Sull'ultimo numero del Journal of Libertarian Studies
http://www.mises.org/journals/jls/21_3/21_3_2.pdf
Commento di Piero Vernaglione
Niente da fare, Hoppe e Block sull'immigrazione saranno sempre in
disaccordo. Sull'ultimo numero del "Journal of Libertarian Studies"
(non so se è già on-line) nuovo attacco di Block (a quattro mani con
Anthony Gregory) alla teoria restrittiva di Hoppe. Siccome gli
argomenti utilizzati da Block sono carini, in quanto basati sulla
tecnica della "reductio ad absurdum", li riporto in sintesi (ma io
continuo a simpatizzare per le tesi di Hoppe).
1) Hoppe difende restrizioni statali all'immigrazione sulla base
dell'argomento che i residenti devono sussidiare attraverso le
imposte l'uso delle strutture pubbliche fatto dagli immigrati. Ma
anche i beni importati devono essere sussidiati involontariamente
dai residenti, dal momento che i beni importati circolano su strade
pubbliche ed altre strutture pubbliche, finanziate con le tasse anche
di coloro che non sono interessati al bene.
Inoltre, perché l'immigrazione da paesi esterni agli Usa non sarebbe
lecita e i movimenti migratori all'interno degli Usa sì?
2) Per Hoppe gli illegali possono essere mantenuti fuori della
proprietà pubblica a causa della loro invasività (e tale criterio può
essere esteso anche ad altre materie: sarebbe lecito mantenere leggi
contro la droga, o la prostituzione, o l'alcool perché molti
contribuenti non vorrebbero tali comportamenti sulla loro proprietà
privata). Ma questo criterio non può essere esteso alla proprietà
socializzata: secondo i principi libertari, se un individuo, o più
individui, non vogliono che un determinato comportamento X sia
mantenuto nella loro proprietà non significa che esso possa essere
proibito come principio generale, anche nella sfera pubblica. Ci
saranno anche contribuenti che sono favorevoli all'immigrazione; per
questi i divieti sono una discriminazione forzata (per i contrari
un'integrazione forzata). Lo Stato non può determinare che cosa
consentire o proibire in base a ciò che i contribuenti deciderebbero
sulle loro proprietà private, perché esso misesianamente non può
effettuare questo calcolo economico, e dunque non può emulare le
decisioni di mercato. In sostanza noi sbagliamo scegliendo entrambe
le soluzioni: la questione è se sbagliare a favore di una politica di
inclusione o sbagliare a favore di una politica di esclusione. Il
libertario dovrebbe sempre sbagliare a favore di una politica di
opposizione ai controlli alle frontiere, perché questa è la politica
che rigetta un comportamento attivo da parte dello Stato, dunque che
ne riduce il potere.
3) Kinsella sostiene che il divieto di ingresso è una forma di
risarcimento (restitution) per i contribuenti per il fatto di dover
finanziare gli spazi pubblici. E la maggioranza delle persone
desidera il divieto. Ma il criterio della maggioranza non è
necessariamente giusto sul piano morale.
Inoltre la vittima di un furto non può rivalersi su persone diverse
dall'aggressore, ed è invece ciò che avviene nella teoria di Kinsella.
4) Hoppe sostiene che i residenti sono i proprietari delle sezioni di
territorio pubbliche, e dunque hanno il diritto di impedire che siano
oltrepassate. Ma la premessa è in contraddizione con la teoria
dell'homesteading sostenuta dallo stesso Hoppe: infatti vi sono parti
del territorio americano, come alcune zone delle Montagne rocciose o
dell'Alaska, che non sono mai state toccate da nessun essere umano,
dunque non possono essere proprietà di nessuno, nemmeno dello Stato.
5) I controlli sull'immigrazione sono di per sé coercitivi e
socialisti: danno ai poliziotti di frontiera il potere di entrare
nelle case private per cercare i clandestini; creano mercati neri e
di conseguenza accrescono le sanzioni penali anche per gli innocenti
(i datori di lavoro); riducono la privacy e la libertà personale
attraverso l'introduzione di Identification Card; l'implementazione
dei divieti aumenta le imposte per finanziare personale e
infrastrutture; e così via.