Perchè l'America





Ma cosa è questa fissazione di far riferimento sempre agli americani?
Hai TESTE migliori DENTRO casa TUA...
Il retaggio di QUELLE, dovresti voler conservare, in primis...


Eric



Se fossi un progressista, per cui l’internazionalismo è un valore da ostentare, rispondere a questa domanda sarebbe oltremodo semplice. Poichè, invece, mi ritengo un conservatore la questione postami dall’amico Eric non è di quelle a cui è facile rispondere. Già, perchè infatti un conservatore nato in quel di Napoli dovrebbe mettersi a parlare di Pat Buchanan e del paleoconservatorismo invece, che so, di un Capece Minutolo e dell’assedio di Gaeta?

La verità è che il sottoscritto non ha avuto il piacere di crescere nell’ambito di una cultura locale, in un’epoca per giunta in cui il sentimento nazionalista era considerato pubblicamente un disvalore; e solo in età adulta ha sentito la mancanza di tradizioni e ideali patriottici di cui sentirsi fiero.
Fortunato chi da giovane ha avuto davanti a sé un maestro e una comunità in cui crescere e formarsi una coerente visione del mondo... Io non ho avuto nè l’una nè l’altra cosa. Cosicchè invidio chiunque oggi può dire: questi i miei avi, questa la mia casa. Io sono un errante... E se mi batto con foga contro le sinistre e il politicamente corretto è perchè riconosco in fondo di essere anch'io, nel mio piccolo, un frutto di questo mondo decadente.

Perchè l'America? Perchè la casa dei diritti e la tomba delle tradizioni? Un conservatore dovrebbe in effetti essere dissuaso dal guardare ad un simile esempio. In verità io ho conosciuto persone assai per bene, di classe altoborghese e cultura raffinata con un pregiudizio recondito verso gli americani. Potevano leggere Avvenire o Il Manifesto, tutti costoro si rivelavano ai miei occhi oltremodo distanti dalle politiche di destra. Viceversa il popolo della maggioranza silenziosa, piccoloborghese e qualunquista, amava quell’America lontana ma che gli entrava tutti i giorni in casa grazie ai romanzetti e al cinema d’evasione. In quanto per l’uomo comune del dopoguerra l’America ha rappresentato il sogno della prosperità da contrapporre allo spartano proletarismo di marca comunista e fascista.

L’America è divenuta a poco a poco per il borghese poco o nulla ideologizzato una patria virtuale, la cui presenza era tangibile in ogni aspetto del quotidiano, dagli elettrodomestici ai capi d’abbigliamento, offrendo in continuazione nuovi e affascinanti miti attraverso la sua colossale industria dello spettacolo. Capitava dunque che un messaggio per nulla conservatore potesse attecchire in buona misura soprattutto presso quegli strati tradizionalisti che il dopoguerra aveva spogliato di tradizioni autoctone e lealtà nazionali. Sentendosi privato del passato e prigioniero del presente il popolo non comunista che leggeva Candido e Il Borghese dovette necessariamente volgere lo sguardo all’America protettrice della libertà minacciata dalle armate comuniste.

Il sottoscritto è nato in una di queste famiglie borghesi che lasciavano la politica fuori dalla propria casa, ed è diventato un conservatore d'adozione. Come tutti gli sradicati cresciuti durante la Guerra Fredda, con l’America ho avuto a che fare dalla nascita. Prima attraverso i media e poi grazie alle nostre istituzioni politiche prive di sovranità che ci hanno spinto a partecipare alle vicende americane instillandoci l’illusione che potessimo in questo modo contribuire anche noi a muovere i futuri destini del pianeta.
Mi rendo conto che tutto ciò non soddisfa pienamente la domanda iniziale, e che le spiegazioni fornite riguardano più la psicologia e la sociologia che la filosofia politica. Ma la semplice verità è che più generazioni di italiani divenuti “conservatori” hanno avuto, come lo scrittore Mario Soldati, l’America in sposa. Un innamoramento non si può spiegare con logiche razionali, ma quanto c'è di razionale nella politica, come nell'esistenza umana?


Florian