomo di stato) dev'essere il carattere precipuo di un esercito, secondo la natura intrinseca delle cose.

    Riguardo alla verosimiglianza di questo perfezionamento nella disciplina per mezzo delle libere conversazioni con le festose società municipali, così ufficialmente incoraggiate dalla reale autorità, noi possiamo giudicare dalle condizioni delle stesse municipalità, rese note dal ministro della guerra nel suo discorso. Egli nutre buone sperante sul successo dei suoi sforzi per il presente ristabilimento dell'ordine, grazie alle buone disposizioni di certi reggimenti, ma non vede chiaro nel futuro. Quanto a prevenire il ritorno della confusione, l'amministrazione (egli dice) non può su questo punto essere responsabile davanti a voi finché le municipalità si arrogheranno sopra le truppe un'autorità che secondo le vostre istituzioni sarebbe totalmente riservata al monarca. Voi avete fissato i limiti dell'autorità militare e di quella municipale, avete collegata l'azione da voi permessa alla seconda nulla prima, al diritto di requisizione; ma né la lettera né lo spirito dei vostri decreti autorizzarono mai i semplici membri di queste municipalità a sospendere gli ufficiali, a giudicarli, a dare ordini ai soldati, a cacciarli dai posti loro assegnati come guardia, a fermarli nelle loro marce ordinate dal re, o, in una parola, a rendere le truppe schiave del capriccio di ciascuna città, fosse pure città sede di mercato, attraverso la quale esse avessero a passare.

    Tale il carattere e la disposizione della società municipale che deve riformare le soldatesche, ricondurle all'osservanza dei veri principi dì subordinazione militare e renderle come macchine nelle mani del supremo potere del paese! Tali i mali delle truppe francesi! Tale la loro cura! E come l'esercito, così la marina. Le municipalità eludono gli ordini dell'assemblea; e i marinai, a loro volta, eludono gli ordini delle municipalità. Di tutto cuore io commisero la condizione di un rispettabile servitore del pubblico, com'è questo ministro della guerra, il quale si trova obbligato nella sua vecchiaia a brindare alla salute dell'assemblea bevendo nelle sue civiche coppe e a prendere parte con la sua testa canuta a tutte le più fantastiche stravaganze commesse da quei giovani politicanti. Simili avventure politiche non possono intonarsi con i criteri e i punti di vista di un uomo che ha vissuto cinquanta anni in mezzo all'esperienza del mondo. Esse assomigliano piuttosto a quelle che si possono aspettare dai grandi arrivisti della politica, i quali avanzano saltando gli scalini della loro carriera pubblica ed hanno una grande sicumera ed una fanatica presunzione dì infallibilità su tutto e su tutti. È appunto uno dei loro dottori che ha creduto utile, tra grandi applausi e grandi ovazioni, esortare l’assemblea perché non dia retta ai vecchi e a nessuna persona che si valga della propria esperienza. Io suppongo che tutti i ministri di stato debbano apprezzare e seguire questa massima, abiurando completamente l'errore e l'eresia di guidarsi secondo i dettami dell'esperienza e dell'osservazione. Ognuno ha i suoi gusti. Ma a me pare che, se non potessi raggiungere la saggezza, vorrei almeno conservare qualche cosa della rigida e definitiva dignità dell'età. Questi signori trafficano in rigenerazione; ma a nessunissimo prezzo io offrirci le mie anchilosate membra per essere rigenerato da loro; né comincerei nella mia avanzata, critica età a strillare nei loro nuovi accenti o a balbettare in una seconda culla i suoni elementari della loro barbara metafisica (22). "Si isti mihi largiantur ut repuerescam, et in eorum cunis vagiam, valde recusem!"

    L'imbecillità del puerile e pedantesco sistema che essi chiamano costituzione, considerato in una sua parte determinata, non può essere messa in chiaro senza che vi si scopra tutta l'insufficienza e il danno che può derivarne per le altre parti con le quali venga a contatto, o che abbiano anche la più remota relazione con la prima. Voi non potete proporre un rimedio per l’incompetenza della corona senza rendere palese la debolezza dell’assemblea. Voi non potete deliberare sulla confusione dell’esercito di stato, senza scoprire i peggiori disordini delle municipalità armate. L'anarchia militare fomenta quella, civile; quella civile tradisce l’anarchia militare.

    Io desidero che tutti esaminino con cura l'eloquente discorso (che tale caso è) del De la Tour du Pin. Egli attribuisce la salvezza delle municipalità al buon contegno di parte delle truppe. Queste truppe dovevano preservare la parte più ben disposta di quelle municipalità, che fu confessato essere la più debole, dal saccheggio duella parte male intenzionata, che era la più forte. Ma le municipalità ostentano una sovranità e vogliono comandare a quelle truppe che sono necessario alla loro protezione. Difatti esse devono o comandarle o pregarle. Le municipalità, per necessità di cose e per i poteri repubblicani ottenuti, devono nelle loro relazioni coi militari, essere i padroni o i servitori o gli alleati, o tutto questo successivamente o insieme, alla rinfusa, secondo le circostanze. Quale altro potere potrà contrapporsi all’esercito se non la municipalità — e viceversa? Per salvare la concordia dove l'autorità è finita, andando alla cieca sulle conseguenze, l'assemblea tenta di curare le malattie con le malattie stesse; ed essa spera di salvarsi da una democrazia puramente militare, corrompendola nell'interesse degli affari municipali.

    Se i soldati incominceranno a immischiarsi per qualche tempo in circoli municipali, partiti e associazioni, un'affinità elettiva li condurrà verso la parte più bassa e disperata; ed essi vi porteranno le loro abitudini, i loro affetti e le loro simpatie. Le cospirazioni militari alle quali si cerca di rimediare con le civiche associazioni ; le municipalità ribelli, che devono essere ridotte all'obbedienza col fornire loro i mezzi di corrompere quello stesso esercito dello stato che deve mantenere l'ordine in mezzo a loro; tutte queste chimere di una mostruosa e taumaturgica politica aggraveranno la confusione dalla quale sono sorte. Scorrerà del sangue, e lo farà scorrere la mancanza di senso comune dimostrata nell'organizzazione di tutti cedesti sistemi di forza; e in tutte le loro specie di autorità civili e giudiziarie. I disordini potranno essere composti per un certo tempo e in certi luoghi; ma scoppieranno in altri, perché il male è radicale e intrinseco. Tutto questo piano di mescolare soldati ammutinati con cittadini sediziosi indebolirà sempre più la comunione militare dei soldati coi loro ufficiali, così come aggiungerà alla turbolenza degli artigiani e dei contadini l'audacia rivoltosa dei militari. Per garantire un vero esercito l'ufficiale dovrebbe essere primo e ultimo agli occhi del soldato; primo e ultimo nella sua attenzione, osservanza e stima. Dovrebbero esservi ufficiali, sembra, le cui principali qualità siano la moderazione e la pazienza. Essi devono trattare le loro truppe con la tattica elettorale. Devono comportarsi come candidati, non come comandanti. Ma siccome con tali mezzi il potere può occasionalmente trovarsi nelle loro mani, l'autorità da cui essi devono venire nominati assume grande importanza.

    Non si capisce che cosa voi possiate fare in via definitiva ; e non è poi di così gran momento, finché la relazione strana e contraddittoria tra il vostro esercito e tutte le parti della vostra repubblica, così come l'intricata relazione di queste parti tra loro e con il tutto, rimangono quelle che sono. Voi, a quanto pare, avete dato la nomina provvisoria degli ufficiali in prima istanza al re, con la riserva dell'approvazione da parte dell'Assemblea. Quelli che hanno interesse a procacciarsi qualche vantaggio sono estremamente sagaci nello scoprire la vera sede del potere. Essi si accorgeranno presto che coloro ai quali compete un illimitata possibilità di veto, in realtà detengono il potere di assegnazione delle cariche. Gli ufficiali devono perciò ricorrere per i loro intrighi a quell'assemblea, come alla sola via certa per la promozione. Ma d'altra parte, data la vostra nuova costituzione, è ancora presso la Corte che essi devono iniziare la loro procedura.

    Questa doppia trafila di brighe intese al procacciamento della camera militare mi sembra una combinazione così bene adatta, come se fosse stata studiata a bella posta onde promuovere nell'assemblea stessa partiti inerenti a questo vasto patronato militare; e, in seguito, avvelenare il corpo degli ufficiali con partiti di natura estremamente pericolosa per la sicurezza, del governo, qualunque ne sia la forma, e tale da distruggere l'efficienza dell'esercito stesso. Quegli ufficiali che perdono la promozione sulla quale facevano assegnamento da parte della corona, diventeranno di un partito opposto a quello dell'Assemblea che ha respinto le loro richieste, e promuoveranno il malcontento nel cuore dell’esercito contro il governo.

    D'altra parte quegli ufficiali, che avendo ottenuto dall'Assemblea dei favori si sentono obbligati verso la corona solo in via subordinata, laddove sentono di dovere tutto all'Assemblea, prenderanno in odio l'autorità che si oppone alla loro carriera senza però riuscire a ritardare la loro promozione. Se, per evitare questi mali, voi non vorrete seguire altra regola, nel concedere il comando o la promozione, che l'anzianità, voi non avrete che un esercito formale; e nello stesso tempo esso diventerà più indipendente e sempre più una repubblica militare. Non l'esercito, ma il re, costituirà in tal caso l'istrumento. Un re non può essere spodestato a metà. Se non è tutto nel comando dell'esercito, egli è niente. Qual è il risultato pratico di un potere messo nominalmente a capo di un esercito, se per questo esercito esso non è oggetto di gratitudine o di timore? Una tale nullità non serve per il maneggio di un oggetto, tra tutti il più delicato, qual è il supremo comando delle forze armate. Queste devono essere trattenute (dato che le loro inclinazioni le conducono a quel che è richiesto dai loro bisogni) da una reale, vigorosa, effettiva, decisa, personale autorità. La stessa autorità dell'Assemblea soffre passando per un tramite così debilitante qual è quello che si è scelto. L'esercito non si curerà più a lungo di un'Assemblea che agisce attraverso un organo dalla falsa apparenza e di evanescente realtà. Non vorrà prestare seria obbedienza ad un prigioniero; e ugualmente disprezzerà un re fastoso o s'impietosirà per un re prigioniero. Questi rapporti tra l'esercito e la corona diventeranno, se non sbaglio, un serio dilemma nella vostra politica.

