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    Predefinito E' vera "pace"? La Chiesa neomodernista cerca la pace lontano da Cristo ...

    Istituzioni internazionali e grandi religioni insieme per pace e sviluppo

    Appello del Cardinale Martino ad essere testimoni di pace


    CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 14 aprile 2008 (ZENIT.org).- "Costruire la pace è anzitutto sottrarre il terreno alle ingiustizie e alle oppressioni che provocano la guerra", ma "educare alla pace è anzitutto essere testimoni di pace, significa averla realizzata in se stessi e a partire da sé".

    Così il Cardinale Renato Raffaele Martino ha concluso il Seminario Internazionale su "Disarmo, Sviluppo e Pace. Prospettive per un disarmo internazionale", promosso dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e svoltosi in Vaticano l'11 e 12 aprile.

    "Finché sarà presente il rischio di una illegittima offesa, saranno purtroppo necessari i mezzi per la legittima difesa degli innocenti", ha spiegato il Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.

    "Concepire la legittimità di una difesa armata", tuttavia, "non implica, e anzi esclude, qualsiasi uso arbitrario della violenza, o qualsiasi livello di armamento", ha aggiunto il porporato.

    Il presidente del dicastero vaticano ha ribadito che "la difesa è legittima, sul piano morale e giuridico, sotto determinate condizioni, di natura soggettiva e oggettiva".

    "Di natura soggettiva, in quanto legittimato all'uso della forza armata, come reazione di una ingiusta offesa, è solo l'autorità pubblica responsabile della sicurezza e della difesa dei popoli".

    "Di natura oggettiva, in quanto non qualsiasi offesa illegittima, legittima una difesa armata, ma solo quella che provoca danni gravi, ai quali non è possibile rimediare se non con una difesa armata, che abbia speranza di successo e che non provochi un danno maggiore di quello che si vuole evitare o limitare".

    Analizzando la situazione attuale, il Cardinale Martino ha rilevato che "nella incertezza provocata dalla globalizzazione e da fenomeni come il terrorismo su scala globale" alcuni Stati "hanno ripreso una sinistra corsa agli armamenti e sembrano perdere fiducia nel dialogo, nel multilateralismo e nella cooperazione internazionale a tutti i livelli e in particolare nel settore del disarmo".

    Per questo motivo, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha organizzato questo Seminario allo scopo di impegnare le istituzioni internazionali e le grandi religioni nel "ribadire l'importanza del dialogo, del multilateralismo, della cooperazione internazionale come base per un autentico processo di disarmo, per l'affermazione dei diritti umani, del bene comune e della pace nella comunità internazionale".

    In merito allo sviluppo che potrebbe essere un forte catalizzatore di pace, il Cardinale Martino ha affermato che "la globalizzazione è quello che gli uomini ne faranno"; per questo "dobbiamo mettere in evidenza le opportunità positive che essa pone nelle nostre mani per promuovere la pace anche attraverso il disarmo".

    "Se la fine dei blocchi ha prodotto e tuttora tende a produrre una fase di instabilità internazionale, apre anche a nuove possibilità di intervento che in precedenza erano precluse", ha sottolineato il porporato.

    "Ogni epoca porta con sé rischi ed opportunità", ha aggiunto, rilevando che "se la guerra si fa diffusa e decentrata, quotidiana e smaterializzata ... ebbene, anche la pace lo può essere, e lo deve essere. Ciò che vale per il negativo vale anche e prima di tutto per il positivo".

    I cristiani, ha concluso il Presidente di Giustizia e Pace, "non sono chiamati solo a prendere posizione nei confronti della guerra, ma soprattutto a farsi costruttori di pace".

    "La pace si costruisce a partire dalle proprie responsabilità nei confronti della giustizia, nei confronti del bene degli altri", e inizia con "l'educazione alla pace".

    Fonte: Zenit, 14.4.2008

  2. #2
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    Cardinal Bertone: la vera pace si fonda sui diritti dei più deboli

    YEREVAN, venerdì, 7 marzo 2008 (ZENIT.org).- Perché ci sia vera pace è necessario rispettare sempre i diritti dei più deboli e dei diseredati, ha affermato questo mercoledì il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, nel corso del suo viaggio in Armenia.

    Il porporato ha visitato il Paese dal 4 marzo a questo giovedì, quando si è trasferito in Azerbaigian, da dove ripartirà domenica.

    “Per creare una pace sicura e condivisa vanno sempre rispettati i diritti sacrosanti dei più deboli e di quanti vivono in condizioni precarie, derivanti spesso proprio dai conflitti bellici”, ha affermato incontrando il Corpo Diplomatico accreditato a Yerevan.

    Il Cardinale ha confessato di essere “onorato” di trovarsi in Armenia, “che già nel 301 accolse il Cristianesimo come religione ufficiale”.

