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    Predefinito Dentro la Chiesa Cattolica, la Chiesa Cattolica.

    Cammino Neocatecumenale







    Le origini

    Nei primi anni Sessanta Francisco (Kiko) Argüello (pittore, nato a León, Spagna) avrebbe avuto, a suo dire, una visione della Madonna[1] con l'indicazione di «fare comunità come la Sacra Famiglia di Nazaret».
    Lanciatosi nell'evangelizzazione dei baraccati di Palomeras Altas, alla periferia di Madrid, vi incontra Carmen Hernández (laureata in chimica e associata per alcuni anni all'Istituto Misioneras de Cristo Jesús) e dal 19641967 collabora con lei in un ambiente composto soprattutto da poveri, prostitute e omosessuali, formando una "sintesi kerigmatico-catechetica" che, sostenuta dalla Parola di Dio, dalla Liturgia e dall'esperienza comunitaria, e sulla scia del Concilio Vaticano II, diventerà la base di ciò che il Cammino Neocatecumenale porterà in tutto il mondo. al
    Dalle baracche l'esperienza passa presto, su invito dell'allora arcivescovo di Madrid Casimiro Morcillo (1904-1971), ad alcune parrocchie delle città di Madrid e di Zamora. L'esperienza delle parrocchie cittadine era però diversa da quelle dei poveri delle baracche. Molti cittadini non avevano evidenti bisogni materiali e le catechesi venivano usate come conferenze, non come cammino di conversione e di kenosis, dove far "morire" a poco a poco la vecchia spiritualità per poter essere rivestiti della nuova creazione nello Spirito Santo. Così gradualmente venne apparendo la riscoperta del Battesimo (detta "neocatecumenato") come cammino da percorrere per arrivare a una fede "adulta", capace di rispondere ai cambiamenti sociali del nostro tempo.
    Nel 1968 Kiko e Carmen portarono anche in Italia la loro esperienza su invito di mons. Dino Torreggiani (1905-1983), fondatore della congregazione religiosa Servi della Chiesa, con una lettera di presentazione per il cardinale Angelo Dell'Acqua (1903-1972), allora vicario di Sua Santità. Andarono a vivere nelle baracche del Borghetto Latino a Roma e avviarono il Cammino nella parrocchia di Nostra Signora del SS. Sacramento e dei MartiriCanadesi, nel quartiere Nomentano, ed in seguito in molte altre parrocchie della città e del mondo.
    Nell'aprile del 1970, a Majadahonda, nei pressi di Madrid, Kiko, Carmen ed altri responsabili e parroci, si posero il problema circa l'identità delle comunità che stavano sorgendo nelle parrocchie. Da tale riflessione furono definiti gli elementi basilari dell'esperienza del Cammino Neocatecumenale.

    Natura e missione della comunità neocatecumenale
    • Secondo quanto afferma il cammino neocatecumenale la comunità è la Chiesa stessa, che nasce dall'annuncio della "Buona Novella" che è Cristo.
    • I membri sono chiamati ad essere "sacramento di salvezza" all'interno della parrocchia, in cammino verso una fede sempre più adulta sostenuti dal "tripode": Parola di Dio, Liturgia, Comunione fraterna.
    • Il Cammino è detto catecumenato o neocatecumenato, a seconda del caso che l'adulto sia non battezzato o già battezzato[2] e dichiara di ispirarsi al catecumenato antico (Scrutini battesimali, Iniziazione alla preghiera, Redditio e Traditio Symboli, ecc.).
    • Compito della comunità è rendere visibile un nuovo modo di vivere il Vangelo, tenendo presente le esigenze degli uomini contemporanei.
    • I membri del Cammino vivono il dovere di non distruggere niente, di rispettare tutto, presentando il frutto di una Chiesa che si rinnova.
    • Le comunità rimangono all'interno delle parrocchie, vivendo in comunione con il parroco, anche se secondo molti fedeli provenienti da diversi parti nel mondo ove è presente questo movimento nascono profonde divisioni fra coloro che frequentano il Cammino neocatecumenale ed il resto dei parrocchiani.
    Alcuni anni più tardi, quando il Cammino era già diffuso in molte diocesiCongregazione del Culto Divino[3]. L'allora Segretario della Congregazione, mons. Annibale Bugnini, e gli esperti che lo coadiuvavano rimasero stupiti del valore di questa nuova realtà ecclesiale[4]. Dopo due anni di studio della prassi del Cammino la Congregazione pubblicò sulla propria rivista ufficiale la breve nota italiane, i responsabili furono chiamati dalla per presentare il loro itinerario di riscoperta del BattesimoPraeclarum exemplar di apprezzamento dell'opera delle comunità neocatecumenali[5]. È in questi anni che viene scelto, su proposta della stessa Congregazione, il nome di "Cammino Neocatecumenale" ovvero "catecumenato post-battesimale".

    Struttura del Cammino

    Il Cammino Neocatecumenale,sulla falsa riga del catecumenato antico, si struttura come un itinerario comunitario a tappe, fedelmente all'ispirazione originaria di «fare comunità cristiane come la Sacra Famiglia di Nazaret che vivano in umiltà, semplicità e lode e dove l'altro è Cristo».
    Il percorso neocatecumenale prende inizio da un ciclo di catechesi che si distende, normalmente, sull'arco di due mesi in cui viene preparato e annunciato il "Kerygma". Coloro che, al termine di questo "primo annuncio" lo desiderano, danno vita ad una nuova comunità neocatecumenale che, come un embrione appena concepito, inizia il suo percorso di crescita e maturazione, in seno alla parrocchia, e si mette in cammino alimentata dal "tripode" Parola di Dio-Liturgia-Comunità.
    La prima fase, il pre-catecumenato post-battesimale, è un tempo di "kènosi" per imparare a camminare nell'umiltà. Rivivendo le tappe del Primo e del Secondo Scrutinio battesimale, che costituiscono la prima parte del battesimo, si passa al "catecumenato post-battesimale", che è un tempo di combattimento spirituale per acquistare la semplicità interiore dell'"uomo nuovo" che ama Dio come unico Signore, con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze e il prossimo come se stesso. La Chiesa sostiene i neocatecumenali attraverso la consegna graduale di alcune "armi spirituali":
    • l'iniziazione alla preghiera (con la consegna del libro della Liturgia delle Ore);
    • la Traditio Symboli (consegna del Credo) che è seguita dalla testimonianza pubblica della propria fede, la Redditio Symboli;
    • la consegna del Padre Nostro (nell'abbandono filiale alla Vergine Maria).
    Dopodiché si apre la fase della riscoperta dell'«elezione», "cardine di tutto il (neo)catecumenato", tempo di illuminazione, dove i neocatecumeni apprendono a "camminare nella lode". Questo tempo culmina con la rinnovazione delle promesse battesimali nella Veglia Pasquale presieduta tipicamente dal Vescovo. Ogni membro del Cammino neocatecumenale, dopo il Secondo Scrutinio, dovrà versare la decima delle proprie entrate alla comunità.

    Responsabili del Cammino

    Attualmente l'équipe responsabile internazionale del Cammino Neocatecumenale è composta dagli iniziatori Kiko Argüello e Carmen Hernández, affiancati da un sacerdote, padre Mario Pezzi[6]. L'équipe internazionale nomina il collegio elettivo (da ottanta a centoventi membri, nominati a vita[7]).
    Dall'équipe responsabile internazionale dipendono le èquipes dei cosiddetti "catechisti itineranti" (ad oggi circa settecento) responsabili, per conto dell'équipe internazionale, del Cammino Neocatecumenale nelle varie nazioni o regioni del mondo. Contribuiscono a formare le prime comunità neocatecumenali e a mantenere regolari contatti con i vescovi delle diocesi in cui operano; le èquipes itineranti mantengono un legame costante con i responsabili internazionali del Cammino (in occasione delle "convivenze degli itineranti"), visitano periodicamente le comunità neocatecumenali da loro catechizzate e curano lo sviluppo del Cammino nel territorio loro assegnato, nella fedeltà al carisma degli iniziatori.
    Queste èquipes di "catechisti itineranti" per l'evangelizzazione sono formate da uomini o donne celibi, da coppie sposate e da un sacerdote (che abbia ottenuto il permesso dal proprio vescovo o dal proprio superiore religioso). Essi si offrono liberamente, lasciando casa, lavoro e amicizie e facendosi disponibili ad andare gratuitamente in qualunque parte del mondo nella precarietà e confidando nella Provvidenza. I "catechisti itineranti" restano uniti alla propria parrocchia e comunità neocatecumenale, alla quale ritornano periodicamente. Inoltre sono liberi di interrompere in qualsiasi momento la propria esperienza missionaria.
    Le "équipes itineranti" si recano in un'altra diocesi, su invito del Vescovo locale e di almeno un parroco interessato, per avviare il Cammino Neocatecumenale in una parrocchia. Le èquipes sono formate, abitualmente, secondo lo schema (coppia, celibe, presbitero oppure celibe, nubile, presbitero), generalmente attraverso un sorteggio tra quanti hanno completato (o quasi) tutte le tappe del Cammino e si sono offerti volontari.

    Attività missionaria

    Di fronte alla situazione di forte secolarizzazione del Nord Europa e vaste aree del mondo, Kiko e Carmen hanno dato l'avvio all'esperienza delle "Famiglie in missione", per fondare col Cammino la Chiesa in paesi dove essa è inesistente ("Implantatio Ecclesiae") o per aiutare a rafforzare le comunità lì presenti. Queste famiglie restano unite alla propria comunità neocatecumenale, inserita nella parrocchia di origine, e sono sostenute dalla stessa comunità e dalla parrocchia per quanto concerne le spese per viaggi, affitto delle case, sostegno morale, lettere, preghiere, etc. La più recente partenza di duecento famiglie in missione è avvenuta il 12 gennaio2006, alla presenza di papa Benedetto XVI[8], portando così ad oltre cinquecento le "famiglie in missione" nel mondo.
    All'opera di evangelizzazione, iniziata dalle famiglie in diverse zone, si è ben presto affiancata anche quella di sacerdoti missionari, con la creazione, in diverse diocesi e dietro esplicita richiesta dell'ordinario del luogo, di un seminario Redemptoris Mater, seminari diocesani, internazionali, missionari (attualmente sono 67) in cui vengono accolte gran parte delle vocazioni al sacerdozio nate in seno al Cammino.
    Un'altra iniziativa significativa è stata la costruzione e la gestione della Domus Galilaeae sul monte delle Beatitudini in Galilea, opera inaugurata da papa Giovanni Paolo II nel 2000 durante il suo storico viaggio in Terra Santa, che in quell'occasione celebrò l'Eucarestia con decine di migliaia di giovani, giunti in pellegrinaggio da tutto il mondo. La Domus Galilaeae è luogo di incontro e ritiro dei fratelli delle comunità neocatecumenali durante il pellegrinaggio in Israele che viene compiuto in occasione della conclusione dell'itinerario neocatecumenale. È diventato anche un luogo di incontro tra cristiani ed ebrei, in occasione delle visite che molti ebrei fanno in questo luogo.

    Il Cammino Neocatecumenale nel mondo

    Il 29 giugno 2002 è arrivato un primo riconoscimento dal Pontificio Consiglio per i Laici, con l'approvazione ad experimentum, per un periodo di cinque anni, dello Statuto del Cammino Neocatecumenale[9].
    Oggi il Cammino è presente in tutti e cinque i continenti, in più di 900 diocesi, per un totale di oltre 40.000 comunità in 6.000 parrocchie.
    Il Cammino, in quanto itinerario di formazione cattolica, non ha un patrimonio proprio[10] pur avendo una struttura propria con dei responsabili "vita natural durante"[11].
    Numerosi sono anche i seminari "Redemptoris Mater", ci sono gia 67 seminari, sparsi in tutto il mondo.
    In Rwanda, nell'ottobre del 1994, il sacerdote Justin Furaha[12] ed altre decine di persone tra sacerdoti, laici e suore appartenenti al Cammino, sono stati uccisi durante il genocidio ruandese in quanto cristiani ed appartenenti all'etnia Tutsi.



    Lode dal Papa

    Il Cammino Neocatecumenale gode del favore di molti ecclesiastici ed ha raccolto numerosi elogi ed incoraggiamenti[13]; il più famoso è quello di papa Giovanni Paolo II che in una lettera[14] a mons. Paul Josef Cordes[15]30 agosto 1990, scrisse: «avendo preso visione della documentazione da Lei presentata, accogliendo la richiesta rivoltami riconosco il Cammino Neocatecumenale come un itinerario di formazione cattolica, valida per la società e per i tempi odierni. Auspico, pertanto, che i Fratelli nell'Episcopato valorizzino e aiutino - insieme con i loro presbiteri - quest'opera per la nuova evangelizzazione, perché essa si realizzi secondo le linee proposte dagli iniziatori, nello spirito di servizio all'Ordinario del luogo e di comunione con lui e nel contesto dell'unità della Chiesa particolare con la Chiesa universale» (in del Acta Apostolicae Sedis, 82/1990, 1513-1515, con una nota redazionale che precisava che «l'intento del Santo Padre, nel riconoscere il Cammino neocatecumenale come valido itinerario di formazione cattolica, non è quello di dare indicazioni vincolanti agli ordinari del luogo, ma soltanto di incoraggiarli a considerare con attenzione le comunità neocatecumenali, lasciando tuttavia al giudizio degli stessi ordinari di agire secondo le esigenze pastorali delle singole diocesi»).