    (continua)

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    D'altra parte bisogna considerare se un'Assemblea come la vostra, anche supponendo ch'essa possieda un'altra specie di organo attraverso cui i suoi ordini passino, è atta a ispirare obbedienza e disciplina in un esercito. È risaputo che gli eserciti hanno sempre prestato un'obbedienza molto precaria e incerta a qualunque senato o autorità popolare; ed essi meno di tutto la presteranno a un'Assemblea che ha solo la durata di due anni. Gli ufficiali dovrebbero perdere completamente la caratteristica tendenza dei militari, per tollerare con perfetta sottomissione e dovuta ammirazione il dominio degli avvocati; specialmente se si accorgessero di dover corteggiare nuovamente per un seguito illimitato uomini di tal fatta, la cui politica, militare e il cui genio nel comando (se essi ne avessero) sarebbero altrettanto incerti quanto transitoria è la loro durata. Nella debolezza derivante da una autorità solo apparente e nell'instabilità di tutto, gli ufficiali dell'esercito rimarranno per qualche tempo ribelli e, pieni di discordie, finché qualche generale popolare che comprenda l'arte di conciliare le soldatesche e possieda vero spirito di comando attirerà su di sé gli occhi di tutti. Gli eserciti gli obbediranno sulla sua responsabilità personale. Non c'è altro mezzo di garantire l'obbedienza militare in questo stato di cose. Ma dal momento in cui questo evento si verificherà, l'uomo che realmente comanderà l'esercito sarà vostro padrone; il padrone (che è poco dire!) del vostro re; il padrone della vostra Assemblea; il padrone di tutte le vostre repubbliche interne.

    Come pervenne l'Assemblea al suo attuale potere nell'esercito? Principalmente, certo, col subornare i soldati contro i loro ufficiali. Essa ha cominciato con la più terribile delle operazioni. Ha raggiunto il centro attorno al quale convergono le particelle che costringono l'esercito in condizione di fissità. Ha distrutto il principio d'obbedienza, nel grande, essenziale, critico anello che tiene uniti l'ufficiale e il soldato proprio dove comincia la catena della, subordinazione militare, e da cui tutto quel sistema dipende. Si è detto al soldato ch'egli è un cittadino, ed ha i diritti dell'uomo e del cittadino. Il diritto di un uomo, gli è stato detto, è di governarsi da sé ed essere rotto solo da coloro a cui egli delega questo governo di se stesso. È naturalissimo ch'egli pensi di essere libero delle proprie autodeterminazioni soprattutto là dove egli deve maggiormente obbedire. Perciò con ogni probabilità, egli farà sistematicamente ciò che al presente fa solo occasionalmente; cioè eserciterà, almeno il diritto di veto sulla scelta dei suoi ufficiali. Si sa che attualmente e nella migliore delle ipotesi gli ufficiali devono essere soltanto tollerati grazie alla loro buona condotta. In realtà vi sono stati molti casi in cui essi vennero cacciati via dai loro corpi d'armata. Ecco un secondo veto alla scelta del re; un veto effettivo, almeno quanto quello dell'assemblea. I soldati sanno già che è stata posta la questione, non male accolta dall'Assemblea. Nazionale; se essi non dovrebbero avere la diretta scelta dei loro ufficiali o di una certa parte di essi?

    Poiché questi argomenti sono sottoposti a discussione per essere deliberati, non è una supposizione stravagante che i soldati si schierino per l'opinione più favorevole alla realizzazione delle loro pretese. Essi non sopporteranno di essere considerati l'esercito di un re prigioniero, mentre un altro esercito nello stesso paese, col quale essi pure devono far festa e associarsi, sarebbe considerato come il libero esercito di una libera costituzione. Getteranno gli sguardi sull'altro più permanente esercito; cioè il municipale. Quel corpo, essi lo sanno bene, elegge ora i suoi ufficiali. Essi non sono capaci di discernere il motivo di distinzione per cui non possono eleggersi come comandante un proprio marchese de La Fayette (o qual è il suo nuovo nome?). Se questa elezione di un comandante in capo deve far parte dei diritti degli uomini, perché non può far parte dei loro diritti? Essi vedono magistrature di pace elettive, giudici elettivi, curati elettivi, vescovi elettivi, municipalità elettive e comandanti elettivi dell'esercito di Parigi. Perché essi soli dovrebbero essere esclusi? Gli uomini che compongono le coraggiose truppe di Francia sono i soli di quella nazione incapaci di giudicare dei meriti militari e delle attitudini necessarie per un comandante in capo? Sono pagati dallo stato e devono perciò perdere i diritti degli uomini? Essi stessi sono parte della nazione e contribuiscono a quella paga. Forse che il re e l'Assemblea Nazionale non sono ugualmente pagati? Invece di vedere che costoro perdono i loro diritti per il fatto che ricevono un salario, essi scoprono che un salario è dato in tutti questi casi appunto per l'esercizio di quei diritti. Tutte le vostre decisioni, tutti i vostri procedimenti, tutte le vostre dispute, tutte le opere dei vostri dottori di religione e di politica, sono state a bella posta messe nelle loro mani; e voi vi aspettate che essi applicheranno ai propri casi quel tanto delle vostre dottrine e dei vostri esempi che a voi farebbe comodo?

    Tutto dipende dall'esercito in un governo come il vostro ; perché avete sapientemente distrutto tutte le opinioni e tutti i pregiudizi e per quanto vi era possibile anche tutte le condizioni istintive atte a sostenere un governo. Perciò non appena sorga qualche contrasto tra la vostra Assemblea Nazionale e qualunque parte della nazione, dovrete ricorrere alla forza. Nient'altro vi è lasciato; o, piuttosto, nient'altro avete lasciato a voi stessi. Voi sapete dal rapporto del vostro ministro della guerra che la distribuzione dell'esercito è stata fatta in gran parte in vista di una repressione interna (23).

    Voi potete governare con un esercito e avete infuso in quell'esercito per mezzo del quale governate, così come nell'intero organismo della Nazione, principi tali che dopo un certo tempo vi renderanno incapaci di servirvene per l'uso che volevate. Il re deve comandare le truppe ad operare contro il suo popolo, quando è stato detto al mondo, e la dichiarazione risuona ancora nelle nostre orecchie, che le truppe non dovranno sparare sui cittadini. Le colonie rivendicano a sé una costituzione indipendente e un libero commercio. Esse devono essere contenute dalle truppe. In quale capitolo del vostro codice dei diritti dell'uomo hanno potuto leggere che sta compreso in tali diritti l'avere una parte del proprio commercio monopolizzata e limitata, a vantaggio degli altri? Come i soldati coloniali si sollevano contro di voi, i negri si sollevano contro di loro. E di nuovo truppe — e massacri, torture, impiccagioni? Questi sono i vostri diritti degli uomini ! Questi sono i frutti delle dichiarazioni metafisiche pazzescamente fatte e vergognosamente ritrattate! Solo l'altro giorno i coloni di una proprietà, in una delle vostre provincie, rifiutarono di pagare qualche specie di affitto al signore della terra. In seguito a ciò voi decretate che gli abitanti della campagna dovranno pagare tutti gli affitti e le imposte, eccettuate quelle che essi hanno abolito come ingiunte ; e se rifiutano, voi ordinate al re di mandare truppe contro di loro. Abbandonate le proposizioni metafisiche, che implicano conseguenze universali; e in seguito cercate di limitare la logica col dispotismo; i capi dell'attuale movimento politico parlano ai soldati del diritti che essi hanno, in quanto uomini, di prendere fortezze, assassinare guardie, sequestrare re, senza aver avuto la minima apparenza di autorizzazione neanche dall'Assemblea, che siede come sovrano organismo legislativo in nome della nazione; e ancora questi capi pretendono di comandare truppe che hanno agito in questi stessi disordini, costringendole a reprimere l'azione di coloro che si conformano a principi e ad esempi la cui bontà è garantita da una così incoraggiante approvazione.

    I capi insegnano al popolo ad aborrire e respingere come barbarie della tirannia tutte le vestigia della feudalità; e, in seguito, dicono loro quanta parte di quella barbara tirannia dovranno sopportare con pazienza. Sono prodighi di lumi fin che si tratta di denunziare gli abusi; ma sono molto taccagni nel porvi riparo. Sanno che quei soli determinati livelli e debiti personali che voi avete loro permesso di riscattare (senza però fornirli del denaro necessario al riscatto) sono nulla in paragone degli oneri per i quali voi non avete preso provvedimenti di sorta. Sanno che quasi l'intero sistema della proprietà terriera ripete origini feudali; che esso è il risultato della distribuzione delle proprietà dei primitivi possidenti, fatta da un conquistatore barbaro ai suoi barbari esecutori; e che i più nocivi effetti della conquista sono le imposte di ogni specie che gravano sui terreni. Tutto questo non viene messo in dubbio.