    Da allora, ha detto ai presenti, il Paese “ha vissuto questa scelta con impegno e fedeltà”, “che sovente tinsero di sangue proprio queste pietre, facendo della vostra Terra un tempio spirituale per un sacrificio gradito a Dio”.

    “Il popolo armeno con la sua cultura ha arricchito in modo singolare l’umanità. Con la sua esperienza, spesso tragica della diaspora, ha saputo costituire ad un tempo un modello di continuità e di organico sviluppo delle proprie origini e di feconda apertura a popoli con tradizioni diverse”.

    In virtù di questo glorioso passato, gli Armeni “non possono non proseguire a tessere tra loro una cooperazione sempre più proficua”, che “permetterà a tutta l’umanità di godere dell’esperienza della convivialità tipica del vostro popolo e di gustare il sapore unico dell’armenità”.

    Il Cardinal Bertone ha ammesso che “rimangono purtroppo aperte alcune dolorose ferite del passato, che costituiscono una memoria indelebile”.

    Questo, tuttavia, “più che scoraggiare deve suscitare la speranza nelle nuove generazioni”, che “devono guardare avanti traendo lezione dal passato e non perdere mai la fiducia, perché il futuro può riservare tante positive sorprese”.

    “So bene che ci sono ancora focolai di contrapposizione – ha osservato –, ma la Santa Sede auspica che possano essere estinti il più presto possibile, nel rispetto dei diritti delle persone e dei popoli”, favorendo e promuovendo “soluzioni positive con l’aiuto disinteressato della diplomazia internazionale”.

    “Auspico che la comunità internazionale collabori nel sostenere la crescita e le prospettive dell’Armenia, guardando non solo alla sua importanza strategica. Non solo guardi ad interessi ristretti o parziali, ma si impegni a riconoscerne dall’interno la cultura e a valorizzare al meglio le sue espressioni. Solo da questa condivisione infatti possono venire prospettive stabili di pace”.

    Il Segretario di Stato vaticano ha quindi augurato che l’Armenia “possa trovare in modo efficace ed autentico il giusto posto che ad essa spetta nel concerto delle Nazioni”, che le è dovuto “per l’antichità e la qualità della sua cultura da tutelare dovunque con attenzione e rispetto”.

    Non si può dimenticare, ha aggiunto, che l’Armenia “intende percorrere un cammino deciso e condiviso verso i veri valori della trasparenza e dell’onestà, dell’amore e della collaborazione al bene comune. Vuole superare la spinta ad interessi particolaristici per favorire una più equa distribuzione delle risorse, in modo che tutti i cittadini possano godere di condizioni di vita rispettabili e dignitose”.

    Il Segretario di Stato vaticano ha quindi espresso gratitudine per “il rapporto di fraternità, di stima e collaborazione” con la Chiesa Armena Apostolica, “determinante” perché la Chiesa cattolica trovasse nel Paese “un giusto riconoscimento dei suoi diritti”.

    La Chiesa cattolica, dal canto suo, “è fiera di aver contribuito, attraverso l’opera di suoi figli e figlie di inestimabile valore umano, cristiano e nazionale, a sostenere e promuovere la cultura degli Armeni, soprattutto in epoche di particolare travaglio”.

    Fonte: Zenit, 7.3.2008

  3. #3
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    Questi loschi personaggi neomodernisti non cercano la pace in Cristo, ma la fondano sull'uomo, sull'orgoglio satanico umano.
    Ma è vera pace? Lontano dal Principe della pace, non ci sarà mai quanto auspicato. Peraltro, la loro "educazione alla pace" sarebbe "educazione buonista", che è cosa ben diversa dalla ricerca e promozione della pace, che si può ottenere solo fondandola nel Principe della pace, cioè in Cristo.
    E' la loro tutto ciò della loro apostasia e del fondamento satanico della loro empia dottrina, ben lungi dall'autentico cattolicesimo.

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    Predefinito Qualora si avessero dubbi in proposito ....

    Benedetto XVI: un nuovo umanesimo per conseguire pace, sviluppo e speranza

    Messaggio al Seminario internazionale sul disarmo


    ROMA, domenica, 13 aprile 2008 (ZENIT.org).- In un Messaggio inviato ai partecipanti al Seminario internazionale sul tema "Disarmo, sviluppo e pace. Prospettive per un disarmo integrale", svoltosi in Vaticano l'11 e il 12 aprile, Benedetto XVI ha spiegato che è urgente promuovere un "nuovo umanesimo" per conseguire "pace, sviluppo e speranza".

    Al Seminario, promosso dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, monsignor Piero Parolin - sottosegretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato - ha letto il Messaggio in cui il Papa sottolinea che "non è concepibile una pace autentica e duratura senza lo sviluppo di ogni persona e popolo".

    Secondo il Pontefice, "non è pensabile una riduzione degli armamenti, se prima non si elimina la violenza alla radice", se prima, cioè, "l'uomo non si orienta decisamente alla ricerca della pace, del buono e del giusto".