    Critiche

    Ciononostante il Cammino presenta degli aspetti problematici che hanno dato luogo a molteplici discussioni all'interno della Chiesa cattolica[16]. Già nel 1983 lo stesso Giovanni Paolo II in un discorso ai neocatecumenali aveva detto: «Celebrate l'Eucaristia e, soprattutto, la Pasqua, con vera pietà, con grande dignità, con amore per i riti liturgici della Chiesa, con esatta osservanza delle norme stabilite dalla competente autorità, con volontà di comunione con tutti i fratelli (...) Il ministero della riconciliazione... è affidato a voi, Sacerdoti. Siatene ministri sempre degni, pronti, zelanti, disponibili, pazienti, sereni, attenendovi con fedele diligenza alle norme stabilite in materia dall'Autorità ecclesiastica... in piena adesione al ministero e alla disciplina della Chiesa, con la confessione individuale, come ripetutamente raccomanda il nuovo Codice di Diritto Canonico (...) Non chiudetevi in voi stessi, isolandovi dalla vita della Comunità parrocchiale o diocesana (...) Pertanto le norme giuridiche, come anche quelle liturgiche, vanno osservate senza negligenze e senza omissioni»[17].
    La polemica intraecclesiale tra parte del mondo cattolico ed il Cammino Neocatecumenale riguarda principalmente due punti:
    1. liturgico: cambiamenti sostanziali rispetto alla prassi liturgica comunemente accettata dalla Chiesa (per esempio le lunghe «monizioni» da parte di laici che rischierebbero di sostituire l'omelia del celebrante, l'«uso di una mensa addobbata posta al centro della chiesa invece dell'altare dedicato in presbiterio», la Comunione «seduti», etc)
    2. pastorale: La segretezza sul contenuto delle catechesi (che non sono state ancora ufficialmente pubblicate, poiché ancora in esame presso le Congregazioni vaticane), la durata effettiva del Cammino (talvolta vent'anni e più), la maggiore importanza data ai catechisti laici piuttosto che ai sacerdoti, etc;
    Risposte del Cammino Neocatecumenale

    I neocatecumenali affermano che le celebrazioni e le catechesi sarebbero aperte a tutti, e che sussisterebbe finalmente la comunione con altri movimenti ecclesiastici[18]; insistono poi sulla devozione mariana[19] e dichiarano che la "minore importanza dei sacerdoti" sarebbe dovuta al fatto che essi possono frequentare il Cammino come tutti gli altri fratelli, pur avendo una formazione specifica e la vocazione di essere pastori del gregge. I neocatecumenali si difendono poi accusando calunnie, equivoci (causati soprattutto dal fatto che le catechesi vengono esposte sempre oralmente e quindi col rischio di essere citate direttamente dal linguaggio parlato), inimicizie o asserendo la compatibilità della prassi del Cammino con il Magistero Pontificio e la Tradizione della Chiesa e ricordando le ripetute dichiarazioni di apprezzamento ricevute dagli ultimi Papi e da molti Vescovi e Cardinali[20]. È infatti la gerarchia cattolica stessa a dover valutare quanto e come il Cammino abbia le caratteristiche di itinerario di formazione alla fede.
    Nei seguenti paragrafi vengono presentate alcune delle osservazioni da parte di esponenti del clero e della gerarchia[21] relative ai primi tre punti.

    Osservazioni da sacerdoti

    Una prima documentata critica al Cammino[22] venne nel 1983 dal sacerdote, ingegnere e teologo mons. Pier Carlo Landucci (1900-1986), di cui è attualmente in corso la causa di beatificazione. Secondo Landucci, nel Cammino Neocatecumenale «non c'è alcuna posizione dottrinale o pratica cattolica che non sia gravemente deformata. Il tutto presentato con impressionante grossolanità e confusione teologica e biblica, congiunte all'ostentato atteggiamento di acuta riscoperta e di suggestionanti prospettive di personale, elitario impegno e sacrificio».
    Un'altra documentata critica agli aspetti dottrinali, liturgici e pastorali del Cammino venne lungo gli anni novanta dagli scritti del teologo e filosofopassionista Enrico Zoffoli (1915-1996), che ha scritto diversi libri[23]Neocatecumenali riassumeva[24]: «il loro fondo dottrinale è gravemente compromesso da errori che colpiscono i dogmi fondamentali del Cristianesimo qual è stato interpretato e proposto dal Magistero dei Papi e dei Concili. Si nega la Redenzione, il carattere sacrificale della morte di Cristo e, quindi, il "Sacrificio dell'altare", con il relativo culto eucaristico (transustanziazione, adorazione...); si sostiene l'unico sacerdozio di Cristo, annullando la distinzione essenziale tra "sacerdozio ministeriale" e "sacerdozio comune", restando perciò soppressa la Gerarchia, fondata su questa distinzione. Si nega il dovere e la possibilità dell'imitazione di Cristo; si altera gravemente la nozione di peccato, della Grazia, del libero arbitrio...; si fantastica "un perdono" concesso a tutti da Dio e che implica il rifiuto dell'inferno (...). È certo che la dottrina fondamentalmente errata del movimento costituisce una gravissima minaccia per tutti». In una lettera[25][26], basate sia su testimonianze che sull'analisi dei testi delle "catechesi segrete" (così soprannominate poiché per lungo tempo solo i catechisti neocatecumenali sarebbero stati al corrente della loro esistenza). Altre pubblicazioni critiche nei confronti del Cammino vengono dai sacerdoti don Elio Marighetto e don Gino Conti (vedi bibliografia), e da altri ambienti della Chiesa cattolica confrontando i testi originali delle catechesi in uso nel Cammino ed il Magistero pontificio (vedi bibliografia). Nel suo "Dizionario del Cristianesimo", alla voce

    Osservazioni dalla gerarchia ecclesiastica

    Altre critiche al Cammino provengono dalla gerarchia ecclesiastica[27].
    Nel novembre 1986, il vescovo di Brescia Bruno Foresti già rilevava[28] tra le comunità neocatecumenali:
    • una «visione pessimistica dell'uomo»;
    • un «clima di soggezione psicologica» ed un'«atmosfera di esclusivismo»;
    • «un certo discredito per la religiosità degli altri»;
    • una «scarsa attenzione» sulla «disciplina relativa all'amministrazione dei sacramenti»;
    • l'eccessiva dipendenza dei sacerdoti neocatecumenali dal Cammino e la loro «comune disattenzione ai richiami del Vescovo».
    Nel 1995, il cardinale di Firenze Silvano Piovanelli accusava[29] «rigidità e chiusure» che avevano portato a «tensioni molto acute» nelle parrocchie dove il Cammino era presente, chiedendo ai neocatecumenali di «interrogarsi sul proprio modo di esprimersi e di presentarsi», di superare «la tentazione di credersi migliore degli altri», evidenziando il «contrasto» tra i «recenti documenti del Magistero» e la norma del Cammino di celebrare la Messa festiva il sabato sera.
    Il 22 febbraio 1996, il cardinale Salvatore Pappalardo, come ultimo atto di governo dell'arcidiocesi di Palermo, vietò[30] agli aderenti del Cammino la celebrazione di Messe «precluse agli altri fedeli»; scrisse inoltre che «il Cammino, da solo, non è la Chiesa» chiedendo pertanto che il Cammino «non si distacchi dalle liturgie eucaristiche comuni».
    Nel 1996 Basil Hume, arcivescovo di Westminster e presidente della Commissione Episcopale dell'Inghilterra e del Galles, si rifiutò[31] di ordinare preti quindici seminaristi di formazione neocatecumenale. La motivazione fu che tali seminaristi, una volta ordinati, avrebbero avuto come punto di riferimento i capi delle loro comunità anziché il proprio vescovo[32].
    Nel 1997 Mervyn Alban Alexander, vescovo di Clifton (Inghilterra), proibì[33] il Cammino Neocatecumenale nella sua diocesi dichiarando che catechesi ed evangelizzazione del Cammino non erano «né benefici né appropriati per la diocesi».
    L'arcivescovo di Catania, mons. Luigi Bommarito, scrisse nel dicembre 2001[34] una lettera molto critica rivolta proprio ai membri del cammino neocatecumenale.

    Approvazione degli Statuti e Direttorio Catechetico

    All'inizio del 1997 Giovanni Paolo II chiese ai responsabili del Cammino una regolazione statutaria[35], in cui il Papa ricorda che i neocatecumenali hanno già iniziato il processo di stesura dello Statuto. Giovanni Paolo II, dopo l'approvazione dello Statuto nel 2002, confermerà che «...gli Statuti devono costituire per il Cammino Neocatecumenale una "chiara e sicura regola di vita", un punto di riferimento fondamentale affinché questo processo di formazione, che ha come obiettivo di portare i fedeli ad una fede matura, possa essere realizzato in un modo confacente alla dottrina e alla disciplina della Chiesa» ([36]). Una prima versione degli Statuti del Cammino Neocatecumenale fu respinta all'inizio del 1999 (il giurista neocatecumenale padre Javier Sotil, rettore del Redemptoris Mater di Brasilia, nel maggio 1999, durante una convivenza al Centro Neocatecumenale internazionale di Porto San Giorgio con Kiko Argüello e Carmen Hernández, annunciava che la bocciatura era stata «provvidenziale» perché aveva dato modo di «pensare e ripensare, consultare tante persone per preparare una seconda bozza che è qui pronta» [37]). Lo Statuto venne finalmente approvato nel 2002 per un periodo ad experimentum scaduto a giugno 2007 (l'intervento di Kiko Argüello alla consegna dello Statuto del Cammino Neocatecumenale il 29 giugno 2002 comincerà con: «siamo contentissimi che dopo tutto il travaglio di questi anni si sia potuti arrivare alla approvazione dello Statuto»)[38].
    Il decreto di approvazione[39] del Pontificio Consiglio per i Laici recitava infatti: «Tenuto conto dei numerosi frutti spirituali apportati alla nuova evangelizzazione dalla prassi del Cammino Neocatecumenale - accolto e valorizzato nei suoi oltre trent'anni di vita in molte Chiese locali - segnalati al Pontificio Consiglio per il Laici da numerose lettere raccomandatizie di cardinali, patriarchi e vescovi; dopo attento esame del testo degli Statuti, frutto di un laborioso processo di collaborazione tra gli iniziatori del Cammino Neocatecumenale e il Pontificio Consiglio per i Laici, che si è avvalso del contributo apportato nell'ambito delle competenze loro proprie da diversi dicasteri della Curia Romana (...) il Pontificio Consiglio per i Laici DECRETA l'approvazione "ad experimentum" per un periodo di cinque anni degli Statuti del Cammino Neocatecumenale...»
    Nei discorsi e omelie di Giovanni Paolo II del 29 giugno 2002 e dei giorni successivi, non appare alcuna menzione dell'approvazione degli Statuti[40], nonostante Kiko Argüello abbia ringraziato personalmente il Papa per aver «voluto in prima persona questa approvazione»[41]; solo nel settembre successivo il Papa ne parlerà precisando che «spetta ora ai Dicasteri competenti della Santa Sede esaminare il Direttorio catechetico e tutta la prassi catechetica nonché liturgica del Cammino stesso. Sono certo che i suoi membri non mancheranno di assecondare con generosa disponibilità le indicazioni che loro verranno da tali autorevoli fonti»[42].
    Lo Statuto rinviava ad un Direttorio Catechetico che raccoglie la tradizione orale e indica la prassi del Cammino[43]; il materiale raccolto per la creazione del Direttorio (quattordici volumi) è tuttora in fase di esame da parte delle congregazioni vaticane. Si trattava perciò di un'approvazione parziale (oltre che temporanea), poiché durante l'arco di validità dello Statuto ad experimentum il Direttorio contenente le catechesi e la prassi del Cammino (non scindibili dal Cammino stesso) non è stato pubblicato.
    Spesso le discussioni sulle problematiche inerenti il Cammino Neocatecumenale tendono a ridursi alla discussione sull'approvazione pontificia, possibilmente deducendo che una volta approvato giuridicamente il Cammino non sia più possibile elevare osservazioni critiche. L'approvazione degli Statuti era però descrittiva di ciò che "deve e dovrà fare" il Cammino (non di ciò che "fino ad oggi ha affermato").
    Lo Statuto del Cammino Neocatecumenale viene approvato in forma definitiva l'11 maggio 2008, giorno di Pentecoste[44]. Il Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, cardinale Stanislaw Rylko, consegna il nuovo testo agli iniziatori del Cammino Neocatecumenale, Kiko Arguello e Carmen Hernandez, il 13 giugno 2008, giorno di Sant'Antonio da Padova, francescano portoghese, Dottore della Chiesa.
    Queste le parole del Cardinal Rylko, alla domanda su quale significato abbia questa approvazione, per la Chiesa e per il Cammino stesso: «Significa la conferma da parte della Chiesa dell’autenticità, della genuinità del carisma che sta alla loro origine nella vita e nella missione della Chiesa. In modo particolare, questo riguarda il Cammino che ha ormai lunga storia nella Chiesa, più di 40 anni, e porta nella vita della Chiesa tanti frutti, tante vite cambiate in profondità, tante famiglie ricostruite, tante vocazioni religiose, sacerdotali e tanto impegno a favore della nuova evangelizzazione. Quindi, è un momento di grande gioia per la Chiesa, un momento di grande gioia per la realtà ecclesiale che riceve questo riconoscimento» [45] [46].