    I contadini, con ogni probabilità, sono i discendenti di quegli antichi proprietari Romani o Galli. Ma se i loro titoli, commisurati ai criteri valutativi degli, antiquari e dei legulei, appaiono insufficienti, essi si ritirano nella cittadella dei diritti degli uomini. Là scoprono che gli uomini sono uguali e che la terra, gentile ed equa madre di tutti, non dovrebbe venire monopolizzata per favorire l'orgoglio e il fasto di alcun uomo, che per natura non è migliore di loro, ed anzi è di tanto peggiore in quanto non lavora per guadagnarsi il pane. Essi scoprono che, secondo le leggi di natura, chi occupa e conquista la terra ne è il vero proprietario; che la prescrizione contro la natura non esiste e che gli accordi contrattuali (se mai ve ne sono) presi coi proprietari durante il tempo della schiavitù, sono solo il risultato della coazione e della prepotenza; e che quando il popolo riconquistò i diritti degli uomini, questi accomodamenti furono annullati, come ogni altra cosa che era stata stabilita sotto la prevalenza della vecchia tirannia feudale e aristocratica. Essi vi diranno che non vedono alcuna differenza tra uno sfaccendato in cappello e coccarda nazionale e uno sfaccendato in cappuccio o in rocchetto. Se voi stabilite il diritto alle rendite sulla successione e sulla prescrizione, essi vi diranno, valendosi del discorso del Camus pubblicato dall'Assemblea Nazionale perché ne fossero informati, che le cose aventi vizio d'origine non possono beneficiare della prescrizione; che il titolo di quei signori era sbagliato nel suo fondamento; e che infine quella forza è così perniciosa come la frode. Quanto al diritto di successione essi vi diranno che la successione di coloro che hanno coltivato la terra è il vero albero genealogico della proprietà, e non le false pergamene e le sciocche sostituzioni fidecommissarie; che i signori hanno troppo a lungo goduto della loro usurpazione; e che se essi concedono a questi monaci laici una qualunque caritatevole pensione, costoro dovrebbero essere riconoscenti alla liberalità del vero proprietario, così generoso verso chi senza diritto reclama i suoi averi.

    Quando i rurali vi retribuiranno con la moneta sofistica sulla quale avete messo la vostra immagine e soprascritta, voi troverete che essa è moneta falsa e decreterete che per il futuro i pagamenti si estorcano a forza di guardie francesi, di dragoni e ussari. Dovete usare, per castigarli, l'autorità di seconda mano di un re, che è solamente uno strumento di distruzione senza alcun potere per proteggere né il popolo né la sua stessa persona. Voi credete di potere farvi obbedire per mezzo di lui. Ma essi rispondono: ci avete insegnato che non vi sono signori; allora, quale dei vostri principi ci obbliga ad inchinarci a un re che non abbiamo eletto? Noi sappiamo, senza che ce l’abbiate insegnato, che le terre furono date a sostegno delle dignità feudali, dei titoli feudali, delle cariche feudali.

    Quando voi eliminate la causa come ingiusta, perché dovrebbe rimanere il più ingiusto effetto?

    Come non vi sono più onori ereditari, né famiglie distinte, perché dobbiamo essere tassati per mantenere ciò che, voi ci dite, non dovrebbe più esistere? Ci avete mandato i nostri antichi aristocratici proprietari di terre, senz'altro carattere né con altro titolo fuor che quello di esattori sotto la vostra autorità. Avete cercato di rendere rispettabili ai nostri occhi questi vostri collettori di imposte? No; li avete mandati a noi con le loro armi capovolte, i loro scudi rotti, le loro caratteristiche sfigurate, e così spennati, degradati, trasformati, tali bipedi implumi che non li riconosciamo più. Essi sono stranieri per noi e non vanno neppur sotto il nome dei nostri antichi signori. Fisicamente possono essere gli stessi, per quanto non ne siamo completamente sicuri, date le vostre nuove dottrine filosofiche sull'identità personale. Sotto ogni altro aspetto essi sono totalmente cambiati. Noi non vediamo il perché non abbiamo lo stesso buon diritto nel rifiutarci di pagare le rendite, quanto voi nell’abrogare tutti i loro onori, titoli e distinzioni. Noi non vi avevamo mai incaricato di far ciò; e questo è un esempio, tra molti altri, del vostro arrogarvi un potere che non vi era stato affidato.

    Vediamo i borghesi di Parigi dirigervi a loro piacere per mezzo dei loro circoli, della loro plebaglia e delle loro guardie nazionali; dettando a voi quelle leggi, che, sotto la vostra autorità, vengono poi ridettate come leggi a noi. Per mezzo vostro questi borghesi dispongono della vita e della fortuna di tutti noi. Perché non dovreste voi acconsentire ai desideri dei laboriosi agricoltori circa i loro tributi, per i quali siamo interessati nel modo più serio, così come fate per le richieste di quegli insolenti borghesi circa le distinzioni e i titoli onorifici, per i quali ne loro ne noi siamo affatto interessati? Ma troviamo che "voi fate più caso delle loro fantasie che delle nostre necessità. Fa parte dei diritti dell'uomo il pagare tributi ai propri simili? Prima di questo vostro provvedimento, noi potevamo aver pensato di non essere perfettamente uguali; potevamo aver conservato qualche vecchio, abitudinario, sciocco pregiudizio in favore di questi proprietari di terra ; ma non possiamo concepire con quale altro scopo, se non quello di distruggere ogni rispetto per essi, voi possiate aver fatto la legge che li avvilisce. Voi ci avete proibito di trattarli con alcuna delle vecchie forme di rispetto ed ora mandate truppe per indurci con la sciabola e la baionetta a una sottomissione alla paura e alla forza, quale voi stessi non tolleravate che noi nutrissimo di fronte alla dolce autorità del sentimento.

    La goffaggine di questi argomenti è evidentissima per gli spiriti ragionevoli; ma al contrario, essi appariscono solidi e definitivi per i politicanti metafisici che hanno aperto scuole di sofistica e creato istituzioni di anarchia. È ovvio che per una semplice considerazione di diritto i capi dell'Assemblea, non si sarebbero fatti scrupolo di abolire i tributi insieme ai titoli e alle insegne distintive delle famiglie. Ciò sarebbe siate solamente seguire i principi dei loro ragionamenti e completare la logica della loro condotta. Ma essi stessi si erano recentemente impossessati di una gran quantità di terreni, grazie alla confisca. Essi avevano questa convenienza nel mercato : e questo mercato sarebbe stato completamente rovinato se avessero permesso agli agricoltori di eccitarsi nella speculazione con la quale essi liberamente si intossicavano. L'unica garanzia di cui goda la proprietà in ciascuna delle sue categorie sta nel contrasto d'interessi.

    Essi non hanno lasciato alcun altro criterio che il loro piacere arbitrario, a determinare quale proprietà dev'essere protetta e quale manomessa.

    Né hanno determinato alcun principio in base al quale possano le varie municipalità essere tenute all'obbedienza; neppure obbligandole in coscienza a non separarsi dal tutto per diventare indipendenti, o per unirsi a qualche altro stato. Gli abitanti di Lione si sono rifiutati recentemente di pagare le tasse. Perché non l'avrebbero fatto? Quale autorità legale è rimasta per esigerle? Il re ne imponeva qualcuna; gli antichi stati ordinati sistematicamente, stabilirono le più antiche. Essi possono dire all'Assemblea: chi siete voi, che non siete nostri re, ne siete stati eletti da noi, ne sedete grazie ai principi per i quali vi abbiamo eletto? E noi, che vediamo trascurato il pagamento delle imposte da voi ordinato, che vediamo l'atto di disobbedienza ratificato, in seguito, da voi stessi; non siamo forse noi capaci di giudicare quali tasse dobbiamo e quali non dobbiamo pagare, e non possiamo valerci degli stessi poteri, la cui validità voi avete approvata per altri? La risposta a ciò è: noi manderemo truppe. L'espediente che per i re costituiva l'ultima ratio è sempre il primo per la vostra Assemblea. Questo aiuto militare può servire per un certo tempo, finché dura l'impressione dell'aumento di paga e fin che è lusingata la vanità di essere arbitri in tutte le dispute. Ma quest'arma ai romperà presto, infedele alla mano che l'adopera. L'Assemblea tiene una scuola, dove sistematicamente e con indefessa perseveranza insegna principi e da norme deleterie per ogni spirito di disciplina civile e militare e poi pretende mantenere l'obbedienza in un popolo anarchico con un esercito anarchico.

    L'esercito municipale che, secondo la nuova linea di condotta, deve controbilanciare questo esercito nazionale, è (considerato solo in se stesso) di un'organizzazione molto più semplice e sotto ogni riguardo meno criticabile. È un semplice organismo democratico, il quale non presenta alcuna correlazione col potere del re; armato, istruito e gerarchicamente graduato secondo l'arbitrio dei distretti ai quali i vari corpi appartengono. Quanto al servizio personale degl'individui che lo compongono e all'ammenda che deve essere prestata in luogo del servizio stesso, tutto ciò dipende dalla medesima autorità. (24)

    Niente di più normale. Ma, tuttavia, considerata quest'organizzazione in rapporto con la corona, con l'Assemblea nazionale, coi pubblici tribunali e con l'altro esercito, oppure considerata dal punto di vista della coerenza e del legame tra le sue parti, essa appare una mostruosità e difficilmente potrà mancare di finire la sua arruffata esistenza in qualche grande disastro nazionale. È peggiore salvaguardia, per una generale costituzione, della Systasis" di Creta o della Confederazione polacca o di qualunque altro mal pensato correttivo, che sia mai stato immaginato nelle necessità derivato da un sistema di governo congegnato malamente.

    Avendo concluso le mie poche osservazioni sull'organizzazione del supremo potere, di quello esecutivo, giudiziario, militare, e sui reciproci rapporti tra queste istituzioni, dirò qualche cosa sull'abilità dimostrata dai vostri legislatori circa il sistema fiscale.

