Le sfide del James Webb Space Telescope

27 Giugno 2007
INTERVISTA 20-2007. Nei giorni scorsi, nella cornice dell’Air Show di Le Bourget, a Parigi, ESA e NASA hanno firmato l’accordo formale per la costruzione del James Webb Telescope, il telescopio spaziale di nuova generazione che promette di rivoluzionare la nostra visione dell’universo. Di che si tratta?

Il James Webb Space Telescope (JWST) è un progetto molto ambizioso, condotto in collaborazione da ESA, NASA e Agenzia Spaziale Canadese. Quando il telescopio spaziale sarà lanciato, nel 2013, la comunità scientifica mondiale avrà a disposizione uno strumento straordinario.
Da tempo il JWST è considerato il successore del telescopio spaziale Hubble, ma in effetti ne rappresenta una vera e propria evoluzione: Hubble ha uno specchio primario di 2,4 metri, uno specchio che sulla Terra sarebbe considerato professionale ma certamente non di frontiera. Il JWST sarà fornito di uno specchio primario con un diametro di ben 6,5 metri, che farà invidia a un qualsiasi telescopio terrestre. JWST raccoglierà luce di energia leggermente diversa rispetto a quella a cui è sensibile HST. In particolare mentre Hubble osserva l’universo dall’ultravioletto al vicino infrarosso, JWST sarà sensibile a luce che va dal visibile fino all’infrarosso intermedio.

Questo rende il JWST un telescopio spaziale ottimizzato per studiare la luce infrarossa emessa dalle prime stelle e dalle prime galassie che si siano formate nell’universo. Ma anche per studiare sistemi planetari diversi dal nostro. In effetti è difficile indicare un settore dell’astrofisica che non riceverà beneficio dagli studi effettuati attraverso il JWST.




Di Hubble ricordiamo, oltre alle immagini astronomiche, anche le missioni di manutenzione eseguite con lo Space Shuttle. Per il JWST questo non sarà possibile. Perché questa scelta?

Tutte le scelte hanno costi e benefici. Nel caso di Hubble era possibile intervenire con lo Shuttle perché l’orbita di HST è un’orbita bassa, appena 600 km di quota, inclinata di circa 28,5 gradi rispetto all’equatore, percorsa dal telescopio in circa 96-97 minuti. Grazie alla quota bassa, lo Space Shuttle ha potuto prendersi cura di lui, curandogli la miopia iniziale (un difetto di costruzione dello specchio primario), con gli anni si sono potuti sostituire rilevatori e altri componenti.

JWST nasce da una scelta opposta a quella di Hubble, scelta che sacrifica la ‘’comodità’’ dell’orbita bassa per favorire il raggio di osservazione del telescopio: JWST, infatti, opererà in un punto distante dalla Terra circa 1,5 milioni di kilometri, circa 4 volte più della distanza Terra – Luna, in direzione opposta rispetto al Sole. Tecnicamente si dice che JWST si troverà nel punto lagrangiano secondo. Non potremo ripararlo con lo Shuttle, è vero, ma in compenso, JWST avrà molta più facilità di osservazione del Telescopio Spaziale Hubble.


Quale è il ruolo dell’ESA in questa missione?

Lo JWST sarà messo in orbita da un lanciatore Ariane 5, dunque sarà l’ESA ad occuparsene. L’ESA inoltre fornirà lo spettrografo sensibile al vicino infrarosso (Near-Infrared spectrograph, NIRSpec) e coordinerà un consorzio costituito da nazioni europee e dalla NASA per la costruzione di un secondo strumento, sensibile all’infrarosso intermedio (Mid-Infrared Instrument, MIRI). La NASA, invece, oltre ad essere responsabile dello sviluppo complessivo del satellite, costruirà la piattaforma con gli strumenti, il telescopio, la navicella e la camera sensibile al vicino infrarosso (Near-Infrared Camera, NIRCam). Il quarto e ultimo strumento sarà fornito dal CSA e sarà un sensore di guida fine, responsabile del puntamento del telescopio – uno strumento di servizio, ma assolutamente cruciale.


Quali sono le sfide scientifiche che si intende affrontare con questo telescopio?

Il JWST ci aiuterà a capire meglio il destino finale dell’universo: se sia destinato a espandersi senza fine o se, a un certo punto, la sua espansione rallenterà sotto l’effetto della forza gravitazionale e le galassie saranno sospinte di nuovo una contro l’altra.

Sappiamo ormai da tempo che esiste una materia oscura: la relazione tra materia oscura e materia luminosa è al centro del problema relativo all’evoluzione delle galassie. Oggi però sappiamo che esiste anche una forza la cui natura appare ignota, ma i cui effetti misurati a grandissime distanze sembrano essere chiari: una energia oscura, così è stata chiamata, che sembra opporsi alla forza di gravità e, in certe situazioni, superarla per intensità. Il risultato netto è che mentre la forza di gravità tende a contrastare l’espansione dell’universo, l’energia oscura sembrerebbe favorirla. Di che si tratta? Non lo sappiamo. E non conosciamo neppure la distribuzione dell’energia oscura.

Allo stesso modo, ci aspettiamo un contributo molto importante per lo studio della formazione e dell’evoluzione delle prime galassie. Dopo il Big Bang l’universo ha passato un periodo in cui era privo di stelle e di galassie. Con il JWST saremo in grado di raccoglierne le prime luci, di essere testimoni dell’uscita dell’universo da quel periodo che è stato definito “Medio Evo” dell’universo, e di capire come si siano generate le strutture che oggi conosciamo. Attraverso il JWST avremo l’opportunità di contribuire alla soluzione di questi misteri scientifici. Certo, ne apriremo altri. La scienza funziona così, ed è divertente per questo.


http://www.esa.int/esaCP/SEMQT29OY2F_Italy_0.html