    Liturgia

    Ciò che maggiormente pare preoccupare la gerarchia ecclesiastica sono gli abusi in campo liturgico[47]. I neocatecumenali sostengono che sia Giovanni Paolo II sia l'allora cardinale Joseph Ratzinger abbiano personalmente celebrato la Messa con le comunità neocatecumenali ma, come per gli elogi e gli incoraggiamenti, tali eventi non sono in sé giuridicamente normativi[48]. A distanza di quasi ventitre anni dalla raccomandazione di osservare «le norme liturgiche» «senza negligenze e senza omissioni»[49], il 1 dicembre 2005 la Congregazione del Culto divino, a firma del cardinale Francis Arinze, ha inviato una lettera[50] a Kiko Argüello, Carmen Hernández e padre Mario Pezzi per comunicare le «decisioni del Santo Padre» a proposito delle liturgie del Cammino Neocatecumenale, raccomandando di seguire «i libri liturgici approvati, senza omettere né aggiungere nulla»[51][52]: e richiedendo, fra le altre cose
    • che «almeno una domenica al mese» le comunità del Cammino partecipino alla Messa della parrocchia;
    • che le «eventuali monizioni» previe alle letture della Messa siano «brevi»;
    • che l'omelia sia «riservata al sacerdote o al diacono»;
    • che il modo di ricevere la Santa Comunione diventi entro «un tempo di transizione (non più di due anni)» (ossia entro dicembre 2007) lo stesso di tutta la Chiesa.
    Sul sito ufficiale del Cammino è presente un'interpretazione[53] di Giuseppe Gennarini (responsabile del Cammino per gli Stati Uniti e per i rapporti con la stampa.
    La lettera del cardinale Arinze segue di pochi giorni l'incontro di Argüello, Hernández e padre Pezzi prima con la Congregazione del Culto Divino e subito dopo con papa Benedetto XVI[54]. Gli iniziatori del Cammino invieranno il 17 gennaio successivo una lettera[55] di risposta a papa Benedetto XVI, dichiarandosi «contentissimi delle "norme"» ricevute ed esprimendo «gratitudine», dichiarando che «ogni èquipe di catechisti itineranti parlerà con il Vescovo di ogni Diocesi per concordare» la partecipazione dei neocatecumenali alla Messa parrocchiale «almeno una volta al mese», e ringraziando per «i due anni»[56] concessi per adeguarsi al «modo della distribuzione della Comunione»[57].
    In una catechesi tenuta ai neocatecumenali di Madrid il 22 febbraio 2006, Kiko Argüello comunque sostiene[58] che la lettera di Arinze conterrebbe concessioni e conferme «alla Messa del Cammino che si celebra ogni domenica da più di trent'anni[59]».
    Gli Statuti approvati ad experimentum nel 2002, oltre a rinviare ad un Direttorio Catechetico per quanto riguarda gli aspetti dottrinali, non entravano nel merito delle particolarità liturgiche del Cammino Neocatecumenale.

    Terminologia tipica del Cammino

    Tra i componenti del Cammino si è formata da tempo una terminologia tipica, spesso legata alle catechesi e ai discorsi del fondatore, o a particolari celebrazioni o eventi.
    • Il termine sperimentare indica l'avere una esperienza palpabile di qualcosa nel contesto di una situazione vissuta. Gran parte del Cammino si basa sulla esperienza personale del fedele rapportata a Dio. Spesso questo è indicato come la "storia che Dio fa con te", il progetto e la relazione che intercorre tra l'esistenza di un uomo e Dio.
    • Con il termine "lontani" ci si riferisce a chi è lontano dalle leggi di Dio, apostata, pagano o idolatra, non necessariamente lontano dalla chiesa.
    • Con il termine "convivenza", si indica un ritiro spirituale di uno o più giorni, nel quale i partecipanti "con-vivono", cioè stanno insieme in un clima di preghiera e di condivisione allo scopo di alimentare la comunione fraterna nella propria comunità, condividere l'esperienza di vita alla luce della Parola di Dio e, mediamente una volta l'anno, incontrare i propri catechisti nelle tappe che caratterizzano lo svolgersi del catecumenato post-battesimale.
    • Il termine "alzarsi" viene utilizzato per indicare gli individui o la famiglia sentono il desiderio di offrire la propria vita per il Vangelo e quindi, in occasione di opportuni incontri fatti con gli iniziatori del cammino, con i propri catechisti o in comunità, a seguito di un appello generale[60] si alzano rendendosi visibili ai fratelli mostrando apertamente la propria disponibilità in risposta alla chiamata di Dio. Questa disponibilità sarà poi vagliata dalla Chiesa in opportuni incontri vocazionali.
    • Il termine "figlie di Israele[61]" si riferisce invece alle donne nubili[62] aderenti al Cammino.
    Recenti Sviluppi


    Famiglie in Missione (1/2006)

    Il 12 di gennaio 2006, duecento famiglie Neocatecumenali che sono state mandate da Kiko ad evangelizzare la Francia, il Belgio, la Germania, la Cina, l'Australia e altri paesi, hanno incontrato il Papa Benedetto XVI, che ha dato un saluto speciale e una benedizione ai membri del Cammino e alle famiglie appena mandate nella Missione.
    Attualmente, ci sono più di 500 famiglie Neocatecumenali nel Mondo.[63]

    Una lettera al Papa (1/2006)

    Nel 17 gennaio 2007, Kiko Argüello, Carmen Hernández e Padre Mario Pezzi hanno mandato al Papa Benedetto XVI una lettera[64] dove hanno manifestato il loro apprezzamento per la concessione diun periodo di due anni per la transizione.

    Incontro del Papa con il Clero (2/2007)

    Giovedi, 22 febbraio 2007, il Santo Padre, Papa Benedetto XVI, ha incontrato il clero di Roma. Il Papa ha parlato brevemente del Cammino Neocatecumenale mentre stava rispondendo ad una domanda di Padre Gerardo Raul Carcar che ha chiesto un consiglio su come poter integrare i movimenti per sviluppare un ministero reale di unità nella Chiesa Universale.
    Il Papa ha risposto:
    « In ogni caso, Io ho conosciuto i Neocatecumenali fin dal'inizio. È stata una strada lungha, con complicazione che esistono fin'oggi, pero abbiamo trovato una forma ecclesiale che ha gia migliorato la relazione tra il Parroco e il Cammino. Stiamo andando avanti cosi! Lo stesso fu detto per gli altri Movimenti. » Il Papa ha dato due indicazioni per aiutare i movimenti a crescere: rispetto per il carisma e integrazione con il servizio della Chiesa. [65]

    Lettera dai Vescovi della Terra Santa (2/2007)

    Tre giorni dopo, il 25 di febbraio, i vescovi Cattolici della Terra Santa hanno scritto una lettera invitando il Cammino Neocatecumenale:
    Fratelli e Sorelle del Cammino Neocatecumenale
    1. La pace e l'amore di Nostro Signore Gesù Cristo siano sempre con voi.
    Noi, Ordinari Cattolici di Terra Santa, vi rivolgiamo questa lettera all'inizio della Quaresima, nel quadro del Piano Pastorale comune per quest'anno, che ha come tema la catechesi e l'educazione religiosa nella parrocchia.
    Fratelli e sorelle del Cammino, siete benvenuti nelle nostre Diocesi. Ringraziamo Dio per la grazia che il Signore vi ha data e per il carisma che il Santo Spirito ha effuso nella Chiesa tramite il vostro ministero della formazione post-battesimale. Siamo riconoscenti per la vostra presenza in alcune delle nostre parrocchie, per la predicazione della Parola di Dio, per l'aiuto offerto ai nostri fedeli nell'approfondimento della loro fede e nel radicarsi nella loro propria chiesa locale, in "una sintesi di predicazione kerygmatica, cambiamento di vita e liturgia" (Statuti, Art 8)
    In seguito alla Lettera che il Papa Benedetto XVI vi ha indirizzato il 12.1.2006, e a quella della Congregazione del Culto Divino del 1.12.2005, vi domandiamo di prendere posto nel cuore della parrocchia nella quale annunciate la Parola di Dio, evitando di fare un gruppo a parte. Vorremmo che poteste dire con S. Paolo: " Mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero" (I Cor 9, 19).
    II principio al quale dobbiamo tutti insieme restare fedeli e informare la nostra azione pastorale dovrebbe essere ”una parrocchia e una Eucaristia”. II vostro primo dovere perciò, se volete aiutare i fedeli a crescere nella fede, è di radicarli nelle parrocchie e nelle proprie tradizioni liturgiche nelle quali sono cresciuti da generazioni.
    In Oriente, noi teniamo molto alla nostra liturgia e alle nostre tradizioni. È la liturgia che ha molto contributo a conservare la fede cristiana nei nostri paesi lungo la storia. Il rito è come una carta d'identità e non solo un modo tra altri di pregare. Vi preghiamo di aver la carità di capire e rispettare l'attaccamento dei nostri fedeli alle proprie liturgie.
    2. L'Eucaristia è il sacramento di unità nella parrocchia e non di frazionamento. Chiediamo pertanto che le celebrazioni Eucaristiche, in tutti i riti orientali, nonché nel rito latino, siano sempre presiedute dal parroco, o, nel caso del rito latino, in pieno accordo con lui. Celebrate l'Eucaristia con la parrocchia e secondo il modo della Chiesa locale. "Là dove c'è il vescovo, lì c'è la chiesa", ha scritto S. Ignazio di Antiochia. Insegnate ai fedeli l'amore per le loro tradizioni liturgiche e mettete il vostro carisma al servizio dell'unità
    3. Vi chiediamo inoltre di mettervi seriamente allo studio della lingua e della cultura della gente, in segno di rispetto per loro e quale strumento di comprensione della loro anima e della loro storia, nel contesto della Terra Santa: pluralismo religioso, culturale e nazionale. Inoltre, nei nostri Paesi, Palestina, Israele, Giordania, tutti sono alla ricerca della pace e della giustizia, una ricerca che fa parte integrante della nostra vita di cristiani. Ogni predicazione dovrebbe guidare i nostri fedeli negli atteggiamenti concreti da assumere nel diversi contesti della vita e nella stessa situazione di conflitto che continua in Palestina: atteggiamento di perdono e di amore per il nemico, da un lato, e dall'altro, esigenza dei propri diritti: specialmente la dignità, la libertà e la giustizia.
    Vi chiediamo di predicare un Vangelo incarnato nella vita, un Vangelo che illumini tutti gli aspetti della vita e radichi i fedeli in Gesù Cristo Risorto e in tutto il loro ambiente umano, culturale e ecclesiale.
    Domandiamo a Dio di colmare i vostri cuori della sua forza e del suo amore, e di darvi la grazia affinché possiate colmare i cuori dei fedeli del suo amore e della sua forza.
    Gerusalemme, 25 febbraio 2007
    † Michel Sabbah, Patriarca Latino di Gerusalemme † Elias Shakour, Arcivescovo Greco Melchita Cattolico di Acri, Haifa, Nazaret e di tutta la Galilea † George El-Murr, Arcivescovo Greco Melchita Cattolico di Filadelfia, Petra e della Giordania † Paul Sayyah, Arcivescovo Maronita di Haifa e della Terra Santa ed Esarca Patriarcale Maronita di Gerusalemme, dei Territori Palestinesi e della Giordania † Fouad Twal, Vescovo Coadiutore Latino, Gerusalemme † Kamal Bathish, Vescovo Ausiliare Latino, Gerusalemme † Selim Sayegh, Vicario Patriarcale Latino per la Giordania † Giacinto-Boulos Marcuzzo, Vicario Patriarcale Latino per Israele † Pierre Melki, Esarca Patriarcale Siro-Cattolico di Gerusalemme, di Terra Santa e della Giordania † George Bakar, Esarca Patriarcale Greco Melchita Cattolico di Gerusalemme. Rafael Minassian, Esarca Patriarcale Armeno Cattolico di Gerusalemme, di Terra Santa e di Giordania [66]

    Il Capo Melchita invita il Cammino Neocatecumenale

    Nel marzo del 2007, Abuna Elias Chacour (Arcivescovo Melchita dell'Archeparchia di Acca -San Giovanni d'Acri; Tolemaide-) in Galilea, Israele, ha proposto la fondazione di un nuovo ramo del Cammino Neocatecumenale per lavorare specificamente nella Chiesa Orientale, "Ho preghato e ho cercato qualcuno o qualche comunità per predicare la buona notizia nelle mie parrocchie."
    Abuna Elias Chacour ha, inoltre affermato: "Noi conosciamo l'albero dai suoi frutti, e dopo di diversi mesi di lavoro eccezionale nelle diverse parrocchie della diocesi Melchita Cattolica, il vostro gruppo ha dato frutti eccellenti.... Sarò felice di considerare anche un settore del Cammino Neocatecumenale da far entrare nella nostra Chiesa"
    Padre Rino Rossi, ha ricevuto la lettera con grande gioia e ha detto a ZENIT"Abbiamo anche noi il senso di urgenza di cui ha parlato l'Arcivescovo Chacour di evangelizzare "le pietre vive" nella terra del Signore."[67] che
    Adesso è stato annunziato che un Seminario Redemptoris Mater del Rito Melchita aprirà in Terra Santa nel 2008.

    www.wikipedia.it/camminoneocatecumenale

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    OPUS DEI



    L’Opus Dei, fondata nel 1928, è una Prelatura personale della Chiesa Cattolica. La sua missione consiste nel diffondere il messaggio che il lavoro e le circostanze ordinarie sono occasione di incontro con Dio e di servizio nei confronti degli altri, per il miglioramento della società. L’Opus Dei collabora con le chiese locali, offrendo mezzi di formazione cristiana (lezioni, ritiri, assistenza sacerdotale), rivolti a persone che desiderano rinnovare la propria vita spirituale e il proprio apostolato.






