Siamo passati, con una rapidità sorprendente, da una rivendicazione a un'altra da parte dei gruppi omosessuali. Il crescendo è stato ben orchestrato e pare non cozzare se non contro una vaga opposizione, che teme di essere tacciata di «omofobismo» e votata per ciò stesso alla gogna. Dopo la loro rottura con la psicanalisi e gli psicanalisti, all'indomani della Seconda guerra mondiale, i gruppi omosessuali non hanno mai cessato di proclamare, in modo spesso sproporzionato, se non addirittura aggressivo, la loro «normalità». In questo esercizio di autogiustificazione, la richiesta del «non-logorio» e dei «diritti all'omosessualità» ha rapidamente assunto la forma di una richiesta di legittimazione civile. Per questo la proposta di «contratti» o di «patti» è diventata un cavallo di battaglia dei gruppi omosessuali. Oggi si arriva alla richiesta di un «matrimonio» omosessuale, a cui si concederebbero gli stessi diritti del vero matrimonio. Or non è molto, alcuni paesi hanno inserito nelle loro leggi un «matrimonio» del genere. Già da oggi delle «coppie» omosessuali reclamano il diritto di adottare dei bambini. L'idea stessa di un «matrimonio» omosessuale è una mistificazione che contraddice l'essenza stessa del matrimonio. In un'epoca in cui la protezione dell'istituzione familiare dovrebbe stare al primo posto nelle preoccupazioni dei governi dei paesi ricchi, stretti nella morsa dell'inverno demografico e della criminalità crescente dei giovani nati dalle famiglie spezzate e dalle «famiglie» ricomposte, la proposta di un «matrimonio» omosessuale e il fatto che essa sia presa sul serio dai governanti dimostra un profondo disordine nelle menti di questi paesi.
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