    Nei loro procedimenti relativi a questo problema appaiono, se possibile, ancor minori tracce di discernimento politico e di competenza finanziaria. Quando gli Stati Generali si riunivano, il loro scopo più importante pareva quello di perfezionare il sistema fiscale, di aumentarne l’incasso, di spogliarlo dell'oppressione e della vessazione e di stabilizzarlo sulla più solida delle basi. Per questo l'aspettativa in Europa era grande. Con la vostra importante riforma la Francia doveva resistere o cadere; e questa divenne, secondo me, precisamente la pietra di paragone per provare l'abilità e il patriottismo di coloro che governavano nell'Assemblea. Le entrate di uno Stato sono lo Stato. Infatti tutto dipende da quelle, sia per mantenerlo tale sia per riformarlo. La dignità di qualunque occupazione dipende interamente dalla quantità e dalla qualità di virtù che in essa si può esplicare. Come tutte le grandi qualità della mente che agiscono in pubblico e non sono semplicemente passive richiedono della forza per manifestarsi, così la rendita. che è la fonte di ogni potere, diventa nella sua amministrazione la sfera di ogni virtù attiva. Le virtù pubbliche essendo di natura magnifica e splendida e trovandosi destinate a grandi cose e interessate nelle grandi questioni, esigono abbondante campo di esercizio e non possono diffondersi e crescere entro limiti e in circostanze anguste, meschine e sordide. Solo per mezzo delle entrate l'organismo politico può agire secondo il suo vero genio e carattere; e quindi esso esplicherà quel tanto di virtù collettiva e quel tanto di virtù che è proprio a coloro che lo mettono in azione, rappresentando, per così dire, la sua vita e il suo principio conduttore quando è fornito di un'equa entrata, perché da essa non soltanto la magnanimità, la liberalità, la beneficenza, la fortezza, la previdenza e la protezione di tutte le arti traggono il loro alimento e lo sviluppo dei loro organi; ma altresì la moderazione, l'abnegazione, il lavoro, la vigilanza, la frugalità e ancora tutto quanto dimostra il predominio dell'anima sugli appetiti.

    Perciò non è senza motivo che la scienza della finanza speculativa e pratica, che deve prendere in aiuto tanti rami ausiliari della, conoscenza, è posta così in alto nella stima non solo degli uomini ordinari, ma dei più saggi e dei migliori; e come questa scienza sì è sviluppata col progredire del suo oggetto, la prosperità e il perfezionamento delle nazioni sono generalmente cresciuti con l'accrescersi delle loro entrate; ed entrambi continueranno a svilupparsi e a fiorire finché l'equilibrio tra quanto è lasciato agli individui per consolidare i loro sforzi e quanto è raccolto dallo stato per gli sforzi comuni si manterrà nella dovuta proporzione reciproca; e ambedue le parti saranno tenute in stretta corrispondenza e comunicazione. Forse può essere dovuto all'abbondanza delle entrate e all'incalzare delle necessità di stato se si sono scoperti vecchi abusi nella organizzazione delle finanze e se la loro vera natura e la loro teoria razionale vengono ora più adeguatamente comprese; di modo che una rendita pubblica più piccola poteva, esser stata, in un determinato periodo più oppressiva di quanto non potesse esserlo una molto più grande in un altro, pur rimanendo inalterata la ricchezza proporzionale dello Stato.

    In questa condizione di cose l'Assemblea nazionale di Francia trovò nel sistema delle sue entrate qualche cosa da conservare, da garantire e da amministrare con saggezza, altre cose da abrogare e da cambiare. Per quanto la sua orgogliosa presunzione giustificherebbe le prove più rigorose, pure nel saggiare le sue abilità nei procedimenti finanziari adottati io vorrei solo considerare quello che è il semplice, ovvio dovere di un comune ministro delle finanze, e metterli alla prova con riferimento a questo e non a modelli di ideale perfezione.

    Gli scopi di un finanziere sono dunque di garantire una vasta entrata; di imperla con discernimento ed equità; di impiegarla con economia; e quando la necessità lo costringe a far uso del credito, di garantirne le basi in quel momento e per sempre, mediante la sincerità e la franchezza dei suoi procedimenti, Inesattezza dei suoi calcoli e la solidità dei suoi depositi. Da questi capisaldi possiamo prendere una rapida e chiara visione dei meriti e delle abilità di coloro che nell'Assemblea nazionale si sono assunti l'amministrazione di tali ardui affari. Lungi da ogni aumento di entrate nelle loro mani, io scopro da un rapporto del Vernier del comitato delle finanze, in data del 2 agosto scorso, che l'ammontare della rendita nazionale, paragonato a quello precedente la Rivoluzione, era diminuito della somma di duecento milioni, pari a otto milioni di sterline di reddito annuale; notevolmente più di un terzo del totale.

    Se questo è il risultato di una grande abilità, mai l'abilità fu esplicata in maniera più notevole o con effetto così potente.

    Nessun atto di comune follia, nessuna incapacità volgare, nessuna ordinaria negligenza e neanche un delitto preordinato, né la corruzione, né il peculato, e forse nessuna delle forze ostili che abbiamo visto agire nel mondo moderno, avrebbero potuto in così breve tempo produrre una così completa distruzione delle finanze e insieme della forza di un grande regno. — Cedo qui vestram rempublicam tantam amisistis tam cito?

    Non appena l'Assemblea si riunì, i sofisti e i retori cominciarono a gridare contro l'antico sistema fiscale in molti dei suoi rami essenziali, come sul monopolio del sale. Essi lo accusarono con molta verità e poca saggezza di essere mal organizzato, tirannico e ingiusto. Non si accontentarono di denunciare questo male in discorsi preparatori di qualche piano di riforma; ma lo proclamarono in una solenne deliberazione, o sentenza pubblica emessa al riguardo, come si trattasse di un caso giudiziario, divulgandola per tutta la nazione. E nel tempo stesso che approvavano il decreto, con altrettanta solennità ordinavano che la medesima assurda, tirannica, ingiusta tassa doveva continuare a esser pagata finché si potesse trovarne un'altra da sostituirla. Le conseguenze erano inevitabili. Le provincie che erano state sempre esentate da questo monopolio del sale, alcune delle quali erano gravate da altri contributi forse equivalenti, si dimostrarono completamente mal disposte a sopportare una qualsiasi parte di quell'onere, dalla cui non equa ripartizione si dovevano invece liberare gli altri. Quanto all'Assemblea, occupata com'era con la proclamazione e la violazione dei diritti degli uomini e con i suoi raffazzonamenti destinati a produrre la confusione generale, essa non ebbe né il tempo né la capacità di combinare né l'autorità per imporre un piano di qualunque specie circa la sostituzione della tassa o la sua equiparazione o il compenso alle provincie; e agli esecutori non fu possibile formulare qualche progetto di accomodamento con gli altri distretti, che dovevano venire alleggeriti da tale tassa.

    Gli abitanti delle provincie che pagavano la tassa sul sale, stanchi di imposte, rovinati dall'autorità che ne aveva imposto il pagamento, si accorsero ben presto che la loro pazienza era, esaurita. Essi si giudicarono tanto abili quanto l'Assemblea nell'opera di demolizione critica e si alleggerirono da soli, rigettando l'intero carico dell'imposta. Da quest'esempio incoraggiante ciascun distretto, o parte di esso, giudicando essere oggetto di ingiustizia, secondo il proprio sentimento e scegliendo il rimedio secondo la propria opinione, fece il comodo suo anche di fronte all'imposizione degli altri oneri fiscali.

    Passiamo ora a vedere come quegli uomini politici si sono comportati nell'escogitare imposizioni eque, proporzionate ai mezzi dei cittadini, le quali con minore probabilità gravassero sul capitale attivo, impiegato nella produzione della ricchezza privata, da cui quella pubblica deve derivare. Col tollerare che i vari distretti e i vari individui di ciascun distretto stabilissero quale parte delle antiche imposte potessero rifiutare, anziché introdurre migliori principi di uguaglianza infiltrarono una nuova disuguaglianza e delle più dispotiche. Le parti del regno più sottomesse, le più ordinate, le più affezionate alla cosa pubblica, sopportavano l'intero carico dello stato. Nulla risulta essere così tirannico e ingiusto come un governo debole. Per colmare tutte le deficienze dei vecchi tributi e le nuove deficienze di ogni genere che erano da aspettarsi, che cosa rimaneva a uno stato senza autorità? L'Assemblea Nazionale domandò, come dono spontaneo, la quarta parte delle rendite di tutti i cittadini, da stabilirsi sulla parola di coloro che dovevano pagare. Essa ottenne qualche cosa di più di quanto si potesse ragionevolmente calcolare; ma questo era molto lontano dal rispondere alle reali necessità e molto meno alle sue ardenti speranze. Persone ragionevoli avrebbero sperato poco da questa imposizione mascherata di beneficenza; imposizione debole, vana e inadeguata; imposizione dietro cui si nascondono il lusso, l'avarizia, l'egoismo e il cui peso ricade sul capitale produttivo, sull'integrità e generosità dello spirito pubblico — un'imposizione che misura la virtù. Alfine la maschera è strappata, e l'Assemblea è intenta ora con poco successo a ricercare i mezzi onde esigere per forza ciò che veniva richiesto sotto pretesto di benevolenza.

    Questa pretesa beneficenza, rachitico rampollo della debolezza, doveva essere sostenuta da un'altra trovata, gemella della stessa prolifica imbecillità. Le donazioni patriottiche dovevano riparare al fallimento di un fiscalismo patriottico. Con tale piano si usurparono cose di grande valore per il donatore e di piccolo valore per il ricevente; si rovinarono parecchi commerci; si saccheggiarono gli ornamenti della corona, il vasellame delle chiese e le personali decorazioni dei cittadini. La trovata di codesti giovani zelatori della nuova libertà era in realtà nulla più che una servile imitazione di una delle più misere trovate del rimbambito dispotismo. Essi tolsero dal guardaroba dei vieti ciarpami di Luigi XIV una vecchia, enorme parrucca per coprire la precoce calvizie dell'Assemblea Nazionale. Essi ripeterono quella antiquata follia formale, sebbene essa fosse già stata abbondantemente illustrata nelle memorie del Duca di S. Simon, e ad uomini ragionevoli non fossero occorsi argomenti per spiegarne il male e l'insufficienza. Un'astuzia di questo genere stesso tu tentata, a mio ricordo, sotto Luigi XV; ma non corrispose in nessun tempo. Tuttavia i bisogni di guerre rovinose potevano scusare in parte progetti disperati. Le deliberazioni prese nella calamità sono raramente sagge. Ma era qui il momento propizio per disporre e provvedere?
    Fu in tempo di pace profonda, goduta per cinque anni e che prometteva di durare a lungo, ch'essi ricorsero a questo gioco disperato. Essi erano sicuri di perdere più reputazione giocando, nella loro seria situazione, con questi palliativi finanziari, che avevano riempito a metà i loro giornali, di quanto potessero essere compensati dal misero, transitorio aiuto che ne avrebbero ricavato. Parve che coloro i quali adottarono quei progetti completamente ignorassero le circostanze di fatto e si trovassero inadeguati al loro compito. Qualunque possa mai essere il merito di questi ripieghi, è ovvio che né i doni patriottici né i patriottici contributi potranno mai rinnovarsi. Le risorse della follia pubblica sono presto esaurite. Difatti il loro sistema fiscale sta tutto in ciò: dare, con qualunque artificio, l'illusione di avere il serbatoio pieno per il momento; mentre nel tempo stesso tagliano fuori le sorgenti e le fonti vive di qualunque ricchezza duratura. La relazione data non molto tempo fa dal Necker fu giudicata come favorevole, senza discussioni. Egli da una visione lusinghiera dei mezzi per arrivare a fine d'anno; ma esprime, ed era naturale lo facesse, qualche dubbio sulla gestione a venire. Per quest'ultimo pronostico, in vece di veder preso in considerazione il suo timore onde prevenire il male pronosticato con appropriate previdenze, il Necker ricevette una specie di amichevole rimprovero dal presidente dell'Assemblea.