    Lo Spirito.







    Tutti i battezzati sono chiamati a seguire Cristo, a vivere il Vangelo e a farlo conoscere. L’Opus Dei ha lo scopo di contribuire a tale missione evange lizzatrice della Chiesa, incoraggiando nei fedeli cristiani di ogni condizione uno stile di vita pienamente coerente con la fede nelle circostanze quotidiane, soprattutto attraverso la santificazione del lavoro.




    Vengono illustrate di seguito alcune caratteristiche dello spirito dell’Opus Dei:




    Filiazione divina. Il fondatore dell’Opus Dei afferma: «La filiazione divina è il fondamento dello spirito dell’Opus Dei». Da quando riceve il battesimo, un cristiano diviene figlio di Dio. La formazione impartita dalla Prelatura suscita in ogni fedele cristiano una viva consapevolezza della condizione di figli di Dio e lo aiuta ad assumere un comportamento coerente con tale realtà: fa scaturire la fiducia nella provvidenza divina, la semplicità nel rapporto personale con Dio, un profondo senso della dignità di ogni essere umano, la fraternità fra gli uomini, un vero amore cristiano per il mondo e per le realtà create da Dio, la serenità e l'ottimismo.




    Vita ordinaria. «È in mezzo alle cose più materiali della terra che ci dobbiamo santificare, servendo Dio e tutti gli uomini», diceva san Josemaría. La famiglia, il matrimonio, il lavoro, l’occupazione di ogni momento: sono queste le occasioni abituali per stare con Cristo e per imitarlo, cercando di praticare la carità, la pazienza, l’umiltà, la laboriosità, la giustizia, la gioia, e in generale tutte le virtù umane e cristiane.




    Santificare il lavoro. Cercare la santità nel lavoro significa impegnarsi per svolgerlo bene, con competenza professionale e con senso cristiano, cioè per amore di Dio e per servire gli uomini. In questo modo, il lavoro ordinario diviene luogo dell’incontro con Cristo.




    Orazione e sacrificio. I mezzi di formazione dell'Opus Dei ricordano la necessità di coltivare la preghiera e la penitenza proprie dello spirito cristiano. I fedeli della Prelatura assistono tutti i giorni alla Santa Messa, dedicano qualche minuto alla lettura del Vangelo, ricorrono con frequenza al sacramento della confessione, praticano la devozione per la Madonna. Per imitare Gesù, fanno anche in modo di offrire qualche piccola mortificazione, soprattutto quelle che migliorano l’adempimento del proprio dovere e rendono la vita più gradevole agli altri, e anche il digiuno e l'elemosina.




    Unità di vita. Il fondatore dell’Opus Dei spiegava che il cristiano non deve «condurre una specie di doppia vita: da una parte la vita interiore, la vita di relazione con Dio; dall'altra, come una cosa diversa e separata, la vita familiare, professionale e sociale». Invece – ricordava lo stesso san Josemaría - «vi è una sola vita, fatta di carne e di spirito, ed è questa che deve essere - nell'anima e nel corpo - santa e piena di Dio».




    Libertà. I fedeli dell'Opus Dei sono cittadini che godono degli stessi diritti e sono soggetti agli stessi doveri di ogni altro cittadino. Nelle scelte politiche, economiche, culturali, ecc., agiscono con libertà e con responsabilità personale, senza coinvolgere la Chiesa o l’Opus Dei nelle proprie decisioni e senza presentarle come le uniche coerenti con la fede. Ne consegue il rispetto della libertà e delle opinioni altrui.




    Carità. Chi conosce Cristo, scopre un tesoro che non può tenere per sé. I cristiani sono testimoni di Cristo e ne diffondono il messaggio di speranza fra parenti, amici, colleghi, con l’esempio e la parola. Afferma il fondatore dell'Opus Dei: «Impegnandoci gomito a gomito negli stessi problemi dei nostri compagni, dei nostri amici, dei nostri parenti, potremo aiutarli ad arrivare a Cristo». L'aspirazione a far conoscere Cristo è inseparabile dal desiderio di contribuire ad alleviare le necessità materiali e a risolvere i problemi sociali del contesto in cui si vive.





    L'Opus Dei nella Chiesa Cattolica




    La formazione spirituale che l’Opus Dei offre è complementare al lavoro svolto dalle chiese locali. Le persone che entrano a far parte dell’Opus Dei continuano ad appartenere alla loro diocesi.








    Persone provenienti dai cinque continenti durante la beatificazione di san Josemaría.




    L’Opus Dei fu fondato nel 1928. Nel 1941 ricevette l’approvazione del Vescovo di Madrid, e nel 1947 quella della Santa Sede. Dal 1982 è una Prelatura personale della Chiesa Cattolica.




    Il Concilio Vaticano II creò la figura giuridica delle prelature personali per permettere lo svolgimento di specifiche missioni pastorali. Le prelature personali formano parte della struttura gerarchica della Chiesa. Sono composte da laici e sacerdoti i quali, sotto l’autorità di un prelato, cooperano organicamente per portare avanti la missione propria di ciascuna prelatura.




    L'attività dell'Opus Dei si riassume nella formazione dei fedeli della Prelatura affinché ciascuno possa svolgere, nel posto che occupa nella Chiesa e nel mondo, una multiforme attività apostolica, sostenendo l’opera evangelizzatrice dei pastori e diffondendo intorno a sé l’ideale della chiamata universale alla santità.





    L'impegno apostolico dei membri della Prelatura, nello stesso modo di tanti altri fedeli cattolici, produce una fioritura cristiana che, con la grazia di Dio, ridonda a beneficio delle parrocchie e delle chiese locali: conversioni, maggiore partecipazione all'Eucaristia, pratica più assidua degli altri sacramenti, diffusione del Vangelo in ambienti a volte lontani dalla fede, iniziative di solidarietà per i più bisognosi, collaborazione alla catechesi e alle altre attività parrocchiali, cooperazione con gli organismi diocesani.




    L'apostolato delle persone dell'Opus Dei si svolge nell’ambito del carisma specifico della prelatura: la santificazione nel lavoro e nelle realtà della vita ordinaria.




    Le autorità dell'Opus Dei si impegnano a procurare l'unione di tutti i fedeli della Prelatura con i pastori delle diocesi, incoraggiandoli in modo particolare ad approfondire la conoscenza delle disposizioni e degli orientamenti dei vescovi diocesani e della Conferenza Episcopale, affinché ciascuno li metta in pratica, secondo le circostanze personali, familiari e professionali .




    In virtù del carattere esclusivamente spirituale della sua missione, la Prelatura non interviene nelle questioni temporali che i suoi fedeli devono affrontare con completa libertà e responsabilità personali.




    Gli Statuti affermano che, per quanto riguarda l'attività professionale e le dottrine sociali, politiche ecc., ogni fedele della Prelatura, nei limiti della dottrina cattolica sulla fede e sui costumi, gode della stessa piena libertà degli altri cittadini cattolici. Su queste materie le autorità della Prelatura devono astenersi nel modo più assoluto anche solo dal dare consigli in queste materie.





    Attività




    Direzione spirituale, ritiri, lezioni dottrinali e di catechismo: ecco alcune attività che l’Opus Dei organizza per aiutare coloro che desiderano migliorare la propria vita spirituale e lo zelo di evangelizzazione. Si svolgono nei centri dell’Opus Dei, oppure nelle chiese, o nelle parrocchie o nel domicilio di qualcuno che vi partecipa; sono aperte a tutti.











    «L’attività principale dell’Opus Dei consiste nel dare ai suoi membri, e a tutte le persone che lo desiderano, gli aiuti spirituali necessari per vivere da buoni cristiani in mezzo al mondo», spiegava il fondatore.




    MEZZI DI FORMAZIONE




    I fedeli della Prelatura assistono a lezioni settimanali, chiamate anche circoli, su temi dottrinali e ascetici. Partecipano a un ritiro mensile, che consente di dedicare, un giorno al mese, alcune ore all’orazione personale e alla riflessione sui temi della vita cristiana. Inoltre, una volta all’anno, assistono a un ritiro che dura ordinariamente dai tre ai cinque giorni.




    Analoghi mezzi di formazione sono offerti ai cooperatori, ai giovani che prendono parte al lavoro apostolico della Prelatura e a chiunque voglia usufruirne.




    I mezzi di formazione vengono impartiti nei centri dell'Opus Dei e in altri luoghi adeguati. Per esempio, un circolo si può svolgere in casa di uno dei partecipanti, un ritiro in una chiesa di cui il parroco consenta l’uso a questo scopo per qualche ora, eccetera.




    APOSTOLATO




    L’evangelizzazione che ogni fedele della Prelatura svolge attorno a sé è l’apostolato più importante dell’Opus Dei. È un lavoro di testimonianza e di aiuto nel lavoro e nelle circostanze abituali in cui si svolge la vita di ognuno.




    Di conseguenza, il lavoro che i membri dell’Opus Dei svolgono non si limita a un campo specifico, come per esempio l'educazione, l'assistenza degli ammalati o l'aiuto ai disabili. La Prelatura si propone di ricordare a tutti i cristiani, qualunque sia l'attività secolare alla quale si dedicano, che devono cooperare a trovare soluzioni cristiane ai problemi della società e devono dare continua testimonianza della propria fede, lì dove si trovano.




    OPERE APOSTOLICHE




    Le opere apostoliche sono promosse da fedeli dell'Opus Dei e cooperatori, assieme ad altre persone, e godono della garanzia morale della Prelatura, che si incarica di tutto ciò che riguarda il loro orientamento cristiano. Sono iniziative di carattere civile, senza scopo di lucro e con una finalità apostolica e di servizio.




    Fra le opere apostoliche vi sono istituzioni educative e assistenziali, come scuole, università, centri di promozione della donna, ambulatori medici in zone sottosviluppate, scuole per contadini, istituti di formazione professionale, residenze per studenti, centri culturali, ecc. La Prelatura non si occupa di imprese commerciali o politiche, né di alcuna attività che abbia fine di lucro.




    La responsabilità piena della titolarità e della gestione delle opere apostoliche appartiene sempre a chi le ha avviate e non alla Prelatura dell’Opus Dei, che se ne assume solo l’orientamento spirituale e dottrinale. Ogni iniziativa si finanzia secondo le stesse modalità seguite da qualunque altra istituzione analoga: somme corrisposte dai beneficiari, contributi, donazioni, ecc.




    Spesso le opere apostoliche sono passive, sia per il tipo di attività che svolgono sia perché non hanno scopo di lucro. Per questo motivo, oltre ai già citati donativi dei fedeli dell’Opus Dei, dei cooperatori e di molti altri, ricevono di solito le sovvenzioni previste dalle autorità pubbliche per le attività di interesse sociale, come pure i contributi di fondazioni private e di imprese.




    Alcuni esempi di opere apostoliche:




    - Università di Navarra. Fondata a Pamplona, in Spagna, nel 1952, comprende attualmente 20 facoltà. Nel campus di Pamplona si trova anche la Clinica universitaria. Dall'Università dipende l'Istituto di Studi Superiori dell’Impresa (IESE) con sedi a Barcellona e a Madrid. Altre istituzioni accademiche avviate da fedeli dell’Opus Dei, in collaborazione con altre persone, sono l'Università di Piura, in Perù, l'Università La Sabana, in Colombia, l'Università dell'Asia e del Pacifico, nelle Filippine, l’Università Campus Bio-Medico a Roma.




    - Monkole. È un ospedale di Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, dove ogni anno vengono curate migliaia di persone di condizioni estremamente disagiate. Dispone di due succursali nei quartieri di Eliba e Kimbondo, nella periferia della capitale, destinate all’assistenza medica ambulatoriale. Inoltre, l’Istituto Superiore di Scienze Infermieristiche, annesso a Monkole, forma le giovani congolesi all’esercizio della professione sanitaria.