    "La guerra - ha constatato il Vescovo di Roma -, come ogni forma di male, trova la sua origine nel cuore dell'uomo. In questo senso, il disarmo non interessa solo gli armamenti degli Stati, ma coinvolge ogni uomo, chiamato a disarmare il proprio cuore e ad essere dappertutto operatore di pace".

    Il Pontefice ha riconosciuto che l'armamento degli Stati si rende necessario per ragioni di legittima difesa, ed è "un diritto da annoverare tra quelli inalienabili degli Stati, essendo anche connesso al dovere degli stessi Stati di difendere la sicurezza e la pace dei popoli".

    "Tuttavia - ha aggiunto -, non appare lecito qualsiasi livello di armamento, perché ogni Stato può possedere unicamente le armi necessarie per assicurare la propria legittima difesa", e il mancato rispetto di questo "principio di sufficienza" conduce al paradosso per cui gli Stati "minacciano la vita e la pace dei popoli che intendono difendere e gli armamenti, da garanzia della pace, rischiano di divenire una tragica preparazione della guerra".

    In merito alla relazione tra disarmo e sviluppo, il Santo Padre ha ripreso la proposta avanzata da Paolo VI nel 1964, in cui si chiedeva agli Stati di ridurre la spesa militare per gli armamenti e di creare, con le risorse così risparmiate, un fondo mondiale da destinare a progetti di sviluppo delle persone e dei popoli più poveri e bisognosi.

    Di fronte all'aumento della spesa militare e alla sovrapposizione dell'economia civile a quella militare, Benedetto XVI ha rinnovato l'appello "affinché gli Stati riducano la spesa militare per gli armamenti e prendano in seria considerazione l'idea di creare un fondo mondiale da destinare a progetti di sviluppo pacifico dei popoli".

    "La pace è un dono di Dio, dono prezioso che va cercato e custodito anche con mezzi umani", ha sottolineato il Pontefice, ribadendo che nonostante le grandi difficoltà "la guerra non è mai inevitabile e la pace è sempre possibile. Anzi doverosa!"

    Per questo, "è giunto il momento di cambiare il corso della storia, di recuperare la fiducia, di coltivare il dialogo, di alimentare la solidarietà".

    "Solo perseguendo un umanesimo integrale e solidale, nel cui contesto anche la questione del disarmo assume una natura etica e spirituale, l'umanità potrà camminare verso l'auspicata pace autentica e duratura", conclude il Messaggio di Benedetto XVI.

    Fonte: Zenit, 13.4.2008

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    Ecco cosa intende Benedetto XVI per "pace"

    umanesimo integrale e solidale
    Sì, è vero, afferma che è "dono di Dio", ma l'espressione è talmente blanda che lascia chiaramente intendere che essa si riduca ad una questione umanitaria o etica consistente, tra l'altro nella riduzione degli armamenti .... .
    Nulla si dice che questo è dono sì di Dio, ma che Dio dà ai suoi figli in premio a coloro che seguono le sue leggi.
    La guerra, infatti, in tutta la Rivelazione e nella Tradizione, appare come un castigo di Dio, che l'uomo merita per le sue colpe. Ciò è confermato pure dalle rivelazioni private che la Chiesa ha approvato, come l'apparizione della Madonna a Fatima.

    ... Avete visto l'inferno dove cadono le anime dei poveri peccatori. Per salvarle, Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al Mio Cuore Immacolato. Se faranno quel che vi dirò, molte anime si salveranno e avranno pace. La guerra sta per finire; ma se non smetteranno di offendere Dio, durante il Pontificato di Pio XI ne comincerà un'altra ancora peggiore. Quando vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta, sappiate che è il grande segno che Dio vi dà che sta per castigare il mondo per i suoi crimini, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre. Per impedirla, verrò a chiedere la consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato e la Comunione riparatrice nei primi sabati. Se accetteranno le Mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, promovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa.
    La pace non ci potrà essere se gli uomini non giungeranno a Dio, riconoscendo il Principe della pace, Cristo. La Madonna è chiara.
    Ma è evidente che Benedetto XVI ed il suo entourage intendono la pace come pacifismo, che si può conseguire lontano da Cristo, con il mero "disarmo".

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    Pacem relinquo vobis, pacem meam do vobis; non quomodo mundus dat, ego do vobis. (Gv 14, 27)

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    Fructus autem Spiritus est caritas, gaudium, pax, longanimitas, benignitas, bonitas, fides, mansuetudo, continentia; adversus huiusmodi non est lex. (Gal 5, 22-23)

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    La pace è dono di Dio che non si può conseguire se non si ha lo Spirito di Dio. Se si ha lo spirito del mondo, vengono, come dice S. Paolo "fornicatio, immunditia, luxuria, idolorum servitus, veneficia, inimicitiae, contentiones, aemulationes, irae, rixae, dissensiones, sectae, invidiae, ebrietates, comissationes et his similia" (Gal 5, 19-21).

 

 

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