    Quanto agli altri loro progetti di imposizione fiscale, è impossibile dirne qualche cosa con sicurezza, perché non sono ancora stati messi in esecuzione ; ma nessuno è così fiducioso da pensare ch'essi colmeranno visibilmente la vasta breccia che l'incapacità degli amministratori ha prodotto nel bilancio. Attualmente lo stato del loro tesoro peggiora ogni giorno più nella cassa, e più e più si gonfia di valori fittizi. Ora, quando di dentro e di fuori non si trova altro se non carta, rappresentante non dell'opulenza ma del bisogno, creatura non del credito ma del potere, essi immaginano che la nostra florida situazione in Inghilterra sia dovuta alla emissione dei biglietti di banca, e non i biglietti di banca alla florida condizione del nostro commercio, alla solidità del nostro credito e alla totale esclusione di ogni idea di intervento coattivo nelle operazioni finanziarie. Dimenticano che in Inghilterra neanche uno scellino di carta moneta di qualunque categoria è ricevuto, se non per libera volontà ; che tutta la moneta cartacea possiede un corrispettivo di fondo oro depositato realmente e che può essere convertito a piacere, in un momento e senza la minima perdita, nuovamente in contanti. La nostra carta ha valore in commercio perché legalmente non ne ha alcuno. Essa è potente in Borsa perché è impotente in Parlamento, A saldo di un debito di venti scellini, un creditore può rifiutare tutta la carta delle banche dell'Inghilterra. Ne vi è tra noi una sola garanzia pubblica, di qualsiasi qualità o natura, che sia imposta dall'autorità. Difatti potrebbe essere facilmente dimostrato che la nostra ricchezza cartacea anziché far ribassare la vera moneta ha una tendenza a rialzarla; che non sostituisce il denaro ma serve solamente a facilitarne l'entrata, l'uscita e la circolazione ; che è il simbolo della prosperità e non il marchio della strettezza. La scarsezza di fondi o l'esuberanza di carta non si dovettero mai deprecare in questa nazione. "E tutto questo sta bene! ma una diminuzione degli sperperi nelle spese e l’economia introdotta dalla virtuosa e sapiente Assemblea — controbbietta alcuno — risarciranno le perdite subite nel saldo delle entrate. In ciò, almeno, essi hanno adempiuto il loro dovere di finanzieri". — Coloro che dicono questo hanno guardato alle spese cagionate dell'Assemblea stessa? dalle municipalità? dalla città di Parigi? Dalla accresciuta paga dei due eserciti? dalla nuova polizia? dalle nuove giurisdizioni? Hanno anche confrontato con cura l'attuale ruolo delle pensioni col precedente? — Questi uomini politici sono stati capaci di incrudelire, non di economizzare. Confrontando le spese del precedente, prodigo governo, in relazione alle entrate d'allora, con le spese di questo nuovo sistema, in opposizione al nuovo stato del tesoro, io credo che l'attuale regime sarà trovato, al di là di ogni confronto, più dispendioso."

    Restano solo a considerare adesso le prove di abilità finanziaria fornite dagli attuali amministratori francesi allorquando mostrano di porre le loro risorse sulla base del credito. A questo punto io resto un po' perplesso ; perché credito, propriamente parlando, essi non ne hanno. Il credito dell'antico governo davvero non era dei migliori; però quel governo poteva sempre, a certe condizioni, chiedere del denaro non solo in casa propria ma anche a molti paesi d'Europa, che avevano un'eccedenza di capitale; e il credito suo migliorava giornalmente. La costituzione di un ordine di libertà avrebbe potuto infondergli nuova forza; e così sarebbe stato se il sistema di libertà si fosse effettivamente Istituito. Quali offerte ebbe questo nuovo governo, che ai protesta fondato sulla libertà, dall'Olanda, da Amburgo, dalla Svizzera, da Genova, dall'Inghilterra, per il suo commercio di valuta cartacea? Perché dovrebbero quelle nazioni commerciali ed economiche entrare in relazione di affari finanziari con un popolo che tenta di capovolgere la vera natura delle cose; un popolo nel quale vedono il debitore imporre colla punta della baionetta il modo di pagamento al creditore, liberarsi da uno dei suoi impegni contraendone un altro, fare della sua stessa povertà un mezzo per vivere, e pagare gli interessi a forza di stracci?

    La loro fanatica fiducia nell'onnipotenza del saccheggio delle chiese ha indotto questi filosofi a trascurare tutte le cure dei beni pubblici, precisamente come il sogno della pietra filosofale induce i gonzi, sotto la più banale illusione dell'arte magica, a trascurare tutti i mezzi ragionevoli di migliorare la loro fortuna. Per questi finanzieri filosofi la medicina universale cavata fuori dal cadavere mummificato della chiesa deve servire a guarire tutti i mali dello stato. Questi signori non credono forse molto nei miracoli della pietà; ma è fuor di questione ch'essi hanno una fede convinta nei prodigi del sacrilegio. C'è un debito che li urge? Emettono degli assignats! Ci sono delle indennità da pagare oppure è decretato un vitalizio a coloro che essi hanno privati dei loro uffici o espulsi dalle professioni? — Assignats! — C'è da allestire una flotta? — Assignats. Se sedici milioni di sterline di questi Assignats, imposti e distribuiti al popolo, non bastano a fronteggiare i bisogni dello stato che si fanno più che mai urgenti, "emettete, dice uno, trenta milioni di sterline di Assignats" e — dice un altro, "emettete ottanta milioni in più di Assignats". "L'unico dissenso nei loro partiti finanziari è per la maggiore o minore quantità di Assignats da imporre alla pubblica sopportazione. Essi sono tutti professori di Assignats. Persino coloro a cui il naturale buon senso e la conoscenza del commercio, non corrotta dai filosofemi, fornisce argomenti decisivi contro questa illusione, concludono le loro argomentazioni col proporre remissione di Assignats. Io suppongo che siano costretti necessariamente a parlare di Assignats, poiché nessun altro linguaggio sarebbe compreso. — Ogni esperienza della loro inutilità non li scoraggia per nulla. I vecchi assignats sono deprezzati sul mercato? — Qual è il rimedio? Emettere nuovi assignats. — Mais si maladia, opiniatria, non vult se garire, quid illi facere? assignare — postea assignare; ensuita assignare. La parola è leggermente alterata. Il latino dei vostri attuali dottori può essere migliore di quello delta vostra vecchia commedia; la saggezza e la varietà delle loro risorse sono le stesse. Essi non hanno nel loro campo più note del cuculo, sebbene, lungi dalla delicatezza di quell'araldo dell'estate e dell'abbondanza, la loro voce sia aspra e di cattivo augurio come quella del corvo.

    Chi, se non i più disperati avventurieri della filosofia e della finanza, avrebbe potuto mai pensare a distruggere la solida rendita dello stato, sola garanzia per il credito pubblico, nella speranza di ricostruirla coi materiali della proprietà confiscata? — Se anche uno zelo eccessivo per lo stato poteva aver indotto un pio e venerabile prelato, anzi padre della chiesa (25), a saccheggiare il suo proprio ordine e, per il bene della chiesa e del popolo, ad assumersi il posto di grande finanziere della confisca e controllore generale del sacrilegio, egli e i suoi coadiutori erano, secondo me, obbligati a mostrare con la loro ulteriore condotta di conoscere qualche cosa dell'ufficio che avevano assunto. Quando essi avevano stabilito di acquistare al fisco una certa parte della proprietà terriera del paese, fatto da loro oggetto di conquista, era loro compito di procurare alla banca un fondo reale di credito per quanto una tale banca poteva essere capace di averne.

    Stabilire un credito corrente, circolare, su qualunque banca territoriale, in ogni circostanza si è dimostrato sinora difficile all'estremo. I tentativi sono comunemente finiti con la bancarotta. Ma quando l'Assemblea fu condotta, attraverso il disprezzo dei principi morali, a sfidare quelli economici, poteva almeno pretendersi che nulla sarebbe stato omesso da parte sua per diminuire questa difficoltà e prevenire ogni aggravante di tale bancarotta. Si poteva pretendere che per rendere tollerabile la banca fondiaria fosse adottato ogni mezzo onde dimostrare sincerità e franchezza nello stanziamento della garanzia ; tutto ciò che potesse aiutare il ristabilimento del credito. Per considerare le cose dal punto di vista più favorevole, la vostra condizione era quella di un grande proprietario di terreni, dei quali egli voleva disporre per liberarsi da un debito e provvedere a certi servizi.