    - Punlaan. È una scuola professionale specializzata di Manila, nelle Filippine, che opera nel settore alberghiero e turistico, con un sistema educativo che prevede il contatto diretto fra le allieve e le imprese (alberghi, ristoranti, ecc.). Negli ultimi anni, grazie a tale programma, il 100% delle ragazze iscritte a Punlaan ha trovato lavoro.




    - Midtown Sports and Cultural Center, a Chicago, negli Stati Uniti. Opera in una zona multirazziale della città, caratterizzata da un’alta percentuale di popolazione giovanile. Midtown offre programmi di formazione accademica, umana, spirituale e sportiva, per supplire alle carenze dell'ambiente sociale. In tal modo, il 95% degli alunni termina gli studi secondari e il 60% si iscrive all'Università. Si tratta di percentuali sensibilmente superiori a quelle rilevate sugli altri giovani della zona.




    - Toshi, in Messico. Si trova a ovest di Città del Messico, in una regione rurale abitata da indigeni delle etnie otomí e mazahua. Fra altre cose, comprende un corso per un diploma di materie amministrative che apre alle donne della zona l'accesso a posti di lavoro nella amministrazione pubblica e nelle industrie delle città vicine.




    - ELIS. Situato nella periferia industriale di Roma, forma operai specializzati in diverse professioni (orafi, orologiai, montatori e riparatori meccanici e di apparecchiature elettroniche, eletromeccanici). L’insegnamento, gratuito, è finanziato dalla Regione Lazio e dal Ministero degli Affari Esteri italiano, dato che il centro svolge anche programmi di istruzione per alunni di paesi meno sviluppati come Albania, Somalia, ecc. Da alcuni anni è nata la Scuola di Formazione Superiore (SFS), che ha come obiettivo specifico il favorire l’occupazione di giovani diplomati, provenienti principalmente dalle regioni del Mezzogiorno d'Italia, attraverso la formazione sulle Nuove Tecnologie. Per adempiere a questa missione la SFS Elis si avvale di un Consorzio di imprese (Consel - Consorzio Elis) che ne sostiene le attività e la configura come company school.




    Persone dell’Opus Dei




    Degli 85.000 membri dell’Opus Dei, il 98% è costituito da laici, uomini e donne, per la maggior parte sposati. Il restante 2% è costituito da sacerdoti.











    LAICI E SACERDOTI




    L'Opus Dei è costituito da un prelato, da un presbiterio o clero proprio e da laici, uomini e donne. Nell’Opus Dei non esistono diverse categorie di membri. Esistono semplicemente modi diversi di vivere la stessa vocazione cristiana a seconda delle circostanze personali: celibi o sposati, sani o malati, ecc.




    La maggior parte dei fedeli dell’Opus Dei (attualmente, circa il 70%) è costituita dai membri soprannumerari: si tratta per lo più di persone sposate, donne o uomini, per i quali la santificazione dei doveri famigliari costituisce parte fondamentale della propria vita cristiana.




    Il restante 30% dei fedeli della Prelatura è costituito da uomini e donne che si impegnano a vivere il celibato, per motivi apostolici. Gli aggregati abitano con le proprie famiglie, oppure là dove pensano che sia più adeguato alla propria situazione professionale.




    I numerari ordinariamente abitano nei centri dell’Opus Dei, perché le circostanze personali permettono loro di essere pienamente disponibili per prendersi cura delle iniziative di apostolato e della formazione degli altri fedeli della Prelatura. Le numerarie ausiliarie si dedicano soprattutto allo svolgimento del lavoro domestico nelle sedi dei centri della Prelatura, e ciò costituisce la loro attività professionale ordinaria.




    I sacerdoti della Prelatura provengono dai fedeli laici dell'Opus Dei: sono numerari e aggregati i quali, liberamente disponibili a essere sacerdoti, dopo aver fatto parte per diversi anni della Prelatura e dopo aver completato gli studi previ al sacerdozio, sono invitati dal prelato a ricevere gli ordini sacri. Il loro lavoro sacerdotale si svolge principalmente al servizio dei fedeli della Prelatura e delle attività apostoliche che questi ultimi promuovono.




    AMBIENTE DI FAMIGLIA




    Un aspetto caratteristico della fisionomia dell'Opus Dei è l’ambiente di famiglia cristiana. Questo tono familiare è presente in ogni attività che la Prelatura organizza. Si manifesta anche nel calore familiare che si respira nei suoi centri, nella semplicità e nella fiducia dei rapporti interpersonali, nell’atteggiamento di servizio, di comprensione e di delicatezza che si cerca continuamente di avere nella vita quotidiana.




    QUALCHE DATO




    Fanno parte della Prelatura più di 85.000 persone, di cui circa 1.900 sacerdoti. Sul totale dei fedeli, la percentuale degli uomini e delle donne è approssimativamente la stessa. La distribuzione per continenti è più o meno la seguente:




    Africa: 1.800




    Asia e Oceania: 4.800




    America: 29.400




    Europa: 49.000




    Attualmente in Italia i fedeli della Prelatura sono circa quattromila, uomini e donne, di tutti i ceti sociali. Svolgono i mestieri più svariati, sia intellettuali che manuali. Il primo italiano che chiese l'ammissione all'Opus Dei fu, nel 1947, un giovane avvocato romano. Centri e opere apostoliche della Prelatura sono presenti in 27 città italiane. La Prelatura dell’Opus Dei ha personalità giuridica civile. Il Vicario regionale per l’Italia è attualmente mons. Lucio Norbedo.





    Incorporazione




    Essere dell’Opus Dei comporta l’impegno a ricevere formazione cristiana e a prendere parte alla missione apostolica della Chiesa.











    Per entrare a far parte dell’Opus Dei occorre una vocazione soprannaturale: una chiamata di Dio a mettere tutta la propria vita al suo servizio e a diffondere il messaggio che tutti possono raggiungere la santità attraverso il lavoro e la vita quotidiana.




    UNA VOCAZIONE "SECOLARE"




    Quando una persona diventa dell’Opus Dei, continua a essere un cittadino e un cattolico come gli altri. Continua ad appartenere alla sua diocesi e può partecipare a tutte le attività, politiche, religiose o culturali che desidera. L’impegno con la Prelatura è di carattere contrattuale ed esclude i voti (di povertà, castità e obbedienza) propri degli ordini religiosi.




    L’incorporazione all’Opus Dei non allontana dalla vita precedente: ciascuno continua a svolgere lo stesso lavoro che svolgeva prima e a partecipare alla stessa vita sociale. Le persone dell'Opus Dei non conducono una vita fuori dal mondo, ma vivono, come la maggior parte degli altri cittadini, immerse in esso




    L’Opus Dei incoraggia dunque i suoi fedeli a cercare la santità, e ad aiutare gli altri a cercarla, nelle piccole cose di ogni giorno – nel lavoro, nelle contrarietà, nelle cose abituali... —. In quanto normali cittadini cattolici, le persone dell’Opus Dei vivono la propria vocazione con naturalezza; non ostentano, ma neppure nascondono, l’appartenenza alla Prelatura. Saranno il loro lavoro quotidiano e il loro impegno nel trasmettere la fede cristiana a far trasparire il loro impegno personale con Dio.



    La vocazione all’Opus Dei consiste essenzialmente nel saper trovare Dio in ogni circostanza— in casa, per la strada o nel lavoro —, e nell'aiutare gli altri a scoprire la bellezza di una vita in cui Dio è presente.




    IMPEGNI




    Le persone dell’Opus Dei ricevono svariati mezzi di formazione spirituale, dottrinale e apostolica, adattati alle loro circostanze e necessità personali di ciascuno. La formazione filosofica e teologica è la medesima che viene impartita dalla Chiesa Cattolica.




    Ogni persona dell’Opus Dei ha un piano di vita spirituale che di solito prevede l’assistenza alla Santa Messa, la Comunione, la ricezione frequente del sacramento della Penitenza, la lettura della Sacra Scrittura e di altri testi spirituali, la recita del Rosario e periodi di tempo dedicati all'orazione mentale.




    Con uno stile di vita lieto, che è una conseguenza della dedicazione a Dio e agli altri, le persone dell'Opus Dei cercano di abbracciare con gioia la Croce di Cristo, che può presentarsi lungo la giornata. Nello stesso tempo, esse sono coscienti della responsabilità, che compete a ogni cristiano, di diffondere il messaggio di Cristo fra coloro che stanno loro accanto. Tale "responsabilità apostolica" è parte essenziale della vocazione cristiana e, pertanto, della vocazione all’Opus Dei.




    L’Opus Dei incoraggia i suoi membri a vivere questi impegni in uno spirito di completa libertà.




    INCORPORAZIONE




    Chi richiede l’incorporazione all’Opus Dei, lo fa mosso da una chiamata divina, che è una specifica determinazione della vocazione cristiana, ricevuta con il Battesimo, che lo spinge a cercare la santità e a partecipare alla missione della Chiesa secondo lo spirito che il Signore ispirò a san Josemaría.




    Per far parte dell'Opus Dei è necessaria una richiesta fatta dall'interessato in piena libertà e con la personale convinzione di avere ricevuto una vocazione divina, oltre all’accettazione della richiesta stessa da parte delle autorità della Prelatura. La richiesta va fatta per iscritto e l’ammissione viene concessa non prima di sei mesi.




    Successivamente, dopo un periodo di tempo di almeno un anno, l’interessato può incorporarsi temporaneamente alla prelatura mediante una dichiarazione formale di carattere contrattuale, che si può rinnovare ogni anno. In conformità al diritto canonico, nessuno può incorporarsi giuridicamente all'Opus Dei se non è maggiorenne (18 anni o più). L’incorporazione definitiva si può fare non prima che siano trascorsi cinque anni dall’incorporazione temporanea (cioè non prima di aver compiuto 23 anni).




    L’incorporazione all’Opus Dei comporta per la prelatura l’impegno di fornire all'interessato un'assidua formazione nella fede cattolica e nello spirito dell'Opus Dei, come pure la necessaria cura pastorale ad opera dei sacerdoti della prelatura.




    Da parte dell'interessato, l'incorporazione alla Prelatura comporta l’impegno di rimanere sotto la giurisdizione del prelato per quanto attiene al fine della Prelatura e di rispettare le norme che la regolano.




    Il vincolo con la Prelatura cessa allo scadere del periodo in cui vige la convenzione o anche prima, d’accordo con le autorità della Prelatura, se l'interessato lo desidera. L'uscita dalla prelatura comporta la cessazione dei reciproci diritti e doveri.





    Prelatura personale




    Dal punto di vista giuridico, l’Opus Dei è una Prelatura personale della Chiesa cattolica. Alle prelature personali, gerarchicamente strutturate, viene affidata la realizzazione di peculiari attività pastorali.














    Nel diritto della Chiesa Cattolica, la figura giuridica denominata prelatura personale è stata prevista dal Concilio Vaticano II. Il decreto conciliare Presbyterorum ordinis, (7-XII-1965) n. 10, stabiliva che per «l'attuazione di peculiari iniziative pastorali in favore di diversi gruppi sociali in certe regioni o nazioni o addirittura in tutto il mondo», si potessero costituire in futuro, fra altre istituzioni, «peculiari diocesi e prelature personali».




    LE PRELATURE PERSONALI




    Il Concilio intendeva delineare una nuova figura giuridica, caratterizzata dalla flessibilità, per contribuire all’effettiva diffusione del messaggio e della vita cristiana: l’organizzazione della Chiesa rispondeva così alle esigenze della sua missione, che si inserisce nella storia degli uomini.




    Le giurisdizioni ecclesiastiche esistenti sono per la maggior parte territoriali, perché organizzate in base all’appartenenza dei fedeli a un determinato territorio per via del domicilio. Il caso tipico è quello delle diocesi.




    Altre volte, l’individuazione dei fedeli appartenenti a una circoscrizione ecclesiastica non si basa sul domicilio, ma su altri criteri, quali la professione, il rito, la condizione di emigranti, una convenzione stipulata con l’entità giurisdizionale, ecc. È questo, per esempio, il caso degli ordinariati militari e delle prelature personali.




    Le prelature personali, auspicate, come detto, dal Concilio Vaticano II, sono istituzioni rette da un Pastore (un prelato che può essere vescovo, nominato dal Papa, e che governa la prelatura con potestà di regime o giurisdizione); oltre al prelato vi è un presbiterio, composto di sacerdoti secolari, e vi sono i fedeli laici, sia uomini che donne.




    Pertanto, le prelature personali sono istituzioni che fanno parte della struttura gerarchica della Chiesa, sono cioè una delle forme di auto-organizzazione che la Chiesa si dà per raggiungere le finalità che Cristo le ha assegnato, e presentano la peculiarità che i loro fedeli continuano a far parte anche delle chiese locali o delle diocesi dove hanno il domicilio.




    Per tali caratteristiche, fra le altre, le prelature personali si differenziano dagli istituti religiosi e di vita consacrata in generale, e dai movimenti e dalle associazioni di fedeli.




