Nord, sacra terra di luce



Christophe Levalois rende giustizia alle origini dei popoli indoeuropei

Quale è l’origine dei popoli Indoeuropei? Da quali spazi giunsero i nostri antenati Celti e Longobardi? La risposta ce la dà un libro dello studioso francese Christophe Levalois (La terra di luce. Il Nord e l’Origine, Edizioni Barbarossa) il quale, partendo dai testi classici e indiani, delinea una origine "nordica" - o forse è meglio dire "artica" - delle genti Indoeuropee. Nella tradizione classica si ricorda l’annuale viaggio che conduceva il dio Apollo (equivalente del Belenos celtico) a varcare il circolo polare artico per raggiungere la terra di Thule, o Iperborea, viaggio che compiva su di un caro trainato da cigni (gli stessi cigni che ritroviamo nel mito celtico dell’Isola di Avallon). D’altronde sono stati proprio gli autori greci e latini a lasciare grandiosa testimonianza della credenza per cui a nord, in una zona mai bene specificata, esistesse questa isola di Thule, sede degli Iperborei e dimora dei primi Dei europei. Da Omero e Eschilo, da Virgilio a Strabone, da Plinio il Vecchio a Aviero, molti sapienti dell’antichità furono rapiti dal mito di Thule, di cui lo stesso Seneca, nella Medea, si lascia questa testimonianza: "Nei secoli futuri, un’ora verrà / in cui si scoprirà il grande segreto nascosto / dell’oceano / si ritroverà la potente isola. / Teti, nuovamente, rivelerà questa contrada. / E Thule, allora, non sarà più il paese estremo della Terra".La credenza di una terra meravigliosa abitata da saggi, eroi ed immortali, situata nelle estreme terre del nord dell’Europa, era così diffusa, che un navigatore greco, Pitea, organizzò una lunga traversata per raggiungerla. Questo avventuroso viaggio lo condusse in Islanda e in Norvegia, fino a superare il circolo polare artico: siamo nel IV secolo a.C. Parecchio tempo dopo, nel 306 d.C., l’imperatore Costanzo Cloro cerca a nord della attuale Gran Bretagna quella terra in cui, secondo le leggende del tempo, il sole non tramonta mai. Allo stesso mito è collegata la navigazione di san Brandano, nel VI secondo d.C. Alcuni secoli più tardi le parole di Robert Wace, a cui dobbiamo tra l’altro il Roman de Brut e una Vie de Merlin l’enchanteur, riassumono in due versi il mistero iperboreo: "En north alum, de north venum, / En north fumes nez, en north manum"Il libro di Levalois ci introduce quindi in un universo di miti e leggende dove la cultura celtica e germanica viaggiano di pari passo con l’erudizione classica e indiana. Un libro che riapre il discorso sulle origini dell’Europa, le quali devono essere ricercate non nel bacino mediterraneo - come invece ci siamo spesso sentiti ripetere - ma a nord, verso quella Thule iperborea che ancor oggi, nei simboli solari della Croce Celtica e del Sole delle Alpi, indica la fiaccola da seguire per tutti coloro che, ancora, si sentono dei "buoni europei".



citano studiosi filonazisti e razzisti
mi pare che ora ci siano tutti gli ingredienti per chiedere loro se stanno facendo capo ormai da tempo impunemente ad un razzismo vero e proprio di stampo nichilsta razziale e filonazista legato a i miti nordici che il nazismo ha costruito