    Non riuscendo a vendere sul momento, voi desiderate fare un'ipoteca. Che cosa farebbe in tali circostanze una persona di buone intenzioni e di una comune chiarezza d'intendimenti? Non dovrebbe egli prima accertarsi del valore totale della proprietà, delle spese per la sua amministrazione e trasmissione, degli oneri perpetui e temporanei di ogni specie che la interessano; e in seguito, stabilendo il soprappiù netto, calcolare il giusto valore dell'ipoteca? Dopo aver accertato questo soprappiù, l'unica garanzia per il creditore, e averlo debitamente affidato nelle mani dei curatori, allora indicherà le porzioni che intende vendere e l'epoca e le condizioni della vendita; dopo di che egli ammetterà il pubblico creditore, se preferisce far così, a sottoscrivere delle azioni in questo nuovo investimento; oppure potrà ricevere la proposta per un assignat da coloro che impresteranno il denaro per acquistare questa specie di garanzia.

    Questo sarebbe agire da uomini d'affari, con metodo e con criterio; e sui soli principi esistenti del credito pubblico e privato.

    L'acquirente saprebbe allora con esattezza ciò ch'egli compra, e l'unico dubbio che potrebbe turbargli la mente sarebbe quello terribile d'una eventuale ripresa di depredazioni, che qualche giorno potrebbe aver luogo (e forse con un'aggravante di pena) da parte delle sacrileghe mani, contro quei miserabili che diventerebbero acquirenti nella espropriazione dei loro innocenti concittadini.

    Una chiara, esatta relazione del valore netto della proprietà e dell'epoca, delle circostanze e del luogo della vendita, erano necessarie a cancellare il più possibile il marchio che era stato finora impresso a fuoco su ogni specie di banca fondiaria. Ma essa divenne necessaria per un altro principio; cioè quello di dare precedentemente un pegno di fiducia che la futura fedeltà in materia così incerta potrà essere consolidata mediante la fissità del primitivo impegno. Quando ebbero finalmente determinato di rifornire lo stato col bottino della Chiesa, i vostri legislatori presero la solenne deliberazione del 14 aprile 1790 — e si resero garanti verso il paese "che nel fissare per ciascun anno le pubbliche imposte si sarebbe calcolata una somma sufficiente per coprire le spese inerenti alla religione, a mantenere i ministri agli altari, ad aiutare i poveri, alle pensioni per gli ecclesiastici, così secolari come regolari, dell'uno come dell'altro sesso; affinché le proprietà e i beni che sono a disposizione della nazione possano esser liberati da ogni carico e impiegati dai rappresentatiti o dal corpo legislativo per le grandi e più urgenti esigenze dello stato" — E ancora nello stesso giorno, essi promisero che la somma necessaria per l'anno 1791 sarebbe stata immediatamente stabilita.

    Con quella deliberazione ammettevano ch'era loro dovere di stanziare distintamente le spese per i sopramenzionati oggetti, che con altre deliberazioni avevano in precedenza promesso sarebbero state le prime a cui si sarebbe provvisto. Ammettevano di dover mantenere la proprietà libera da tutti i carichi e di dover farlo immediatamente. Hanno essi fatto ciò subito o in alcun altro tempo? Hanno mai fornito un ruolo della rendita dei beni immobili o dato un inventario dei beni mobili, che essi confiscavano a profitto dei loro assegnati? Lascio ai loro ammiratori inglesi di spiegare come essi potranno assolvere l'impegno di presentare a beneficio del pubblico "una proprietà libera da ogni carico" senza, previa identificazione e determinazione di valore e definizione del quantum imponibile — All'istante medesimo, con questa semplice assicurazione e prima di prendere alcun provvedimento per mantenerla, essi hanno emessa sul credito di una così simpatica dichiarazione una somma di sedici milioni di sterline della loro carta moneta. Fu un atto coraggioso. Chi, dopo questo colpo magistrale, potrà dubitare delle loro abilità finanziarie? — Ma in seguito, prima di elargire altre indulgenze finanziarie di questo tipo, essi avranno cura almeno di mantenere la loro primitiva promessa!

    — Mi è sfuggito se una stima, tanto del valore della proprietà come dell'ammontare dei carichi, è stata fatta. Io non ne ho mai inteso parlare.

    In fine hanno interamente scoperto la loro frode abominevole di presentare i beni della chiesa come garanzia per qualsiasi debito o altro impegno. Essi rubano solo per mettersi in grado di truffare; ma in brevissimo tempo rendono vano il doppio scopo del furto e della frode insieme, col decretare spese per altri fini che distruggono l'intero loro apparato di forza e d'inganno. Io sono grato al De Calonne per il suo riferimento al documento che prova questo fatto straordinario; esso mi era in certo modo sfuggito. Veramente non era necessario provare la mia asserzione circa la rottura di fede nella dichiarazione del 14 aprile 1790. Da un rapporto del loro comitato si vede che l'onere per aiutare le asservite istituzioni ecclesiastiche e per altre spese relative alla religione e per mantenere i religiosi di ambo i sessi, tenuti in servizio o pensionati, e le altre passività concomitanti della stessa natura, che essi si sono assunte con questa rivoluzione nella proprietà, eccedono il reddito dei beni con essa acquistati dell'enorme somma di due milioni di sterline all'anno; oltre un debito di sette milioni e più. Questi sono i metodi calcolativi dell'impostura. Questa è la finanza della filosofia. Questo è il risultato di tutte le illusioni fatte apparire per spingere un misero popolo alla ribellione, all'assassinio e al sacrilegio e per renderlo pronto e zelante strumento della rovina del proprio paese. Mai, in nessun caso, uno stato si arricchì con la confisca dei cittadini. Questo nuovo esperimento è riuscito come tutto il resto. Ogni anima onesta ,ogni vero amante della libertà, può rallegrarsi nello scoprire che l'ingiustizia non è sempre buona politica, né la rapina la via maestra per giungere alla ricchezza.

    Al fine di persuadere il mondo delle risorse senza fine della confisca ecclesiastica, l'Assemblea ha proceduto ad altra confisca di proprietà di redditi che non poteva esser fatta con pretesti plausibili se non come compenso della grande confisca della proprietà terriera. Hanno gettato sopra questa proprietà, che doveva mostrare un margine libero da ogni gravame, un nuovo onere; cioè le indennità all'intero corpo della giurisdizione dimessa e di tutti gli altri benefici e gradi soppressi; un onere che non posso accertare, ma che senza dubbio ammonta a molti milioni francesi. Un altro dei nuovi oneri è un'annualità di 480.000 sterline da pagarsi, se essi mantengono la parola data, per mezzo di versamenti giornalieri, quale interesse dei primi assegnati. Si sono mai data la pena di stabilire esattamente la spesa di amministrazione delle terre della Chiesa poste nelle mani delle municipalità, alla cui cura, abilità e diligenza e a quella della loro legione di sconosciuti sotto agenti essi hanno scelto di affidare la custodia dei beni alienati; e le cui conseguenze sono state così efficacemente additate dal vescovo di Nancy?

    Ma è inutile fermarsi su queste evidenti fonti di aggravio. Forse che essi hanno spiegato chiaramente lo stato del più grande di tutti i loro oneri, cioè quello delle istituzioni generali e municipali di ogni specie, e l'hanno confrontato con il gettito regolare della rendita? Ogni deficienza in essa diventa un onere per la proprietà confiscata, prima che il creditore possa piantare i suoi cavoli su un acro di proprietà della Chiesa. Non c'è altro puntello che la confisca per impedire all'intero stato di cadere a terra. In tale situazione essi hanno nascosto di proposito con una fitta nebbia tutto ciò che avrebbero sapientemente dovuto mettere in chiaro; e in seguito, con gli occhi bendati da loro stessi, come buoi che chiudono gli occhi per spingere, essi conducono con la punta della baionetta i loro schiavi, non peggio accecati davvero dei loro signori, ad accettare simili falsità come moneta corrente e a inghiottire in una volta pillole di carta per 34 milioni di sterline. E allora orgogliosamente accampano i loro diritti per un futuro prestito sul fallimento di tutti i loro impegni passati, e ciò in un momento in cui si vede chiaramente (se qualche cosa può esser chiaro in tale materia) che il di più delle rendite non sarà in grado di rispondere neppure alla prima delle loro ipoteche, cioè a quella dei 400 milioni (o 16 milioni di sterline) di assignats. In tutti questi procedimenti io non posso vedere ne il solito senso del comune affarismo né la sottile destrezza della frode ingegnosa. Le obbiezioni nell'Assemblea perché si manovrino le chiuse contro questa inondazione di frode rimangono senza risposta; ma esse sono pienamente confutate nelle vie da centomila finanzieri. Questi sono i numeri coi quali contano gli aritmetici metafisici; questi sono i grandi calcoli sui quali si fonda il filosofico credito pubblico in Francia. Così non si possono ottenere aiuti, ma si può ottenere di sollevare la plebaglia. Lasciate che costì si rallegrino agli applausi del circolo di Dundee per la loro saggezza e il loro patriottismo nell'aver così applicato il saccheggio dei cittadini al servizio dello stato. Non ho inteso dire che alcuna asserzione del genere sia stata fatta dai direttori di banca in Inghilterra; benché la loro approvazione sarebbe di qualche maggior importanza, nella scala del credito, di quella del circolo di Dundee. Ma per rendere giustizia a quel circolo io credo che i signori che lo compongono siano più saggi di quanto non sembri; essi saranno meno prodighi del loro denaro che non lo siano delle loro arringhe e non darebbero un pozzetto della loro più spiegazzata e stracciata carta scozzese per venti dei vostri più belli assegnati.