    Il Diritto canonico prevede che ogni prelatura personale sia retta dal diritto generale della Chiesa e da statuti propri.




    LA PRELATURA DELL'OPUS DEI




    L'Opus Dei fu eretto da Giovanni Paolo II in prelatura personale di ambito internazionale, mediante la Costituzione apostolica Ut sit, del 28 novembre 1982.



    Prima di essere eretto in Prelatura personale, l'Opus Dei era già una unità organica, composta da laici e sacerdoti che cooperano a un compito pastorale e apostolico di ambito internazionale. Questo specifico compito cristiano consiste nel diffondere l'ideale della santità in mezzo al mondo, nel lavoro professionale e nelle circostanze ordinarie di ciascuno.




    Paolo VI e i successivi Romani Pontefici stabilirono che fosse studiata la possibilità di dotare l'Opus Dei di una configurazione giuridica adeguata alla sua natura, che, alla luce dei documenti conciliari, avrebbe dovuto essere quella della prelatura personale.




    Nel 1969 furono avviati gli studi per effettuare tale adeguamento con interventi tanto della Santa Sede quanto dell’Opus Dei. Questo lavoro si concluse nel 1981. Subito dopo, la Santa Sede inviò una nota informativa agli oltre duemila vescovi delle diocesi nelle quali l'Opus Dei era presente, affinché facessero pervenire le proprie osservazioni.




    Compiuto questo passo, l'Opus Dei fu eretto da Giovanni Paolo II in prelatura personale di ambito internazionale, mediante la Costituzione apostolica Ut sit, del 28 novembre 1982, che divenne esecutiva il 19 marzo 1983. Con questo documento il Romano Pontefice promulgava gli Statuti, che costituiscono la legge particolare pontificia della Prelatura dell'Opus Dei. Si tratta degli Statuti redatti in precedenza dal fondatore, con le modifiche imprescindibili per adattarli alla nuova legislazione.




    RAPPORTO CON LE DIOCESI




    La Prelatura dell'Opus Dei è una struttura giurisdizionale che fa parte dell'organizzazione pastorale e gerarchica della Chiesa. Come le diocesi, le prelature territoriali, i vicariati, gli ordinariati militari, ecc., la Prelatura gode di una propria autonomia e giurisdizione ordinaria per la realizzazione della sua missione al servizio di tutta la Chiesa.




    I fedeli laici dell'Opus Dei permangono nella loro condizione di fedeli delle diocesi di residenza e pertanto continuano a essere soggetti alla potestà del vescovo diocesano nello stesso modo e nelle stesse materie degli altri battezzati, loro uguali.



    Per questo motivo dipende immediatamente e direttamente dal Romano Pontefice, tramite la Congregazione per i Vescovi. La potestà del prelato si estende a tutto ciò che concerne la peculiare missione della prelatura:




    a) I fedeli laici della prelatura sono soggetti alla potestà del prelato per tutto ciò che riguarda il compimento degli impegni peculiari, ascetici, formativi e apostolici, da loro assunti nella dichiarazione formale con cui si sono incorporati alla Prelatura.




    Tali impegni, per la loro materia, non sono soggetti alla potestà del vescovo diocesano. Nello stesso tempo, i fedeli laici dell'Opus Dei permangono nella loro condizione di fedeli delle diocesi di residenza e pertanto continuano a essere soggetti alla potestà del vescovo diocesano nello stesso modo e nelle stesse materie degli altri battezzati, loro uguali.




    b) Secondo le disposizioni della legge generale della Chiesa e del diritto particolare dell’Opus Dei, i diaconi e i presbiteri incardinati nella Prelatura appartengono al clero secolare e sono interamente soggetti alla potestà del Prelato.




    Devono mantenere una stretta fraternità con i membri del presbiterio diocesano e osservare accuratamente la disciplina generale del clero; godono di voto attivo e passivo per la costituzione del consiglio presbiterale della diocesi.




    Inoltre, i vescovi diocesani, previo permesso del prelato o, quando sia il caso, del suo vicario, possono affidare ai sacerdoti del presbiterio della prelatura incarichi o uffici ecclesiastici (parroci, giudici, ecc.) che essi svolgeranno secondo le direttive del vescovo diocesano, a cui solo renderanno conto.




    Gli Statuti dell'Opus Dei (titolo IV, capitolo V) stabiliscono i criteri per garantire l'armonico coordinamento fra la Prelatura e le diocesi nel cui ambito territoriale essa svolge la sua missione specifica. Di seguito, alcuni di tali criteri:




    a) Non si inizia il lavoro apostolico dell'Opus Dei né si procede all'erezione canonica di un centro della Prelatura in una diocesi senza il previo consenso del vescovo diocesano.




    b) Per erigere chiese della Prelatura, o per affidare ad essa chiese già esistenti nella diocesi - eventualmente, anche parrocchie -, si stipula una convenzione fra il vescovo diocesano e il Prelato o il corrispondente vicario regionale; in queste chiese si osserveranno le disposizioni generali della diocesi, relative alle chiese officiate dal clero secolare.




    c) Le autorità regionali della prelatura informano regolarmente e intrattengono rapporti abituali con i vescovi delle diocesi in cui la Prelatura svolge il suo lavoro pastorale e apostolico, come pure con i vescovi che rivestono cariche direttive nelle Conferenze Episcopali e con i rispettivi organismi.





    Organizzazione della Prelatura




    L'Opus Dei, la cui sede centrale è a Roma, è governata da un Prelato, attualmente mons. Javier Echevarría, in base al diritto canonico e agli statuti propri della Prelatura.











    La giurisdizione nell'Opus Dei è esercitata dal Prelato e, in sua vece, dai suoi vicari. Il Prelato è l'Ordinario proprio della Prelatura.




    Attualmente, il Prelato dell'Opus Dei è S.E. mons. Javier Echevarría. Il Vicario generale è mons. Fernando Ocáriz; il Vicario segretario centrale è mons. Manuel Dacal. La Curia Prelatizia ha la sua sede centrale in Viale Bruno Buozzi 73, 00197 Roma, Italia.




    La Prelatura dell’Opus Dei è regolata dalle norme della legislazione generale della Chiesa, dalla costituzione apostolica Ut sit e dai propri Statuti o Codice di diritto particolare dell’Opus Dei. Il Codice di diritto canonico del 1983 contiene le norme fondamentali della figura della prelatura personale (can. 294-297).




    I sacerdoti che costituiscono il presbiterio della prelatura dipendono pienamente dal Prelato, che indica loro gli incarichi pastorali da assolvere in stretta unione con la pastorale diocesana. La Prelatura ha la responsabilità di sostenerli economicamente.




    I fedeli laici dipendono dal Prelato per tutto ciò che riguarda la missione specifica della Prelatura. Sono soggetti alle autorità civili come tutti i cittadini, e alle altre autorità ecclesiastiche allo stesso modo di ogni fedele laico.




    Per il governo dell’Opus Dei, il Prelato si avvale della collaborazione di un Consiglio formato da donne, l’Assessorato Centrale, e di un altro formato da uomini, il Consiglio Generale. Entrambi hanno la loro sede a Roma.




    Per il governo dell’Opus Dei, il Prelato si avvale della collaborazione di un Consiglio formato da donne, l’Assessorato Centrale, e di un altro formato da uomini, il Consiglio Generale. Entrambi hanno la loro sede a Roma.



    Il governo della Prelatura è collegiale: il Prelato e i suoi vicari esercitano le proprie funzioni con la collaborazione dei corrispondenti Consigli, formati in maggioranza da laici.




    I congressi generali della Prelatura si svolgono normalmente ogni otto anni, con la partecipazione di membri provenienti dai diversi Paesi nei quali l'Opus Dei è presente. Durante tali congressi si studia il lavoro apostolico della Prelatura e si propongono al Prelato le linee per la futura attività pastorale. In occasione dei congressi il Prelato rinnova i membri dei Consigli.




    La Prelatura si distribuisce in aree o territori, chiamate regioni. A capo di ogni regione, il cui ambito può coincidere o meno con quello di una nazione, c'è un vicario regionale affiancato dai suoi Consigli: l'Assessorato Regionale per le donne e la Commissione Regionale per gli uomini.




    Alcune regioni si suddividono in ambiti minori chiamati delegazioni. In tal caso si ripete la medesima organizzazione di governo: un vicario della delegazione e due Consigli. Infine, a livello locale operano i centri della Prelatura, che organizzano i mezzi di formazione e la cura pastorale dei fedeli della prelatura del proprio ambito.




    I centri della Prelatura sono di donne o di uomini. In ciascuno esiste un consiglio locale presieduto da un laico, rispettivamente la direttrice o il direttore, e composto da almeno altri due fedeli della prelatura. Per la specifica assistenza sacerdotale dei fedeli ascritti a ciascun centro, l'Ordinario della Prelatura designa un sacerdote del suo presbiterio.




    Nessuna carica di governo, salvo quella del Prelato, è a vita.




    Tutti i fedeli della Prelatura provvedono alle proprie necessità personali e familiari per mezzo del loro lavoro professionale ordinario. Oltre al mantenimento personale, i fedeli dell’Opus Dei e i cooperatori provvedono alle spese connesse alle esigenze pastorali della Prelatura.




    Queste spese si riducono, essenzialmente, al sostentamento e alla formazione dei sacerdoti della Prelatura, a quelle inerenti alla sede della Curia Prelatizia, alle sedi regionali o delle delegazioni, e alle elemosine che la Prelatura effettua. Come è logico, i fedeli dell’Opus Dei aiutano anche le chiese, le parrocchie, eccetera.





    Società Sacerdotale della Santa Croce




    I sacerdoti diocesani possono incorporarsi alla Società Sacerdotale della Santa Croce, intrinsecamente unita alla Prelatura dell’Opus Dei.














    La Società Sacerdotale della Santa Croce è un’associazione di chierici, intrinsecamente unita alla Prelatura, della quale fanno parte attualmente circa 4.000 soci. È composta dai sacerdoti della Prelatura e da altri presbiteri e diaconi diocesani. Il Prelato dell’Opus Dei è il presidente della Società Sacerdotale della Santa Croce.




    I chierici diocesani che aderiscono alla Società Sacerdotale della Santa Croce intendono ricevere aiuto spirituale per cercare la santità nell'esercizio del loro ministero, secondo lo spirito dell'Opus Dei.




    La loro ascrizione alla Società Sacerdotale della Santa Croce non comporta l’incorporazione al presbiterio della Prelatura: ciascuno continua a essere incardinato nella propria diocesi e dipende solo dal proprio vescovo, anche per quanto attiene al suo lavoro pastorale, e al vescovo soltanto rende conto del proprio lavoro pastorale.




    L’autorità della Chiesa, in diversi documenti, come per esempio in vari testi del Concilio Vaticano II e nel Codice di diritto canonico, ha raccomandato questo tipo di associazioni sacerdotali.




    Un sacerdote, per essere ammesso nella Società Sacerdotale della Santa Croce, deve essere consapevole di avere ricevuto una chiamata da Dio a cercare la santità secondo lo spirito dell’Opus Dei.




    Ciò comporta le seguenti condizioni: amore per la diocesi e unione con tutti i membri del presbiterio diocesano; obbedienza e venerazione per il proprio vescovo; vita di pietà, studio delle scienze sacre, zelo per le anime e spirito di sacrificio; impegno nel procurare vocazioni; zelo per svolgere con la massima perfezione gli incarichi ministeriali.




    L'aiuto spirituale offerto dall’associazione mira a stimolare nei soci la fedeltà nel compimento dei loro doveri sacerdotali, come pure ad alimentare l'unione di ciascuno con il proprio vescovo e la fraternità con gli altri sacerdoti.




    Gli specifici mezzi di formazione rivolti ai sacerdoti diocesani della Società Sacerdotale della Santa Croce sono analoghi a quelli per i fedeli laici della Prelatura: lezioni di dottrina o di ascetica, ritiri mensili, eccetera. Inoltre, ogni sacerdote partecipa personalmente alle ordinarie occasioni di formazione prescritte dal diritto della Chiesa e indicate o raccomandate dal loro vescovo.




    Le attività spirituali e formative dei soci della Società Sacerdotale della Santa Croce non interferiscono con il ministero affidato loro dal vescovo.





    Cooperatori




    Pur senza far parte dell’Opus Dei, si può cooperare in diversi modi al lavoro apostolico che svolge la Prelatura.














    I cooperatori dell'Opus Dei sono uomini e donne che, pur non facendo parte della Prelatura, prestano il loro aiuto alle diverse attività educative, assistenziali, di promozione culturale e sociale, eccetera, accanto ai fedeli dell’Opus Dei.




    I cooperatori possono collaborare a tali iniziative soprattutto con la loro preghiera, e anche con il proprio lavoro e con il loro aiuto economico.




    Partecipano dei beni spirituali concessi dalla Chiesa a quanti collaborano con l'Opus Dei: i cooperatori possono lucrare alcune indulgenze in determinati giorni dell’anno, osservando le condizioni stabilite dalla Chiesa e ogni volta che rinnovano, per devozione, i loro impegni di cooperatori.




