Salve amici!
Sono un conservatore il cui riferimento politico ideale è rappresentato dal Republican Party USA, che considero l’unico riferimento possibile per le destre occidentali. Il mio conservatorismo si rifà alla tradizione “fusionista” della National Review, tuttavia apprezzo molto anche un autore neocon molto pragmatico come Irving Kristol. Il mio idolo indiscusso è la Signora Thatcher, tuttavia non sono un massimalista, quindi tendo generalmente a “tifare” per i candidati vincenti nello contro con le sinistre.
In relazione a ciò devo comunicarvi il problema che mi sta assillando da giorni, sperando che qualcuno di voi mi aiuti a decidere per il meglio.
Io sono un destrorso doc, per il quale la questione dell'identità della destra (una destra conservatrice liberale) è molto importante. In Italia non è mai esistita un vero partito conservatore, ma solo un suo surrogato sui generis che è stato il MSI. Io arrivo a destra superata l’adolescenza, con Alleanza Nazionale. Non mi piace per mille motivi, è una destra sociale, antiamericana etc. etc., ma è pur sempre la destra italiana. Seguo per un pò i contributi giornalistici dei vari Malgieri e Respinti fino a quando alle europee del ’99 Fini lancia con Segni il progetto dell’elefante. Io ci spero illudendomi in un futuro stile repubblicani USA. Purtroppo però il tentativo abortisce e Fini è costretto a rimangiarsi tutto. In quell’occasione rimango disgustato dall’atteggiamento della dirigenza di AN e dalle pulsioni ancora in gran parte neofasciste della base. Decido quindi di passare a Forza Italia legandomi a politici “reaganiani” come Martino e a commentatori come Pasolini Zanelli. Leggo “Il Borghese” di Vimercati (poi di Feltri).
Tuttavia non riesco ad essere un fan di Berlusconi. Il Cav. non è un uomo di destra, è un moderato con una moglie socialista e negli USA sarebbe considerato un Rockefeller Republican, non certo un conservatore. Del resto lui ama citare i nomi di Reagan e della Thatcher (generalmente agli industriali) ma poi segue politiche economiche di tipo dirigista. Non parliamo poi del suo apporto in ambito culturale, con Mediaset e Mondadori che mai hanno supportato battaglie conservatrici. Quando ho visto la sua casa editrice pubblicare le barzellette su Bush e i best sellers di Michael Moore mi sono chiesto se aveva ancora un senso supportare la sua persona e il suo partito. Nonostante tutte queste riserve ho votato Forza Italia fino alle passate elezioni, ritenendolo pur con tutti i suoi limiti, il partito più a destra (ed è tutto dire) del panorama politico italiano.
Tuttavia il distacco manifestato da FI verso chi, vedi Giuliano Ferrara o Marcello Pera, cercava di imprimere una svolta conservatrice (anche nel lessico) al partito, mi ha profondamente deluso. Ragion per cui, quando Storace coerentemente con se stesso ha salutato Fini per fondare La Destra io l’ho seguito immediatamente, spinto come da un richiamo della foresta. Sapevo bene che “quella” destra era cosa dissimile dal mio ideale partito conservatore, ma con tutti i suoi limiti e le sue storture era pur sempre un partito che si definiva “di destra”. L’arrivo della Santanchè (Thatcheriana convinta) e la frantumazione assurda della CDL con la seguente identificazione del PDL con il PPE, un partito dominato dai democristiani, mi hanno convinto ancor di più nella necessità di questa scelta anche se dovesse precludere la vittoria al centrodestra.
Queste elezioni che si apprestano sono assurde. Berlusconi ha deciso di non stravincere perchè vuole condividere con la sinistra l’onere del risanamento italiano. Ragion per cui non ha fatto campagna elettorale e ha messo ai margini alleati fedeli (Storace) e meno fedeli (Casini). Il suo è un partito tendenzialmente conservatore e liberista, ma la sua classe dirigente ha sposato un programma moderato se non addirittura cripto-socialista (Tremonti).
Viceversa, La Destra mi sembra essere un partito in continua evoluzione. Nato su basi di destra sociale, elettorato marcatamente nostalgico, si è via via aperto a posizioni incredibilmente liberiste – vedi la flat tax –, ha imbarcato un economista liberale e federalista doc quale Pagliarini (persona che stimo moltissimo) e ha mostrato con la Santanchè un piglio “di destra” che mancava alla politica italiana dai tempi di Almirante.
Ecco dunque il mio piccolo dramma: dover votare per un partito che si dichiara di destra ed ha un programma liberalconservatore, sapendo al tempo stesso però che la sua base di riferimento è distante anni luce dai suoi leaders. Votare per il PDL non significa oggi scivolare verso un centrismo indifferente ad ogni speranza autenticamente conservatrice e di destra?
Grazie a chi vorrà rispondermi.
Saluti conservatori!