    In principio d'anno l'Assemblea, cinipe carta per la somma di sedici milioni di sterline. Quale doveva essere il disordine in cui l'Assemblea ha ridotto i vostri affari, se il sollievo apportato da un così grande aiuto è stato appena percettibile? Di più questa carta subì un quasi immediato deprezzamento del cinque per cento, che in breve salì al sette circa. L'effetto di quegli assegnati sul listino della rendita è notevole. Il Necker fu obbligato a comperare (credo, per una parte considerevole, sul mercato di Londra) oro e argento per la Zecca, per una somma che sorpassava di circa dodicimila sterline il valore della mercé ottenuta. Quel ministro era dell'avviso che, qualunque potesse essere il loro segreto potere nutritivo, lo stato non poteva vivere solo di assignats; che un po' di argento reale era necessario, specialmente per la soddisfazione di coloro che avendo ferro per le mani non si sarebbero probabilmente distinti per la loro pazienza quando si fossero accorti che mentre si offriva loro un aumento di paga lo si sottraeva fraudolentemente pagandolo in carta deprezzata. Il ministro in questo naturalissimo frangente ricorse all'Assemblea perché ordinasse agli esattori di versare in denaro ciò che in denaro avevano ricevuto. Non poteva sfuggirgli che se il tesoro pagava il tre per cento l'uso di una moneta che gli ritornava peggiorata del sette per cento da quando il ministro l'aveva emessa, tale commercio non poteva tendere ad arricchire molto il pubblico. L'Assemblea non prese nota della sua raccomandazione. I legislatori si trovavano in questo dilemma: se continuassero a ricevere gli assegnati, il denaro finirebbe per diventare estraneo al pubblico tesoro; se il tesoro rifiutasse questi cartacei amuleti o li disprezzasse in qualunque modo, sarebbe distrutta l'unica loro fonte di credito, E pare ch'essi abbiano in seguito presa la loro decisione e dato una specie di credito alla loro carta col prenderla essi stessi. In pari tempo nei loro discorsi fecero una specie di vanitosa dichiarazione ; qualche cosa, io penso, piuttosto fuori dalla competenza legislativa; cioè che non esista differenza di valore tra la moneta metallica e i loro assegnati. Questo fu un buono, risoluto, invulnerabile articolo di fede, pronunciato sotto la pena di anatema dai venerabili padri di quel filosofico sinodo. Credat, chi vuole — non certamente Judaeus Apella.

    Una nobile indignazione sorse nelle anime dei vostri capi popolari nell'udire che la lanterna magica della loro esposizione finanziarla era stata paragonata alle fraudolenti esposizioni del Law. Essi non possono sopportare che la sabbia del Mississipì venga paragonata alla pietra della chiesa sulla quale essi costruiscono il loro sistema. Pregateli di reprimere questo splendido sentimento finché non abbiano mostrato al mondo quale parte di terreno solido hanno riservato ai loro assegnati, che non sia già precedentemente occupata da altri oneri. Essi fanno un'ingiustizia a quel grande modello di frode nel paragonarla alla loro degenerata imitazione. Non è vero che il Law abbia esclusivamente costruito su una speculazione riguardante il Mississipì. Egli aumentò il commercio africano e diede incremento a tutte le rendite delle fattorie di Francia. Tutto ciò insieme, senza dubbio, non poteva sostenere la struttura che il pubblico entusiasmo, non egli, costruì sopra tali basi. Ma quelle furono, tuttavia, generose illusioni in confronto alle altre. Esse supponevano ed avevano di mira un aumento del commercio della Francia e le aprivano l'intera cerchia dei due emisferi. Non si pensò di dare in pasto alla Francia la sua propria sostanza. Una grande fantasia trovò in quello slancio di commercio qualche cosa di affascinante. C'era di che abbagliare l'occhio di un'aquila. Non era fatto, come il vostro, per attirare l'odorato di una talpa che fruga nella madre terra e vi si seppellisce. Gli uomini non avevano allora completamente ridotto le loro dimensioni naturali in causa di una degradante e sordida filosofia, buona solo per bassi e volgari inganni. Sopra tutto ricordate che imponendosi alla fantasia gli amministratori di quel sistema resero omaggio alla libertà degli uomini. Nella loro frode non c'era immischiata la forza. Questa era riservata al nostro tempo per estinguere i piccoli barlumi di ragione che potevano trapelare attraverso la spessa oscurità di quest'età illuminata.

    In fine, mi sovvengo di non avere accennato a un piano finanziario che può servire a provare le abilità di quei signori e che è stato introdotto con gran pompa, per quanto non ancora definitivamente adottato, nell'Assemblea Nazionale. Esso viene con qualche cosa di solido in aiuto al credito della, circolazione cartacea; e sì è molto detto della sua utilità e della sua eleganza. Alludo al progetto di coniare monete con le campane delle Chiese soppresse. Questa è la loro alchimia. Vi sono delle pagaie che rendono vano ogni argomento, che vanno oltre il ridicolo e non eccitano in noi altro sentimento che il disgusto ; e quindi, io non dirò altro su ciò.

    Vale ugualmente poco la pena di continuare a osservare il loro fare e disfare nella circolazione per ritardare il giorno del disastro, nel giuoco tra il tesoro e la Caisse d'Escompt e in tutte le vecchie, disusate combinazioni di frode mercantile, ora elevate a linea di azione di uno stato. La rendita non può essere giocata così. Le chiacchiere intorno ai diritti degli uomini non saranno accettate in pagamento per un biscotto o una libbra di polvere da fucile. Allora i metafisici discenderanno dalle loro aeree speculazioni e seguiranno fedelmente dei modelli. Ma quali? I modelli del falliti.

    Anche sconfitti, annullati, caduti in disgrazia, quando il loro respiro, la loro forza, le loro intenzioni, le loro fantasie li abbandonano, la loro fiducia rimane ferma. Nel fallimento evidente delle loro abilità essi attingono il credito per la loro beneficenza.

    Mentre la rendita scompare dalle loro mani codesti filosofi hanno la presunzione, in certi recenti procedimenti, di metterai in valore per l'aiuto dato al popolo. Essi non aiutarono il popolo. Se avevano di queste intenzioni, perché ordinarono che le odiose tasse venissero pagate? Il popolo si aiuto da sé, a dispetto dell'assemblea.

    Ma esaminiamo, tutte le discussioni sulle arti che possono reclamare il merito di questo aiuto ingannatore; c'è stato effettivamente un aiuto di qualche specie per il popolo? Il Bailly, uno dei grandi agenti della circolazione cartacea, vi introduce nella natura, di questo aiuto. Il suo discorso all'assemblea nazionale contiene un alto ed elaborato panegirico degli abitanti di Parigi per la costanza e inesauribile risolutezza con la quale hanno sopportato le angustie e la miseria. Un bel quadro di felicità pubblica! Come? gran coraggio e incrollabile fermezza di animo nel sopportare benefici e riforme? Dal discorso di questo colto sindaco si potrebbe pensare che negli scorsi dodici mesi i Parigini abbiano dovuto sopportare le angustie di qualche terribile assedio; che Enrico IV abbia chiuso tutte le vie ai loro rifornimenti e Sully tuonasse coi suoi cannoni alle porte di Parigi ; mentre in realtà essi non erano assediati da altri nemici che dalla loro pazzia e dalla loro stessa credulità e perversità. Ma il Bailly scioglierà il ghiaccio eterno delle estreme regioni dell'Atlantico prima di ridare a Parigi il suo calore centrale; finché essa rimarrà "percossa dalla fredda, arida, pietrificante mazza" di una filosofia falsa e insensibile. Poco tempo dopo quel discorso, cioè il tredici dello scorso agosto, lo stesso magistrato, dando una relazione del suo governo alla sbarra della stessa Assemblea, si esprimeva nel modo seguente: "Nel mese di Luglio del 1789 (il periodo da commemorare in eterno) le finanze delta città di Parigi erano ancoro, in buon ordine; le spese erano controbilanciate dalle entrate, ed essa aveva in quel tempo un milione (quaranta mila lire sterline) nella cassa. Le spese nelle quali fu costretta ad incorrere in seguito alla Rivoluzione ammontano a 2.500.000 lire. Dopo queste spese e il grande ribasso della produzione dei liberi contributi, non solo un momentaneo ma un totale bisogno di denaro è intervenuto." Questa è la Parigi per il cui nutrimento è stata spesa, durante lo scorso anno, una così immensa somma di denaro, tolta dagli organi vitali della Francia. Finché Parigi resterà al posto di Roma antica, essa dovrà essere mantenuta dalle provincie soggette. È un male inevitabile, relativo al dominio delle sovrane repubbliche democratiche. Come accadde per Roma, questo sopravviverà alla dominazione repubblicana che lo creò. In quel caso lo stesso dispotismo deve sottomettersi ai vizi del favore popolare. Roma, sotto i suoi imperatori, riunì i mali di entrambi i sistemi; e questa combinazione contro natura fu una delle maggiori cause della sua rovina.

    Dire al popolo ch'esso è aiutato dalla dilapidazione della cosa pubblica, è una crudele e insolente impostura. Gli uomini di stato, prima di credersi gran che per l'aiuto dato al popolo con la distruzione delle rendite, dovrebbero anzitutto applicarsi con cura alla soluzione di questo problema: se per il popolo è più vantaggioso pagare considerevolmente, ma guadagnare in proporzione; o guadagnare poco o nulla ed essere liberato da ogni contributo? La mia mente è portata a decidere in favore della prima proposizione. L'esperienza mi dà ragione e, credo, anche il parere dei più competenti. Equilibrare il potere d'acquisto da parte del soggetto con le domande a cui egli deve rispondere da parte dello stato, è funzione fondamentale nell'attività del vero uomo politico. I mezzi di acquisto hanno la precedenza nel tempo e nella sistemazione. Il buon ordine è la base di tutte queste belle cose. Il popolo reso capace di acquistare, sarà trattabile e obbediente senza essere servile. Il magistrato deve avere il rispetto che gli è dovuto ; la legge, la sua autorità. L'organismo popolare non deve trovare i principi della naturale subordinazione mediante artifizi piantati fuori della sua mente. I cittadini devono rispettare quella proprietà di cui non possono godere. Essi devono lavorare per ottenere quanto si può ottenere col lavoro ; e quando trovano, come accade loro comunemente, che il successo è inadeguato agli sforzi fatti, bisogna insegnare loro a consolarsi col pensiero del compenso finale dell'eterna giustizia. Chiunque li priva di questa consolazione uccide la loro industria e colpisce alle radici ogni desiderio di acquisizione. Colui che fa questo è il crudele oppressore, il nemico senza pietà del povero e del miserabile; e nello stesso tempo con le sue malvagio speculazioni egli espone i frutti di un'industria fortunata e le accumulazioni di ricchezza al saccheggio del negligente, del deluso e dell'incapace di far fortuna.