    Dalla Prelatura dell’Opus Dei ricevono inoltre l’aiuto spirituale della preghiera di tutti i fedeli della Prelatura e la possibilità di partecipare, se lo desiderano, a ritiri, circoli, e ad altri mezzi di formazione.




    Per essere cooperatore dell'Opus Dei non è richiesta una specifica vocazione. In generale, i cooperatori sono parenti, amici, colleghi, vicini di casa dei fedeli dell’Opus Dei, oppure sono persone che hanno devozione per san Josemaría, partecipano agli apostolati della Prelatura o collaborano agli obiettivi di promozione umana e sociale che si prefiggono le iniziative apostoliche dei fedeli dell’Opus Dei.




    Una persona viene nominata cooperatore o cooperatrice dal vicario del Prelato per un determinato Paese, su proposta di un fedele dell'Opus Dei.




    Fra i cooperatori dell’Opus Dei vi sono cattolici, cristiani di altre confessioni e credenti di altre religioni. Possono essere cooperatori anche uomini e donne non credenti e che non professano alcuna religione. Hanno in comune il desiderio di partecipare e di collaborare alle svariate iniziative avviate a beneficio della società, che sono aperte a tutti.




    I cooperatori che lo desiderano partecipano ai mezzi di formazione offerti dalla Prelatura dell’Opus Dei. Tale formazione li stimola ad approfondire la propria vita spirituale, ad amare con opere il Papa e i vescovi e a dare personalmente, senza formare un gruppo, una testimonianza coerente con la propria vocazione cristiana.




    Molte persone scoprono in questi mezzi di formazione la possibilità di mettere in pratica e di diffondere, nel proprio ambiente, uno degli aspetti salienti dello spirito dell’Opus Dei, cioè la santificazione del lavoro ordinario e dei doveri famigliari e sociali.




    Anche le comunità religiose possono essere nominate cooperatrici dell’Opus Dei. La cooperazione di queste comunità - attualmente, circa 500 - consiste nella preghiera quotidiana per il lavoro apostolico della prelatura.





    Storia




    L’Opus Dei fu fondato nel 1928 in Spagna. È presente in 61 Paesi.








    1928. 2 ottobre. A Madrid, Josemaría Escrivá, durante gli esercizi spirituali, fonda l’Opus Dei, per ispirazione divina.




    1930. 14 febbraio. A Madrid, mentre san Josemaría sta celebrando la Messa, Dio gli fa comprendere che l’Opus Dei è anche per le donne.




    1933. Sempre a Madrid, viene aperto il primo centro dell’Opus Dei, la Accademia DYA, rivolta soprattutto a studenti, nella quale si danno lezioni di Diritto e di Architettura.




    1936. Guerra civile spagnola: le circostanze impongono di sospendere per il momento i progetti del fondatore di estendere il lavoro apostolico dell’Opus Dei ad altre nazioni.




    1939. Josemaría Escrivá rientra a Madrid. L’Opus Dei si diffonde in altre città della Spagna. L’inizio della Seconda Guerra Mondiale impedisce nuovamente di iniziare il lavoro apostolico in altre nazioni.




    1941. 19 marzo. Il vescovo di Madrid, Leopoldo Eijo y Garay, concede la prima approvazione diocesana dell’Opus Dei.




    Nel 2003, si cominciò il lavoro in Slovenia e Croazia; nel 2004 in Lettonia



    1943. 14 febbraio. Sempre durante la Messa, il Signore fa vedere a Josemaría Escrivá una soluzione giuridica che consentirà l’ordinazione di sacerdoti dell’Opus Dei: la Società Sacerdotale della Santa Croce.




    1944. 25 giugno. Il vescovo di Madrid ordina sacerdoti tre fedeli dell’Opus Dei: Álvaro del Portillo, José María Hernández de Garnica e José Luis Múzquiz.




    1946. Il fondatore dell’Opus Dei si trasferisce a Roma. Negli anni successivi, effettua viaggi per svariati Paesi d’Europa per preparare l’insediamento del lavoro dell’Opus Dei nei diversi luoghi.




    1947. 24 febbraio. La Santa Sede concede la prima approvazione pontificia.




    1950. 16 giugno. Pio XII concede l’approvazione definitiva dell’Opus Dei, che consente l’ammissione nell’Opera di persone sposate, e l’ascrizione di sacerdoti del clero secolare alla Società Sacerdotale della Santa Croce.




    1969. Congresso Generale straordinario dell’Opus Dei a Roma, al fine di studiarne la trasformazione in Prelatura personale, figura giuridica prevista dal Concilio Vaticano II e che appariva adeguata al fenomeno pastorale dell’Opus Dei.




    1970-1975. Il Fondatore compie vari viaggi di catechesi cristiana in Europa e in America.




    1975. 26 giugno. Josemaría Escrivá muore a Roma. A questa data fanno parte dell’Opus Dei circa 60.000 persone. 15 settembre. Álvaro del Portillo è eletto a succedere al fondatore dell’Opus Dei.




    1982. 28 novembre. Giovanni Paolo II erige l’Opus Dei in Prelatura personale e nomina Prelato Álvaro del Portillo.




    1991. 6 gennaio: Giovanni Paolo II consacra vescovo Mons. del Portillo, Prelato dell’Opus Dei.




    1992. 17 maggio. Josemaría Escrivá è beatificato da Giovanni Paolo II, a Roma.




    1994. 23 marzo. Muore a Roma mons. Álvaro del Portillo, all’età di 80 anni. 20 aprile. Javier Echevarría è nominato Prelato dell’Opus Dei da Giovanni Paolo II, che conferma l’elezione fatta nel Congresso Generale elettorale tenutosi a Roma.




    1995. 6 gennaio. Giovanni Paolo II conferisce l’ordinazione episcopale a mons. Javier Echevarría.




    2002. 6 ottobre. Josemaría Escrivá è canonizzato da Giovanni Paolo II nel corso di una cerimonia che si svolge nella piazza di S. Pietro, a Roma.





    Data di inizio del lavoro stabile dell’Opus Dei nei vari Paesi




    1945 Portogallo




    1946 Italia e Gran Bretagna




    1947 Francia e Irlanda




    1949 Messico e Stati Uniti




    1950 Cile e Argentina




    1951 Colombia e Venezuela




    1952 Germania




    1953 Guatemala e Perú




    1954 Ecuador




    1956 Uruguay e Svizzera




    1957 Brasile, Austria e Canadà




    1958 Giappone, Kenya e Salvador




    1959 Costarica




    1960 Olanda




    1962 Paraguay




    1963 Australia




    1964 Filippine




    1965 Belgio e Nigeria




    1969 Portorico




    1978 Bolivia




    1980 Congo, Costa d’Avorio e Honduras




    1981 Hong Kong




    1982 Singapore e Trinidad-Tobago




    1984 Svezia




    1985 Taiwán




    1987 Finlandia




    1988 Camerun e Repubblica Dominicana




    1989 Macao, Nuova Zelanda e Polonia




    1990 Ungheria e Repubblica Ceca




    1992 Nicaragua




    1993 India e Israele




    1994 Lituania




    1996 Estonia, Slovacchia, Libano, Panama e Uganda




    1997 Kazakhistan




    1998 Sudafrica




    2003 Slovenia e Croazia




    2004 Lettonia




    2007 Russia



    www.opusdei.it

    critiche:
    Qualche tempo dopo il Concilio Vaticano II, vi furono - da parte liberale - molte critiche all'Opus Dei riguardo il suo carattere ultraconservatore e reazionario[10].
    L'accusa all'Opus Dei di avere la forma di una setta[11] massonica ("massoneria bianca") è stata ripresa per contestare l'appoggio alle dittature in Sudamerica ed in Spagna e l'influenza di idee di stampo fascista.
    Tale accusa, nata in ambienti politici[12], non tiene conto del fatto che molti membri dell'Opus Dei hanno spesso militato politicamente in opposizione alla destra. Per esempio, tra i casi più recenti in Italia, al Senato nell'aprile 2006 (XV legislatura) è stata eletta nella lista La Margherita, di centrosinistra, Paola Binetti, numeraria dell'Opus Dei. In passato Alberto Michelini, soprannumerario, è stato parlamentare nel centro-destra ma nel 2006 si è presentato nelle liste del centrosinistra al Comune di Roma e non è stato eletto.
    Il 7 maggio 2007 il ministro dell'interno Giuliano Amato ha risposto a un'interrogazione parlamentare sostenendo che l'Opus Dei è un'istituzione della Chiesa cattolica, alla quale è stata riconosciuta personalità giuridica come ente ecclesiastico civilmente riconosciuto. Le pratiche di "mortificazione corporale" e le indicazioni di lettura sono liberamente assunte dagli aderenti, nel rispetto della Costituzione italiana e del Concordato tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica e le attività svolte dai numerari come volontariato non sono assimilabili ad un rapporto di lavoro subordinato, come è stato accertato dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Le "residenze universitarie" sono collegi universitari legalmente riconosciuti, non gestiti dall'Opus Dei, e rientrano nei benefici previsti dalla legislazione vigente[13].

  3. #3
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    Manca la fonte dell'articolo. Si prega di provvedere entro questa sera, in caso contrario il thread verrà rimosso come da regolamento. Grazie.

  4. #4
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    ...intanto quesot trread dedicato ai nuovi movimenti cattolici è molto interessante, aspetto le prossime..puntate!..permettimi però un consiglio...sull'opus dei inserisci anche le critiche e le risposte, come ai fatto per i NC, se no non vale..ovviamente il mio è un consiglio, detto pure da un devoto di Escrivà e da un ammiratore dell'Opera, poi fa tu...comunque continua, è un bel lavoro, ciao!

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da Lepanto Visualizza Messaggio
    Manca la fonte dell'articolo. Si prega di provvedere entro questa sera, in caso contrario il thread verrà rimosso come da regolamento. Grazie.
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  6. #6
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    Citazione Originariamente Scritto da Merello Visualizza Messaggio
    Cammino Neocatecumenale


    Le origini

    Nei primi anni Sessanta Francisco (Kiko) Argüello (pittore, nato a León, Spagna) avrebbe avuto, a suo dire, una visione della Madonna[1] con l'indicazione di «fare comunità come la Sacra Famiglia di Nazaret».
    Lanciatosi nell'evangelizzazione dei baraccati di Palomeras Altas, alla periferia di Madrid, vi incontra Carmen Hernández (laureata in chimica e associata per alcuni anni all'Istituto Misioneras de Cristo Jesús) e dal 19641967 collabora con lei in un ambiente composto soprattutto da poveri, prostitute e omosessuali, formando una "sintesi kerigmatico-catechetica" che, sostenuta dalla Parola di Dio, dalla Liturgia e dall'esperienza comunitaria, e sulla scia del Concilio Vaticano II, diventerà la base di ciò che il Cammino Neocatecumenale porterà in tutto il mondo. al
    Dalle baracche l'esperienza passa presto, su invito dell'allora arcivescovo di Madrid Casimiro Morcillo (1904-1971), ad alcune parrocchie delle città di Madrid e di Zamora. L'esperienza delle parrocchie cittadine era però diversa da quelle dei poveri delle baracche. Molti cittadini non avevano evidenti bisogni materiali e le catechesi venivano usate come conferenze, non come cammino di conversione e di kenosis, dove far "morire" a poco a poco la vecchia spiritualità per poter essere rivestiti della nuova creazione nello Spirito Santo. Così gradualmente venne apparendo la riscoperta del Battesimo (detta "neocatecumenato") come cammino da percorrere per arrivare a una fede "adulta", capace di rispondere ai cambiamenti sociali del nostro tempo.
    Nel 1968 Kiko e Carmen portarono anche in Italia la loro esperienza su invito di mons. Dino Torreggiani (1905-1983), fondatore della congregazione religiosa Servi della Chiesa, con una lettera di presentazione per il cardinale Angelo Dell'Acqua (1903-1972), allora vicario di Sua Santità. Andarono a vivere nelle baracche del Borghetto Latino a Roma e avviarono il Cammino nella parrocchia di Nostra Signora del SS. Sacramento e dei MartiriCanadesi, nel quartiere Nomentano, ed in seguito in molte altre parrocchie della città e del mondo.
    Nell'aprile del 1970, a Majadahonda, nei pressi di Madrid, Kiko, Carmen ed altri responsabili e parroci, si posero il problema circa l'identità delle comunità che stavano sorgendo nelle parrocchie. Da tale riflessione furono definiti gli elementi basilari dell'esperienza del Cammino Neocatecumenale.
    Ok dopo sta interessante carellata, il tuo titolo al threag deve essere riscritto.
    Perchè ti sei dimenticato o su Wiki ancora non c'è (sappamo da chi è gestito) si rifiutano di inserrlo, oppure adesso c'è è molto che manco:

    http://www.camminoneocatecumenale.it/it/statuti.asp

    http://www.webalice.it/gregorio.rizz..._pagina_26.htm

    Quindi dovresti cambiare il titolo:

    Dentro la Chiesa Cattolica, la Chiesa Cattolica.
    In:

    Dentro la Chiesa Cattolica /

  7. #7
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    ERRORE


    Approvazione degli Statuti e Direttorio Catechetico



    All'inizio del 1997 Giovanni Paolo II chiese ai responsabili del Cammino una regolazione statutaria[35], in cui il Papa ricorda che i neocatecumenali hanno già iniziato il processo di stesura dello Statuto. Giovanni Paolo II, dopo l'approvazione dello Statuto nel 2002, confermerà che «...gli Statuti devono costituire per il Cammino Neocatecumenale una "chiara e sicura regola di vita", un punto di riferimento fondamentale affinché questo processo di formazione, che ha come obiettivo di portare i fedeli ad una fede matura, possa essere realizzato in un modo confacente alla dottrina e alla disciplina della Chiesa» ([36]). Una prima versione degli Statuti del Cammino Neocatecumenale fu respinta all'inizio del 1999 (il giurista neocatecumenale padre Javier Sotil, rettore del Redemptoris Mater di Brasilia, nel maggio 1999, durante una convivenza al Centro Neocatecumenale internazionale di Porto San Giorgio con Kiko Argüello e Carmen Hernández, annunciava che la bocciatura era stata «provvidenziale» perché aveva dato modo di «pensare e ripensare, consultare tante persone per preparare una seconda bozza che è qui pronta» [37]). Lo Statuto venne finalmente approvato nel 2002 per un periodo ad experimentum scaduto a giugno 2007 (l'intervento di Kiko Argüello alla consegna dello Statuto del Cammino Neocatecumenale il 29 giugno 2002 comincerà con: «siamo contentissimi che dopo tutto il travaglio di questi anni si sia potuti arrivare alla approvazione dello Statuto»)[38].

