Originariamente Scritto da
Myrddin-Merlino
Siamo sull’orlo di un precipizio…
Può sembrare una affermazione allarmistica, ma è quanto emerge a tre giorni dalle divisioni prodottesi nel movimento e nella sinistra in occasione delle mobilitazioni anti-Bush, e ad un giorno dalla seconda tornata elettorale per le amministrative. I due eventi citati sono solo le ultime campane d’allarme: i segnali della crisi profonda che attraversa la/le sinistra/e erano chiari già da qualche settimana. Noi del Prc siamo stati i primi a misurarne l’entità, quando abbiamo avuto modo di toccare con mano, davanti ai cancelli delle più grandi fabbriche italiane, il grave disagio che attraversa milioni di lavoratrici e lavoratori che, dopo un anno di quel governo di centrosinistra che avevano contribuito a far vincere, avevano visto le loro condizioni di vita materiale continuare a peggiorare.
Certo, come ci ha ricordato oggi dalle pagine de il manifesto Valentino Parlato, la crisi non riguarda solo la sinistra italiana, bensì tutta la sinistra europea, come ben si evince analizzando la vittoria delle destre in Francia (che conquistano anche il Parlamento) e la crisi che attraversa le socialdemocrazie nord europee. Questo però non può – e non deve – rappresentare un alibi. Se lo diventasse, sarebbe una sciagura.
La crisi della sinistra italiana riguarda principalmente il nostro partito che, come emerso dalle urne, risulta il più penalizzato. Le cause di questa maggiore penalizzazione risiedono probabilmente nell’essere il partito in cui milioni di lavoratori, precari, disoccupati e pensionati avevano riposto le maggiori speranze e la maggior fiducia, perché il nostro essere comunisti ci aveva portato ad individuare dei referenti sociali ben determinati. Oggi quella fiducia viene meno…
Come si fa a non vedere la profonda delusione che attraversa il movimento della pace su un tema come l’Afghanistan e, in maniera ancora più netta, sulla Base di Vicenza? Come non vedere e preoccuparsi per la delusione profonda che attraversa milioni di precari in merito alla mancata abolizione della Legge 30? Come far finta di niente di fronte alla legittima rabbia maturata dai lavoratori in merito alla mancata cancellazione dello ‘scalone’ pensionistico introdotto da Maroni? Come si fa a ritardare ancora una netta e chiara destinazione del cosiddetto ‘tesoretto’ in direzione di quelle classi sociali che non riescono più a vivere, come dimostrano le mobilitazioni che stanno tenendo oggi milioni di pensionati per chiedere un aumento delle pensioni minime?
Al malessere diffuso – e alle componenti moderate del centro sinistra che vedono nel Prc una inutile zavorra – noi dobbiamo rispondere in modo chiaro. Uscire dal guado in cui ci troviamo per aprire nell’azione di governo, senza se e senza ma si sarebbe detto un tempo, la stagione del Risarcimento Sociale.
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