    Troppi dei finanzieri per professione sono portati a vedere nella rendita nient'altro che banche e circolazione e annualità a vita e tontine e canoni perpetui e tutta la mercé minuta del loro negozio. Nell'ordine stabilito di uno stato queste cose non sono da, trascurare, anzi, è importante saperle maneggiare con destrezza.. Sono utili, ma solo quando rientrano nell'ordine stabilito e sono fondate su di esso. Quando invece gli uomini pensano che queste miserabili combinazioni possano fornire un aiuto nei mali che derivano dalla distruzione delle basi dell'ordine pubblico e dell'aver causato o tollerato il capovolgimento dei principi di proprietà, essi lasceranno nella rovina del loro paese un malinconico e perituro monumento degli effetti di una politica assurda e di una saggezza presuntuosa, di corte vedute e di mente ristretta.

    Gli effetti dell'incapacità dimostrata dai demagoghi saliti a capo di tutti i grandi rami della repubblica devono essere coperti dal nome, che tutto redime, di libertà. In qualcuno io vedo infatti una gran libertà; in molti, se non nei più, un'opprimente degradante servitù.

    Ma che cos'è libertà senza saggezza e senza virtù? È il male più grande di tutti i mali; perché è follia, vizio, pazzia senza tutela e senza freno. Quelli che sanno che cosa sia la libertà attiva non possono sopportare di vederla vilipesa da menti incapaci, con lo scopo di usare parole alto sonanti. Certo io non disprezzo i grandi, alteri sentimenti di libertà. Essi riscaldano il cuore, allargano e liberano la mente, animano il nostro coraggio durante un conflitto. Vecchio come sono, leggo con piacere i belli entusiasmi di Lucano e di Corneille. Neppure condanno completamente i piccoli artifizi e le astuzie della popolarità. Essi facilitano il compimento di molti punti importanti, tengono il popolo insieme, rinfrescano la sua attività e diffondono una gaiezza occasionale sul ciglio severo della libertà morale. Ogni uomo. politico dovrebbe sacrificare alle grazie e unire la condiscendenza alla ragione. Ma in un'impresa come quella di Francia tutti questi sentimenti e artifici sussidiari sono di poco profitto. Costituire un governo non richiede grande prudenza. Imporre la gerarchia del potere, insegnare l'obbedienza, è presto fatto. Dare la libertà è ancor più facile. Non è necessario guidare, basta lasciar andare le redini. Ma per costituire un governo libero cioè temperare insieme gli elementi opposti, di libertà e di disciplina, in un'opera coerente, si richiede molto pensiero, profonda riflessione e una mente sagace, potente e organizzatrice. Questo io non trovo in coloro che presero la direzione dell'Assemblea .Nazionale. Forse essi non sono così pietosamente deficienti quali appaiono. Quasi lo credo. Questo li metterebbe al disotto del comune livello di capacità umana. Ma quando i capi amano portare come offerenti a un incanto di popolarità la loro abilità nella costruzione dello stato, questa non sarà di alcuna utilità. Essi diventeranno adulatori anzi che legislatori; gli strumenti, non la guida del popolo. Se accadesse che qualcuno di loro proponesse un progetto di libertà, sobriamente limitato e definito con opportune restrizioni, egli sarebbe subito sorpassato dai suoi competitori, che presenterebbero qualche cosa di più splendidamente demagogico. Si eleveranno sospetti sulla sua fedeltà alla causa. La moderazione sarà stigmatizzata come la virtù dei codardi e il compromesso come la prudenza dei traditori, sicché, nella speranza di salvaguardare il credito che lo renderà atto a moderare in certe occasioni, il capo popolare è obbligato a svolgere un'attiva propaganda di dottrine e a istituire poteri, che in seguito sconfiggeranno qualunque moderato proposito a cui egli potesse avere aspirato.

    Ma sono io così irragionevole da non veder nulla che meriti lode nell'instancabile travaglio dell'Assemblea Nazionale?

    Io non nego che, in mezzo all'infinito numero di atti di violenza e di follia, qualche cosa di buono sia stato fatto. Chi distrugge ogni cosa certamente sopprime anche qualche guaio. Chi rinnova tutto ha la probabilità di istituire qualche cosa di giovevole. Apprezzando ciò che i nuovi reggitori hanno fatto in virtù dell'autorità da essi usurpata o che li può scusare dei delitti coi quali tale autorità è stata acquistata, deve apparire che queste cose non si sarebbero potute compiere senza produrre una tale rivoluzione. Indubbiamente doveva essere così; perché quasi tutti i regolamenti fatti da loro, il che non lascia luogo a equivoco, riguardavano o la cessione fatta volontariamente dal re alla riunione degli Stati o le istruzioni relative alle leggi generali. Certi usi sono stati giustamente aboliti; ma ce n'erano altri che, se fossero rimasti quali erano per tutta l'eternità, poco avrebbero tolto alla felicità e alla prosperità dello stato. I miglioramenti dell'Assemblea Nazionale sono superficiali, i suoi errori fondamentali.

    Comunque ciò sia, io auguro che i miei compatrioti raccomandino ai loro vicini l'esempio della costituzione britannica piuttosto di prendere modello da essi per il miglioramento della nostra. Nella prima essi hanno un tesoro inestimabile. Anch'essi hanno qualche motivo di apprensione e di lamento; ma non devono attribuirli alla loro costituzione, bensì alla loro condotta. Io penso che la nostra felice situazione sia dovuta alla nostra costituzione; ma dovuta al suo complesso, non alle singole parti; dovuta in maggioranza a ciò che in essa abbiamo lasciato nelle varie nostre revisioni e riforme, così come a ciò che in essa abbiamo modificato e aggiunto. Il nostro popolo troverà impiego sufficiente per uno spirito sinceramente patriottico, libero e indipendente, nel salvare da violazioni quanto possiede. Non vorrei escludere che qualche cambiamento si dovrà fare; ma anche quando cambiassi, sarebbe per conservare. E dovrei esser indotto al cambiamento da una grande preoccupazione. In quanto facessi, seguirei l'esempio dei nostri antenati. Io farei le 'riparazioni quanto più possibile nello stile della costruzione. La prudenza politica, un'attenta circospezione, una timidezza morale più che costituzionale erano tra i principi direttivi dei nostri antenati nella loro condotta più risoluta. Non essendo illuminati dalla luce di cui i signori della Francia ci raccontano di aver avuto una parte così abbondante, essi agirono sotto la forte impressione della ignoranza e della fallibilità umana. Colui che li creò così fallibili li ricompensò per aver agito secondo la loro natura. Imitiamo la loro prudenza se vogliamo meritare la loro fortuna e conservare la loro eredità. Aggiungiamo, se ci piace, ma conserviamo quanto ci hanno lasciato; e restando sul saldo terreno della costituzione britannica accontentiamoci di ammirare anzi che tentare di seguire nei loro voli disperati gli aeronauti francesi.

    Vi ho detto con franchezza i miei sentimenti. Non credo ch'essi siano tali da cambiare i vostri. Non so perché lo dovrebbero. Voi siete giovane; voi non potete guidare, ma dovete seguire le sorti della vostra patria. Ma in avvenire le mie parole potranno riuscirvi utili in qualche forma che la vostra repubblica potrà prendere. Nella presente essa potrà difficilmente rimanere; prima però della sua sistemazione definitiva può essere obbligata a passare, come dice uno dei nostri poeti: "attraverso molte varietà di esistenze non ancora sperimentate" e in tutte le sue trasmigrazione venire purificata dal fuoco e dal sangue.

    Io ho poco da raccomandare nelle mie opinioni, se non la molta osservazione e la maggiore imparzialità. Esse vengono da uno che non è stato lo strumento del potere né l'adulatore della grandezza e che nelle sue ultime azioni non desidera venire meno al tenore della sua vita. Vengono da uno che nella quasi totalità della sua attività pubblica non ha fatto che lottare per la libertà degli altri; da uno il cui petto non fu mai agitato da ira duratura e violenta, se non per quanto egli considerò tirannia; che capisce quella parte di sforzi che gli uomini dabbene usano a screditare l'oppressione dei ricchi e ciò facendo è convinto di non essersi allontanato dal suo ufficio abituale. Esse vengono da uno che desidera ben poco onori, distinzioni ed emolumenti e non li pretende affatto; che non disprezza la fama e non teme il rimprovero; che rifugge dalle polemiche e tuttavia vuoi avanzare la sua opinione; da uno che deriderà conservare la coerenza, ma che vorrebbe conservarla variando i suoi mezzi per garantire l’unità del fine; e quando l'equilibrio della nave in cui egli salpa può essere compromesso dal soverchio carico di una parte, desidera portare il piccolo peso del suo buon senso dall'altra perché l'equilibrio possa esser conservato.


    Note


    (21) Per ulteriori chiarimenti riguardo a tutte queste giurisdizioni e al comitato delle ricerche, vedi l'opera del Calonne.

    (22) Questo ministro della guerra ha poco dopo, rassegnate le sue dimissioni.

    (23) Courier Francois; 30-7-1790 : Assemblée Nationale, n. 210.

    (24) Vedo dalla relazione del Necker, che le guardie nazionali di Parigi hanno ricevuto, oltre e all’infuori del denaro prelevato nella loro città, circa 145000 sterline del tesoro pubblico. Non vedo chiaramente se questa sia una paga effettiva per i nove mesi da che esistono, o la restituzione per il loro servizio animale. Non è cosa di grande importanza, poiché certamente essi possono prendere quanto a loro piace.

    (25) La Bruyère, parlando di Bossuet, lo chiamava così.




    (Fine dell'ottava e ultima parte)

 

 

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