    Il decreto di approvazione[39] del Pontificio Consiglio per i Laici recitava infatti: «Tenuto conto dei numerosi frutti spirituali apportati alla nuova evangelizzazione dalla prassi del Cammino Neocatecumenale - accolto e valorizzato nei suoi oltre trent'anni di vita in molte Chiese locali - segnalati al Pontificio Consiglio per il Laici da numerose lettere raccomandatizie di cardinali, patriarchi e vescovi; dopo attento esame del testo degli Statuti, frutto di un laborioso processo di collaborazione tra gli iniziatori del Cammino Neocatecumenale e il Pontificio Consiglio per i Laici, che si è avvalso del contributo apportato nell'ambito delle competenze loro proprie da diversi dicasteri della Curia Romana (...) il Pontificio Consiglio per i Laici DECRETA l'approvazione "ad experimentum" per un periodo di cinque anni degli Statuti del Cammino Neocatecumenale...»


    Nei discorsi e omelie di Giovanni Paolo II del 29 giugno 2002 e dei giorni successivi, non appare alcuna menzione dell'approvazione degli Statuti[40], nonostante Kiko Argüello abbia ringraziato personalmente il Papa per aver «voluto in prima persona questa approvazione»[41]; solo nel settembre successivo il Papa ne parlerà precisando che «spetta ora ai Dicasteri competenti della Santa Sede esaminare il Direttorio catechetico e tutta la prassi catechetica nonché liturgica del Cammino stesso. Sono certo che i suoi membri non mancheranno di assecondare con generosa disponibilità le indicazioni che loro verranno da tali autorevoli fonti»[42].

    Lo Statuto rinviava ad un Direttorio Catechetico che raccoglie la tradizione orale e indica la prassi del Cammino[43]; il materiale raccolto per la creazione del Direttorio (quattordici volumi) è tuttora in fase di esame da parte delle congregazioni vaticane. Si trattava perciò di un'approvazione parziale (oltre che temporanea), poiché durante l'arco di validità dello Statuto ad experimentum il Direttorio contenente le catechesi e la prassi del Cammino (non scindibili dal Cammino stesso) non è stato pubblicato.
    Spesso le discussioni sulle problematiche inerenti il Cammino Neocatecumenale tendono a ridursi alla discussione sull'approvazione pontificia, possibilmente deducendo che una volta approvato giuridicamente il Cammino non sia più possibile elevare osservazioni critiche. L'approvazione degli Statuti era però descrittiva di ciò che "deve e dovrà fare" il Cammino (non di ciò che "fino ad oggi ha affermato").
    Lo Statuto del Cammino Neocatecumenale viene approvato in forma definitiva l'11 maggio 2008, giorno di Pentecoste[44]. Il Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, cardinale Stanislaw Rylko, consegna il nuovo testo agli iniziatori del Cammino Neocatecumenale, Kiko Arguello e Carmen Hernandez, il 13 giugno 2008, giorno di Sant'Antonio da Padova, francescano portoghese, Dottore della Chiesa.
    Queste le parole del Cardinal Rylko, alla domanda su quale significato abbia questa approvazione, per la Chiesa e per il Cammino stesso: «Significa la conferma da parte della Chiesa dell’autenticità, della genuinità del carisma che sta alla loro origine nella vita e nella missione della Chiesa. In modo particolare, questo riguarda il Cammino che ha ormai lunga storia nella Chiesa, più di 40 anni, e porta nella vita della Chiesa tanti frutti, tante vite cambiate in profondità, tante famiglie ricostruite, tante vocazioni religiose, sacerdotali e tanto impegno a favore della nuova evangelizzazione. Quindi, è un momento di grande gioia per la Chiesa, un momento di grande gioia per la realtà ecclesiale che riceve questo riconoscimento» [45] [46].





    Liturgia


    Questo oh è vecchio, ti sei scordato un pezzo

    Approvazione degli Statuti e Direttorio Catechetico

    All'inizio del 1997 Giovanni Paolo II chiese ai responsabili del Cammino una regolazione statutaria[35], in cui il Papa ricorda che i neocatecumenali hanno già iniziato il processo di stesura dello Statuto. Giovanni Paolo II, dopo l'approvazione dello Statuto nel 2002, confermerà che «...gli Statuti devono costituire per il Cammino Neocatecumenale una "chiara e sicura regola di vita", un punto di riferimento fondamentale affinché questo processo di formazione, che ha come obiettivo di portare i fedeli ad una fede matura, possa essere realizzato in un modo confacente alla dottrina e alla disciplina della Chiesa» ([36]). Una prima versione degli Statuti del Cammino Neocatecumenale fu respinta all'inizio del 1999 (il giurista neocatecumenale padre Javier Sotil, rettore del Redemptoris Mater di Brasilia, nel maggio 1999, durante una convivenza al Centro Neocatecumenale internazionale di Porto San Giorgio con Kiko Argüello e Carmen Hernández, annunciava che la bocciatura era stata «provvidenziale» perché aveva dato modo di «pensare e ripensare, consultare tante persone per preparare una seconda bozza che è qui pronta» [37]). Lo Statuto venne finalmente approvato nel 2002 per un periodo ad experimentum scaduto a giugno 2007 (l'intervento di Kiko Argüello alla consegna dello Statuto del Cammino Neocatecumenale il 29 giugno 2002 comincerà con: «siamo contentissimi che dopo tutto il travaglio di questi anni si sia potuti arrivare alla approvazione dello Statuto»)[38].
    Il decreto di approvazione[39] del Pontificio Consiglio per i Laici recitava infatti: «Tenuto conto dei numerosi frutti spirituali apportati alla nuova evangelizzazione dalla prassi del Cammino Neocatecumenale - accolto e valorizzato nei suoi oltre trent'anni di vita in molte Chiese locali - segnalati al Pontificio Consiglio per il Laici da numerose lettere raccomandatizie di cardinali, patriarchi e vescovi; dopo attento esame del testo degli Statuti, frutto di un laborioso processo di collaborazione tra gli iniziatori del Cammino Neocatecumenale e il Pontificio Consiglio per i Laici, che si è avvalso del contributo apportato nell'ambito delle competenze loro proprie da diversi dicasteri della Curia Romana (...) il Pontificio Consiglio per i Laici DECRETA l'approvazione "ad experimentum" per un periodo di cinque anni degli Statuti del Cammino Neocatecumenale...»
    Nei discorsi e omelie di Giovanni Paolo II del 29 giugno 2002 e dei giorni successivi, non appare alcuna menzione dell'approvazione degli Statuti[40], nonostante Kiko Argüello abbia ringraziato personalmente il Papa per aver «voluto in prima persona questa approvazione»[41]; solo nel settembre successivo il Papa ne parlerà precisando che «spetta ora ai Dicasteri competenti della Santa Sede esaminare il Direttorio catechetico e tutta la prassi catechetica nonché liturgica del Cammino stesso. Sono certo che i suoi membri non mancheranno di assecondare con generosa disponibilità le indicazioni che loro verranno da tali autorevoli fonti»[42].
    Lo Statuto rinviava ad un Direttorio Catechetico che raccoglie la tradizione orale e indica la prassi del Cammino[43]; il materiale raccolto per la creazione del Direttorio (quattordici volumi) è tuttora in fase di esame da parte delle congregazioni vaticane. Si trattava perciò di un'approvazione parziale (oltre che temporanea), poiché durante l'arco di validità dello Statuto ad experimentum il Direttorio contenente le catechesi e la prassi del Cammino (non scindibili dal Cammino stesso) non è stato pubblicato.
    Spesso le discussioni sulle problematiche inerenti il Cammino Neocatecumenale tendono a ridursi alla discussione sull'approvazione pontificia, possibilmente deducendo che una volta approvato giuridicamente il Cammino non sia più possibile elevare osservazioni critiche. L'approvazione degli Statuti era però descrittiva di ciò che "deve e dovrà fare" il Cammino (non di ciò che "fino ad oggi ha affermato").
    Lo Statuto del Cammino Neocatecumenale viene approvato in forma definitiva l'11 maggio 2008, giorno di Pentecoste[44]. Il Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, cardinale Stanislaw Rylko, consegna il nuovo testo agli iniziatori del Cammino Neocatecumenale, Kiko Arguello e Carmen Hernandez, il 13 giugno 2008, giorno di Sant'Antonio da Padova, francescano portoghese, Dottore della Chiesa.
    Queste le parole del Cardinal Rylko, alla domanda su quale significato abbia questa approvazione, per la Chiesa e per il Cammino stesso: «Significa la conferma da parte della Chiesa dell’autenticità, della genuinità del carisma che sta alla loro origine nella vita e nella missione della Chiesa. In modo particolare, questo riguarda il Cammino che ha ormai lunga storia nella Chiesa, più di 40 anni, e porta nella vita della Chiesa tanti frutti, tante vite cambiate in profondità, tante famiglie ricostruite, tante vocazioni religiose, sacerdotali e tanto impegno a favore della nuova evangelizzazione. Quindi, è un momento di grande gioia per la Chiesa, un momento di grande gioia per la realtà ecclesiale che riceve questo riconoscimento» [45] [46].

    Approvazione definitiva dello Statuto del Cammino Neocatecumenale [modifica]
    Il giorno 13 giugno 2008 alle ore 11.00, nell’aula magna del Pontificio Consiglio per i Laici è stato consegnato ai membri dell’Équipe responsabile internazionale del Cammino Neocatecumenale (Kiko Arguello, Carmen Hernndez e don Mario Pezzi), il decreto di approvazione definitiva dello Statuto del Cammino Neocatecumenale. Il decreto porta la data dell’11 maggio 2008, solenntà di Pentecoste. Tra le modifiche liturgiche, l'obbligo di ricevere in piedi sul posto occupato in assemblea l'Eucarestia in duplice specie




    Pace

  8. #8
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    Scusa Senape, ma sono andato a prendere le informazioni su wikipedia. Ottimo il chiarimento, e anche se non mi conosci puoi stare sicuro che non prendo mai per buona nessuna parola detta da laicisti o da anticattolici. Comunque.

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da Merello Visualizza Messaggio
    Scusa Senape, ma sono andato a prendere le informazioni su wikipedia. Ottimo il chiarimento, e anche se non mi conosci puoi stare sicuro che non prendo mai per buona nessuna parola detta da laicisti o da anticattolici. Comunque.
    Niente scuse tu ai preso la pagina principa, invece quella dell'approvazione era su "Discussioni" purtropo Wiki è controllata da intelletualoidi laicisti incalliti che hanno tra l'altro lo scopo di screditare la chiesa e i sui movimenti, nostri fratelli hanno tententato di inserire l'approvazione sul principale ma è un mese e mezzo che nisba, niente, vatti a fidare ciao

    Pace

  10. #10
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    Ieri a Cagliari, i Neocat hanno appeso uno striscione enorme con scritto.... "GRAZIE PER GLI STATUTI".

    Parlando ieri con un vescovo sardo, piuttosto conservatore, dei neocatecumenali, diceva che tanta fedeltà alla Chiesa e al Papa deve essere tradotta in piena applicazione di quegli statuti... ha anche aggiunto che purtroppo dovrebbero applicare le norme scritte anhe tutti gli altri movimenti, che spesso vanno per conto loro.

    Anche io sono sicuro che se applicaste alla lettera quegli statuti, eliminando le cose che effettivamente non andavano bene, sareste ancora più grandi.

 

 

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