Originariamente Scritto da
florian
... nonostante tutto
non si riesce bene a capire come mai un’impresa tanto fallimentare come quella dello Stato moderno non abbia trovato un competitore adeguato nel campo della produzione della sicurezza e della certezza. Dai tempi di Bastiat e di de Molinari i libertari hanno coltivato la speranza che il mercato potesse rivelarsi un produttore di certezza e di sicurezza migliore e meno costoso dello Stato. E tuttavia, sia perché il bisogno di quei beni sorge e si rafforza nei momenti in cui l’incertezza e l’insicurezza si presentano e crescono, sia perché lo Stato è sempre riuscito a far credere (anche se a costi sempre più alti e con una sempre maggiore compressione delle libertà individuali) che non esistono altri modi per produrli, le idee libertarie non sono mai riuscite a conquistare definitivamente le menti dei cittadini. I tentativi del libertarismo di mercato di accreditarsi come un migliore e più tempestivo produttore di certezza e di sicurezza sono pertanto falliti, per lo meno fino ad ora, ed è forse giunto il tempo di chiedersene la ragione.
Cosa ci possa essere oltre lo Stato, non è però del tutto chiaro. Infatti il mercato, per quanto un ottimo e tempestivo produttore di beni, non è un altrettanto buono e tempestivo produttore di quella certezza e di quella sicurezza di cui si avverte la necessità al pari della soddisfazione di bisogni primari. Inoltre quello del Libertarianism è un mondo senza politica e quindi un mondo incline ad escludere che – quando cresce l’incertezza – i processi sociali debbano essere accelerati in una direzione imprimibile soltanto tramite scelte collettive. La prasseologia realistica è innegabilmente un faro, ma la sua luce non si diffonde in maniera uniforme né contemporanea. In altre parole,
dal fatto che non si sia ancora riusciti a trovare di meglio, lo Stato trae un enorme vantaggio.
(Raimondo Cubeddu, pref. a
Hans-Hermann Hoppe, Democrazia: Il Dio che è fallito, Liberlibri)
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